Le aperture
E su questo in prima il “retroscena” di Carlo Bonini: “I Servizi: ‘La minaccia non viene dal mare’”.
A centro pagina: “Primo sì sulla scuola, il Pd si divide”, “Trenta dissidenti alla Camera, sarà battaglia al Senato”.
“I professori di serie B”, è il titolo di un commento di Adriano Sofri. Il commento è dedicato ai “professori di sostegno considerati di serie B”.
In prima la foto dal Festival di Cannes: “Sorrentino, 17 minuti di applausi, ‘In questo film c’è la mia vita’”.
A fondo pagina: “Calcio, l’ipotesi del commissario”, “L’ira di Mattarella: indignato. Renzi: cambiare tutto”.
La storia di copertina dell’inserto R2: “Verde, piccola e condivisa, la rinascita dell’automobile”, “Vendite finalmente in crescita, ma la rivoluzione è un’altra, ora a tutti piace connessa”.
In prima anche il richiamo ad un’intervista all’amministratore delegato di Eni: “Descalzi: ‘L’Eni torna in Iran e resta in Libia, ormai è finito il dominio Opec”.
La Stampa: “Strage di Tunisi, un arresto a Milano”, “Clandestino marocchino di 22 anni avrebbe partecipato all’attentato del Bardo”, “Ma la famiglia e gli amici assicurano: è arrivato in Italia a febbraio, poi è sempre stato qui. Domani si decide l’estradizione”.
E il “retroscena” di Guido Ruotolo: “Il suo nome era già nella lista dei sospettati. Ma il Viminale: cautela”.
In prima anche le notizie sul ritrovamento nel covo di Abbottabad, in Pakistan, di documenti di Bin Laden: “Lettere d’amore nel rifugio di Bin Laden”.
A centro pagina: “Scuola, sulla riforma il sì della Camera. Ora battaglia al Senato”, “Ma una trentina di deputati Pd non vota”.
Sullo scandalo nel mondo del calcio: “Calcio truccato. Spuntano Lotito e la Salernitana”, “Mattarella indignato: ora agire con severità. Tavecchio: non c’entro”.
In prima, foto per la vittoria della Juventus: “Juve, la Coppa dopo lo scudetto”.
Nella colonna a destra, la “maximulta Usa”: “Punite le banche che ingannavano il mercato”, di Paolo Mastrolilli.
Il Fatto: “’E’ il terrorista del Bardo’. Ma ha l’alibi: era a scuola”, “Ieri mattina l’annuncio clamoroso: ‘Preso l’ideatore e uno degli esecutori dell’attentato di Tunisi. E’ arrivato in Italia su un barcone’. Più tardi i primi dubbi sulle accuse giunte dal Paese nordafricano. In realtà il preside e i docenti del Gaggiano (Milano) confermano. ‘Era con noi’. E adesso vacilla anche la pista della partecipazione all’attentato del 18 marzo”.
A centro pagina: “’Il patto sui diritti tv chiuso a Palazzo Chigi’”, “Parla Marco Bogarelli, n. 1 di Infront, la società padrona del calcio: ‘Non sono un uomo Mediaset. Murdoch è andato da Renzi per spingere l’accordo, Sky pensi a lavorare invece che a fare lobby. Perché l’Antitrust si sveglia un anno dopo?’”.
Sulle elezioni regionali: “Liguria, incubo voto disgiunto: ‘Pd sì, forse, ma Paita no’”.
In prima anche il caso “Mafia capitale”, poiché il quotidiano scrive che “c’era già tutto 5 anni fa in un romanzo noir”. Si tratta di un libro di Federico Bonadonna, “La cognizione del potere” (“Chiusa l’esperienza in Campidoglio con Veltroni, il dirigente Bonadonna scrisse un libro su politica, rom e delinquenza che anticipò l’inchiesta”).
Il Giornale: “Centro accoglienza terroristi. Italia colabrodo. Lo stragista di Tunisi arrestato a Milano. Era arrivato coi barconi. Grazie a Renzi e Alfano”.
E poi: “Catturati i pirati informatici che hanno violato le mail della difesa”.
A centro pagina: “La ricetta di Berlusconi”. “‘Pensioni alte, basta Imu e flat tax’. Il Cavaliere attacca il governo e lancia il partito Repubblicano: la nascita il 2 giugno a Milano”.
