Le aperture
La Repubblica: “Standar’s and Poor’s declassa l’Italia”. Il declassamento dell’agenzia di rating, con il suo giudizio sulla “crescita più debole” e sulle minori capacità italiane di ripagare il debito, vista la “coalizione di governo fragile”, è il titolo di apertura dei principali quotidiani. “Paese troppo fragile”, “S&P declassa l’Italia”, titola La Stampa, che aggiunge: “Il Tesoro: l’avevamo messo in conto”.
Il Corriere della Sera: “Debito, l’Italia declassata. ‘Crescita più debole e coalizione di governo fragile’. Nella notte il giudizio dell’agenzia di rating Standard’s and Poor’s. Merkel: senza Euro addio Europa”. A centro pagina: “Alta tensione su Cipro. Erdogan minaccia: ‘Manderò la flotta’. Contesa sui giacimenti. Atene: pronti ad intervenire”. L’editoriale del quotidiano milanese, firmato da Angelo Panebianco, è dedicato al referendum sulla legge elettorale.
Il Sole 24 Ore: “Scende ad A da A+ il voto sul debito sovrano. La Merkel: se crolla l’Euro crolla l’Europa”. Sui motivi del declassamento: “La fragilità di governo limita la capacità di risposta alla crisi, la crescita è debole”.
La Repubblica dedica buona parte della prima pagina agli approfondimenti sulle inchieste e i processi: “Più vicina la sentenza Mills, il Pdl insorge”. E poi: “Berlusconi-Tarantini, inchiesta sugli appalti”.
Il Giornale e Libero aprono con le inchieste: “Partito un altro siluro”, titola il quotidiano di Sallusti. “Vietato difendere Berlusconi. I giudici del processo Mills cancellano i testimoni della difesa. E a Napoli Lepore fa retromarcia sull’ultimatum. Caos intercettazioni, per colpire il premier distruggono pure Finmeccanica”. A centro pagina, un articolo di Nicola Porro sulla situazione economica: “Se Emma e Susanna bloccano l’Italia”. La foto della segretaria della Cgil e della presidente di Confindustria, e poi: “Basta liturgie, bisogna liberalizzare”.
Libero: “Le escort di Silvio lasciano nudo il Pd. La Procura che indaga su Penati vuole le carte di Bari sugli amici di D’Alema. Mills, travolti i diritti della difesa: a tutta velocità verso la condanna di Berlusconi”.
Il Fatto quotidiano: “Sesso, appalti, malavita. La storia dell’altro Gianpaolo, procacciatore di ragazze e quindi cercato da B. Tre Papi girl legate a uomini della mala. Si indaga su 10 commesse pubbliche pronte per Tarantini anche grazie al Caimano. Altro che gossip”.
Il Foglio: “Ora anche il Corriere sferza gli industriali e la loro ‘patrimoniale’. Giavazzi e Alesina dubitano della volontà riformatrice di Confindustria: ‘Preferisce la patrimoniale alle riforme'”. Di spalla: “Il Cav sotto assedio vuole salvare Milanese e Tremonti, ma butta male”.
L’Unità apre con il piano anti deficit del presidente degli Stati Uniti: “Obama si muove, l’Europa no”. “Metà manovra a carico dei ricchi”, negli Usa, secondo il quotidiano.
Rating
Sul taglio del rating italiano, da segnalare anche l’avvertimento dell’agenzia Moody’s, che ieri ha fatto sapere che considera lo sforzo aggiuntivo chiesto a regioni ed enti locali per anticipare al 2013 il pareggio del bilancio pubblico italiano con effetti depressivi, come scrive Il Sole 24 Ore: “Influenza negativamente lo sviluppo economico del Paese”. L’analisi della agenzia di rating sul “carico aggiuntivo su bilanci già sotto pressione” e sulle “incertezze nella distribuzione di poteri e responsabilità tra i governi locali”, punta l’attenzione sul deterioramento nella capacità dei governi locali di realizzare investimenti. Moody’s è critica anche sulla questione dell’abolizione delle province, perché considera accidentato il percorso del disegno di legge approvato dal governo. In termini economici: “I costi dell’incertezza che le province passeranno nell’attesa di una approvazione definitiva, sommato all’attesa per l’entrata in campo delle super-unioni di comuni ipotizzate, costano più dei benefici potenziali, in termini di riduzione dei costi. Le modifiche ipotizzate “limitano le possibilità di pianificazione dei governi locali”.
