Processo Berlusconi, scontro nel Pd

Le aperture

Corriere della Sera: “Pd nel caos: basta autogol”, “Il processo al Cavaliere lacera i democratici. Proteste, insulti e una lettera di 70 senatori”, “Berlusconi per ora ferma i falchi del Pdl: avanti con Letta”.

A centro pagina: “La riforma del Papa: ergastolo cancellato e tutela dei minori”, “Stretta su pedofilia e corruzione”.

La Repubblica: “Processo Berlusconi, scontro nel Pd”, “Base in rivolta, lettera di 70 senatori dem: scelte impopolari, ma non facciamo autogol. L’ultima mossa dell’ex premier: rinunciare alla prescrizione”, “Il Cavaliere: il governo va avanti. I grillini: oscurare Mediaset se è abusiva”.

A centro pagina: “Fisco-beffa: 730 miliardi mai riscossi”, “Evasione, recuperati solo 69 miliardi su 800 in tredici anni. L’80% riguarda contribuenti che devono più di mezzo milione di euro”.

Di spalla, con la firma di Adriano Sofri, “la storia”: “Quel bambino palestinese ‘arrestato’ per un sasso”.

La Stampa: “Berlusconi: avanti con Letta. Ma scoppia la rivolta nel Pd”, “Epifani: ‘Ha paura delle urne’. Settanta senatori contro Renzi: basta autogol”, “Il Cavaliere ai suoi: confido nella Cassazione, appoggiamo i referendum radicali sulla giustizia”.

Sotto la testata: “Giallo sull’acquisto dei diritti di Rcs”, “A quattro intermediari circa il 10% del capitale dell’editrice del Corriere. L’ombra dei fondi speculativi”.

Il Sole 24 Ore: “Il mercato dà fiducia ai Btp”, “La Fed spinge le Borse in rally. Accordo Usa e Ue sui derivati”.

Di spalla: “Berlusconi, Pdl unito, il governo va avanti. Nel Pd ancora tensioni”.

In taglio basso le richieste dell’Ance: “I costruttori: piano Marshall per l’edilizia”.

Libero torna sulla ipotesi di una grazia al Cavaliere in caso di condanna: “Grazia a Silvio, ci sta anche Letta”, “Napolitano gli ha prospettato la soluzione estrema per salvare il governo e i premier ha preso atto. Si sfascerebbe il Pd, ma…”.

Il Giornale parla di “campagna d’odio” e titola: “Volevano spegnere anche Mediaset”, “I grillini confermano la loro ignoranza da dilettanti: ‘Non può trasmettere’”, “Berlusconi: c’è un’associazione segreta di pm fuori controllo. Il governo tiene ma il Pd è sul punto di esplodere: 70 in rivolta”.

L’Unità: “la sfida Pd: pronti a tutto”, “Epifani avverte Alfano: ora basta o vi assumete la responsabilità della rottura”. E un richiamo alle parole del presidente del Consiglio: “Letta: troppi vocianti. E Berlusconi frena”.

In taglio basso: “Evasione, un tesoro nascosto di 500 miliardi”.

Il Fatto: “In ginocchio dal Caimano. Gli elettori Pd in rivolta”, “Dopo il sì al Pdl per bloccare il Parlamento contro la Cassazione, sui social network Democratici esplode la rabbia della base: ‘Con la nostra tessera si prende Mediaset premium?’. E la bizzarra autocritica di 70 senatori: ‘Errori nella comunicazione’”.

 

