Telefonini, truffa banner: clicchi e paghi

Navighi su internet dal telefonino e clicchi per sbaglio su un banner pubblicitario. Ognuno di noi ha imparato a convivere con il fastidio di dover chiudere banner e pop up che spuntano ad ogni angolo dello schermo. Altra storia però è quando quel click può costarci caro, a colpi di 5 euro a settimana, per ogni abbonamento non richiesto attivato. Oroscopi, suonerie, wallpaper, giochi, e chi più ne ha più ne metta.

Di recente, Barbara Liverzani sul Fatto Quotidiano ci ha messo in guardia dalle nuove truffe “succhia-soldi” che riguardano i telefonini. Un affare da 800 milioni di euro: disattivare i servizi indesiderati è impresa assai ardua, per non parlare dei rimborsi. Sarebbero circa 10 milioni, secondo l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), gli italiani che prima o dopo si sono ritrovati con addebiti non richiesti, per un giro di affari che il Politecnico di Milano ha stimato intorno agli 800 milioni di euro. Una piaga su cui quest’anno, sollecitata dalle segnalazioni di utenti esasperati, l’Autorità è intervenuta due volte sanzionando con multe pesanti i quattro maggiori operatori di telefonia mobile: Tim, Vodafone, Wind e H3G.

Una prima stangata è arrivata a gennaio: l’Antitrust con l’accusa di pratiche commerciali scorrette ha sanzionato per un totale di oltre 5 milioni di euro le quattro aziende di tlc (1 milione 750 mila ciascuno per Telecom e H3G e 800 mila euro ciascuno per Wind e Vodafone) giudicate responsabili nell’attivazione dei servizi a sovrapprezzo non richiesti.

E di nuovo pochi giorni fa l’Antitrust è intervenuta multando le ‘magnifiche quattro’ con un totale di 1 milione 733 mila euro (Telecom 583 mila, Wind 350 mila, Vodafone e H3G 400 mila) ‘per non aver rispettato i provvedimenti del gennaio scorso, continuando a non acquisire un consenso pienamente consapevole del consumatore per l’acquisto dei servizi premium’.

Diverse le colpe degli operatori mobili:

  • innanzitutto non fornire adeguata informazione circa la possibilità di attivare preventivamente il ‘blocco selettivo’ che impedirebbe all’origine la ricezione dei servizi a pagamento;
  • poi non contrastare l’attivazione di questi abbonamenti col meccanismo del doppio click, cioè una seconda digitazione con cui l’utente deve confermare l’adesione al servizio dopo averne visionato termini e costi. Ma non è tutto.
  • Per la prima volta l’Autorità ha scoperchiato il business che sta dietro a questi abbonamenti, così si legge nel provvedimento di sanzione: ‘L’operatore di telefonia trae uno specifico vantaggio economico dalla commercializzazione dei servizi premium. Dalle evidenze istruttorie emerge, infatti, che gli operatori non sono remunerati forfettariamente ma percepiscono in genere una elevata percentuale (in media circa il 30-60%) sui servizi commercializzati dai provider’.
  • Cadono così le giustificazioni fornite dal Servizio clienti di questo o quell’operatore per negare il rimborso: ‘Non dipende da noi, il servizio è di altri”. Oppure: “I soldi non vanno a noi”. “Finalmente l’Antitrust ha svelato che esiste un accordo commerciale preciso e che operatori tlc e provider vanno a braccetto e si spartiscono gli introiti’, Pietro Giordano, presidente nazionale Adiconsum, Multa dopo multa alla fine qualcosa sembra smuoversi.
  • Dal primo ottobre per esempio H3G ha introdotto il famoso meccanismo del doppio click per prevenire le attivazioni non richieste. Stessa cosa per Vodafone (dal 15 ottobre) che ha fatto anche di più: dopo l’iniziativa “Soddisfatti o Rimborsati” sulla rete 4G’ (a chi segnala la lentezza della connessione viene concessa una giornata di internet gratis), dal 22 ottobre è partito anche ‘Soddisfatti o Rimborsati per i servizi digitali’. In pratica attraverso l’app gratuita My Vodafone gli utenti che pagano per servizi attivati involontariamente possono richiederne la disattivazione e il rimborso per gli addebiti degli ultimi 90 giorni, senza bisogno di dimostrare che l’attivazione sia stata involontaria e con la possibilità di inserire il blocco selettivo (cd barring) in modo da essere protetti da future attivazioni.
  • L’iniziativa dell’azienda, venduta oggi come un segno di vera attenzione nei confronti dell’utente (l’intera operazione si chiama ‘We care’), non è in realtà nuova. Nella relazione inviata dalla Vodafone al l’Antitrust a marzo, tra i provvedimenti adottati si parla già della possibilità di ottenere il rimborso per i servizi premium per un periodo massimo di 90 giorni. Solo che in quel caso si doveva passare dal Servizio clienti e ora si utilizza l’app.

Fonte

redazione grey-panthers:
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