Le aperture
In alto: “Kenya, 147 morti all’università”. “Cristiani divisi dagli altri e uccisi”.
A centro pagina: “Delrio ministro. Resta aperto il fronte Ncd”. “Infrastrutture. Rinviate le altre nomine”.
A fondo pagina: “L’ansia da tweet mi ha rubato la vita”. “Opinionista francese (145 mila follower) racconta l’ossessione per i social network”.
Sul quotidiano anche la notizia della morte del regista portoghese Manoel de Oliveira, “re del cinema europeo”. Aveva 106 anni. E poi una conversazione con la giornalista Usa Christiane Amanpour: “Io, inviata di guerra salvata dalla famiglia”.
La Repubblica: “Accordo con l’Iran. Obama: il mondo ora sarà più sicuro”, “Svolta sul nucleare, a giugno la firma. Israele: errore storico. Revoca delle sanzioni in cambio delle riduzione atomica”.
E sul tema il quotidiano offre ai lettori un colloquio con l’Alto rappresentante della Poltica estera Ue Federica Morgherini, che dice: “Grande fatica ma i falchi hanno perso”.
La grande foto di una ragazza ferita e in lacrime correda i titoli sulla strage in Kenya: “La strage dei ragazzi cristiani. Kenya, 147 massacrati a scuola”. Due analisi dedicate a quanto accaduto: Vito Mancuso (“I martiri della croce”) e Pietro Veronese (“Le colpe di Naoirobi”).
Sulla politica italiana: “Renzi contro Bersani: ‘Non accetto altri veti’”, “Delrio ministro alle Infrastrutture”.
La Stampa: “Intesa con l’Iran: ‘Non avrà l’atomica’”, “Teheran ridurrà i programmi nucleari e le sanzioni saranno revocate”, “L’accordo dovrà diventare vincolante entro giugno. Gli Usa: il mondo è più sicuro. Israele: è un errore storico”. “La vera posta in palio è più alta”, spiega in un commento Roberto Toscano. E “Obama scommette sulla storia”, scrive Gianni Riotta.
La grande foto è anche qui per la ragazza ferita in Kenya: “Kenya, assalto all’università per uccidere gli studenti cristiani”. Ne scrive Domenico Quirico.
Di spalla a destra: “Delrio giura. E’ rinvio per le altre nomine”.
Sul lavoro: “Lo strano caso dei 47 mila posti spariti”, di Francesco Manacorda.
E “il caso” illustrato da Luigi Grassia e Alessandro Barbera: “Nel 2014 tasse in crescita”, “L’Istat: pressione fiscale al 43,5%. Ma manca il bonus
Il Sole 24 Ore: “Sale la spesa pubblica: in un trimestre + 2,6 per cento”. “Tra ottobre e dicembre 2014 aumentati i consumi intermedi (+3,8 per cento) e le prestazioni sociali (3,5). La pressione fiscale cresce al 43,5 per cento con un piccolo al 50,3 a fine anno”.
Di spalla: “Lavoro, arrivano i dati mensili su nuovi contratti e ‘uscite’. Accolta la richiesta del Sole 24 Ore. Pubblicazione entro il 25”. “Conoscere per deliberare” è il titolo del commento di Luca Ricolfi, che ieri aveva formulato la richiesta.
Sotto: “Delrio alle Infrastrutture, ha giurato. Sottosegretario a Palazzo Chigi: in corsa De Vincenti, Rosato e Fedeli”.
In alto: “Iran, c’è l’intesa: via le sanzioni. Nucleare ridotto di due terzi”. “L’accordo finale ‘entro il 30 giugno'”.
Accanto: “Kenya,assalto al campus:: 147 morti, decine di cristiani in ostaggio”.
A centro pagina: “Banda larga, 4 miliardi bloccati. Si allungano i tempi di avvio per la rete veloce: problemi di copertura per le agevolazioni”. “La Ue chiede un nuovo documento. Serve un accordo governo-regioni”.
E poi: “Ischia, i 100 mila euro ai partiti e la telefonata di Berlusconi”.
Il Giornale: “Olocausto cristiano. Integralisti islamici assaltano un college alla ricerca degli infedeli: liberati i musulamni, uccisi almeno 150 studenti cristiani, alcuni decapitati. Ormai è un orrore senza fine”. “Pasqua di sangue in Kenya”.