Politica

L’Unità racconta come ieri “un’intensa attività cartacea” abbia animato il Pd: un’attività che andata avanti per tutta la giornata, “tra deputati e senatori democratici ancora provati dal voto di mercoledì scorso che ha concesso la sospensiva dei lavori parlamentari per qualche ora al Pdl, stretto nel dramma giudiziario di Silvio Berlusconi. Un voto che ha visto i democrat spaccati tra chi ha votato a favore convinto, chi obtorto collo e chi ha preferito uscire dall’Aula o si è astenuto (come molti prodiani e renziani), mentre sul web si scatenavano le proteste della base e dei simpatizzanti”. Il quotidiano riprende quindi ampi stralci della lettera con cui 70 senatori Pd hanno chiesto uno scatto d’orgoglio al partito: “Basta autogol. La distanza tra quanto comunicato in queste ore e ciò che è davvero accaduto e sta accadendo nelle aule parlamentari è davvero paradossale. Non sosterremmo un minuto di più questa maggioranza se non pensassimo che posa produrre in tempi certi le scelte di cui il Paese ha bisogno. Ma oggi rivendichiamo che questa è la miglior scelta che si possa fare date le circostanze”, “Il Pdl ha approfittato di una pur legittima opportunità (la sospensione dei lavori d’aula) per drammatizzare le vicende giudiziarie del proprio leader con toni e modalità che nessuno di noi ha condiviso. Piacerebbe, però, vedere uno scatto d’orgoglio da parte del Pd, vorremmo che fossero comunicate meglio le nostre buone ragioni al Paese”, “Non facciamoci travolgere dalla (spesso in cattiva fede) disinformazione e da qualche protagonismo interno che fanno il gioco di chi vuole delegittimare politica e Parlamento e cominciamo, ad esempio, raccontando che ieri l’Aula ha sospeso i suoi lavori per tre ore, utilizzate proficuamente dai senatori Pd con una riunione di gruppo sul tema degli F35 e che stamattina, ben lungi dall’essere paralizzata, la discussione è ripresa sul tema decisivo delle riforme costituzionali ed elettorali con ben 107 votazioni”.

Anche La Repubblica parla di giornata di caso in casa Pd: “e lo scontro avviene a colpi di documenti e lettere. Cominciano i 12 deputati renziani (erano 13, ma Simona Bonafé si dissocia, e tra questi ci sono Anzaldi, Carbone, Crimì) contro Matteo Orfini. Inviano un alettera al segretario Epifani e al capogruppo Speranza, chiedendogli di sanzionarlo, poiché il ‘giovane turco’ ha insultato i dissidenti (sulla scelta dello stop ai lavori parlamentari chiesta dal Pdl, ndr.) definendoli ‘sciacalli’ e ‘persone di merda’”. Lo steso quotidiano, peraltro, intervista il segretario Epifani, che dice: “Condivido il documento firmato dai 70 senatori”, “è chiaro che in un partito come il nostro le posizioni legittime come quella di Civati e Bindi non verranno mai meno”, “però vorrei far notare che nell’ufficio di presidenza del gruppo alla Camera, tutti avevano convenuto sulla scelta e poi qualcuno non l’ha votata in aula”.

Sul Corriere della Sera, il “retroscena” di Mari Teresa Meli: “Riparte l’accerchiamento contro i renziani, dicano se staranno con Letta fino in fondo”. “La storia è andata così: i lettiani hanno proposto un documento in difesa del governo e contro chi gioca a minarne le fondamenta (leggere Renzi), che è stato firmato al Senato da tutte le correnti, inclusa quella di Veltroni rappresentata da Giorgio Tonini”, scrive la Meli spiegando quindi che si è trattato di un tentativo di mettere in difficoltà il primo cittadino di Firenze “facendolo passare per uno ‘sciacallo’ pronto ad approfittarsi delle difficoltà dell’esecutivo Letta”.

E lo stesso quotidiano intervista Matteo Orfini, che i cronisti avrebbero sentito definire il parlamentare Pd Paolo Gentiloni, per l’appunto, “una merda” (Gentiloni non aveva votato la sospensione ed è considerato un renziano). Orfini smentisce categoricamente di aver pronunciato quella parola ma, dice, “non ho problemi a confermare che molti miei colleghi sono degli sciacalli”.

Anche su La Repubblica, intervista ad Orfini: “Sciacalli quei miei colleghi schierati contro il partito”.

 

Berlusconi

“Rinunciare alla prescrizione, l’ultima mossa di Berlusconi per ritardare la sentenza Mediaset”, titola La Repubblica. Liana Milella scrive che il Cavaliere starebbe riflettendo su questa possibilità che “bloccherebbe” la seduta del 30 luglio della Cassazione.

Secondo Libero il presidente del Consiglio Letta avrebbe dato la propria approvazione al “piano G”. Dove G sta per Giorgio Napolitano: “da almeno mezzo secolo”, scrive il quotidiano, il capo dello Stato è “convinto sostenitore -Carta alla mano- del fatto che l’ultima parola sulle sorti del Paese sia la politica e non la giustizia”. Secondo informazioni in possesso di Libero Napolitano avrebbe prospettato la “soluzione esplosiva” della grazia al Cavaliere nel colloquio di due giorni fa con il premier, “il quale ha sostanzialmente opposto un silenzio-assenso. Napolitano -non è un mistero- è rimasto urtato dall’accelerazione a sorpresa della Cassazione, intuendo le immediate ricadute di un governo fragile ma irrinunciabile, per avviare il quale si è sobbarcato l’impegno di rinnovare il settennato”.

