Le aperture
La Repubblica: “Grecia, più soldi dalla Bce”, “Draghi: il debito di Atene va alleggerito. E frena Schaeuble. L’Ue sblocca il prestito da 7 miliardi. Oggi il voto del Bundestag. Tsipras prepara il rimpasto, cresce l’ipotesi di elezioni in autunno”.
Il quotidiano intervista : “Ora l’Europa deve cambiare passo, la paura non è finita”.
E ancora sulla crisi greca, la corrispondenza di Ettore Livini: “Il piano di Alexis anti-ribaltone”.
In prima c’è anche una foto della cancelliera Merkel che ha fatto discutere: ad una ragazzina palestinese in lacrime che le chiedeva di restare in Germania, ha risposto “Qui non c’è posto per tutti”. Di questo si occupa Massimo Recalcati (“Tra il cuore e la Norma”).
A centro pagina: “Frase shock contro Borsellino, bufera su Crocetta”, “Rivelazione de L’Espresso, la Procura smentisce. Il Governatore siciliano si autosospende”.
In prima anche i fatti di Chattanooga: “Spara ai marines, 4 morti. La strage del lupo solitario venuto dal Kuwait”, “Usa, l’attentatore ucciso. L’ombra dell’Is”.
A fondo pagina: “Dieci ragioni per dire sì alla legge sulla cannabis”, di Giovanni Valentini.
Sulla colonna a destra, “il racconto” da Quinto, in provincia di Treviso, di Jenner Meletti: “L’assedio in veneto ai 100 migranti nelle case senza luce”, “Treviso, Zaia soffia sulla rivolta di Quinto: ‘Ci stanno islamizzando’”.
La Stampa: “Grecia, via libera al salvataggio. L’Ue presta 7 miliardi”, “La Bce alza i fondi d’emergenza, lunedì riaprono le banche”, “Dopo il sì del Parlamento alla manovra, Atene pensa a nuove elezioni”.
Tonia Mastrobuoni, inviata a Berlino, firma in prima un commento in cui racconta “Il duello infinito tra Draghi e Schaeuble”.
Sul tema, il quotidiano offre anche un colloquio con Zoe Konstantopoulou, presidente del Parlamento ellenico che ha votato ‘no’ all’accordo: “E’ un genocidio”, dice.
A centro pagina: “Frase choc su Borsellino. Ma è giallo su Crocetta”, “Il medico al telefono col governatore: va fatta fuori. La procura nega”.
“La politica appesa al filo del telefono” è il titolo del commento di Mattia Feltri.
In prima anche la strage, esattamente un anno fa, dopo lo schianto di un areo nei cieli dell’Ucraina: “Boeing, strage senza verità”, “Indagini verso la conclusione tra mille difficoltà”.
Dal Tennessee: “Cecchino spara nella base dei marines: quattro uccisi”, “Morto anche l’aggressore originario del Kuwait. L’Fbi: forse ispirato dall’Isis”.
“La Germania e la bambina” è il titolo dell’editoriale di Massimo Gramellini dedicato al pianto della ragazza palestinese a colloquio con la cancelliera Merkel.
Il Corriere della sera: “Il salvagente europeo per la Grecia. Tsipras prepara un nuovo rimpasto di governo”. “Prestito ponte di 7 miliardi di euro dalla Ue. Nuova liquidità alle banche dalla Bce”. Al “pragmatismo di Francoforte” è dedicato un articolo di Danilo Taino.
A centro pagina la strage di Chattanoga: “Strage di marines negli Usa. Un giovane uccide quattro militari in due basi. Era originario del Kuwait”. “L’attentatore colpito a morte dalla polizia. L’ipotesi degli investigatori: si ispirava all’Isis”.
Un richiamo in prima è dedicato ancora a un aspetto dell’accordo sul nucleare iraniano: “Obama e Putin, quel filo rosso”.
A fondo pagina il quotidiano parla del “giallo della frase choc su Lucia. Borsellino. Il governatore siciliano Crocetta tirato in ballo per una intercettazione. I pm: non esiste”.
Il Sole 24 ore: Grecia, Bce alza gli aiuti. Draghi: ridurre il debito”. “Liquidità d’emergenza alle banche aumentata di 900 milioni: lunedì sportelli aperti”. E poi: “Prestito ponte da sette miliardi all’esame della Ue”.
L’editoriale, di Donato Masciandaro: “L’ossigeno di Draghi sorprende falchi e gufi”.
Di spalla, con altrettanta evidenza, intervista al presidente del Consiglio europeo Tusk: “‘Abbiamo fatto il primo passo, evitato il contagio politico di Grexit”.
