Le aperture
Il Corriere della Sera: “Ministeri, scintille tra Lega e Pdl. Bossi li vuole a Milano, alleati divisi. Berlusconi: solo dipartimenti. Ancora tensione tra i militanti di Moratti e Pisapia. Il premier: clima da guerra civile”. L’editoriale del quotidiano è firmato da Ernesto Galli della Loggia: “Non si governa solo con tv e promesse”. A centro pagina si dà conto di alcuni studi del ministero dell’Economia per “riscossioni meno punitive”: “Fisco, la prima casa e i mezzi di lavoro non saranno pignorabili”.
La Repubblica: “Ministeri, scontro Pdl-Lega. Bossi: Silvio si è impegnato, no di Cicchitto e Gasparri. Il premier in ospedale dalla donna spintonata ad un comizio. Berlusconi: solo dipartimenti al Nord. Pisapia: veleni sul clima elettorale”. A centro pagina le elezioni spagnole: “Spagna, crollo socialista. Perse le grandi città, trionfa il Ppe”. Di spalla “il viaggio di Obama nell’Europa dimenticata”. Oggi il Presidente Usa sarà a Dublino, domani a Londra. A centro pagina un sondaggio Demos-Coop: “L’Italia si sente sempre più povera. Il ceto medio diventa minoranza”.
La Stampa: “Scontro tra Lega e Pdl sui ministeri al Nord. Bossi: impegno di Silvio. Ma Berlusconi precisa: trasferiremo solo dipartimenti”. A centro pagina: “La Spagna boccia Zapatero. Alle amministrative vittoria dei Popolari. ‘Los indignatos’ in piazza per un’altra settimana. Voto choc per i socialisti: persa anche Barcellona dopo 32 anni”. In prima anche la notizia di un nuovo allarme da un vulcano islandese: “Un altro vulcano minaccia i voli. Nuovo allarme dopo la nube del 2010. L’Islanda chiude gli spazi aerei”.
Il Giornale: “Bossi ci tiene alle balle. Torna la Lega di lotta. Il Senatur vuole riprendersi Milano. ‘Votare Pisapia sarebbe come tagliarsi i cosiddetti’. Poi rilancia sui ministeri al Nord. Ma Alemanno chiude la porta. ‘Se non si ferma, salta l’intesa’”.
L’Unità: “Un altro passo”, con foto di Pisapia.
Politica interna
La Stampa in un retroscena si spiega “l’imbarazzo del premier per l’impegno col Senatur” sul trasferimento di alcuni ministeri o dipartimenti a Milano. “Dalle parti del Cavaliere sostengono che lui condivide ‘in linea generale’ il decentramento da Roma ‘di alcune funzioni’ che fanno capo alla Presidenza del Consiglio, vale a dire ‘due-tre ministeri senza portafogllio’. Più o meno i concetti (invero un po’ confusi) che Berlusconi ha bofonchiato anche ieri, dopo la visita in ospedale alla mamma dell’assessore aggredita alcuni girni fa. Però a questo punto conta abbastanza poco quello che il premier ha detto testualmente nel colloquio di giovedì. La cosa importante è quello che ha capito Bossi. Il quale Bossi crede di aver realizzato il colpo gobbo, il trasloco a milano dei dicasteri, il suo e quello di Calderoli”.
Secondo il retroscena Berlusconi “si rende conto” che spostare a Milano qualche ministero senza portafoglio sarebbe “una finzione, quasi una presa in giro. Dubita seriamente che la possa possa tornare utile per la campagna elettorale”.
Secondo La Repubblica, in un altro “retroscena”, il Cavaliere sarebbe stato “spiazzato” da Bossi. “Umberto sta tirando la corda, pare che giochi davvero allo sfascio, che dia già per persa Milano e pensi al dopo”: così si sarebbe “sfogato” Berlusconi con i suoi dirigenti. “Chi lo ha sentito o affiancato ieri a Milano lo ha trovato amareggiato, persino abbattuto. Comunque intenzionato più di prima a rimettere mano al partito fin da giugno”. Il quotidiano dà rilievo a quello che chiama “lo strappo della Biancofiore”, che ieri, con una intervista al Corriere della Sera, annunciava l’uscita dal gruppo del Pdl per aderire al “nascente progetto politico di Scajola”.
Il Giornale intervista Gianni Alemanno, sindaco di Roma, che “avverte l’alleato leghista” sui ministeri. “Spostare i ministeri da Roma sarebbe una scelta inaccettabile, e io non la avallerò. Roma è la capitale d’Italia e deve mantenere il ruolo di sede del governo, previsto dalla Costituzione. Del resto in nessun Paese, neanche il più federalista, si mai visto un esempio di capitale ‘reticolare’, diffusa sul territorio. E poi tutto questo non faceva parte del programma elettorale, se la Lega insiste salta ogni intesa”. Alemanno dice anche di vedere come possibile una rimonta della Moratti simile alla sua contro Rutelli tre anni fa. “Ma solo se si riesce a mandare ai milanesi un messaggio chiaro: tra centrosinistra e centrodestra c’è una differenza di fondo nella gestione dei problemi della città. Rutelli ha perso quando i romani si sono resi conto che su emergenze come sicurezza, immigrazione, campi nomadi, la sinistra, per la sua tara ideologica buonista, non riusciva a dare risposte”. Alemanno dice anche che – si vinca o si perda a Milano – “è necessaria una grande riflessione. Se persino a Milano e Napoli, che è l’esempio peggiore di governo del centrosinistra, ci sono questi problemi, vuol dire che è urgente una correzione di rotta”. Alemanno viene intervistato anche da La Repubblica: “E’ un attacco a Roma, così si apre la crisi dentro al centrodestra”.