A centro pagina: “Cura Renzi: più tasse e più spioni. I dati sbugiardano l’ottimismo del governo. Male il deficit-pil, cresce la pressione fiscale. Giustizia, si va verso intercettazioni a tappeto”.
E poi una conversazione con Fabrizio Rondolino, definito “ex
Sulla politica interna ed il centrodestra: “Il Salvini di lotta si arrende a quello di governo”.
Il Fatto, sugli sviluppi dell’inchiesta che ha portato alle dimissioni il sindaco di Ischia: “La coop dello scandalo finanziava anche Renzi”, “La Cpl Concordia, finita nei guai a Napoli per tangenti e rapporti con la camorra, partecipò alle cene di finanziamento
“Soldi sporchi da restituire” è il titolo del commento di Marco Lillo.
E il quotidiano torna sulle vicende relative a Massimo D’Alema e all’acquisto del vino da lui prodotto da parte della Cpl Concordia con una caricatura che lo raffigura (“L’intoccabile per diritto di vino”) e con l’editoriale di Marco Travaglio (“Levategli il vino”.
A centro pagina: “Delrio è ministro con gli Incalza boys”, “’Hanno vinto quegli altri’ dicono i fedelissimi dell’ex
Ancora a centro pagina, le “nomine”, con attenzione per Tito Boeri: “Inps, il neodirettore è già ‘fuorilegge’”, “La legge prevede che il dg sia o un dirigente interno all’istituto o un esperto di previdenza e welfare. Lui, invece, è stato ‘solo’ capo del personale di Enel. Intanto Poletti, che sarebbe il ministro vigilante, sta a guardare”.
“Più ispezioni e meno centrifughe. Così l’intesa allontana la Bomba”, titola La Stampa a pagina 5 illustrando, con Maurizio Molinari, domande e risposte sull’accordo raggiunto a Losanna. “Resta solo un reattore in funzione, per fare l’atomica i pasdaran impiegherebbero 12 mesi”, scrive Molinari. Gli Usa e Ue – spiega- ritengono di aver bloccato la corsa dell’Iran soprattutto perché l’impianto al plutoni di Arak viene bloccato, il carburante usato spostato all’estero e l’arricchimento dell’uranio limitato a 5060 centrifughe modello IR-1, della prima generazione, nell’impianto di Natanz. Ma a tal fine saranno di vitale importanza le verifiche dell’Agenzia atomica Onu, i cui ispettori per i prossimi 15 anni dovranno certificare il rispetto degli impegni sottoscritti.
“La Casa Bianca sogna una svolta come Nixon con la Cina”, scrive Gianni Riotta sulla stessa pagina. Mentre Alberto Simoni raccoglie l’opinione dell’analista israeliano Uzi Rabi (direttore del Moshe Dayan center di Tel Aviv): “Vittoria per il regime. Ora il Medio oriente diventerà più instabile”. Perché “l’Occidente non ha colto i mutamenti della regione, non ne ha visto la debolezza e l’instabilità”, quindi ancor di più oggi Teheran “diventa un ‘game changer’, un attore che cambia la dinamica della partita”.
La Repubblica ha un colloquio con Federica Mogherini, Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza Ue. Ne racconta la “gioia”: “Sconfitta la diffidenza, da questa intesa parte il cambiamento”, dice la Mogherini. E spiega: “non è un mistero che molti, e non solo in Iran, scommettevano sull’ineluttabilità di un fallimento. La nostra intesa è una sconfitta per i falchi di entrambe le parti”.
Anche Il Corriere offre una intervista a Miss Pesc Federica Mogherini: “Ci sono stati momenti molto delicati. Arrivano qui sapevamo che l’ultimo miglio sarebbe stato quello più difficile. Dovevamo sciogliere senza ambiguità tutti i nodi politici e questo è stato fatto”. Dice che “in questi mesi le attività nucleari iraniane, che sono fonti di preoccupazione per molt, sono state congelate”, e questo accordo “asssicura la comunità internazionale che Teheran non svilupperà armi nucleari nei prossimi decenni”. Altro punto important è “il valore di un accordo di non proliferazione, che di per sé è uno strumento importante di prevenzione di crisi e di guerre”.