A centro pagina: “Borse e bond, riparte la corsa”.
Sulla vicenda siciliana: “‘Borsellino fa fatta fuori come il padre’. Giallo sulla telefonata di Tutino a Crocetta. Il governatore siciliano si sospende”. “Fare chiarezza subito” è il titolo di un commento di Giorgio Santilli.
Il Fatto: “Larghe intese per Tsipras. Bce e Ue rianimano Atene”.
Ma il titolo in maggior evidenza a centro pagina è dedicato al caso Crocetta: “Il giallo Crocetta-Borsellino”, “’Bisogna farla fuori come il padre’. L’Espresso pubblica un’intercettazione dell’amico medico Tutino col presidente siciliano. La Procura nega ci sia”.
Sui numeri dei visitatori reali all’Expo di Milano il quotidiano intervista Stefano Boeri, che dice: “L’Expo non funziona però non è una sorpresa”.
A fondo pagina, il Giappone: “Il premier Abe cambia la Costituzione: Tokyo può fare la guierra”, “A 70 anni da Hiroshima”.
E le vicende di Dominique Strauss-Kahn: “Strauss-Kahn sbarca all’Avana, sarà consulente di Fidels e Raul Castro”.
Il Giornale: “Chi vuole arrestare Berlusconi”. “Allarme sull’assalto delle toghe rosse. ‘Se accade, fate la rivoluzione'”, parole del leader azzurro ieri ad una assemblea di eletti. “E il Cavaliere allarga lo steccato di Forza Italia”.
A centro pagina, in evidenza: “Fango su Borsellino, Crocetta nei guai”. “Tutino gli diceva: ‘La figlia va fatta fuori, come il padre’. Il governatore ora piange e si autospende”.
In evidenza sul quotidiano, con foto, “la rivolta di Quinto”, paesino in provincia di Treviso: “Nel paese invaso dai profughi la gente sale sulle barricate”.
Sotto: “Usa, incubo terrorismo. Uccisi 4 marines”. “Il killer americano, nato in Kuwait, sarebbe stato ‘affascinato dall’Isis'”.
Sull’Europa e il prestito ad Atene il quotidiano offre due richiami in prima: “Gran Bretagna sempre più stufa. Sarà lei a far la guerra alla Germania”. E poi: “Crolla il mito dell’unità tedesca. Merkel torna a dividere Berlino”.
Grecia, gli aiuti
La Stampa, pagina 2: “’Prestito ponte da 7 miliardi’. L’Ue ridà ossigeno alla Grecia e lunedì riaprono le banche”, “Atene può rimborsare Bce e Fmi. Juncker: liquidità per un mese. E il 17 agosto arriverà la prima tranche del salvataggio da 86 miliardi”. Il corrispondente da Bruxelles Marco Zatterin dà conto di quanto certificato ieri dalla Commissione Ue: l’azione del Parlamento greco “ha rispettato i tempi ed è nel complesso soddisfacente”. “Era il segnale che il governo Tispras attendeva, quello che portava l’Eurogruppo a dare un via libera ‘di principio’ al terzo programma di aiuti triennali condizionato al completamento delle procedure nazionali. Anche se nei corridoi di Bruxelles ieri sera si sussurrava che l’intesa sul prestito ponte avesse più che qualche carenza di contenuto, non essendo stata esattamente presa una decisione sulla forma. La Grecia deve rimborsare 3,5 miliardi alla Bce lunedì; 2 e poi 3,1 al Bce (quest’ultima cifra il 20 agosto). Il candidato più probabile per il prestito-ponte è il vecchio fondo Efsm, l’antesignano di tutti gli strumenti di stabilità costruiti in Europa dopo la crisi del 2008. Era osteggiato dai britannici, ma Bruxelles ha spiegato a Londra che era una questione transitoria, della durata di un mese circa e il veto è caduto.
Sulla stessa pagina, ci si sofferma sul ruolo di Draghi, anche alla luce delle sue dichiarazioni ieri, in conferenza stampa: “E Draghi gela il falco Schaeuble: ‘La Grecia è e rimane nell’euro’”, “La Bce alza i fondi a 90 miliardi e apre al taglio del debito. Oggi il Parlamento tedesco vota: verso il sì al piano di aiuti”. Scrive Tonia Mastrobuoni: ieri “la prima sorpresa della riunione dei banchieri centrali della Bce, che sicuramente non è piaciuta ai tedeschi, è che Draghi ha deciso di aumentare già di 900 milioni di euro i fondi emergenziali Ela che erano rimasti limitati a 89 miliardi dal 26 giugno scorso. La seconda è che Draghi ha detto che il debito greco è insostenibile e che ‘va alleggerito’”. Draghi si è anche detto certo che la Bce e il Fmi “saranno rimborsati” dalla Grecia.
