Fernanda Pivano, scrittrice, saggista, giornalista, ci ha fatto conoscere molti personaggi della letteratura e della cultura americana che ha studiato e tradotto con amore
Fernanda Pivano ha fatto conoscere molti personaggi della letteratura e della cultura americana. Dai grandi scrittori classici come Ernest Hemingway, William Faulkner, Francis Scott Fitzgerald, Saul Bellow a quelli della Beat Generation come Allen Ginsberg, Jack Kerouac, Gregory Corso e Ferlinghetti, della storica libreria di San Francisco. E poi molti altri scrittori e artisti che ha incontrato e frequentato, anche in età matura. Era nata a Genova nel 1917 ed è morta a Milano nel 2009 a novantadue anni. Nelle introduzioni dei tanti libri che ha tradotto negli anni, ha sempre aggiunto interessanti profili degli autori e generosi commenti che ne rivelavano la storia, la personalità.
“Lei, soltanto lei, è stata in grado di attraversare, incontrare, unire, spiegare, raccontare oltre cinquant’anni della nostra letteratura” ha scritto Allen Ginsberg, un protagonista della Beat Generation che le fu amico per diversi anni. E Fernanda precisava con semplicità, senza ritenersi una esperta di letteratura: “Tutti i miei testi sono soltanto lettere d’amore. Se scuotono dall’indifferenza qualcuno e lo inducono a interessarsi ad almeno uno dei libri descritti, e al loro autore, hanno raggiunto lo scopo”.
La frase è riportata nel libro “Libero chi legge”, edito nel 2010 da Mondadori che raccoglie diversi testi della scrittrice, e suonano come un testamento di speranza. Speranza di conoscere nuove voci, proiettate verso il futuro, e rivolte a più generazioni. Un libro sulla libertà, la libertà che si conquista con la lettura. Proprio per questa sua generosa partecipazione alla cultura che ha attraversato il Novecento, ancora oggi Fernanda Pivano viene celebrata con riconoscimenti, convegni, documentari e riedizioni dei suoi scritti e delle sue ‘leggende americane’ che ha vissuto con partecipazione tutta la vita.
Un libro racconta le tante passioni di Fernanda Pivano
Con una laurea in lettere e un diploma al Conservatorio, ha cominciato molto presto, negli anni Quaranta, ad avvicinarsi alla letteratura americana, che era allora sconosciuta in Italia. Giovanissima, Fernanda Pivano aveva tradotto le poesie dell’”Antologia di Spoon River” dello scrittore Edgar Lee Masters. Era un libro che le aveva regalato Cesare Pavese, allora suo insegnante di letteratura, e le era particolarmente caro. L’aveva nel cuore, diceva. Le poesie di Spoon River raccontavano storie di gente comune, in un immaginario paese in riva a un fiume, e parlavano della pace contro la guerra, contro il capitalismo e le ingiustizie. Il libro, nell’Italia fascista di allora, era proibito, come tutta la letteratura americana che era stata messa all’indice. Fernanda lo tradusse con entusiasmo e la casa editrice Einaudi lo pubblicò nel 1943, ma la scrittrice rischiò la prigione. Quelle poesie molto intense, legate a storie di persone vere con immagini di tutti i giorni, piacquero soprattutto alle giovani generazioni che non volevano la guerra. E ancora oggi continuano a essere amate da molti, in particolare da una gioventù che crede in determinati valori morali e sociali. Fernanda Pivano ha poi confessato: ”Non ho mai smesso di amarlo questo libro di poesie di Masters, né di pensare che stavo cambiando il pensiero dei ragazzi come me, avviandoli verso il pacifismo, la libertà, verso la fiducia nei valori morali, soffocati da un mondo che cercava di impadronirsi delle nostre anime.” Negli anni Settanta il cantautore Fabrizio De Andrè, affascinato dalle storie di Spoon River, con la complicità di Fernanda ha rielaborato alcune poesie dell’antologia e le ha musicate. Le canzoni che ne ha tratto sono state pubblicate nel 1971 nell’album intitolato “Non al denaro, non all’amore, né al cielo”. Quei versi di amore e di pace continuano a incantare persone di tutte le età.
