Tagli alla politica, no dei partiti

Le aperture

Il Corriere della Sera

“Tagli alla politica, no dei partiti. E Letta al Pd: bene al confronto, ma la priorità è governare. Centocinquanta emendamenti contro la legge che cancella il finanziamento pubblico”

A centro pagina: “Seconde case. L’Imu sarà più pesante”.

La Repubblica

“Rimpasto e omofobia, il Pdl attacca. ‘Vogliamo più ministri, moratoria sui temi etici’. Scontro con il Pd”. A centro pagina ancora un richiamo sulla vicenda kazaka: “Scandalo kazako, le tre bugie di Alfano”.

La Stampa: “Imu solo sulle prime case di lusso. Intervista a Delrio: ‘”Resta da decidere se si pagherà già nel 2013”.

Il Messaggero

“Imu, verso una tassa unica. Sul tavolo del Tesoro l’imposta municipale che include Irpef e Tares pagata anche dagli affittuari. Accelerazione sulla riforma del catasto: i valori legati alla media del trienno, coinvolti i Comuni”

Il Fatto quotidiano apre con una inchiesta sul gioco d’azzardo nella periferia romana.

Il Giornale: “I cinquanta manager più pagati d’Italia. Marchionne guida la classifica: 48 milioni tra stipendio e azioni. Più ‘poveri’ i banchieri”. “Alla Camera 11 sindacati si oppongono ai taglio di costi”.

Kazakistan

Sul Corriere Sergio Romano suggerisce al ministro degli Esteri Bonino “le tre mosse da fare subito” sul caso kazako. Primo obiettivo: “mettere ordine nelle relazioni tra il ministero dell’Interno e il ministero degli Esteri”, perché “l’insistenza e l’invadenza dell’ambasciatore kazako non giustificano l’accoglienza che gli è stata riservata dal Viminale e dalla Questura di Roma”. Le sue “petulanti interferenze” avrebbero dovuto allertare i funzionari del ministero dell’Interno e sarebbe stato necessario tenere “continui contatti con la Farnesina”: “se i contatti non vi sono stati, come sembra evidente” occorrerà evitare che accada di nuovo ed Emma Bonino “ha il diritto e il dovere di pretendere che il ministero degli Esteri sia informato e consultato ogni qualvolta una vicenda è destinata ad avere ricadute sui rapporti internazionali del Paese”. Il secondo obiettivo è far comprendere al governo kazako che il suo ambasciatore non è più “persona grata”: non ha risposto alla convocazione della Bonino, ma non avrebbe saputo come rispondere alle sue domande e non è necessario attendere il suo ritorno dalle vacanze. Basterà far sapere ai kazaki che “il suo ritorno a Roma, in queste circostanze, sarebbe, oltre che sgradito, controproducente. Per lui le porte degli uffici ministeriali italiani resterebbero chiuse”. Il terzo obiettivo: l’Italia deve comportarsi “come l’avvocato difensore di Alma Shalabayeva. Siamo stati raggirati, abbiamo subito danni morali, abbiamo tutti i titoli per agire nell’interesse della persona frettolosamente deportata e di noi stessi”.