Su La Repubblica, pagina 2: “Draghi dà più ossigeno ad Atene. E la Ue sblocca aiuti e prestito-ponte”, “La Bce alza di 900 milioni di euro la linea d’emergenza alle banche. Il presidente: ‘Il debito greco va senza dubbio alleggerito”. Anche Alberto D’Argenio, che ne scrive, sottolinea come Draghi abbia spiazzato tutti con la scelta di versare subito 900 milioni alle banche greche in modo da permetterne la riapertura già da lunedì.
Sulla stessa pagina: “Va in scena il ‘Merkel-day’. Angela si gioca il futuro contro la ‘Grexit-Brigade’”. Come scrive infatti Andrea Tarquini nel suo “retroscena” da Berlino, “Il Bundestag vota sull’accordo tra Europa e Grecia. Crescono i no. Il ministro Schaeuble asseconda i falchi, ma Draghi lo attacca”. D’Argenio sottolinea come il ministro tedesco delle Finanze abbia ribadito che “di haircut del debito sovrano (della Grecia, ndr.) non si parla assolutamente”. Aggiungendo: “resto convinto che una Grexit, magari temporanea, sia e resti la migliore soluzione, anche per i greci”. La posizione espressa da Dragi è diametralmente opposta, visto che ha sottolineato che “la Bce continua a lavorare sul presupposto che la Grecia era e resterà nell’eurozona” e che “è fuori di dubbio che un alleggerimento del debito greco sia necessario”.
Grecia, le interviste
Sul Sole 24 Ore Beda Romano intervista Donald Tusk Donald Tusk. Dice: “La Germania non è forse uscita indebolita dai negoziati; ma certo non si è rafforzata. Nelle trattative bisognava evitare vincitori e vinti. E infatti, nessuno sembra soddisfatto, il negoziato è finito in parità. Il ruolo dell’Unione europea e della zona euro è anche di limitare i naturali vantaggi di alcuni Paesi, come la Germania. In questa intesa, alla fin fine, la Germania fa sacrifici più di altri Paesi quando si tratta di soldi. Anche politicamente, il dibattito nel Parlamento europeo, a cui ha partecipato all’inizio del mese il premier greco Alexis Tsipras, ha mostrato un tono anti-tedesco, a destra e a sinistra, di quasi metà dell’assemblea. No, non credo che la Germania sia uscita vincitrice”
Del debito dice che “non è un fenomeno solo greco. Anzi, se si mettono insieme debito pubblico e debito privato Paesi come l’Irlanda, il Belgio o l’Olanda hanno problemi anche loro. Non mi sembra che dobbiamo parlare oggi di un alleggerimento del debito greco (debt relief in inglese, ndr). Non dimentichiamo che abbiamo già fatto una ristrutturazione del debito greco in mani private”. Degli economisti come Krugman dice che “vi sono idee intellettualmente molto brillanti, ma che purtroppo non hanno molto a che fare con la realtà politica” e che comunque “mi sembra che ci sia troppo Rousseau e Voltaire, e non abbastanza Montesquieu”. Infine, sulla modifica dei trattati: “Dobbiamo iniziare sostanziali discussioni sui Trattati perché il problema dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione è sul tavolo, ma suggerisco di evitare il desiderio di una discussione su cambiamenti rivoluzionari. Anzi, la mia intuizione è che nessuno dei leader è pronto a discutere in dettaglio modifiche ai Trattati”.
La Stampa intervista Daniel Gros, economista del think tank Ceps di Bruxelles, che dice: “Solo parole da Syriza, alla fine ha fatto i conti con la realtà politica”, “Varoufakis non ha toccato né oligarchi né armatori. Italia e Francia decisive contro Grexit”.
La Repubblica intervista il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz, socialdemocratico tedesco, che aveva invitato i greci a votare ‘sì’ al referendum: “L’Europa adesso cambi passo o finirà di nuovo nel baratro”, dice, sottolineando che “L’Unione ha superato forse la prova più difficile della sua esistenza”, “Chi alimenta gli stereotipi su greci e tedeschi crea solo danni”. L’accordo con la Grecia, dice Schulz, “prevede riforme che sono necessarie per un’economia greca competitiva, trasparente e sostenibile per il futuro della Grecia. Le riforme sono mancate per troppo tempo ed è per questo che c’è una lista di riforme così lunga: non perché ci sia un sentimento di rivalsa”.
