Pochi paletti per la nuova legge elettorale

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Pochi paletti per la nuova legge elettorale. Le motivazioni della bocciatura del Porcellum: ‘L’attuale Parlamento è legittimo’. In attesa della riforma, proporzionale puro”. “La Consulta: non a ecccessivi premi di maggioranza, possibilità di scegliere i candidati”.

Sulla situazione politica, in primo piano: “Renzi al Colle: i rimpasti? Roba del passato”.

A centro pagina: “L’Italia si muove per i marò. ‘La Corte suprema indiana ci dica i capi di imputazione’. Obiettivo è sbloccare la vicenda dei due militari”.

La Repubblica: “Voto, la Consulta detta le regole. ‘Camere legittime’. Renzi da Napolitano. De Girolamo allarga l’inchiesta”. E poi: “Le motivazioni della sentenza che ha cancellato il Porcellum. Il capo dello Stato al leader democratico: niente elezioni durante il semestre europeo”. A centro pagina la notizia del Golden Globe al film di Sorrentino “La Grande bellezza”.

La Stampa: “‘Legge elettorale anti democratica. La Corte Costituzionale deposita la sentenza che azzera il Porcellum: distorsivo quel premio di maggioranza. ‘Grave alterazione della rappresentanza, senza riforma resta il proporzionale’. Renzi un’ora da Napolitano: rimpasto? Non mi interessa, ma non ostacolerò Letta”. In alto: “Marchionne alla guida di Fiat Chrysler almeno sino a metà 2017. Elkann: col nuovo gruppo un futuro migliore. L’Ad: il 29 gennaio il cda deciderà su nome, quotazione e sede”.

Il Giornale: “Ora si può votare. Ecco le motivazioni della Consulta contro il Porcellum. La legge elettorale è già scritta”. E poi: “Il Pd vule silurare la De Girolamo ma tace sui guai di Speranza”.

Anche per il Fatto “Resuscita il proporzionale. La Consulta apre la strada al voto”. “Nell’infinita battaglia sulla legge elettorale la Corte costituzionale dice un parola certa: senza una nuova norma larghe intese o caos”. A centro pagina si dà conto delle consultazioni in rete dei militanti del Movimento 5 Stelle: “Clandestini, la base 5Stelle: ‘Il reato va abolito subito’. Il leader e il guru avevano bocciato l’emendamento dei senatori del Movimento che voleva depenalizzare le norme sugli immigrati, ieri il verdetto del web. La soddisfazione dei parlamentari: ‘Abiamo vinto, il nostro non è un regime’. Oggi la legge delega a palazzo Madama”.

L’Unità: “Grillo è caduto nella Rete. Sul blog la base sfiducia il leader e Casaleggio: vince il sì al referendfum blitz sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina. Il comico aveva sconfessato i senatori favorevoli. Solo 24 mila votanti”.

Il Sole 24 Ore: “Marchionne altri tre anni nella nuova Fiat-Chrysler. Il Ceo a Detroit: cda il 29 gennaio su sede e Borsa, gli Usa offrono vantaggi. Alfa resta italiana. Elkann: vertice confermato, piano industriale a maggio”. Di spalla la notizia delle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale, così sintetizzate: “‘No al premio senza soglia, il Parlamento è legittimo’”. A centro pagina: “Renzi al Colle: rimpasto che noi. Pressing Pd: De Girolamo in Aula, sale l’ipotesi di cambio”.