Il Corriere della sera: “Premi e assunti, primo sì sulla scuola. Renzi: basta con i presidi passacarte”. “La battaglia si sposta al Senato. Il Garante: gli esami non sono a rischio”.
Il titolo più grande: “La difesa dei giudici della Corte”. “Dopo la sentenza sulla previdenza. Il presidente Criscuolo: troppa cattiveria, spero che il clima si svelenisca”. “Nel Palazzo della Consulta: ‘Noi siamo garanti, valutiamo le leggi non i governi'”.
A centro pagina, con foto: “L’attentato a Tunisi. Aggirò l’espulsione. Pm prudenti”. “Arrivò in Italia sul barcone. Fermato a Milano per la strage al museo”.
Accanto: “La resa di Syriza. Prepariamoci a fare i conti. La Grecia ci costerà su otto”.
A fondo pagina: “Una donna su otto mantiene la famiglia. L’Istat: settecentomila nuclei in più rispetto al 2008 si reggono solo sul reddito femminile”.
Il Sole 24 ore: “Pensioni, tutti i calcoli sui rimborsi in arrivo. Niente recupero per gli assegni oltre 2886 euro lordi. Le regole del decreto legge per la restituzione degli arretrati”.
In alto: “Milano, un arrestato per la strage di Tunisi. Marocchino, era arrivato in barcone”.
A centro pagina: “L’Europa alza il tiro su Atene. Bce prudente sugli aiuti alle banche: solo 80,2 miliardi, 200 milioni in più rispetto a una settimana fa”. “Schuble: il default greco è possibile. Moody’s: rischio liquidità”. L’editoriale è firmato da Carlo Bastasin: “Previdenza e lavoro i nodi aperti tra Grecia e Ue”.
La Stampa, pagina 2: “Attentato al museo del Bardo. Marocchino arrestato a Milano”, “Clandestino di 22 anni accusato dai giudici di Tunisi di aver partecipato alla strage. Arrivato su un barcone viveva con la madre. Domani udienza per l’estradizione”. Scrive il quotidiano che la segnalazione dei servizi segreti tunisini su Abdelmajid Touil era arrivata agli 007 italiani almeno da 15 giorni: le indagini hanno dapprima puntato sulla madre, che risultava vivere a Legnano, ma che solo due giorni fa, grazie ad un dettaglio burocratico, ovvero la denuncia di smarrimento del passaporto da lei fatta nello scorso aprile a Trezzano del Naviglio, si sarebbe avuta la certezza che il ragazzo vivesse, per l’appunto, con la madre.”Un’esistenza irreprensibile e fino a quel momento perfettamente sconosciuta alle nostre forze di polizia”, scrive La Stampa. Ma dubbi sono nati sulla effettiva presenza del ragazzo nel commando dell’attentato al Bardo: amici e familiari sostengono che dal 17 febbraio scorso, giorno del suo arrivo in Italia con un barcone di profughi proveniente dalla Libia, non si sia mai mosso da Gaggiano. Dunque non avrebbe potuto partecipare all’attentato: a meno che per “partecipazione” le autorità tunisine non considerino un appoggio esterno, logistico. Nel provvedimento di arresto si elencano reati gravissimi: dall’omicidio volontario alla cospirazione per commettere attentati contro la sicurezza dello Stato, fino al sequestro di persona a mano armata, dall’addestramento al reclutamento terroristico. A pagina 3: “Ma famiglia e vicini lo difendono: ‘Quel giorno era a scuola a Trezzano’”, “E dopo la cattura la Procura apre una sua inchiesta: accertamenti necessari”. Si tratta del “retroscena” di Paolo Colonnello, con quattro punti interrogativi. Perché raggiungere l’Italia con un barcone se la famiglia vive da tempo in Italia? Perché la madre denuncia la sparizione del passaporto del figlio ufficialmente clandestino? Come ha fatto a rientrare in Italia dalla Tunisia se davvero è tornato lì per compiere l’attentato? Non solo la famiglia, anche i vicini testimoniano che non si è mai mosso: come si spiega?
E a pagina 5: “Gli 007 già allertati da Tunisi, ma il Viminale invita alla cautela”, “Dopo la strage del Bardo, il nome di Touil era nella lista dei sospettati”.