Su La Repubblica Carlo Bonini mette a fuoco quelle che considera “le tre grandi bugie” del ministro Alfano e scrive che “solo un cinico e dichiarato ricatto sul Governo ha impedito che trovassero un naturale corollario in un voto di sfiducia parlamentare”. Alfano ha detto di essere stato informato del caso il 31 maggio, “o forse il primo giugno, o forse no, il 2 (le versioni che ha dato sono 3) da un colloquio con il ministro degli Esteri Emma Bonino”. Affermazioni che secondo Bonini sono smentite dal fatto che il suo ex capo di gabinetto Procaccini ha informato Alfano della richiesta di catturare l’oppositore Ablyazov avanzata dall’ambasciatore kazako il 29 maggio: e questo dopo aver pianificato con il diplomatico e il prefetto Valeri, la sera del 28, il blitz nella villa. Procaccini –ricostruisce Bonini- viene incaricato di ricevere il diplomatico dallo stesso Alfano, che gli raccomanda solerzia trattandosi di questione ‘delicata’: “il che rende logicamente incomprensibile come il ministro abbi potuto raccomandare qualcosa di cui non conosceva il merito, se è vero che il ministro e l’ambasciatore non si parlarono mai”. Dunque, afferma Alfano di esser stato informato da Procaccini della ricerca di quello che veniva presentato come un “pericoloso latitante” e dell’espulsione della moglie e della figlia dalla ministra Bonino. Ma, ricorda Bonini, la notizia dell’espulsione è stata battuta dall’agenzia Ansa alle 20.01 del 31 maggio, ovvero un’ora dopo il decollo dell’aereo che le riporta in Kazakistan. Inoltre, due cablo dell’ufficio Interpol di Astana tra il 28 e il 30 maggio informavano che obiettivo della caccia, sin dall’inizio, erano tanto lo stesso Ablyazov che sua moglie. Infine, secondo Bonini, il Viminale ha appreso il 4 giugno, da Scotland Yard, dopo sollecitazione del nostro ministero degli Esteri, che Ablyazov e la moglie erano effettivamente rifugiati politici: ma per l’intero mese di giugno il ministero dell’Interno si guarda bene dal riconsiderare il provvedimento di espulsione della Shalabayeva (lo farà solo il 12 luglio) e la nostra polizia, “indicazioni e sollecitazioni dei kazaki, prosegue la sua caccia senza quartiere a Mukhtar Ablyazov”.

Sullo stesso quotidiano ci si occupa anche di un altro oppositore del presidente kazako Nazarbaev: è il genero (ha sposato la figlia Dariga), si chiama Rakhat Alyev, è stato viceministro degli Esteri e vicecapo del Servizio di sicurezza presidenziale, è fuggito dal suo Paese.  “La mia vita è in pericolo –dice- il Kgb kazako ha i suoi uomini a Malta e in Italia, questa è una minaccia per me e per la mia famiglia”.

Sul Corriere della Sera Fiorenza Sarzanini ipotizza che l’espulsione delle due donne sia in realtà “la contropartita pagata dall’Italia” al governo kazako “per essersi fatti sfuggire il loro ricercato. Il tentativo estremo per obbligare l’uomo ad uscire allo scoperto”.

Imu

Con una intervista a La Stampa il ministro per gli Affari regionali Delrio parla del nuovo catasto: “Speriamo sia la volta buona, l’orizzonte non è comunque brevissimo, tutto dipende dai tempi di attuazione della delega fiscale. Ciò che conta è aver deciso di far precedere di pari passo questa riforma e quela dell’Imu, che arriverà prima”. Sull’Imu, avete trovato un accordo? “Ci siamo vicini Pensiamo di tenere conto anche dei valori dell’osservatorio immobiliare e del numero dei vani, visto che la nuova Imu dovrà incorporare la vecchia Tares”. Le nuove regole si applicheranno dal 2014 o riguarderanno anche l’ultima rata di quest’anno, per ora solo sospesa? “Posso solo dirle che tutto quello che dice lei è vero e che questo è un punto decisivo sul quale c’è dibattito aperto. Spero si trovi una soluzione ragionevole, perché se il Paese sta tenendo socialmente lo dobbiamo in gran parte ai Comuni, ai quali bisogna restituire piena autonomia impositiva”.

Su Il Messaggero: “Prende sempre più quota la tassa municipale unica che includerebbe Imu, addizionale Irpef e Tares e sarebbe pagata anche dagli affittuari. Una riforma che si inserisce nel contesto più ampio della revisione del catasto, per la quale si terrà conto di due parametri: patrimonio e rendita catastale, parametrata ai metri quadri ancorati al mercato con le medie dell’ultimo triennio”.

Sul Corriere della Sera: “Con i nuovi conti del catasto il mattone varrà il 60 per cento in più”. “L’impatto sul maggiore tributo dovuto al Fisco”. “Si valuteranno i livelli di mercato degli ultimi tre anni”. Una grafica illustra “i nuovi calcoli del Fisco” con le rivalutazioni della abitazioni per città.