Sul Corriere: “Nuovo ossigeno alle banche greche. La Bce aumenta di 900 milioni la liquidità agli istituti che riaprono lunedì. Via libera al terzo piano di prestiti dell’Eurogruppo, con qualche riserva”. Sulla decisione della Banca centrale europea il quotidiano scrive del “segnale netto” dato da Draghi.
Sul Sole Donato Masciandaro scrive che “la decisione della Banca centrale europea di aumentare la liquidità di emergenza a disposizione delle banche greche ha sorpreso sia i falchi che i gufi”. “Ai falchi sarebbe piaciuto vedere la Bce sospendere ogni decisione, mettendo in ulteriore difficoltà le banche elleniche; i gufi invece avrebbero gradito constatare difficoltà per la Bce di gestire contemporaneamente i tre compiti legati al suo mandato in una fase così delicata: tutelare il sistema dei pagamenti, assicurare la liquidità, gestire la politica monetaria”. Ma Draghi “è riuscito a scontentare gli uni e gli altri; ha vinto una battaglia, ma la guerra sarà ancora lunga”. “L’aumento dell’ossigeno offerto dalla Bce alle convalescenti banche greche va accolto con favore da chi crede che la storia dell’euro debba continuare, utilizzando paradossalmente le crisi per migliorarsi. Sicuramente non avrà fatto piacere a chi a in mente traiettorie diverse”.
Tsipras, rimpasto in Grecia
Su La Stampa, pagina 3: “Ma per Tispras gli ostacoli non sono ancora finiti”. Giuseppe Bottero dà conto dello “slalom del premier greco tra rimpasto del governo, riforme e rate da rimborsare. E a settembre il rischio di nuove elezioni”. Il 17 agosto per le casse elleniche dovrebbe arrivare la grande boccata d’ossigeno con la prima tranche del maxi-prestito, ma il conto dell’estate sarà comunque salatissimo, visto che nel giro di due mesi la Grecia avrà rimborsato almeno 12 milioni di euro. A quel punto potrebbe deflagrare la crisi politica: Tsipras in queste ore è al lavoro sul rimpasto di governo, ma il ministro dell’Interno Voutsis -che non ha votato il piano- ha ipotizzato il ricorso a elezioni anticipate (“se non è a settembre sarà a ottobre”, ha detto).
L’inviato ad Atene, Alessandro Barbera, alla pagina seguente: “Tsipras accelera sul rimpasto. Via i politici, entrano i tecnici”, “Al lavoro sulla nuova squadra, Ricambi nei ministeri di Energia, Finanza e Difesa. Ma la maggioranza è in bilico: ora il premier dovrà affidarsi a centristi e socialisti”.
La Repubblica: “Tsipras non lascia e punta al rimpasto. Elezioni anticipate in autunno”, “Il premier greco vuole fare tutto in pochi giorni, restituire i prestiti a Bce e Fmi lunedì e far riaprire le banche”, scrive Ettore Livini da Atene. Che firma anche un’intervista al leader di To Potami, Stavros Theodorakis. Due giorni fa i 17 parlamentari del suo partito, assieme all’opposizione di Nea Demokratia e al Pasok, hanno garantito a Tsipras i voti per varare il piano di riforme concordato con l’Ue. Dice Theodorakis: “Serve una coalizione per salvare la Grecia ma Syriza non è pronta”, “In Europa c’è chi lavora a un’Unione più piccola, con i Paesi deboli fuori”. Spiega: “Ho votato il memorandum perché non c’era alternativa. MA non credo che basti a salvare la Grecia. Ci sono poteri, qui da noi come in Europa, che vogliono il ritorno alla dracma, Wolfgang Schaeuble compreso. Syriza non sarà in grado di implementare le riforme. E questo aprirà tra pochi mesi un problema enorme”, “Syriza ha sbagliato tutto, ci ha portato un compromesso molto peggiore di quello che avrebbe ottenuto solo pochi mesi prima”. Dice che c’è un gruppo di conservatori in Europa che lavora a un’Unione più piccola e che “c’è una banda che vuole il ritorno della Grecia alla dracma, tra cui anche alcuni ministri del governo”. Chi sono? Parla dell’ex ministro Varoufakis? “Credo di no, se non altro perché non è in grado di far parte di una banda di cui non è capo”. Serve un governo di unità nazionale? “Tsipras non è pronto a fare questo passo, che sarebbe un passo nella giusta direzione. Preferisce fare da solo”.
