Il Corriere della Sera: “La sfida nelle Regioni chiave”. Il quotidiano offre un sondaggio che dà in vantaggio il centrodestra in Lombardia, Sicilia e Veneto, il centrosinistra in Campania e Puglia. E poi: “Vertice da Berlusconi sulle liste Pdl, Cosentino resiste”. A centro pagina il giuramento di Obama: “Come è cambiata la coppia presidenziale”. “Le metamoforfosi di Michelle e Barack” è il titolo di un articolo di Massimo Gaggi.
La Repubblica: “Pdl, rissa sulle candidature. Scontro a Palazzo Grazioli tra Alfano e l’ex sottosegretario campano, spunta Minzolini. Il premier: ridurre le tasse non è incoerente. Il ricatto di Cosentino: ‘In lista o vi rovino’. Monti: riforme radicali”. A centro pagina il secondo mandato di Obama e le elezioni in Israele (articolo di Bernardo Valli).
L’Unità: “Liste pulite, panico nel Pdl. Cosentino alla guerra: non mi faccio cacciare”. A centro pagina si parla dell’esordio della “lista del premier: “La riforma Ichino imbarazza pure Monti. Scelta civica a Bergamo apre la campagna elettorale. Frenata sul mercato del lavoro: nessuna decisione”. Accanto: “Bersani al Professore: guarda troppo dall’alto”.
La Stampa: “Monti sfida destra e sinistra. Pdl, continua la guerra delle liste e resta il nodo di Cosentino. Il premier apre a Bergamo la campagna elettorale: riforme radicali”. “’Rivoluzione liberale tradita da 20 anni’. Bersani: ma lui guarda tutti dall’alto”.
Il Giornale: “Tecnicamente incapaci. Dalla riforma del lavoro all’Imu, dalla sanità ai marò, per i Prof quante gaffe e fallimenti. E Monti lancia la campagna elettorale dal Nord con la promessa (falsa) di ridurre le tasse”
Pdl
Nulla di fatto nel Pdl sulla questione liste, e in particolare sulla candidatura di Nicola Cosentino. Alle 20 di oggi le liste dovranno essere presentate. Scrive Il Giornale scrive di una “svolta Pdl”, e aggiunge “si salva solo Cosentino (forse)”. “Passa la linea dura: escluso chi è nel mirino della giustizia. Passo indietro di Dell’Utri: ‘non farò il capro espiatorio’”. Dell’Utri, scrive il quotidiano, ha detto: “Ho deciso, ritiro la mia candidatura, noin mi presento alle elezioni. Faccio un passo indietro per il bene del partito e perché me lo ha chiesto Berlusconi. Ci ho pensato bene. La vittoria non è impossibile ma è improbabile e non voglio fare da capro espiatorio, non voglio che si dica che abbiamo perso per colpa di Dell’Utri. Se mi condannano definitivamente non c’è scudo che tenga, neanche quello parlamentare. Tanto vale andarsene ora”. La posizione più delicata, aggiunge il quotidiano, è quella di Cosentino, che sabato sera è entrato a Palazzo Grazioli alle 11 e ha fatto blocco rispetto alla possibilità di un suo passo indietro. A Cosentino sono state offerte alcune opzioni alternative: la possibilità di avere due posti sicuri per uomini a lui vicini oppure un trasloco nelle liste di Grande Sud. Se la mediazione fallisse, a lui toccherebbe la posizione numero 3 al Senato. Un altro articolo del quotidiano riferisce che i big locali protesterebbero per i “troppi paracadutati”. In Liguria candidato per il Senato ci sarebbe l’ex direttore del Tg 1 Minzolini. Tanto La Repubblica che il Corriere si occupano estesamente del personaggio Cosentino detto “Nick o mericano”, tessere e 30 mila voti, questo è il suo “fortino inespugnabile”. Per il Corriere è un controllo “quasi militare di tessere e del consenso Pdl in Campania”. E potrebbe decidere di ritirare tutti i suoi “scudieri” dal Consiglio regionale campano, facendolo cadere, insieme al suo presidente, il nemico Stefano Caldoro.
Il retroscena de La Repubblica riferisce le parole che lo stesso Cosentino avrebbe pronunciato: “Lo capite o no che così finisco in galera? Ma io vi rovino, ritiro i miei uomini, faccio cadere le giunte, vi faccio perdere le elezioni”. Ed il retroscena racconta come Cosentino sia piombato a Palazzo Grazioli: una furia che in pochi riescono ad arginare.