Dopo l’antologia di Spoon River Fernanda aveva tradotto “Addio alle armi” di Ernest Hemingway. Il libro è forse l’opera antimilitarista più famosa al mondo. Benito Mussolini allora ne aveva proibito la pubblicazione, insieme alla proiezione del film che in America ne era stato tratto. Fernanda Pivano, quando trovarono negli uffici di Einaudi, il suo contratto di traduzione del libro, fu arrestata, interrogata e rischiò la prigione. Di Hemingway, che incontrò la prima volta a Cortina nel 1948, Fernanda ha ricordato più volte la generosità e l’affettuoso abbraccio di quel “gigante buono che le venne incontro a braccia aperte”. Lo scrittore voleva conoscerla, perché aveva saputo la storia della traduzione del suo libro e i rischi che la scrittrice aveva corso. Fu l’inizio di una calorosa e intensa amicizia, di incontri ripetuti nel tempo e di un affetto reciproco che non si spense mai. Per Hemingway Fernanda ha tradotto “Il vecchio e il mare”,”Di là dal fiume e tra gli alberi” e tanti altri libri e racconti. Si dedicherà anche alla traduzione di alcuni libri del “divino” Francis Scott Fitzgerald, da “Tenera è la notte” a “Il grande Gasby”, oltre a essere appassionata promotrice della pubblicazione in Italia di tanti altri personaggi della letteratura americana. Tra i più conosciuti Henry Miller, Charles Bukowski, Tennessee Williams, autore di “Un tram che si chiama desiderio”.
Fernanda Pivano e l’amore per Bob Dylan
Non si occuperà però solo di letteratura. Nel 1965 assisterà a Barclay, con l’amico Ginsberg a un concerto di Bob Dylan, e sarà la prima a parlare in Italia del mitico personaggio, che ancora oggi continua a essere amato, e che nel 2016, a 75 anni, è stato insignito del premio Nobel della letteratura. Già al suo primo concerto la Pivano aveva previsto la grandezza di Bob Dylan, sostenendo che era un vero poeta, più che un grande musicista. Da intenditrice notava che spesso la sua musica era monocorde, ma il ritmo sottolineava le parole, le storie poetiche. Come nell’indimenticabile canzone “Blowin in the Wind”: “How many roads must a man walk down…(quante strade deve percorrere un uomo prima che lo si possa considerare tale)? Con Allen Ginsberg, che si è opposto vigorosamente al militarismo e al materialismo economico, conserverà nel tempo una profonda amicizia fatta di stima e di empatia.
Nel 1972 Fernanda Pivano scrive l’introduzione alla prima raccolta di testi e traduzioni italiane delle canzoni di Bob Dylan “Blues ballate e canzoni”, pubblica sul Corriere della Sera un incisivo e colorato ritratto del cantautore, che aveva entusiasmato il pubblico con le sue canzoni e i suoi testi poetici contro la guerra in Vietnam e la violenza in genere. E, quando può continua a seguire i suoi concerti anche in America. In quegli anni Bob Dylan era diventato famoso ed era amato da molti anche in tutta Europa, per i suoi inni alla pace e soprattutto per la canzone intitolata “Mr. Tambourine Man”. Fra sogno e pura fantasia la canzone si apre con l’esortazione del vagabondo, protagonista del brano, rivolta a un fantomatico tamburino che suonerà per lui una canzone, mentre la notte sta per terminare avviandosi verso il mattino. Un motivo ripetuto per anni da giovani di tutto il mondo, perché rappresentava speranze, sogni, passioni. Anche per Fernanda è rimasta una canzone che aveva nel cuore, accanto a una sonata di Bach, come ha confessato in un documentario, intitolato “C’era una volta l’America”.
Fernanda Pivano e Fabrizio De Andrè
Negli anni che passano Fernanda Pivano si accosta sempre più ai giovani, frequenta la famiglia di Fabrizio De Andrè, incontra Lorenzo Jovannotti e scrive una prefazione a un suo libro. Nel 1997 partecipa con lui a Recanati al Festival della canzone popolare d’autore organizzato da Musicultura e si esibisce sul palco col cantante in un reading a due voci di una delle opere più rappresentative della Beat Generation, “Urlo” di Allen Ginsberg. “C’era un tempo in cui molti ragazzi sapevano a memoria questa poesia che era diventata il manifesto non violento di molti seguaci della Beat”, ha sottolineato la scrittrice. Negli ultimi anni della sua vita Fernanda Pivano non ha mai accettato gli acciacchi della vecchiaia e tutte le cure conseguenti da dedicare al fisico. Ma attorno a lei c’erano ancora molti concerti a cui assistere e partecipare con gli amici di Fabrizio De André e anche dei giovani studenti, e aspiranti scrittori che le mandavano le loro opere, cercavano la sua opinione e i suoi suggerimenti. E frequentandoli le tenevano viva la passione con la quale ha sempre vissuto: “Grazie a Dio – scriveva – ci sono questi ragazzi”.
Di cose da insegnare Fernanda Pivano ne ha lasciate molte, con la sua lunga e attiva vita tutta dedicata alla letteratura, con incontri anche con personaggi della musica e la grande passione di comunicare, che non si è mai spenta.