Il Fatto, pagina 2: “Touil, arrestato per la strage, ‘Ma quel giorno era a scuola’”, “L’Italia esegue il mandato di Tunisi, poi scopre l’alibi del 22enne marocchino. In dubbio anche il ruolo di supporto all’assalto al museo”. Scrive il quotidiano che Digos e Ros hanno eseguito un mandato di cattura internazionale emesso dall’autorità giudiziaria tunisina che inizialmente lo accusava di aver partecipato materialmente all’attentato del Bardo: accusa che in serata è stata derubricata a un semplice supporto logistico. In Italia da ieri è indagato per terrorismo internazionale.
A pagina 3: “Il nome sul registro che smentisce le accuse”. Il registro cui ci si riferisce è quello scolastico: la professoressa dell’istituto che lui frequentava dice di aver segnato la sua presenza il giorno dell’attentato al Bardo.
La Repubblica, pagina 2: “Un arresto a Milano per l’attentato del Bardo. ‘Arrivato su un barcone’”, “Mandato di cattura da Tunisi. La procura: accuse da verificare. La Lega all’attacco. Il Viminale: ‘Cos’ si gioca sulla paura’”. E l’inviato a Gaggiano Piero Colaprico tenta di descrivere il personaggio Touil e la sua famiglia: “Il mistero di Abdel tra i pasti della Caritas e le lezioni di italiano”. Anche qui la conferma della professoressa della presenza in classe del ragazzo, poi le parole della madre Fatima, badante 44enne, velo in testa e gambe sull abici: “Mio figlio non è per niente d’accordo con la jihad, con la lotta armata, lo so, anche quando c’è stato l’attentato a Tunisi era con me, ne abbiamo parlato, c’è un errore, siamo sicuri, e la verità verrà fuori”.
Alle stesse pagine, intervista al leader della Lega Matteo Salvini, che dice: “Bloccare le frontiere, ora Alfano si dimetta”. E di fianco, il viceministro all’Interno Filippo Bubbico: “La sicurezza funziona, questa è la prova”.
A pagina 4 una lunga analisi di Carlo Bonini traccia lo “scenario”, raccogliendo una risposta dai nostri servizi di intelligence che il giornalista definisce assolutamente “tetragona” sui rischi di infiltrazioni jihadiste nel nostro Paese attraverso i flussi di migranti e che viene riferita così: “Non esiste alcun nuovo elemento in grado di capovolgere quanto documentato appena due mesi fa dalla relazione consegnata dai nostri Servizi al Parlamento sulla Politica dell’Informazione per la Sicurezza del 2014”. Inquel documento, scrive Bonini, si leggeva: “Il rischio di infiltrazioni terroristiche nei flussi via mare è un’ipotesi plausibile in punto di analisi. Ma è un’ipotesi che, sulla base delle evidenze informative disponibili, non ha trovato sinora riscontro”. Scrive ancora Bonini che per ragioni geografiche, l’Italia è terra di transito di jihadisti e foreign fighters, ma intelligence e polizia ricordano che chi raggiunge le nostre coste viene subito inserito nella banca dati Europol e cessa perciò di essere invisibile.
Sul Corriere: “Dall’arrivo all’arresto. Ecco tutti i punti oscuri”. Il quotidiano spiega che Touil è arrivato in Italia, “ripescato in mare” dall’Italia, la notte tra il 15 e il 15 febbraio. “Non prova neanche a chiedere asilo politico, viene fotosegnalato e qualche ora dopo gli notificano il decreto di espulsione”. Di lui si perdono le tracce fino ad aprile, quando la Tunisia invia all’Italia una lista di circa trenta sospetti per la strage del Bardo. Sull’arresto ci sono due ricostruzioni, scrive il quotidiano. Secondo la prima sarebbe stato fermato per caso, e dopo aver verificato che non aveva il permesso di soggiorno. Ulteriori accertamenti portano a incrociare il suo nome con quello del “terrorista” ricercato. Secondo la seconda ricostruzione sarebbero stati proprio i tunisini a sollecitare l’arresto del giovane.
Ancora sul Corriere: “Majid, che preferiva il bar alla moschea. Il fratello spacciatore e i corsi di lingua”. Si legge che “i Touil non sono una famiglia di integralisti. In casa non c’è nemmeno il Corano. E Abdel Majid ha altre cose in testa che la preghiera. Non frequenta moschee ma soltanto bar della zona, come il Novella 73, popolato da pensionati che tirano sera ai quali si accodava volentieri; quando andava fuori paese, era per stare sui banchi della scuola d’italiano a Trezzano sul Naviglio. L’ha fatto anche nella settimana del giorno dell’attentato a Tunisi. Insegnanti e preside della struttura giurano sia andata così”.