Sondaggi
L’analisi di Renato Mannheimer oggi sul Corriere della Sera evidenzia che per quel che riguarda il Senato – dove il premio di maggioranza viene assegnato su base regionale – il divario centrodestra-centrosinistra è esiguo. L’analisi si sofferma quindi sulle regioni chiave: il Veneto (il vantaggio del centrodestra, pari al 10 per cento fino a qualche tempo fa, si sarebbe ridotto a 4 punti per via della insofferenza degli elettori leghisti verso l’alleanza con il Pdl), dove chi vince prende 14 seggi; la Campania, dove i 16 seggi dovrebbero andare al centrosinistra e il divario sarebbe del 4 o secondo alcuni del 2 per cento; la Sicilia (9 seggi), dove il centrodestra sarebbe avanti di un punto e dove molto dipenderà dalla partecipazione al voto, che è stata bassissima alle ultime regionali (vinte dal centrosinistra); in Lombardia, che distribuisce 49 seggi,i 27 del vincente andrebbero al centrodestra, che sarebbe in vantaggio di circa 2 punti. In Puglia il vantaggio del centrosinistra sarebbe invece di 4 punti percentuali. I grafici illustrano e riassumono la situazione: se il centrosinistra perde il Lombardia, può conquistare la maggioranza assoluta dei seggi al Senato (158 su 315) solo se avanti in tutte le regioni: se perde, oltre alla lombardia, anche solo una tra Veneto e Sicilia, non ha la maggioranza assoluta dei seggi al Senato.
L’Unità racconta che il comitato garanti del Pdl ha esaminato in questi giorni il dossier che riguarda Cosentino: l’accusa è di concorso esterno in associazione mafiosa (sarebbe il referente politico del clan dei Casalesi). Ma non ci sono condanne, visto che di tre processi (di cui uno per mafia, e uno per la P3) ne è cominciato soltanto uno a Napoli. Indizi tanti, tra cui parentele acquisite con svariati camorristi, poiché entrambi i fratelli di Cosentino avrebbero sposato persone imparentate con boss criminali. Quanto ai fatti, scrive L’Unità, si tratta soprattutto di dichiarazioni di pentiti: fu Gaetano Vassallo a raccontare ai pm della direzione antimafia di aver agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente per il controllo della società Eco 4 gestita dai fratelli Orsi. E la società Eco 4 era, secondo Vassallo, controllata da Cosentino.
Monti
Monti ieri ha aperto a Bergamo la sua campagna elettorale, sfidando destra e sinistra, come riferisce La Stampa. Secondo il quotidiano il messaggio di Monti è stato quello di una unione dei riformisti, federazione dei riformatori piuttosto che dei moderati: “servono riforme radicali – ha detto Monti – l’Italia non ha bisogno di moderazione nel senso di mezze misure. Berlusconi mi aveva chiesto di federare i moderati, io credo che bisogna federare i riformatori”. A precisa domanda su un accordo post elettorale con Bersani, il Professore, secondo La Stampa, glissa: “Non parteciperemo mai a governi che non avranno un forte e chiaro orientamento riformista. Oggi è presto per dirlo”.
Poi una stoccata a Vendola: “Mi ha chiesto di fare autocritica. Ma scherziamo?”. E una al Pdl, che ha frenato l’azione del suo governo sulla riforma della giustizia e sul falso in bilancio anche “per ragioni personali”. L’inviato a Bergamo spiega come Monti abbia scelto la Lombardia, dove ha esibito una radicale diversità, in quei luoghi del berlusco-leghismo: “Sobrietà, sviluppo e Italia, l’altro nord del Professore”.
Su La Repubblica: “E in sala l’élite del Nord applaude, ‘Lui non vende fumo come la Lega’, il Professore attacca il Carroccio, hanno fallito”. Sulla stessa pagina, una intervista all’ex ministro leghista Calderoli: “Il re è nudo. L’attacco di Monti è la prova che ha già fatto l’accordo con la sinistra. Lo useranno come un utile idiota”.