Governo

La Repubblica scrive che “il Pdl vuole lo stop alla legge sull’omofobia”. “Ma il partito si divide. Il Pd attacca: va approvata prima dell’estate”. “Una moratoria sui temi etici per non dividere un Paese in difficoltà economica e non creare altri problemi ad una maggioranza e ad un governo già molto traballanti. Maurizio Lupi, Maurizio Sacconi, Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna, quattro dirigenti di peso del Pdl, lanciano questo appello perché sono molto preoccupati di ‘evitare l’introduzione di elementi divisivi nel senso comune del popolo con particolare riferimento ai principi della tradizione, dalla vita alla familia naturale, alla libertà educativa’. Un modo molto elegante ed oscuro per mettere i bastoni tra le ruote della legge contro l’omofobia che il 26 luglio approderà nell’aula di Montecitorio con l’ambizioso progetto di approvarla pima delle ferie estive. E subito dopo sarà la volta delle unioni civili, un’altra besta nera di buona parte del centrodestra”. Il quotidiano scrive che però “i diritti civili non dividono il Paese ma il partito di Berlusconi”, e racconta di una “strana cesura”, perché “Bondi, Galan e Prestigiacomo questa legge la vogliono discutere ma la vogliono”, mentre “un laico come Cicchitto è contrario ad alcune norme e avanza l’idea: se sobbiamo parlare di temi etici allora parliamo anche di giustizia”.

Sotto, il quotidiano intervista Giancarlo Galan: “Mossa disperata degli ultrà cattolici, sono senza numeri, Berlusconi con nomi”. “Ma quale moratoria. Sui temi etici dobbiamo accelerare. La mossa dei miei colleghi è dettata dalla disperazione: sanno che in Parlamento non hanno i numeri e quando sei sicuro di perdere chiedi lo stop”. Domanda: “Alfano è con lei o contro di lei? “Che domanda: con gli altri”. Berlusconi? “Silvio sta con me, me l’ha detto”. E la maggioranza del Pdl? “Non lo so. Ma so che nel partito che ho fondato in Veneto venti anni fa non ci sognavamo neppure queste divisioni. C’erano tante componenti ma nessuno si azzardava a imporre una linea ufficiale su questi argomenti, negando persino il dibattito parlamentare”. Sulla Carfagna: “Non capisco che cose le abbia preso. Probabilmente logiche strano che non c’entrano niente con i diritti”. Galan poi esprime un “retropensiero”: “Che il Pdl faccia da apripista ma dietro ci sia una forte attività consenziente del Pd. La moratoria potrebbe convenire anche ai democratici”. Ha le prove? “Un segnale. La legge sulle coppie gay è stata calendarizzata prima al Senato. I presidenti delle Commissioni giustizia Ferranti e Nitto Palma sono dalla parte giusta, ma la maggioranza a Palazzo Madama è diversa, più complicata. Alla Camera sarebbe stata una passeggiata. E’ un pessimo segnale, quasi una prova. Pdl e Pd potrebbero avere lo stesso obiettivo”.

Su La Stampa (“Pdl all’attacco: più ministri, no ai temi etici”), si dà conto della richiesta del capogruppo Pdl alla Camera Brunetta di “rilancio politico e programmatico” dell’esecutivo con “più ministri per il centrodestra”. Nella pagina successiva, intervista a Ivan Scalfarotto: “Altro che stop. Ora il Pd dovrebbe battersi a favore dei matrimoni gay”. “Il relatore del testo sull’omofobia: ‘E’ condiviso dal Pdl’”.