 

Corriere

“Rcs ha un padrone ma non si sa chi è: Mediobanca, Fiat o Della valle?”, titola in prima pagina Il Fatto. Di certo -si legge- per ora c’è solo che circa l’11% di Rcs è finito nelle mani di qualcuno. Nel secondo giorno di asta tutti i 15,16 milioni di diritti inoptati relativi all’aumento di capitale del gruppo editoriale sono stati venduti per poco più di 300mila euro. Chi ha rastrellato? Non Diego Della Valle. Non la Fiat di John Elkann. Esclusi anche Murdoch e l’editore Spring. Il compratore resta segreto, molti pensano a fondi di investimento: conquisterebbero il terzo posto tra gli azionisti del gruppo. A fare gli acquisti materialmente sarebbero stati quattro intermediari, con un ordine giudicato “consistente” in arrivo dall’estero.

 

Internazionale

Sulla prima pagina de Il Foglio, la corrispondenza dall’Egitto di Daniele Raineri dà conto del “mistero delle code” ai distributori di benzina: è stato il New York Times -spiega Raineri- a lanciare i primi sospetti sul dissolversi delle file ai distributori subito dopo il golpe dei militari. Ma la storia pare non aver fondamento, “la crisi del carburante non è per nulla finita”, dice Farah Halime, egiziana, esperta del Council on Foreign Relations che cura il sito ‘Rebel Economy’ sull’economia egiziana. Più conferme pare invece trovare la tesi esposta dal NyTimes quando cita la collaborazione inesistente degli apparati dello Stato con il governo islamista: burocrazia, magistratura, polizia ed esercito “hanno indetto uno sciopero bianco non dichiarato e permanente contro Morsi. Hanno cessato di svolgere le proprie funzioni, pur presentandosi al lavoro”, scrive Raineri.

Della vicenda si occupa anche il Corriere della Sera: “Tornano benzina e luce. I sospetti di un golpe orchestrato a tavolino”. Anche qui, la corrispondente Cecilia Zecchinelli racconta la verifica effettuata tra i distributori; un tassista dice “finalmente la benzina è tornata”; “ero certa che benzina, luce e polizia sarebbero tornati di colpo, era tutto previsto, dal giorno dell’elezione di Morsi contro di lui si è mosso compatto l’intero ‘Stato profondo’”, dice la giornalista Shahira Amin parlando dell’insieme di apparati dell’esercito, magistratura, burocrazia e soprattutto “felul”, ovvero i resti del vecchio regime “che dagli anni ’70, quando Sadat varò le privatizzazioni, controllano indisturbati l’economia”, come ricorda la stessa Zecchinelli.

Il Giornale intervista Amr Moussa, che si candidò alle elezioni presidenziali egiziane contro Morsi ed ora è uno dei leader dell’opposizione, raccolta nel Fronte di salvezza nazionale: “Nella transizione servono i Fratelli musulmani”, dice a Rolla Scolari. “Questo è un momento di crisi e abbiamo bisogno dei militari per riportare l’Egitto alla normalità”, dice, respingendo l’idea che possa tornare “il vecchio regime”. I Fratelli Musulmani “devono essere parte del processo politico”, non vinceranno le prossime elezioni e quel che è accaduto è “un grosso colpo per l’islam politico. I Fratelli musulmani hanno fallito perché si sono rivelati inefficienti nel governare, non perché sono islamisti”.

 

E poi

Su La Repubblica, pagine ‘R2Cultura’, con copyright New York Times, Tom Standage: “Così Twittavano. I caffé, social network al tempo di Newton”. “Come il caffé stesso, anche il caffé inteso come locale era stato importato dai Paesi arabi. La prima coffeehouse in Inghilterra fu inaugurata a Oxford all’inizio degli anni Cinquanta del Seicento e negli anni successivi spuntarono centinaia di locali simili a Londra e in altre città. La gente andava nei caffé non solo per consumare l’omonima bevanda, ma per leggere e discutere gli ultimi pamphlet e le ultime gazzette, e per tenersi al corrente su dicerie e pettegolezzi”, scrive Standage spiegando come le coffeehouses fossero il luogo prediletto per le discussioni politiche, culturali e mondane e come fossero accusate di far perdere tempo. In uno di questi locali Newton scrisse i “Principia mathematica”.A tutti era garantito il libero accesso in questi luoghi.

redazione grey-panthers:
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