La Stampa intervista Zoi Konstantopoulou, presidente del Parlamento gerco (“già una quasi ex presidente”, scrive Alessandro Barbera). Non ha votato l’accordo e adesso, secondo l’inviato “punta alla guida della sinistra di Syriza”. Dice: “In questo Paese è in atto un genocidio sociale e un crimine contro l’umanità”, e che si sta consumando “un colpo di Stato”. Barbera ha seguito una sua conferenza all’Università di Atene: si parla di “verità e giustizia sul debito”. Lei è un volto nuovo, ma allo stesso tempo è il classico prodotto della nomenklatura politica greca: il padre, Nikos, è tra i fondatori della coalizione di sinistra, il partito da cui nascerà Syriza, ministro dell’Interno per una breve stagione e soprattutto ex partigiano. Arrestato e torturato durante il regime dei colonnelli. Lei da avvocato ha difeso gratuitamente poveri e carcerati.
Il Fatto: “Tsipras verso il modello Renzi: larghe intese gradite gradite a Berlino”, “Dopo il sì del Parlamento ellenico Syriza si sgretola, il ministro dell’Interno: ‘Elezioni in autunno’. Per arrivarci il premier potrebbe rivolgersi a liberali e socialisti”.
Anche sul Sole si parla della situazione del governo greco: “Bevuto l’amaro calice dell’austerità, il premier greco Alexis Tsipras ha deciso di procedere il più rapidamente possibile al rimpasto di governo entro pochissimi giorni, se non addirittura già nelle prossime ore”. Si ricorda che Tsipras “continua a essere in testa nei sondaggi per popolarità nonostante i suoi errori e cambiamenti di linea”, si ricorda che Syriza ha subito “ben 39 defezioni dal suo stesso partito, con 32 parlamentari di Syriza che hanno votato contro il disegno di legge (tra cui l’ex ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, in calo pesante di popolarità, il ministro della Sicurezza sociale Dimitris Stratoulis e la presidente del parlamento Zoi Konstantopoulou) più sei astensioni e un assente. Questo lascia il premier in vita grazie ai voti esterni dell’opposizione di Neo Dimokratia, dei socialisti del Pasok e dei liberali di To Potami. Tuttavia, la situazione non è tale da far precipitare il governo, almeno per ora”. “Il prossimo passo per il governo greco è quello di far approvare il secondo pacchetto di misure volute dai creditori; un voto in Parlamento è previsto lunedì. Il governo non dovrebbe avere problemi nemmeno questa volta grazie all’apporto delle opposizioni, soccorso quanto mai necessario”. Il quotidiano aggiunge che comunque “i ribelli quindi non vogliono spingere troppo sull’acceleratore della crisi perché sanno che potrebbe portare al voto anticipato. Acque incerte, con sondaggi di alcuni siti greci che parlano ovviamente di Syriza sempre in testa ma in qualche caso con la sorpresa degli esponenti di estrema destra di Alba Dorata al secondo posto. Situazioni inquietanti che fanno stare al loro posto tutti i partiti tradizionali, Syriza e il suo alleato di governo, i nazionalisti dei Greci Indipendenti di Panos Kammenos”.
Politica italiana: Pisapia
Sul Corriere una intervista al sindaco di Milano Pisapia: “Milano non si perderà, noi capaci di scegliere da soli”. “Il sindaco: rattristato dalle dimissioni dei vice, ma qui il clima è straordinario”. Ribadisce che non vuole ricandidarsi, dice che ci saranno le primarie per scegliere il candidato (“A Milano abbiamo già dimostrato di saperle fare bene”), dice che non ritiene, come sindaco, di dare indicazioni su candidati, dice che teme “un centrosinistra diviso e quindi debole”.
Domani Renzi riunisce l’assemblea nazionale del suo partito proprio all’Expo di Milano (ne parla anche Pisapia). Su Il Giornale: “Renzi riunisce i suoi all’Expo ma il Pd è già ridotto a un colabrodo. Mafia Capitale, intercettazioni su Letta, riforme bloccate. Domani il segretario convoca l’assemblea tra i padiglioni milanesi. Ad andare in scena però solo le sue grane”. Si cita anche la situazione siciliana, dove “i suoi, nell’isola, sono da settimane al lavoro per far saltare il governo Crocetta e il renziano doc Davide Faraone, che ieri reclamava le immediate dimissioni del governatore, coltiva l’ambizione di candidarsi al suo posto”. Sarebbe una “operazione ad alto rischio” secondo molti esponenti Pd, “visti i disastri del governo regionale di centrosinistra”.
Politica italiana: Crocetta
La pubblicazione su L’Espresso di una telefonata tra il presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta e il suo medico Matteo Tutino (agli arresti, peraltro, con l’accusa di aver truffato il Servizio sanitario) hanno provocato e provocano polemiche, tra smentite e conferme, dell’interessato e della procura di Palermo. Tutino avrebbe detto, parlando di Lucia Borsellino, figlia del magistrato Paolo, ucciso dalla mafia e dimessasi a fine giugno dalla carica di Assessore alla Sanità nella giunta di Crocetta: “La Borsellino va fermata, fatta fuori. Come suo padre”. Il problema è la risposta -o la mancata risposta- di Crocetta a questa affermazione. Il presidente della Regione Sicilia si è autosospeso.