La Repubblica offre anche un “colloquio” con il Presidente della Regione Lombardia Formigoni. Ieri Bossi, rispondendo proprio a Formigoni che aveva espresso perplessità sul trasferimento di Ministeri, aveva detto: “stia zitto”, ed aveva aggiunto una pernacchia. “Formigoni si rifiuta di commentare la pernacchia del senatur, si fa concavo e convesso, sostenendo addirittura che quell’insulto sonoro ‘era per i cronisti, non per me, avete capito male'”. Ma ricorda alla Lega che “la strada del decentramento lui è stato il primo a percorrerla”, e che la strada percorrere non è quella di spostare ministeri ma “cambiare la politica dei ministeri”. L’intervista è titolata: “Senza i voti Pdl la Lega non va lontano, per vincere dare subito aiuti alle imprese”.
Un “dietro le quinte” del Corriere della Sera si sofferma sul rischio che il Pdl perda anche a Napoli: “Se perdiamo anche a Napoli, dove De Magistris prende i voti di opinione e Lettieri si difende con le cordate politiche, implode tutto”,dice un big del Pdl. “Siamo senza guida. Da lunedì prossimo rischiamo che lo strappo della Biancofiore, che vuole farsi un suo gruppo, sia imitato da mezzo partito. E così non si regge”.
Il Corriere offre una intera pagina per confrontare le proposte di Pisapia e Moratti sulla città.
Politica estera
Delle elezioni in Spagna si occupa Boris Biancheri su La Stampa. Sottolinea che questa tornata elettorale ha preso un carattere eccezionale anche per le prolungate manifestazioni di protesta degli indignatos: “Una protesta giovanile indirizzata genericamente contro tutto e contro tutti – politici, imprenditori, banchieri e quant’altro – nata dalle legittima convinzione che chi aveva del denaro o del potere è riuscito in qualche modo a superare la congiuntura e a difendersi dalla crisi, mentre le vere vittime sono coloro, in primo luogo i giovani, che non avevano né una cosa né l’altra e sono oggi al cinquanta per cento senza lavoro. La Spagna – sottolinea Biancheri – è obiettivamente in condizioni difficili, con un altissimo livello di disoccupazione e un debito pubblico che resta allarmante malgrado tutti i sacrifici fatti”. Ma ai Popolari di Rajoy non si spalanca una strada aperta: un po’ perché partiti minori o locali o di impronta nazionalista sembrano guadagnare consensi (come pare avvenga a Barcellona) ma anche perché le politiche che Rajoy dovrà mettere in atto “non possono che essere altrettanto se non più severe di quelle tentate dal suo predecessore”.
Massimo Salvadori, in una intervista a L’Unità, sottolinea il paradosso che la protesta in Spagna rischi di favorire la destra “che progetta lo smantellamento del welfare”. Sulle cause della crisi: “Non c’è dubbio che la Spagna abbia subito una crisi gravissima, ma il governo spagnolo sul piano economico ha lasciato la briglia sciolta alla speculazione finanziaria, soprattutto nel settore edilizio, che aveva un ruolo trainante”.
Si è votato anche in Germania e – come sottolinea L’Unità – la Cancelliera Merkel ha ricevuto una ennesima batosta dalla città stato anseatica di Brema. Il partito della Cancelliera scivola al terzo posto, superato non solo dai socialdemocratici, ma dai verdi, i quali, grazie soprattutto al voto dei giovanissimi, visto che per la prima volta in un land tedesco hanno votato i sedicenni, confermano il trend favorevole degli ultimi mesi. Gli ecologisti hanno raggiunto il 22,7 per cento. L’Spd sarebbe al 38,1 per cento e la Cdu al 21,2 per cento (Perde quasi 4 punti). Pessime notizie anche per i liberaldemocratici dell’FDP, che dimezzano i consensi rimanendo fuori dal parlamento locale. Perde tre punti anche la Linke di Lafontaine.