Dei contenuti dell’accordo si occupa Daniele Mastrogiacomo, per tornare a La Repubblica: “Nucleare, accordo dopo 35 anni. Teheran ferma le sue centrali”, “L’Iran ridurrà del 66% la produzione. In cambio chiede la revoca graduale delle sanzioni. Netanyahu: ‘Errore storico’. Obama: ‘Il mondo è più sicuro’”.
Ancora su La Repubblica, due pareri a confronto. Il premio
A questo tema è dedicata anche l’analisi di Bernardo Valli (“Iran, la ragione zoppa”), dove si legge, tra l’altro, che “la diplomazia ha ottenuto quel che un tempo imponevano le armi. Ha gettato le basi per un’intesa preliminare che altrimenti sarebbe stata raggiunta con la forza”. Valli sottolinea che “i dettagli tecnici” dell’intesa sono stati tenuti segreti: possono infatti avere effetti esplosivi, visto che “dall’una e dall’altra parte esistono forti opposizioni all’intesa politica”.
Sul Corriere Franco Venturini scrive che l’accordo quadro “nelle limitazioni al programma nucleare di Teheran va al di là delle attese”, e che i contenuti – l’Iran accetta di ridurre le sue centrifughe di due terzi, le ispezioni con totale di diritto di accesso per dieci anni e la supervisione per altri 15, la neutralizzazione dello stock di uranio già arricchito e la soglia del 3,67 per cento per gli arricchimenti nuovi (“per l’atomica serve quota 90”) – bastano per consentire a Obama di “esaltare la strategia da lui scelta nei confronti di Teheran”. Venturini scrive anche che occorre avere cautela se si ascoltano le parole dei delegati iraniani, che “ridimensionano di molto il contenuto effettivo delle loro concessioni”. Occorre tenere conto dei “fronti interni”, sia quelli di Obama che quelli di Rohani e Zarif. E in particolare per gli iraniani i “condizionamenti”, ovvero il ruolo della Guida Suprema Khamenei, “non spariranno nei prossimi mesi”.
Sul Sole Alberto Negri spiega che “in base alla dichiarazione congiunta di Losanna, l’accordo prevede la ‘revoca di tutte le sanzioni’ ma in funzione del rispetto dell’impegno assunto da Teheran che sarà verificato dall’Aiea, l’Agenzia Onu per il nucleare. Non ci saranno altre strutture di arriccchimento dell’uranio oltre a Natanz, e verrà stabilita una joint venture internazionale per i reattori ad acqua pesante. L’impianto di Fordow (celato sotto una montagna) sarà convertito in un sito per la ricefca. Il reattore di Arak verrà modificato e il plutonio sarà trasferito all’estero”. Negri ricorda anche che resteranno in vigore le sanzioni contro l’iran per terrorismo, abusi sui diritti umani e detenzione di missili di ampia gittata”.
Sul Messaggero Siavush Randjibar Daemi racconta l’entusiasmo e i “caroselli di auto a Teheran”, dove “tutti sognano la rinascita economica”. I messaggi di gioia su Twitter e sulla pagina Facebook del ministro degli esteri Zarif sarebbero molti, e decine di migliaia i cittadini che si sono riversati sulle vie della capitale per festeggiare. Si legge anche che la tv di Stato iraniana, “roccaforte delle ali conservatricei della dirigenza di Teheran”, ha “trasmesso per la prima volta in diretta integrale il discorso dalla Casa Bianca di Barack Obama”.
Le prime tre pagine de La Repubblica sono dedicate alla strage nel campus di Garissa, in Kenya, “a 180 chilometri dal confine somalo”, come spiega Paolo G. Brera: “Kenya, la furia dei jihadisti contro gli studenti cristiani. Attacco al college, 147 morti”, “I ragazzi separati dai musulmani e colpiti ad uno ad uno. Alcune vittime decapitate. Il commando veniva dalla Somalia”. E il commando era composto da jihadisti dell’organizzazione Al Shabab, che ieri ha rivendicato l’azione spiegando: “Il Kenya è in guerra con la Somalia, i nostri uomini sono ancora all’interno dell’università e combattono. Hanno rilasciato i musulmani e tengono gli altri in ostaggio: la loro missione è uccidere tutti coloro che sono contro gli Shabab”. Aramti fino ai denti, sono entrati nel campus. Che è enorme, perché ospita 815 studenti e 60 docenti.