La Stampa: “’La Borsellino va fatta fuori’. La frase che imbarazza Crocetta”, “L’Espresso pubblica la presunta intercettazione del medico Tutino con il governatore. Coro di condanna e il Presidente si sospende. Ma la procura smentisce: negli atti non c’è”. Nel pomeriggio, infatti, il procuratore di Palermo Lo Voi fa sapere che quella intercettazione “non è agli atti” della procura. E non è nemmeno tra le conversazioni da trascrivere e ascoltate dai carabinieri del Nas.
Il Fatto: “L’intercettazione ‘fantasma’. L’Espresso inguaia Crocetta”. E lo stesso Crocetta viene intervistato dal quotidiano. Dice: “Vogliono uccidermi. Ma se decidono lascio subito, anche lunedì”.
Atteniamoci ai fatti, lo incalza Antonello Caporale, che lo intervista. E Crocetta: “Quali sono i fatti?”. Quelli raccontati da L’Espresso. Crocetta: “Quelli raccontati da un giornalista licenziato da me?”. Caporale spiega che l’autore dell’articolo è stato membro dell’ufficio stampa della regione siciliana.
Anche La Repubblica intervista Crocetta: “Volevano farmi fuori, ma sono pulito”, “C’è stata un’azione di dossieraggio contro di me”. Presidente, lei ricorda di aver sentito questa frase di Tutino? “Io non ho mai sentito questa frase di Tutino”, “Forse in quel momento non prendeva bene il telefono, ma io non so di cosa si stia parlando”.
Anche sul Corriere un “colloquio” con il governatore Crocetta, firmato da Felice Cavallaro “Questo è il massacro di un uomo, ho pensato anche di farla finita, è stato il giorno più brutto della mia vita…”. “L’ho detto subito di non avere mai sentito pronunciare quella frase su Lucia”. “Non sapevo come replicare a una enorme assurdità come questa volgare frase. E allora, davanti alle certezze di troppi, pronti a prendere per oro colato una falsità, ho pensato forse di non avere sentito per colpa di una zona d’ombra. Chissà, forse Tutino parlava al telefono e io non sentivo. D’altronde, anche secondo quelle infondate indiscrezioni, nella telefonata non replicavo. E mi accusavano del silenzio. Ma se avessi captato una cosa del genere sarei andato a cercare Tutino per prenderlo a mazzate. Adesso che la Procura smentisce, non so più cosa dire, perché in sei ore mi hanno trasformato in un mostro”. Più avanti: “Mi si rimprovera di avere avuto per amico di infanzia un boss che a Gela abitava vicino a casa mia. Come ho detto ai magistrati di Caltanissetta presentando le querele, basta leggere una lettera inviata anni fa da quel soggetto alla scrittrice Silvana Grasso, lettera in cui si lamenta che dopo quel tempo, fatte scelte diverse, non ci siamo più nemmeno salutati. Insomma, c’è pure la prova documentale”.
La Stampa intervista il direttore de L’Espresso, Luigi Vicinanza, che dice: “La conversazione esiste e risale al 2013. L’abbiamo ascoltata”. “Il dialogo esiste -afferma- ma non fa parte degli atti pubblici, quelli a disposizione delle parti coinvolte”, “posso confermare che l’audio è sporco, ci sono alcune interferenza. I due parlano con grande confidenza, a volte in siciliano”, “la conversazione fa parte dei fascicoli secretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale di Villa Sofia di Palermo” (dove lavorava Tutino, ndr.). Perché è uscita a distanza di due anni? Perché “con l’arresto di Tutino, il 29 giugno scorso da parte dei carabinieri del Nas, c’è stata una ripresa di attenzione nei confronti dell’inchiesta, e dunque si è intensificata l’attività di scavo da parte dei cronisti”. Piuttosto, dice Vicinanza, “rifletterei sul fatto che -con grande anticipo alla data- Lucia Borsellino ha fatto sapere che quest’anno non sarebbe stata presente alle celebrazioni per l’anniversario della morte del padre”.
Politica italiana: Berlusconi
La Repubblica: “La svolta di Berlusconi: ‘Farò un nuovo partito senza un solo politico’”, “Il Cavaliere conferma il progetto Altra Italia. ‘Ma se mi arrestano, fate la rivoluzione’. Lite Rossi-Pascale”.