Corte Costituzionale

Secondo La Stampa la sentenza della Corte Costituzionale sul Porcellum statuisce che il cittadino è stato espropriato di un diritto, poiché è stata ferita “la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione”, ed è stata lesa l’uguaglianza del voto, “e dunque la parità di condizione dei cittadini nel momento in cui il voto viene espresso”. Il Porcellum è incostituzionale perché manca “una soglia minima” e trasforma “una maggioranza relativa di voti, potenzialmente anche molto modesta, in una maggioranza assoluta di seggi” determinando così “una grave alterazione della rappresentanza democratica”. Il quotidiano evidenzia anche come la sentenza della Corte abbia sottolineato che il Porcellum non dà governabilità, poichè c’è “il rischio” che “anche immediatamente dopo le elezioni” la coalizione vincente, avvantaggiatasi del premio di maggioranza, “possa sciogliersi, o che uno o più partiti che ne facevano parte escano” provocando “una alterazione degli equilibri istituzionali”. Il Sole 24 Ore sottolinea come la Consulta abbia bocciato il sistema delle liste bloccate lunghe, costringendo un cittadino “a scegliere in blocco anche tutti i numerosi candidati” elencati in una lista. Questo rende la normativa “non comparabile né con altri sistemi caratterizzati da liste bloccate solo per una parte dei seggi, né con altri caratterizzati da circoscrizioni elettorali di dimensioni territorialmente ridotte” in cui il numero dei candidati sia talmente esiguo “da garantire l’effettiva conoscibilità degli stessi”.

La sentenza, però, conferma nella sua piena legittimazione il Parlamento in carica: “gli atti posti in essere durante il vigore delle norme annullate – si legge – compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal parlamento eletto” non sono toccati “in alcun modo” e le precedenti elezioni sono “un fatto concluso”. Vale il principio della “continuità dello Stato”. La sentenza della Corte, scrive ancora il quotidiano, è autoapplicativa, nel senso che anche in mancanza di una nuova legge elettorale la normativa di risulta è tale da “garantire il rinnovo, in ogni momento, dell’organo costituzionale elettivo”. Dalla sentenza esce un sistema proporzionale con una preferenza.

La Stampa scrive che politicamente si tratta di un via libera a tutti e tre i sistemi che sono all’attenzione del Parlamento.

Anche secondo Roberto D’Alimonte, che ne scrive sul Sole 24 Ore, le ipotesi allo studio per la riforma elettorale sono tutte legittime, dopo la sentenza della Corte: essa ha bocciato il premio di maggioranza senza previsione di una soglia minima di voti per il suo ottenimento, “ma non si è spinta a dichiarare illegittimi premi di maggioranza o di governabilità che siano limitati. Il primo ed il secondo modello proposti da Renzi prevedono un premio fisso del 15 per cento dei seggi che non possono non essere considerati ragionevoli”. Secondo D’Alimonte la sentenza della Corte non boccia neanche le liste bloccate, bensì quelle bloccate lunghe. Il modello spagnolo prevede liste bloccate con pochi candidati, mentre quello tedesco contempla liste bloccate più lunghe ma compensate dalla presenza di una metà dei seggi assegnati in collegi uninominali. Quindi vanno bene i collegi uninominali del Mattarellum, e soprattutto va bene il modello spagnolo proposto da Renzi proprio perché prevede circoscrizioni piccole. Lo stesso tipo di circoscrizioni dovranno essere previste se la scelta cadrà sul doppio turno di coalizione. Ma D’Alimonte sottolinea che i nodi da sciogliere erano e restano politici, più che giuridici o tecnici, per cui un accordo tra Renzi, Alfano e Berlusconi è la chiave per arrivare a dare al nostro Paese un sistema di voto efficiente e che possa durare nel tempo perché largamente condiviso.

Anche La Stampa sottolinea che leggendo la sentenza non si trova un solo impedimento all’uno o all’altro dei tre modelli messi sul tavolo da Renzi: se il segretario Pd volesse procedere come un treno sul sistema spagnolo, cioè quello che più convince il Cavaliere e terrorizza invece i piccoli partiti, non sarebbe certo l’argomentazione giuridica della Corte a impedirlo, semmai il freno verrebbe da considerazioni di natura politica perché tanto Alfano quanto i centristi alzerebbero le barricate.