Obama
Ieri il Presidente Obama, intervendo all’Aipac, American israel public affair comitee, è tornato sulle sue dichiarazioni relative ad Israele e ai confini del 1967, all’indomani dell’incontro con il premier israeliano Netanyahu: “Giovedì ho detto pubblicamente quello che veniva affermato pubblicamente da tempo”. Il presidente Usa ha rilanciato la soluzione due popoli – due stati, attraverso il negoziato che porti al ritiro di Israele da una parte dei territori e l’impegno dei palestinesi a creare uno stato non militarizzato. Ha parlato di “fraintendimento”, ed ha spiegato: “Per definizione gli israeliani e i palestinesi negozieranno una frontiera diversa da quella che esisteva il 4 giugno 1967”, e “questa è una formula che consente alle parti di considerare i cambiamenti avvenuti negli ultimi 44 anni, tenendo conto delle nuove realtà democratiche e dei bisogni delle due parti”. E parlando di quel che è avvenuto, ha spiegato: “Non possiamo permetterci di attendere ancora uno, due o tre decenni. Anche perché il numero dei palestinesi che vivono ad ovest del Giordano sta crescendo rapidamente, rimodellando le realtà demografiche”. La tecnologia renderà per Israele sempre più difficile difendersi in assenza di una pace vera. Infine, una nuova generazione di arabi sta rimodellando la regione. Obama ha aggiunto che nessun voto all’Onu consentirà di creare uno Stato palestinese indipendente, e che gli Usa sono pronti a mettere il veto: ma allo stesso tempo ha avvertito che “il cammino verso l’isolamento rischia di proseguire inesorabile per Israele, senza un processo di pace”. Lo scrive La Stampa.
Anche su L’Unità: “Obama ricuce con Israele, ‘no a chi vuole isolarli all’Onu'”, titola il quotidiano, riferendo della dichiarazione di sostegno definito dal Presidente “incrollabile” degli Usa nei confronti di Israele. Obama ha definito un grave pericolo per la pace nella regione l’accordo tra Fatah e Hamas ed ha invitato quest’ultima a riconoscere Israele. Il quotidiano intervista il capo negoziatore dell’Anp Saeb Erekat, che dice: “La proposta avanzata dal presidente Obama di fare dei confini del 1967 il punto di partenza per un accordo di pace è un contributo importante alla ricerca di una soluzione negoziale del conflitto israelo-palestinese. Il rifiuto da parte di Netanyahu è l’ennesima dimostrazione che nei piani dei falchi israeliani l’unico obiettivo di perseguire è il mantenimento dell’attuale status quo. Del resto – sottolinea – Obama non ha inventato nulla, ma ha tenuto conto delle risoluzioni Onu 242 e 338, e di quanto indicato nella road map.
E intanto oggi – come sottolinea l’articolo de La Stampa – il presidente Usa sbarca a Dublino, prima tappa di un viaggio europeo. Il ritorno di interesse per l’Europa si deve all’impatto delle rivolte arabe: nel discorso al Dipartimento di Stato, Obama ha infatti delinato la scelta di creare delle partnership economiche con gli Stati frutto di tali rivolte. E il primo passo sarà il piano di investimenti e aiuti che sarà votato dal G8 di Deauville. Obama parlerà al Parlamento britannico. La Casa Bianca punta a far coincidere il ritiro delle truppe dall’Afghanistan in luglio con iniziative a sostegno delle rivolte arabe. Parlerà di Libia, soprattutto con i britannici, poiché il premier Cameron vorrebbe spingerlo a fare di più. Che significa armare i ribelli, ma consiglieri della Casa Bianca suggeriscono che gli Usa, sostanzialmente, non prenderanno la decisione di dare armi, ma non impediranno ad altri di farlo. Timothy Garton Ash, in una analisi su La Repubblica, ricorda che Obama terrà a Londra, questa settimana, un discorso sull’Europa e le relazioni transatlantiche.
Centrale sarà il progetto più urgente, quello di un partenariato strategico Europa-Usa per rispondere all’evento politico più importante dell’inizio del ventunesimo secolo: la primavera araba. Deve essere – per Garton Ash – il terzo, grande progetto della collaborazione transatlantica: il primo è stato la ricostruzione dell’Europa con il piano Marshall e la creazione della Nato, del Consiglio D’Europa e delle istituzioni che avrebbero dato vita all’Unione Europea. Il secondo è stata l’integrazione dell’Europa centrale e orientale nelle “strutture euroatlantiche”.
E poi
Le pagine R2 de La Repubblica raccontano la storia di una donna saudita, Manal Al Sharif: nell’unico Paese al mondo dove le donne, straniere comprese, non possono portare la macchina, è partita una campagna che le invita a trasgredire al divieto e a mettersi al volante. Sabato scorso la promotrice è stata arrestata.
Su La Stampa si analizzano i dati di una ricerca della Fondazione americana Mac Arthur (già in prima linea per sostenere il ‘banchiere dei poveri Yunus), secondo cui, in controtendenza con le tesi di quanti sostengono che il web isola dal resto del mondo, dalla rete, dai social network in particolare, sia partita e si sia rafforzata la nuova ondata di impegno sociale: “Internet è la via d’accesso privilegiata per l’impegno civico e sociale”, dice Joseph Kahne, capo del team di ricerca della Fondazione. Un boom di iniziative, dall’ambiente alla legalità. Esempio più lampante è Wikipedia: l’80 per cento di chi contribuisce a scriverla ha tra i venti e i trenta anni.
(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)