Su La Stampa: “Il ritorno di Berlusconi all’eterno anno zero”, “Show a tutto campo: ‘Solo un pazzo rottamerebbe Forza Italia’. Ma poi: ‘Serve una casa della speranza’, ‘Al G20 ero come Tsipras’”.
Negli stessi locali della Camera, nello stesso pomeriggio di ieri, si svolgeva in contemporanea all’evento con Berlusconi, quello con l’ex delfino Raffaele Fitto: “Fitto lancia il movimento ma il Cavaliere riappare e gli ruba la scena”, “L’ex ministro pugliese aveva convocato la presentazione del simbolo, Silvio l’ha bruciato e fatto scomparire dai tg”.
Sul Giornale l’editoriale di Alessandro Sallusti (“Chi vuole arrestare Berlusconi”) fa riferimento alle parole pronunciate ieri da Berlusconi alla convention degli amministratori di Forza Italia (“Se mi arrestano, fate la rivoluzione”). Sallusti scrive che Berlusconi “è un uomo che ama scherzare su tutto ma non sulle libertà (non solo la sua)” e aggiunge che “evidentemente in qualche procura, direi nelle solite procure, qualcuno non ha perso la speranza di realizzare il sogno che insegue da oltre vent’anni”. La frase completa di Berlusconi, citata dall’articolo di cronaca del quotidiano: “E non avendo più nulla, nessuno che mi copre, potrebbe anche accadere che qualche pm potrebbe anche portarmi a non essere più libero”. “Ma, anche in questo caso, è disposto a lottare fino all’ultimo, consapevole del fatto di non essere da solo ma di avere al suo fianco un intero popolo. ‘Se dovesse accadere – incita -spero abbiate il coraggio di fare una rivoluzione'”.
Rai
Ieri sono state bocciate le pregiudiziali di costituzionalità sulla legge di riforma della governance Rai. Il Giornale scrive che “l’entusiasmo mostrato dal piccolo esercito di senatori della maggioranza è stato tale che sono iniziate a filtrare indiscrezione sul futuro cda della Rai modello Pd”, e nel “toto-nomine” alla presidenza dell’azienda ci sarebbe in testa il nome di Giovanni Minoli. “L’ex direttore di Rai 2, ‘pensionato’ due anni fa proprio dall’attuale dg Luigi Gubitosi, che gli portò via il programma La Storia siamo noi , potrebbe tornare in corsa proprio per la poltrona presidenziale di viale Mazzini. La nuova presidenza, però, almeno nelle intenzioni del legislatori che hanno ideato la futura governance , dovrebbe avere un ruolo di garante, quasi da contrappeso al nuovo amministratore delegato ‘plenipotenziario’. L’identikit di quest’ultimo, tra l’altro, avrebbe le fattezze molto somiglianti a Marinella Soldi (direttore generale di Discovery) e a Patrizia Greco (attualmente presidente di Enel)”.
Internazionale
Scrive il Corriere della sera: “Alle 11 di giovedì, ora locale, un uomo armato di fucile ha iniziato a sparare nel parcheggio dell’ufficio di reclutamento della Marina di Chattanooga. Nei minuti successivi si sono subito susseguite notizie che riferivano di un agente ferito, mentre il sindaco della città, Andy Barke, in un tweet parlava di ‘una situazione terribile’ in corso”. “Negli edifici nei pressi della zona militare, tra cui un ristorante, le persone si sono barricate all’interno; il profilo Twitter del Chattanooga State College, vicino a dove è stato aperto il fuoco, segnalava che c’erano stati degli spari e chiedeva agli studenti di non lasciare l’edificio e chiudere le porte. Solo qualche ora più tardi il sindaco, in una conferenza stampa, ha fatto chiarezza sull’accaduto riferendo che nella sparatoria erano morti quattro marines”. Il procuratore ha detto che la vicenda sarebbe stata trattata come un “atto di terrorismo interno”. “L’aggressore, Muhammad Youssef Abdulazeez, è stato ucciso in un secondo centro militare di addestramento della Marina, dove si era spostato in auto dopo il primo attacco e dove aveva ripreso a sparare. L’Fbi sta indagando sull’accaduto”.
Ancora sul Corriere: “Ancora la tattica del ‘lupo solitario’ come vuole l’Isis”, scrive Guido Olimpio, che cita un appello di due giorni fa a “colpire in Occidente”, apparso due giorni fa sulla rivista online Dabiq. L’invito era rivolto proprio a chi colpisce in modo autonomo. Olimpio scrive che comunque ad oggi è impossibile dire se esistano legami con il terrorismo internazionale e anche sul nome del responsabile dice che si tratta ancora di “prime informazioni” e dunque “suscettibili di cambiamenti netti”.