Il quotidiano intervista lo scrittore keniano Binyavanga Wainaina, che dice: “La scuola è un simbolo, vogliono distruggere il futuro nostro Paese”, “hanno colpito ciò che alla gente sta più a cuore. Qui studiare è così importante che c’è chi vende tutti i propri beni per assicurarsi che il figlio vada a scuola, all’università. Viene prima del costruirsi una casa”, “poi, certo, l’università è un simbolo: quello della scoperta della pluralità che i terroristi negano”. E’ stato un attacco religioso, fa notare Anna Lombardi che lo intervista, visto che hanno diviso i cristiani dai musulmani. Risponde Wainaina: “Al Shabab vuole intimidire le comunità locali: i villaggi di confine cosmopoliti, dove le etnie e le religioni convivono. Mirano ad insinuarsi nelle divisioni della società creando fazioni in guerra fra loro”.
A pagina 4 Pietro Veronese firma un’analisi che traccia lo scenario dell’area: “Dall’inferno somalo al paradiso dei turisti, così gli shabab minacciano Nairobi”, dal 2011 il governo del Kenya combatte contro gli islamisti per “difendere la patria”, ma leggi antiterrorismo e protezione dei confini non sono bastati. Due anni fa, ricorda Veronese, ci fu l’attacco al centro commerciale Westgate di Nairobi: durò tre giorni interi e provocò almeno 68 morti. Veronese però sottolinea anche la “spaventosa irresponsabilità” dei governanti keniani: hanno imposto di recente a un Parlamento in subbuglio leggi antiterrorismo considerati da molti liberticide, hanno coltivato un sogno di egemonia regionale costruita anche con le armi “e sono finiti in uno scacco mortale in casa propria. Nel campus di Garissa il rettore aveva addirittura messo in guardia gli studenti, invitandoli a rientrare a casa per le festività: c’era qualcosa nell’aria, ma le autorità di polizia non avevano preso alcun provvedimento. Viceversa, il presidente Uhuru Kenyatta se l’era presa contro l’allerta lanciata ai turisti australiani e britannici dai governi di Canberra e Londra: un imperdonabile autogol”.
Su La Stampa, alle pagine 2 e 3: “Kenya, assalto degli islamisti. Strage di studenti al campus”, “Gli Shabab somali li hanno sorpresi nel sonno. Almeno 150 vittime, molte decapitate”.
A pagina 3: “’Musulmani da questa parte, cristiani di là’. L’ordine che separa la vita dalla morte”, “I sogni della migliore gioventù africana spazzati via dall’islam totalitario”, di Domenico Quirico.
E Maurizio Molinari firma un’analisi in cui sottolinea come Al Qaeda torni “alla guida della jihad con l’attacco a Yemen e Corno d’Africa”: “Il gruppo ‘storico’ riprende spazio anche in Siria. Ma ora punta al controllo del territorio come l’Isis”.
Sul Messaggero Azzurra Meringolo dà conto del parere di padre Giulio Albanese, africanista che in Kenya ha trascorso parecchi anni prima di diventare direttore della rivista Popoli e Missioni: “‘Gli Al Shabab attaccano i cristiani in Kenya perché hanno capito che questo è il modo migliore per bucare lo schermo e richiamare l’attenzione dei mezzi di comunicazione occidentali. Usano la tessa tattica di Boko Haram”. Albanese spiega che gli Shabab, “come Boko Haram, hanno radici locali”, nati nel sud della Somalia nel protarsi della crisi vissuta da quel Paese”, e rafforzatisi nell’ultimo decennio. Nicoletta Pirozzi, dell’Istituto Affari Internazionali, spiega che non sembrano verificati i legami con il cosiddetto Stato islamico.
Albanese viene intervistato anche dal Giornale: “Copiano le atrocità dell’Isis per fare più clamore”.
Sul Corriere Guido Olimpio parla di Mohamed Kuno, considerato “la mente” della strage di ieri, kenyota, ricercato da tempo. Lui ha scelto il college dell’attacco. Ha creato nel tempo – secondo i media – una sua unità nel Juba (Somalia) per poi estendere i suoi legami ai campi profughi, “naturale bacino di reclutamento”. Un apparato inserito nell’ala militare degli shebab”, movimento nato a metà degli anni 2000 dopo la sconfitta delle Corti Islamiche somale, attaccato dal contingente africano Amisom, dal Kenya e dagli Usa.