Dopo le dichiarazioni della scorsa settimana del Ministro Saccomanni sulla possibilità di privatizzare alcune aziende di Stato, oggi Il Messaggero scrive di una “partita da 135 miliardi” sulle privatizzazioni. Il quotidiano ricorda che una successiva nota del Minitero dell’Economia spiegava che il Ministro “non si riferiva a società specifiche”, come Eni, Enel, Finmeccanica, “ma resta il fatto che il governo ci sta pensando”. 135 miliardi è il valore stimato delle partecipazioni, ma con la vendita degli immobili “si può arrivare al doppio”. Lo stesso quotidiano intervista l’economista Giacomo Vaciago: “Vendere va bene, ma per far crescere il Paese. In altri termini, serve un governo che risolva i problemi anziché parlarne”.

Su La Repubblica il commento di un altro economista, Alberto Bisin: “Aziende, il tabù della vendita”, che dà conto delle reazioni negative, arrivate dai sindacati ma anche da molti esponenti politici, in nome dell’interesse strategico delle aziende o della italianità, e spiega come spesso dietro questi aggettivi non ci siano definizioni appropriate.

E poi

Su La Stampa l’inviato a New York Paolo Mastrolilli spiega come l’intelligence occidentale sia preoccupata dalla situazione in Siria: “sta diventando il nuovo Afghanistan”, sostengono, sottolineando però una differenza di non poco conto nel fatto che l’ondata terroristica minacciata da questo conflitto rischia di investire L’Europa. E la stessa Italia. In Siria sono arrivati ribelli di ogni genere e molti proverrebbero dall’Europa stessa: il Paese è diventato una nuova frontiera dell’ antagonismo. I servizi avrebbero potuto intercettare questi “volontari” arrivati da Belgio, Olanda, Danimarca o dall’Italia, ma hanno preferito lasciarli passare perché servivano a rovesciare il regime, al momento ancora saldo. Quegli stessi ribelli, se sconfitti o stanchi di combattere inutilmente, torneranno indietro, delusi e risentiti contro l’Occidente.

Su Il Giornale Renato Brunetta: “Immigrati, basta buonismo”. L’umanitarismo miope –scrive- produce solo razzismo, per integrare i lavoratori stranieri occorre premiare i regolari, espellere i clandestini e investire nei Paesi d’origine.

Sullo stesso quotidiano Magdi Cristiano Allam racconta la storia di Sherif Azer, cittadino italiano, cristiano copto nato in Egitto. Cerca di evangelizzare pubblicamente in piazza e lo fa “nel quartiere più islamizzato d’Italia, Porta Palazzo nel centro storico di Torino, al punto da scontrarsi con ronde islamiche che impongono l’applicazione della sharia”. Il 18 luglio è stato aggredito perché non seguiva il Ramadan, dice Allam.

Sul Corriere della Sera: “Cameron contro Google: ‘Un freno al porno o vi blocco per legge’”. Il governo britannico “prepara l’introduzione di norme più rigide nei confronti dei motori di ricerca Internet” ed oggi il premier terrà un atteso discorso, “il classico ultimatum e forse qualcosa di più”, secondo il quotidiano.

Su La Stampa Roberto Toscano si occupa della eredità di Mandela e del “cammino” da lui aperto. Aldilà dei tentativi di lucrare sulla sua immagine da parte della famiglia, la delusione arriva dal Paese cui appartiene: contro ogni previsione e contro le certezze dei “realisti”, l’arrivo al potere della maggioranza nera non comportò vendette e stragi di bianchi. Il Paese nella sua fase di transizione perseguì il cammino di “verità e riconciliazione”: ma il Sudafrica di oggi vede tassi di disuguaglianza estremi e “particolarmente indecenti dati altissimi di corruzione”, che colpisce in particolare il partito di Mandela, l’Anc. “L’uguaglianza teorica di una democrazia pluripartitica e pluralista viene pesantemente smentita da una struttura socio-economica in cui la classe e il denaro battono la razza, nel senso che anche una minoranza di neri è entrata a far parte dell’élite, del privilegio”, scrive Toscano. E allora, si può dire che Mandela “muore da sconfitto”? No, perché “la sua vittoria e la sua lezione restano, e vanno ben oltre il Sudafrica. La sua vittoria è quella di avere clamorosamente smentito uno dei più radicati luoghi comuni della politica, quello secondo cui solo la forza permette di prevalere, mentre i non violenti sono inevitabilmente sconfitti”. Anche la Primavera araba ha conseguito, con la via pacifica, risultati concreti come la caduta di regimi “dotati di forti strumenti di repressione e anche capillari meccanismi di cooptazione e consenso”: insomma, la non violenza risulta strategia vincente per togliere ad un regime la sua legittimazione da parte della maggioranza della popolazione, ma quella vittoria “è solo l’inizio di un altro cammino”, che esige “un paziente lavoro basato sulla qualità politica e sul rigore morale”