Inchieste
“Appalti pubblici, la torta di Gianpi valeva un miliardo. Dieci gare sospette nel mirino della Procura di Bari”, titola La Stampa. Che comincia dalla fine: gli affari cui miravano Tarantini e i suoi soci non sono andati a buon fine, perché nel maggio 2009, all’acme del loro lavorio, arrivò il ciclone di Patrizia D’Addario, uscì fuori la storia della cocaina e la magistratura ordinò una perquisizione sulla connection barese. Le porte di Finmeccanica e della Protezione civile d’improvviso si serrarono, e i manager si negarono al telefono. La Procura di Bari sta tuttavia indagando per turbativa d’asta e corruzione. Il grande affare era la società mista SelProc, società di Finmeccanica, che indice, per conto del Dipartimento della Protezione civile, gare ad evidenza pubblica per l’acquisizione di beni e servizi nel settore. Nel mirino anche il progetto Snipc, sistema nazionale integrato di protezione civile: servivano però delle frequenze radio, e allora due manager di Finmeccanica proponevano a Tarantini di comprare le frequenze di Latte e Miele, o lavoravano per far cedere alla Rai quelle di Isoradio. Poi una quota di lavori per il gasdotto Italia-Albania. E lavori per il G8, più possibili affari sbloccati dall’emergenza terremoto all’Aquila.
Le pagine economiche di tutti i quotidiani riferiscono anche del crollo in Borsa di Finmeccanica (-8,63 per cento).
Berlusconi
Secondo un retroscena de La Repubblica il Cavaliere starebbe organizzando una “grande manifestazione” per “difendere la libertà”, “per una giustizia giusta, per l’inviolabilità della privacy, per la difesa del voto degli italiani”. Secondo il quotidiano sarebbe “una manifestazione che servirà a mobilitare il partito. Berlusconi infatti non è affatto contento per come i ministri e i big del Pdl, con l’eccezione del fido Alfano, lo hanno fin qui difeso da quello che considera un ‘assalto’ dei magistrati. E dunque, anche rinunciando all’apertura della stagione congressuale, presto a via dell’Umiltà potrebbe aprirsi il cantiere di una grande manifestazione nazionale contro i pm”.
Anche secondo un retroscena de La Stampa il Cavaliere pensa ad una “grande manifestazione” sulla giustizia: “La parola dimissioni è del tutto estranea al suo lessico, dicevano ieri nell’entourage. Come al solito, griderà al mondo che è una congiura ordita dai giudici di sinistra, chiederà al partito di mettergli in piedi una grande manifestazione nazionale ‘per la libertà’, è il titolo da lui pensato. Vorrebbe farla a novembre, comunque entro Natale. Un milione, due milioni, quattro milioni in piazza contro la magistratura. Vuole che il Pdl si scuota dal rotpore, proprio come ai vecchi tempi”.
Milanese
Il Sole 24 Ore ricorda che giovedì l’Aula della Camera vota, forse con il voto segreto, sulla richiesta di arresto per il deputato del Pdl Milanese: “Maggioranza alla prova Milanese. Ma Berlusconi avverte: comunque vada la votazione io non mi dimetto, vado avanti”. “Lega in fibrillazione”. Il voto di giovedì potrebbe infatti “essere un nuovo segnale di avvertimento che l’ala degli scontenti guidata da Maroni invia al grande capo. In altri tempi Bossi ne avrebbe fatto buon uso. Se ne sarebbe servito per mostrare la faccia feroce davanti alla propria base e far saltare la posta con il Cavaliere. Ma adesso? Il sosgno federalista si è infranto di fronte a una manovra che sta mettendo a dura prova la tenuta di comuni, regioni, province, come sentenziato da Moody’s”.
Il Giornale: “L’incubo del voto segreto su Milanese agita il Pdl”. Il quotidiano ricorda il timore dei deputati del Pdl: “Se si dovesse decidere a scrutinio segreto Milanese rischia”. A chiedere il voto segreto, “nel tentativo di dare un calcio negli stinchi al governo, è Di Pietro, autore di una vera e propria piroetta”, secondo il quotidiano, che ricorda come il leader dell?idv aveva detto: “Vogliamo sapere nomi e cognimo di chi impedisce alla magistratura di fare il proprio dovere”. Per chiedere il voto segreto servono comunque 30 deputati, e Di Pietro ne ha 22. Ma ieri anche il Pd ha formalizzato la richiesta di voto segreto.
L’Unità ricorda che comunque, “se giovedì la maggioranza dovesse uscire integra, cioé se Milanese resta libero”, arriverebbe pochi giorni dopo il “test Romano”, il ministro dell’Agricoltura. Si vota la sfiducia nei suoi confronti (pende su di lui una richiesta di rinvio a giudizio per mafia).