Il Giornale: “Fermato per la strage di Tunisi. Arrivato in Italia su un gommone”. Il quotidiano scrive che il giovane Abdel Majid Touil è “sospettato di essere la mente dell’attentato al museo del Bardo”. Secondo il quotidiano “si era calato nei panni di bassissimo profilo del perfetto terrorista islamico che voglia fare proselitismo durante la latitanza in un Paese che non è il suo senza dare nell’occhio”.
Un altro articolo del quotidiano diretto da Sallusti spiega che “in fondo” gli specialisti dell’intelligence italiana si augurano quasi che Touil sia innocente. Perché se fosse colpevole bisognerebbe prendere atto che l’allarme sui barconi infiltrati dai terroristi “era fondato”. Secondo il quotidiano comunque, se non ci sono prove che sia tornato in Tunisia nei giorni dell’attentato, “ci sono elementi di fatto, contatti telefonici, che lo collegano al commando” che fece la strage.
Ancora Il Corriere intervista la madre di Abdel Majid Touil. Dice che da febbraio, quando è arrivato via barcone in Italia, non si è mai allontanato dall’Italia. “Il 18 marzo era nell’appartamento di Gaggiano”. “Abdel Majid non ha nessun legame con nessun terrorista”. Sul fatto che abbia denunciato lo smarrimento del passaporto del figlio solo il 14 aprile, dice che “ho sprecato tempo perché non sapevo come comportarmi”, “ho domandato ai servizi sociali e al consolato marocchino”, “quando mi è stato detto di andare dai carabinieri io l’ho fatto”.
La Repubblica, pagina 6: “Scuola, primo sì alla riforma ma il Pd si divide ancora, in trenta non la votano”, “Maggioranza a quota 316. La battaglia passa al Senato. Renzi: ‘Orgoglioso di questa legge’. Scontri in aula”.
Di fianco, un’intervista a Stefano Fassina, minoranza dem: “Dovrò uscire dal Partito se a Palazo Madama non sarà modificata davvero”.
La Stampa: “Riforma scuola, sì della Camera. La battaglia si sposta al Senato”, “Governo soddisfatto, ma Bersani e una trentina del Pd non votano”.
Su La Repubblica il “dossier” sulla riforma, con tutti i punti fondamentali, ma anche con i cambiamenti apportati rispetto alla versione iniziale del testo del governo. Ecco perché il titolo del dossier è: “Meno poteri ai presidi e un bonus da 500 euro, ecco com’è cambiata la riforma della scuola”, “Esclusa la donazione sul ‘730’, confermati i benefici fiscali per chi contribuisce. E poi: nuovi criteri per le valutazioni e l’inserimento dei docenti. Così, punto per punto, si modifica il Ddl sull’istruzione”.
Su La Stampa: “Presidi e autonomia, così si cambia”, “Meno paletti nella scelta dei singoli istituto di costruirsi un percorso formativo proprio e finanziamenti più cospicui. Il potere dei dirigenti attenuato da una serie di criteri stringenti. Il dialogo con chi protestava ha prodotto la svolta?”.
E sulla pagina precedente il “retroscena” di Fabio Martini: “E Renzi in versione mediatore prepara un vertice con i sindacati”, “L’incontro decisivo avverrà prima del voto finale”.
E il “retroscena” su La Repubblica di Francesco Bei e Goffredo De Marchis: “L’ira del premier: ‘La minoranza vuole solo farmi cadere’”. L’incipit del pezzo: “La scuola ormai c’entra poco, la posta in gioco -per entrambi i fronti- è tutta politica: la riconquista del Pd per i nostalgici della Ditta, la definitiva renzianizzazione del partito per il capo del governo. Il luogo dello scontro sarà Palazzo Madama, dove i 23 senatori della minoranza, se restassero compatti, potrebbero in teoria mandare agli archivi la Buona Scuola. Renzi è furente per quanto accaduto ieri in aula. Certo, i 38 dissidenti dell’Italicum si sono ridotti a 28 (29 con la Bindi), ma la ferita brucia lo stesso: ‘Gli siamo venuti incontro, abbiamo accettato molte modifiche, abbiamo persino ritirato l’articolo sul 5 per mille. E non hanno votato lo stesso. E’ evidente che puntano ad altro’. Gli occhi sono fissi sul Senato, è lì che i ribelli vogliono consumare fino in fondo la loro rivincita. Tanto più se le Regionali dovessero risolversi con la perdita della Liguria e con un arretramento del Pd in termini di voti assoluti per via dell’astensionismo record. Perché è lì che la maggioranza è in bilico. E il dissenso appare più solido che a Montecitorio. A guidare la pattuglia ci sono i tre civatiani -Mineo, Ricchiuti e Tocci- e bersaniani irriducibili come Miguel Gotor e Maurizio Migliavacca”. Per questo la strategia del premier sarebbe quella di “separare” chi punta realmente a migliorare il teso sulla scuola da chi, invece, persegue solo l’obiettivo di far cadere il governo.