Su Il Giornale: “Consulta, sì allo ‘spagnolo’, e ora si può andare alle urne”. Secondo il quotidiano, senza accordo tra i partiti si potrà votare con il proporzionale puro.

Per Il Fatto da ieri sera “l’Italia è di nuovo una Repubblica fondata sul proporzionale”. Il quotidiano scrive che lo spagnolo è un sistema che piace ai partiti più grandi, non escluso il Movimento 5 Stelle, che aveva presentato una bozza in questo senso poi derubricata ad iniziativa individuale. Ma piace anche ai partiti radicati territorialmente, come era la Lega e sono ancora l’Svp e l’Uv. Sel, l’attuale Lega, alfaniani, dipietristi e quant’altro non entrerebbero probabilmente in Parlamento, a meno che non si istituisca un “diritto di tribuna”. Il Mattarellum è il sistema che potrebbe mettere tutti d’accordo.

Su La Repubblica: “Dalla Corte carta bianca al Parlamento, niente veti sul modello iberico, restano in gara Matterellum e doppio turno”. Secondo il quotidiano su un unico punto c’è unanimità di consensi tra Pd, Ncd e Forza Italia: con la legge disegnata dalla Consulta – proporzionale puro e preferenza – non si può andare a votare, non ci sarebbe alcun vincitore. Ma se per renziani e berlusconiani è uno sdoganamento del sistema spagnolo, per gli uomini del centrodestra l’ipotesi del doppio turno di coalizione è quella che compatta la maggioranza e salva il governo Letta dalla crisi.

Per Michele Ainis, che ne scrive in prima pagina sul Corriere della Sera, la sentenza della Corte è “uno schiaffo ai partiti”. Leggendola, Ainisi ne sottolinea il passaggio che così recita: “i partiti non possono sostituirsi al corpo elettorale”. Il che significa, scrive Ainis, che non possono espropriarne il voto attraverso lenzuolate di cognomi su cui è vietato apporre una crocetta, e infine sono gli elttori, non i partiti, a rivestire “attributi costituzionali”, come si legge nella sentenza. Una sonora bocciatura del passato, “ma anche una lezione per il futuro. Significa che gli elettori vanno rispettati, perché la sovranità appartiene al popolo, non alle segreterie dei partiti. E significa, al contempo, che le esigenze della governabilità non devono andare a scapito della rappresentatività del Parlamento”. Il quotidiano intervista Luciano Violante, secondo cui se si adottasse il Mattarellum le circoscrizioni attuali sarebbero illegittime, perché non sono state più aggiornate dopo ben tre censimenti della popolazione. Con il sistema spagnolo, invece, bisognerebbe rifare tutti i collegi ritagliandoli molto piccoli. Ecco perché, secondo Violante, resta davvero praticabile solo la proposta del sindaco d’Italia. E non è necessario cambiare forma di governo perché non si tratta di eleggere il presidente del consiglio, come spiega Violante: “nel ballottaggio la coalizione vincente” propone poi il suo premier. E’ la cossiddetta proposta Violante-D’Alimonte, ovvero un proprzionale con ballottaggio, che “non punisce i partiti intermedi, dà la certezza di una maggioranza e fa scegliere gli eletti ai cittadini”.

Renzi, Napolitano, Governo

Ieri Matteo Renzi ha incontrato il presidente Napolitano. La Stampa offre un virgolettato delle parole del segretario del Pd: “La prego davvero, Presidente. Ci sono due cose che vorrei lei non mi chiedesse. La prima è cambiare il mio linguaggio: lo so che a volte può sembrare persino brusco, ma io sono fatto cos’. La seconda è questa faccenda del rimpasto… Lei lo sa, non voglio metterci bocca, detesto queste liturgie e non vorrei entrarci per niente…”

E poi: “Comunque, Presidente, sia chiaro: mi rimetterò a quel che deciderete lei ed Enrico Letta. Se riterrete che sia necessario cambiare ministri per rafforzare il governo, io certo non mi opporrò. Lke ho detto onestamente che non mi piacciono queste pratiche antiche, ma non ostacolerò quel che valuterete necessario fare”.