Su La Repubblica, pagine R2 Cultura, Roberto Esposito spiega “la rivoluzione fragile” ovvero “perché le primavere non cambiano il mondo”: dall’Egitto agli ‘indignati’, da Istanbul a Rio, il conflitto non si trasforma in politica. Al desiderio di rivolta si accompagna quello di obbedienza a populismi o poteri anonimi. A collegare tra loro le rivolte è per ora “un elemento negativo”, ovvero la “indeterminazione politica, l’inidoneità a costruire istituzioni stabili, la continua reversibilità”. Nettissima è la distanza dalle rivoluzioni moderne, ma anche “dai moti che hanno trasformato in profondo il mondo occidentale tra gli anni Sessanta e Settanta. E’ vero, anche allora il mutamento socio-antropologico ha prevalso su quello propriamente politico. Ma ciò che adesso manca, rispetto a quegli anni, è la dimensione collettiva, l’intensità progettuale, l’opzione ideologica”, “un respiro politico”. Perché “più che a un potere costituente, le attuali rivolte fanno pensare a un potere destituente”: in esse prevale “un carattere esistenziale, un bisogno di identità da parte di gruppi eterogenei che si aggregano e si disgregano”.

Sul Corriere, alle pagine della cultura, un intervento di Francesco Margiotta Broglio recenesice un saggio di Michele Mancino e Giovanni Romeo, edito da Laterza, dal titolo Clero criminale, deciato al funzionamento della giustizia ecclesiastica. “Un saggio ricostruisce il (cattivo) funzionamento della giustizia religiosa nei secoli. Gli abusi dei tribunali ecclesiastici, via di fuga dei preati”, perché questione centrale – scrive Margiotta – è la “pretesa della Chiesa cattolica di sottrarre ai guidici degli Stati i crimini degli ecclesiastici per sottoporli ai propri tribunali, che offrivano molteplici vie di fuga”, oltre al “groviglio di giurisdizioni religiose (inquisizioni centrali e periferiche, congregazioni romane e ordini religiosi, tribunali diocesani e dei nunzi apostolici) in frequente conflitto tra loro, che si disputano imputati, psesso per assolvere quelli condannati in prima istanza anche da giudici ‘secolari’ mettendo ‘a dura prova’ l’autorità della Chiesa e favorendo il “clero delinquente’ che apprese a navigare ‘con maestria tra le giurisdizioni disponibili’”.

Marek Halter ha scritto una lettera a Papa Francesco per chiedergli un incontro accompagnato da un gruppo di imam francesi, che “guidano moschee non finanziate dal Qatar o dall’Algeria e sono organizzati solo con le offerte dei fedeli. Insiemea abbiamo già fatto un viaggio a Gaza”. Ne parla lo stesso scrittore, intervistato da La Repubblica. L’incontro ci sarà il 25 settembre prossimo. Nell’intervista si parla anche della vicenda della donna velata fermata dai poliziotti nella banlieue parigina. “Lei sostiene che i poliziotti le hanno mancato di rispetto, cosa possibile. Gli agenti rispondono che il marito è stato violento, altra cosa possibile. Hanno tutti ragione. Ma per uno scrittore come me l’unica soluzione è parlare, dialoare, aprire dei ponti tra diverse società”. Sul bando del burqa, “non credo che dovrebbe essere una priorità per la Répubblique, come non penso che sia urgente legalizzare il matrimonio tra coppie omosessuali, che potrebbero tranquillamente convivere senza vecchie cerimonie”.

redazione grey-panthers:
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