Su Il Fatto: “La Liguria ‘mugugna’ e il Pd trema. L’incubo della scossa a sinistra”, “Tra il ‘tradimento’ degli scajoliani e la campagna per il voto disgiunto, la candidata di Renzi rischia grosso. E pure il partito”.
Sul Corriere Maria Teresa Meli scrive che il voto di ieri alla Camera “ha fatto registrare un numero minore di dissensi rispetto all’Italicum” e cita una frase di Renzi, secondo cui “‘l’opposizione si è asciugata’”. Secondo il quotidiano Renzi concederebbe “due, tre modifiche” nel passaggio del disegno di legge al Senato, e non metterebbe la fiducia. I timori di Renzi sarebbero altri: una bassa percentuale di votanti alle Regionali, “un dato che verrebbe interpretato come primo segno di disaffezione”, e il rischio che in Liguria la Paita, pur non perdendo, non arrivi a superare il 35 per cento necessario per governare da sola
Sul Giornale Adalberto Signore scrive che la riforma della scuola alla Camera è “la riforma meno votata dell’era Renzi insieme al Jobs Act. Anche in quel caso – era lo scorso novembre – soltanto 316 favorevoli, con il solito, ormai usurato dissenso della minoranza Pd”. Altra faccia della medaglia è “la totale assenza di una proposta alternativa da parte di chi non siede nei banchi della maggioranza. E a ben vedere è proprio questa la vera forza su cui può contare un Renzi che continua a non vedere nessuno in grado di mettersi sulla sua strada”. Infine, dice il quotidiano, “un primo importante segnale arriverà dal voto amministrativo del 31 maggio. Se Renzi portasse a casa il 6-1 non farebbe che rafforzare la sua leadership”.
Da segnalare sul Sole una intervista al tesoriere del Pd Francesco Bonifazi: “‘I conti Pd in attivo grazie ai tagli di spesa e alle cene con Renzi'”. Bonifazi spiega che sono stati ridotti drasticamente (del 60 per cento) le spese per servizi e forniture alla sede nazionale, del 50 per cento quelle per consulenze e collaborazioni, circa 300 mila euro per spese di viaggio. Bonifazi spiega che 1,5 milioni di euro è stato raccolto con “cene di autofinanziamento”. Dalla “discussa cena romana” il Pd ha ricavato 800 mila euro. Bonifazi annuncia anche che prima dell’estate dovrebbe tornare in edicola l’Unità, con 25 giornalisti.
Sul Corriere Aldo Cazzullo firma un “retroscena” dal Palazzo della Corte Costituzionale con dichiarazioni del presidente della Corte Costituzionale Alessandro Criscuolo. Si parla della sentenza sulle pensioni. Scrive Cazzullo che “sei giudici erano per salvare la riforma delle pensioni, sei per bocciarla. Lui era tra questi, il suo voto vale doppio e così il governo ha dovuto varare un decreto e riscrivere la manovra che stava preparando”. Dice Criscuolo: “‘Ma noi non siamo un contropotere, siamo un organo di garanzia, i custodi della Costituzione”. “Se una legge è incostituzionale non possiamo fermarci se la nostra decisione provoca delle spese”, “noi non facciamo valutazioni di carattere economico”. Non è vietato intervenire su situazioni già disciplinate in passato “purché lo si faccia con razionalità”, e la norma sul blocco della perequazione “a mio giudizio violava il principio di ragionevolezza”, dice Criscuolo. Cazzullo offre anche alcune dichiarazioni di un altro giudice costituzionale, Giuliano Amato, incontrato in ascensore. Amato dice che a volte vorrebbe emigrare in Nuova Zelanda, dice “noi non vogliamo sostituire il legislatore, siamo come il chirurgo che asporta il bubbone”. Dice di non aver condiviso la sentenza della Consulta (“Io questa sentenza non l’ho voluta ma ora mi pare che il decreto rispetti la ratio: dare di più a chi ha di meno. Ma di questo non posso parlare. Vada, vada dal Presidente”).