Secondo l’autore dell’articolo, Federico Geremicca, Renzi in sostanza considera davvero irrinunciabile l’obiettivo di una nuova legge elettorale a breve. Il secondo è che è sembrato “più ragionevole rispetto ad alcune uscite recenti” sul governo. Per esempio “sembra aver smesso di muovere critiche al ministro dell’Economia Saccomanni”. E la senzazione è che – “semmai fossero state un obiettivo vero” – non penserebbe più “ad elezioni da tenere già questa primavera”.

Sul Corriere. “Renzi al Colle: non chiedo rimpasti, sono roba da Prima Repubblica. Colloquio con Napolitano su riforme e legge elettorale. Tra i due rapporti più solido. Il sindaco ai suoi: non possiamo solo rimediare ai guai, il governo ci deve ascoltare”. Lo stesso quotidiano, in un “retroscena” del quirinalista Marzio Breda, scrive dei “dubbi del Quirinale su un riassetto complesso”, e del “timore che una operazione troppo articolata possa compliocare la strada versdo un’intesa sui problemi del Paese”. Secondo il quotidiano Napolitano sarebbe lievemente inquieto verso l’ipotesi di un rimpasto, perché aggiungerebbe altre incognite sul patto di programma evocato da Palazzo Chigi. Letta, a sua volta, sarebbe “rassegnato a qualche cambiamento, purché calibrato e prudente. Disponibile a resettare la sua squadra in due o tre posizioni, non di più. In questo caso, infatti, chiuderebbe la faccenda con un voto di fiducia in Parlamento, senza quella crisi pilotata (da formalizzare con procedure esposte a parecchi rischi) sulla quale ancora ieri si almanaccava a Montecitorio”.

L’Unità intervista Angelino Alfano. Alla domanda se sia disposto a lasciare il Ministero dell’Interno, risponde: “Non è materia di cui si è parlato. Al Viminale stiamo facendo un ottimo lavoro, i risultati sulla sicurezza e della lotta alle infiltrazioni criminali anche al nord ne sono la prova. La legge contro il femminicidio è merito nostro”. Sul ministro De Girolamo: “Le registrazioni sono state rubate in una casa privata e questo è inaccetabile perché avanti di questo passo nessuno si fiderà più di parlare con nessuno. Nunzia de Girolamo saprà chiarire in Parlamento e questo renderà evidente a tutti la sua buona fede”.

Forza Italia

Il Foglio si occupa in apertura dell’assetto di Gorza Italia: “La monarchia anarchica tra successione dinastica e investitura di Mr Toti. Il Cav promuove ma non scontenta. Per Santanché Forza Italia è un marchio la cui forza sta tutta in un nome. Che fine hanno fatto gli altri”.

Sul Corriere. “Toti al vertice, dieci big in segreteria. Berlusconi tenta l’ultima mediazione”. E poi una intervista all’ex ministro Fitto: “‘Il Cavaliere non ci umili con quella nomina’. L’ex ministro: un errore mortificare tutta la classe dirigente. Abbiamo una valanga di persone di valore”. Fitto precisa comunque che in un partito, quando non si è d’accordo, non si rompe, non si va via, non si ricatta, non si fa nascere un nuovo movimento tradendo il mandato elettorale, non si continua a fare il ministro assieme a chio ti combatte da sempre dando vita a un ribaltino”.

M5S

La Stampa racconta la soddisfazione del senatore M5S Maurizio Buccarella, che nell’ottobre scorso era stato sconfessato su un emendamento che proponeva l’abolizione del reato di clandestinità Grillo e Casaleggio fecero notare che “se durante le elzioni” avessero proposto questa abolizione il movimento avrebbe “ottenuto percentuali da prefisso telefonico”. Ma ieri sera gli iscritti al M5S hanno votato a sostegno della abolizione: 25mila i votanti su 80mila iscritti al sito, in 16mila hanno detto sì, mentre i contrari sono stati 9mila. Il quotidiano ricorda peraltro che oggi i parlamentari grillini dovranno esprimersi su un disegno di legge che prevede la delega al governo in materia di pene detentive non carcerarie. E voteranno sul reato di clandestinità e sulla depenalizzazione della cannnabis.