La Repubblica titola: “Monti: addio alla moderazione, ‘servono riforme radicali, giustizia bloccata da fatti personali’”. Ma il quotidiano punta l’attenzione anche su quella che definisce una “bocciatura” del Financial Times che, con un editoriale di Wolfgang Munchau ha titolato: “Monti is not the right man to lead Italy” (Monti non è l’uomo adatto per governare l’Italia). Per il quotidiano britannico “ha provato ad introdurre riforme strutturali modeste”, “ha promesso riforme finendo per aumentare le tasse” e da tecnico che era, “è emerso come un duro politico”.
Su L’Unità: “Monti: ‘I veri antagonisti della sinistra siamo noi’”. E poi, in un altro articolo, si descrive “il fascino discreto della borghesia monteze-montiana”.
Su La Stampa una intervista a Pietro Ichino, in cui il giuslavorista spiega che la legge Fornero ha “ripristinato e rafforzato la norma contenuta nella legge Biagi volta a contrastare l’abuso delle collaborazioni autonome”. Per completare il disegno “occorre fare in modo che le imprese, in questa situazione di grave incertezza per il futuro, possano riassorbire le centinaia di migliaia di falsi collaboratori autonomi senza choc di costi e rigidità. Per esempio offrendo la possibilità di sperimentare, sulla base di accordi quadro regionali, un rapporto di lavoro con più basso costo previdenziale e fiscale e più flessibile: con un grado di stabilità inizialmente basso, che cresce con l’anzianità di servizio”. Sull’articolo 18 Ichino dice che “l’allineamento al modello tedesco operato dalla legge Fornero costituisce già un passo avanti molto rilevante, che va difeso e consolidato. Non pensiamo di por mano a una nuova riforma di portata generale, ma ad attivare per le imprese che vi siano interessate la sperimentazione di cui parlavo prima, limitata a nuove assunzioni e nuovi insediamenti”.
Pd e sinistra
I quotidiani raccontano il comizio del segretario Pd Bersani nella nativa Bettola, in provincia di Piacenza: “Il segretario Pd riparte da Bettola, con un comizio ‘vecchio stile’”, scrive il Corriere. La Repubblica riferisce le parole del segretario in riferimento alla campagna elettorale di Monti: “Il programma è ambizioso, ma il Presidente del Coinsiglio tende un po’ a guardare le cos dall’alto. Ci sono capaci e incapaci, ma a me piace guardare di più all’altezza degli occhi della gente comune, che ha bisogno di una politica che conosca da vicino le loro condizioni”, “la tv ci vuole, ma se facciamo solo la tv aumenterà il distacco tra il cittadino che non vuole sentirsi spettatore e basta e la realtà politico-istituzionale.
L’Unità dà conto dell’imminente impegno di Renzi nelle elezioni: nei prossimi giorni tornerà in tv, ma inizierà anche a girare le città del nord per fare campagna elettorale a sostegno della candidatura a premier di Bersani. Sarà in Lombardia e in Veneto per convincere a votare Pd elettori oggi indecisi che alle primarie avevano votato per lui.
Il Corriere della Sera dedica due intere pagine ai funerali dell’ex brigatista Prospero Gallinari: fa discutere la presenza a quelle esequie di Alberto Ferrigno (coordinatore per la provincia di Reggio Emilia di Rifondazione comunista) e di Claudio Grassi (della direzione dello stesso partito). Il segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero, intervistato, dice: “Non si fa polemica su un gesto di umanità”. Claudio Grassi, ricorda La Repubblica, è candidato con la lista Rivoluzione civile di Ingroia. “E il ‘caso Gallinari’ spacca gli arancioni”, titola L’Unità dando conto delle dichiarazioni di Liana Barbati, presidente del gruppo Idv alla Regione Emili-Romagna: “Chi ricopre cariche politiche o è candidato alle elezioni per rappresentare i cittadini non dovrebbe, neanche a titolo personale, partecipare al funerale di chi ha rappresentato un periodo così buio e triste per la nostra Repubblica.”, se Grassi sarà eletto “a titolo personale non mi rappresenterà”.
Partiti
Sul Corriere della Sera Sergio Rizzo scrive che in queste elezioni, “latitante speciale” è la pubblicazione dei budget dei vari partiti per le spese di campagna elettorale. Manca sui siti Internet dei partiti l’indicazione delle fonti di finanziamento, pubbliche e private.