Sul Sole 24 ore l’indagine dell’Antitrust sui diritti tv. Ieri l’Autorità per la concorrenza e il mercato a negato di aver mai dato l’ok su un accordo tra Sky e Mediaset. L’indagine riguarda un presunto cartello tra le due tv, avallato dalla Lega Calcio e dall’advisor Infront. “Autorità Garante della Concorrenza nega di aver rilasciato autorizzazioni a favore di operatori televisivi riguardanti possibili accordi distorsivi della concorrenza. L’Antitrust si è limitata a esprimersi, su un’istanza presentata dalla Lega Calcio in base al Decreto Legislativo 9 gennaio 2008, n. 9 (la cosiddetta Legge Melandri), sulla possibilità di consentire all’assegnatario del Pacchetto D (cioè Rti) di concederlo in sub-licenza a Sky”. In pratica “l’Authority afferma di non aver avuto conoscenza di un accordo Sky-Mediaset, ma di essersi limitata a dare il via libera alla sublicenza da Mediaset a Sky nella convinzione che le partite delle 12 squadre ‘minori’ (oggetto del Pacchetto D) sarebbero state visibili su entrambe le piattaforme (quella satellitare di Sky e quella del digitale terrestre di Mediaset Premium). Lo stesso assenso alla sublicenza fornito dall’Antitrust nel luglio 2014, è arrivato dall’Agcom, come martedì sera ha reso noto l’Autorità garante delle comunicazioni”. Si citano anche le dichiarazioni di Andrea Zappia, ad di Sky: “‘Non possiamo che aspettare e vedere quale convincimento l’Antitrust si formerà. Siamo sereni. Noi non abbiamo mai interpretato le mosse dell’Autorità e non lo facciamo di certo oggi. E ci affideremo a quella che sarà la sua conclusione'”.
Il Corriere: “Atene, non rimborsiamo altri soldi al Fmi”. “Il governo senza fondi, a rischio la scadenza del 5 giugno. Più vicina l’ipotesi bancarotta”. Secondo il quotidiano “ad Atene crescono i sostenitori di un accordo ponte che rinvii il confronto a tutto campo con i creditori europei all’autunno”, e che nel frattempo “si sfili il Fmi”. Il mancato rimborso dei 303 milioni che la Grecia deve al Fondo però significherebbe bancarotta, nel senso che il FMi sarebbe costretto a stracciare i suoi programmi di aiuti ad Atene e rimarrebbero solo Bce ed Ue.
Il Sole 24 ore: “Grecia, l’Europa stringe il cerchio”. “Schauble: il default greco non si può escludere”. Si ricorda che stasera Tsipras inconterà a Riga la cancelliera Merkel e il presidente francese Hollande. A loro illustrerà i problemi di liquidità che il Paese deve affrontare e chiederà un accordo e una soluzione politica entro fine maggio.
Sul Sole Carlo Bastasin scrive che in Europa si immagina che “il governo greco all’ultimo momento, di fronte a esiti disordinati e potenzialmente disastrosi per i cittadini, ‘si metta seriamente a negoziare’, come osserva con severità uno sherpa europeo”. Da ieri tuttavia “anche il governo greco ammette pubblicamente che il tempo a disposizione è finito e che il 5 giugno non avrà le risorse per pagare il debito verso il Fondo monetario”. Dunque dovrà confrontarsi con le richieste europee. La prima riguarda “la necessità di assicurare la sostenibilità dei sistemi pensionistici che in Grecia assorbono il 16% del Pil contro l’11-12% della media euro”, e un accordo è “forse possibile se saranno chiuse le finestre di prepensionamento e alzata l’età effettiva di fine lavoro”. Altro tema quello della riforma dellavoro: “Tsipras vuole difendere il salario minimo a 751 euro e reintrodurre i contratti collettivi che proteggono i lavoratori da licenziamenti non individuali. I partner europei chiedono invece di mantenere le riforme del precedente governo. Ma a questo riguardo, Tsipras non ha fatto aperture”.
Sul Corriere Francesco Daveri invita considerare “il conto” che un eventuale default greco costerà all’Europa: Il debito greco ammonta a oltre 320 miliardi di euro. L’Italia ha 40 miliardi di euro di esposizione, e un mancato rimborso “anche parziale implica conseguenze di rilievo”.