Palestina
“Palestina, all’Onu inizia la battaglia” è il titolo di un articolo del corrispondente de La Stampa da New York, dedicato alla annunciata presentazione da parte del leader dell’Anp Abu Mazen, venerdì prossimo, del ricorso per il riconoscimento dello stato di Palestina. Abu Mazen parlerà dal podio e poi consegnerà al segretario generale dell’Onu una lettera in cui affermerà che la Palestina riconosce la carta dell’Onu ed ama la pace. Sarà Ban Ki Moon ad inviare la lettera-richiesta al Consiglio di sicurezza dell’Onu, che decide l’ammissione di nuovi Stati. Se il Quartetto, che sta tentando di evitare la mossa unilaterale, non riuscirà ad impedire il passo di Abu Maze, da venerdì inizierà la partita dei voti. Gli Usa dispongono del diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza, ed hanno minacciato di farvi ricorso. Ma prima ancora gli Usa tentano di far mancare il sostegno di almeno 7 dei 15 membri del Consiglio, cosa che significherebbe respingere il testo senza opporre il veto. Sono per il no, con gli Usa, Germania, Francia,. Gran Bretagna, Colombia, Portogallo, e con la Bosnia in bilico. Se la procedura al Consiglio di sicurezza andasse male per i palestinesi, ci sarebbe comunque il voto dell’Assemblea generale, che potrebbe votare lo status di Stato non membro (come il Vaticano).
Sulla questione il Corriere della Sera intervista Rashid Khalidi, direttore del Middle East Institute della Columbia University. E’ “scettico” sulla questione, “un voto pro Palestina cambia cpoco la situazione sul terreno”. Certo, un sì dell’Assemblea Onu darebbe accesso ai palestinesi “alla Corte Penale Internazionale, all’Unesco, ad altre istituzioni mondiali. Ma la prospettiva di un popolo palestinese con più peso contrattuale non va giù ad americani e israeliani che vogliono una Palestina debole, divisa, ricattabile, isolata”. Cosa consiglierebbe alla leadership palestinese? “Organizzare elezioni vere e una riconciliazione nazionale che nasca in un consenso sull’approccio da tenere al conflitto. Serve una strategia nonviolenta che mobili le masse palestinesi. Senza questi elementi, il voto all’Onu è solo un addobbo da vetrina”.
E poi
Il Corriere della Sera offre un colloquio di Sergio Romano con Amr Moussa, ex segretario della Lega Araba ed ex ministro degli esteri egiziano, oggi “possibile presidente” dell’Egitto del dopo Mubarak. “Inserire gli islamici nel processo democratico egiziano” è il titolo dell’intervista.
4 pagine di approfondimento del Corriere sono dedicate ai cattolici italiani, e al fermento da cui sono agitati, alla ricerca di un ruolo. Le riflessioni nascono dall’atteso appuntamento di lunedì, quando il cardinale Angelo Bagnasco, all’apertura del consiglio permanente della Cei, terrà un discorso che molti si aspettano incentrato sulla “deriva etica” della politica.
“Cresce l’attivismo dei cattolici, ma l’unità è un sogno lontano”, di Massimo Franco, che si sofferma sulla grande paura di essere travolti dall’iceberg berlusconiano che si scioglie. Roberto Mazzotta: “Per le associazioni della base è tempo di tornare protagoniste. Perché non importa la scelta tra stare a destra ed a sinistra”. Francesco Paolo Casavola: “Un partito popolare dal basso. La vera centralità è nei valori”. “Dobbiamo dire addio al bipolarismo, e non limitarci ad essere ago della bilancia”. Gianguido Vecchi: “L’idea di ripartire da una rete bianca”.
Ieri il Presidente Obama – racconta il Corriere – ha presentato la sua proposta al Congresso per ridurre il debito pubblico di 4000 miliardi in dieci anni. I due terzi della manovra verranno dai tagli di spesa, ma una parte consistente dell’intervento dovrà venire dal prelievo fiscale. In tre mosse: la riduzione delle detrazioni ed esenzioni fiscali già annunciata la scorsa settimana, il mancato rinnovo, alla fine del prossimo anno, degli sgravi fiscali di Bush, e infine la nuova “tassa sui milionari”, ribattezzata “norma Buffett”.
Il piano, dal nome “living within our means”, ovvero “vivere nelle nostre possibilità”, prevede una vasta riforma fiscale con maggiori tasse per i ceti più abbienti. E Obama l’ha giustificata così: “O sacrifichiamo l’istruzione e la ricerca medica, o riformiamo il sistema delle aliquote. Non è lotta di classe, è matematica”. Ricorda Il Foglio che la Buffett Rule prende il nome dall’imprenditore omonimo e prevede che nessun contribuente con un reddito di un milione di dollari possa pagare meno di quanto paga la middle class. Per il quotidiano la Buffett Rule rimane nel testo “un vago principio”: a metà agosto il grande finanziere aveva sottolineato le disparità fiscali del sistema americano affermando: “mentre la middle class stenta ad arrivare a fine mese, noi continuiamo a goderci i nostri sgravi fiscali straordinari”, “non è giusto che io paghi circa il 17 per cento di tasse, mentre la mia segretaria paga il 35”.
(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)