Sul Giornale si legge che “l’Fbi non riscontrato alcun legame tra Mohammed Youssef Abdulazeez, il giovane musulmano che ieri ha ammazzato quattro marines e ne ha feriti tre prima di essere ucciso, e gruppi terroristici internazionali. Eppure la doppia sparatoria contro edifici militari vicino Chattanooga fa ripiombare gli Stati Uniti nell’incubo del terrorismo islamico. Perché, come ha sottolineato l’agente speciale dell’Fbi Edward Reinhold, il killer del Tennessee non solo era affascinato dallo Stato islamico ma parlava apertamente sul proprio blog di jihad”.
Anche Il Giornale, come altri quotidiani, ricorda che “il folle gesto è l’ennesima sparatoria registrata negli ultimi anni contro edifici militari statunitensi, dopo l’attentato a Fort Hood (in Texas, in cui morirono 13 persone), o quello del 2013 nel quartiere Navy Yard di Washington, il cui bilancio fu di 12 vittime. L’Isis intanto festeggia l’uccisione dei 4 marines, postando immagini e commenti. Secondo il direttore di Site, Rita Katz, non risulta tuttavia alcuna rivendicazione ufficiale”.
La Repubblica, pagina 16: “Spara nelle basi militari, uccide quattro marines, ‘Era affascinato dall’Is’”, “Chattanooga, l’attentatore era originario del Kuwait. Un tweet anti-americano prima di compiere la strage”. E Vittorio Zucconi scrive che “L’America riscopre la grande paura del lupo solitario”.
La Stampa, pagina 11: “La nuova frontiera di Obama: ‘Basta pene e carceri ingiuste’”, “Trionfi internazionali e riforme interne: è il primo presidente a visitare un carcere. ‘Quando vedo questi ragazzi, vedo me, anche io avrei potuto fare gli stessi errori’”.
Su La Repubblica un articolo di Giampaolo Visetti sul Giappone: “’Soldati all’estero’, addio al pacifismo, proteste in piazza per la svolta di Abe”, “Per la prima volta dalla fine della Seconda Guerra mondiale, il governo cambia la legge e autorizza le missioni internazionali. Ma a Tokyo esplode la rivolta: ‘Ora rischiamo un conflitto’. La Cina: atto grave”. Di fianco, un’analisi di Renata Pisu: “Da Hiroshima al capitalismo globale, il paradosso di una nazione”.
Su Il Fatto: “Il Sol torna Levante: 70 anni dopo addio al pacifismo”, “La camera approva la controversa legge sulle operazioni militari all’estero. Sfida a Pechino”. A scriverne è Andrea Valdambrini, che racconta come i manifestanti nelle piazze accusino il premier di aver tradito la Costituzione.
Su La Repubblica, a pagina 34, un intervento del filosofo ed economista, Premio Nobel, Amartya Sen, con copyright The New York review, dedicato all’India e al suo premier Modi: “Modi e l’università, così il premier va all’attacco del libero pensiero”, “Nel mirino del governo atenei, istituti scientifici e accademie: la denuncia di Amartya Sen”, “Nazionalisti e indù al posto di eminenti docenti: è un approccio colonialista”, “A causa delle pressioni sono stato costretto a dimettermi da rettore”.
Il pianto della bambina palestinese
Sul Corriere: “Il pianto della bimba palestinese che imbarazza la Merkel. La scolara: sogno di restare in Germania. La cancelliera: non possiamo accogliere tutti. Il video diventa virale”. L’incontro era della serie “Vivere bene in Germania”, la scolara si chiama Reem ed aveva spiegato “in perfetto tedesco” che è arrivata quattro anni fa dal Libano e che qualche tempo fa “è mancato poco che fossimo espulsi”. Lei vorrebbe andare all’Università ma non sa se potrà rimanere, la Merkel spiega che a volte la politica è dura, nei campi profughi di palestinesi in Libano ci sono migliaia di persone e “non possiamo accogliere tutti”, “se diciamo potete venire tutti, potete venire tutti dall’Africa non ce la possiamo fare”. La ragazzina comincia a piangere, la cancelliera si avvicina per consolarla. Polemiche sul video, che fa sembrare Merkel più dura di come sia stata davvero, e per il fatto che all’inizio si era scritto che le lacrime della ragazzina fossero “di emozione”. La Germania lo scorso anno ha ricevuto ed accolto più del doppio di richieste di asilo di qualsiasi altro Paese Ue.
Il Giornale: “E la Merkel fa piangere in tv una bambina palestinese”.