Obama
Oggi Obama inaugurerà il suo secondo mandato con il tradizionale giuramento sulla scalinata del Campidoglio. Sarà l’occasione per il messaggio alla nazione e il guru politico David Akelrod, secondo quanto riferisce La Stampa, ritiene che l’orizzonte del presidente sia “più ampio della crisi fiscale”, perché “riguarda riforme destinate a durare nel lungo termine, come immigrazione, energia, educazione”. Il quotidiano scrive che l’attesa riguarda innanzitutto due temi: immigrazione e armi da fuoco. La conferma dell’attenzione degli immigrati viene dalla scelta del vicepresidente Biden di giurare, nella sua residenza, davanti al giudice Sonia Sotomayor, simbolo degli ispanici. Sul fronte delle armi, l’ex presidente Clinton, parlando davanti a un gruppo di sostenitori di Obama, ha invitato la Casa Bianca alla cautela: “Bisogna evitare di dare l’impressione di parlare dall’alto in basso, ai cittadini americani”. Proprio ieri, peraltro, si registra un’altra strage nell’America delle armi facili. Nel New Mexico un quindicenne ha massacrato cinque persone, tra cui tre bambini. Il Corriere della Sera descrive l’Obama 2 come un uomo “precocemente invecchiato”, orgoglioso e “disincantato”. Obama, secondo il corrispondente del Corsera, non crede più di poter cambiare Washington e la politica, come nel suo primo mandato. Ed è passato dalla politica bipartisan della mano tesa a quella delle armi sul tavolo: negoziato duro, muro contro muro con i Repubblicani su tutto (tasse, debito, tagli della spesa). Repubblica scrive che ora Obama si rivolge ad una “nazione divise”, quella che non è più l’America del cambiamento e della speranza: il 51 per cento è dalla sua parte, ma nel 2009 era il 68 per cento.
Israele
Su Repubblica l’inserto R2 è dedicato alle elezioni in Israele: si vota domani e, secondo Bernardo Valli, il protagonista della campagna elettorale è stato Naftali Bennet, il leader dell’ala radicale dei conservatori laici, fondatore di un partito (Focolare ebraico) che figura terzo nei sondaggi. Non ha nulla a che vedere con le trecce ei cappelli neri degli haredim, lui è vestito con trasandata semplicità, è “l’estrema destra hi-tech”, dice scherzando un cittadino israeliano. Viene da quella industria sofisticata che è l’orgoglio di Israele, poiché con una company di internet security, ha fatto fortuna. Sa rivolgersi da una società giovane, con un discorso religioso ma non bigotto. Rifiuta il processo di pace con i palestinesi, vuole l’estensione delle colonie nella Cisgiordania occupata, e soltanto qualche città autonoma per i palestinesi, sotto controllo della sicurezza israeliana. La sua famiglia, polacca di origine, viene dagli Usa, dove era contro la guerra in Vietnam, e alcuni suoi membri avevano idee di sinistra, maturate a Berkeley. In Israele c’è stata la svolta. E’ stato per anni responsabile dello Yesha Council, l’associazione dei coloni. E’ stato uno stretto collaboratore del premier Netanyahu, di cui ora è un insidioso concorrente.
De Giovannangeli su L’Unità scrive che si è ridotto il divario tra la coalizione di destra che include il Likud di Netanyahu, Israel Beitenu di Avigdor Lieberman, Habayit Hayehudi (“Focolare ebraico”), e Otzma Leyisrael e l’opposizione di centrosinistra (Laburisti, Yesh Atid, Hatnua, Meretz e Kadima): la prima dovrebbe conqusitare 63 seggi alla Knesset, contro i 57 delle formazioni di centrosinistra e i partiti arabi. Perderebbero consensi entrambi i fronti, ma quel che preoccupa è quel 15 per cento degli elettori ancora indeciso su chi votare. Sarebbe soprattutto la destra a temere.
Germania
Si è votato invece in Germania, nella Bassa Sassonia, secondo Land più grande del Paese: “Il voto punisce il partito di Merkel”, scrive il Corriere spiegando che il governatore cristiano-democratico è stato sconfitto da Spd e Verdi. L’unica consolazione per la Cancelliera – secondo il Corriere – è la rinascita dei liberali, partito di cui ha bisogno per rimanere al potere. Spd e Verdi avrebbero vinto per un seggio, smentendo molte delle previsioni. La Repubblica parla di delusione della Merkel, ma anche dei socialdemocratici, visto che lo sfidante delle prossime elezioni di settembre Steinbruek dice: “Se il risultato non è così entusiasmante, anche io ho qualche responsabilità”.
di Ada Pagliarulo e Paolo Martini