Sul Corriere Roberto Tottoli descrive “l’ennesimo episodio di una offensiva jihadista senza soste contro scuole e università”, e ricorda le “terribili immagini dei bambini uccisi nella scuola di Beslan in Ossezia”. Tottoli scrive che se l’azione diretta, come in Kenya, è opera di jiahdisti e terroristi, “va detto che l’offensiva contro scuole e istruzione vede in prima fila anche le crescenti ostilità ideologiche dell’islam più tradizionale”.
Ancora sul Corriere un commento di Vittorio Messori: “La mitezza del Vangelo contro il fanatismo religioso. Il messaggio della croca. I cristiani sono la comunità umana più perseguitata.Il sangue delle vittime di massacri come quello di ieri in Kenya testimonia la sostanza di una fede che non incita alla guerra santa ma al perdono di tutti, specie dei nemici”.
Ischia
Su La Stampa, pagina 8: “Ischia, nell’inchiesta Concordia spunta l’ombra dei casalesi”, “L’uomo della cooperativa voleva incontrare il generale della Finanza Adinolfi. Il quale era pedinato, e poi intercettato spesso al telefono con Luca Lotti”. E il quotidiano intervista il vicepresidente della Camera (del M5S) Luigi Di Maio, che ieri si è recato a Napoli, in Procura, con un dossier contenente -come spiega- tutte le interrogazioni e atti parlamentari sulla corruzione messi a punto dal M5S. Dice Di Maio: “Sempre le stesse coop. Serve una procura anticorruzione”, “Il Pd di oggi è come la nuova Forza Italia”.
Su La Repubblica, alle pagine 18 e 19: “’I casalesi infiltrati nella coop rossa’. Le rivelazioni shock del boss pentito”. Si tratta di Antonio Iovine e di sue dichiarazioni del 2014: “Iovine: quote nel mirino tramite prestanome. Fu un imprenditore a fare da intermediario tra il padrino di Gomorra Zagaria e il gruppo. La promessa: con loro si fanno buoni affari”.
A leggere “le carte” dell’indagine sono Dario Del porto e Conchita Sannino: “’Le ingerenze del generale, telefonate e sms con Lotti per scalare le Fiamme Gialle”’. E il generale in questione è Michele Adinolfi. “Anche Berlusconi intercettato -si legge nel corpo dell’articolo- ‘I giudici aspettano solo un mio passo falso per arrestarmi su ordine di Napolitano’”. La conversazione intercettata risale al maggio 2014, l’ex
Su La Stampa, a pagina 9, “l’inchiesta”, sull’indagine relativa alla metanizzazione dell’isola d’Ischia: “Tra coop e grande impresa. Ecco chi finanzia Italianieuropei”, “Ora D’Alema spinge per rendere noti i nomi. I fondi stanno calando”. Ne scrivono Jacopo Jacoboni e Gianluca Paolucci. Ancora nel 2102 -scrivono- la fondazione era finanziata da soggetti istituzionali come Finmeccanica e Poste. Attualmente grandi inserzionisti sulla rivista sono Piaggio, Fs, British american tobacco.
Su Il Fatto, pagina 2: “La coop indagata per camorra. Finanziava tutti, anche Renzi”, “Tra gli atti sequestrati dai magistrati di Napoli, l’elenco delle liberalità di Cpl concordia: partecipò alle cene di autofinanziamento col premier”. Ne scrive Vincenzo Iurillo, da Napoli. E Carlo Tecce firma un altro articolo sulla stessa pagina: “Soldi a pioggia, da Meloni a Marino”.
E poi
“La ‘laicité’ integralista” è il titolo di un commento di Cesare Martinetti, che compare su La Stampa e che prende spunto dalla decisione dell’azienda metro di Parigi Ratp di “censurare” l’annuncio di un concerto all’Olympia di un trio di sacerdoti cattolici. L’azienda ha fatto in modo da far scomparire la dicitura che annunciava che l’incasso sarebbe stato devoluto ai Cristiani d’Oriente.
Sul Corriere la recensione di un saggio edito da Neri Pozza e scritto da Simone Belladonna: Gas in Etiopia conferma le denunce di Angelo del Boca sull’uso di gas da parte dell’esercito italiano. “La guerra chimica di Badoglio e Graziani, a lungo nascosta anche dopo la fine del fascismo”.