Su Il Fatto: “Reato di clandestinità, Grillo e Casaleggio finiscono nella Rete”, “I due leader si erano espressi contro l’abolizione. Ma il sondaggio online scofessa la linea di destra. L’applauso dei senatori ai 16mila sì: ‘Abbiamo vinto'”. E si scrive che i dissidenti si esprimono contro il guru perché non c’è stata nessuna informazione preliminare sulla consultazione online: sono “dilettanti allo sbaraglio” e Casaleggio usa il blog “come una pistola”, dicono.

Internazionale

L’inviata al Cairo de La Stampa, Francesca Paci, si occupa del referendum sulla bnuova Costituzione approvata all’indomani delle defenestrazione del presidente espressione dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi. Il generale Al Sisi, dopo l’arrivo al potere dell’esercito in Egitto è “a un passo dalla presidenza”, nelle gioiellerie si vedono ciondoli con il suo volto e i sostenitori sono convinti che sarà in grado di far ripartire l’economia. Dissentono, ovviamente, i Fratelli musulmani, dichiarati organizzazione terrorista. E un analista sottolinea i rischi della preminenza del ruolo dell’esercito: “Se vince Al Sisi sarà il caos perché l’esercito diventerà il bersaglio del terrorismo”. Dissentono le femministe che non perdonano l’avallo dei tes t di verginità imposti dall’esercito alle manifestanti di Piazza Tahrir. Dissentono i rivoluzionari che aspettano la scarcerazione dei leader anti-golpe laici come Ahmed Maher, il fondatore del movimento ‘6 aprile’.

E sulla stessa pagina si dà conto di come le soap opera prendano in giro i Fratelli musulmani, descritti come ‘folli’: è in campo -scrive Giordano Stabile- la macchina propoagandistica. E anche la Primavera araba esce a pezzi ‘o quasi’ dalle telenovelas prodotte in Egitto e nei Paesi del Golfo. Nella serie egiziana ‘Al Arraf’ recita un’attrice mubarakiana come Ilham Shahin: ha la parte di un’impiegata in ospedale che prende in giro la follia della Fratellanza. Un’altra soap narra l’ascesa di un galeotto che evade grazie alla rivoluzione del 2011 e scala il potere in un Paese precipitato nel caos.

Dal Corriere: “L’India ha sradicato la polio. Da tre anni nessun malato”, “Anche i musulmani hanno promosso la vaccinazione”. Si racconta il ruolo avuto dalla Fondazione di Bill Gates, che investì in questa battaglia impegno e denaro. E si spiega che fondamentale è stato l’intervento di leader religiosi musulmani: convinti della necessità del programma di vaccinazioni, ne hanno parlato il venerdì nelle moschee alla loro comunità di credenti (180 milioni di persone, ovvero il 14 per cento della popolazione). Una storia ben diversa dal vicino Pakistan, dove le recenti campagne anti-polio del governo sono fallite anche per effetto delle fatwa di molti imam integralisti, che hanno provocato perfino la morte di numerosi vaccinatori uccisi in attentati.

La Repubblica riproduce un testo pubbicato da Tages-Anzeiger e firmato da Simone Schmid: “I miliardi nascosti di Khodorkovskij, così la Svizzera ha protetto il tesoro”. La portavoce dell’oligarca graziato da Putin smentisce: “non ha roprietà sul suolo elvetico”, ma -secondo Schmid- durante la lunga detenzione la famiglia potrebbe aver controllato il patrimonio.

redazione grey-panthers:
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