Le aperture
Il Corriere della Sera: “Napolitano: ora nuove misure. Incontro con Draghi. Borse giù, dalla Ue fiducia all’Italia. Il Quirinale ‘preoccupato’ chiede di puntare alla crescita. Oggi Berlusconi in Parlamento”. L’editoriale, firmato dal direttore Ferruccio de Bortoli, è titolato: “Primo: domare subito l’incendio”. A centro pagina: “La Camera salva Verdini ma dà il via libera alle indagini su Milanese”. I pm abruzzesi che indagano sugli appalti sul G8 dovranno rinunciare alle intercettazioni indirette che coinvolgevano Verdini, indagato per tentato abuso d’ufficio a L’Aquila, mentre quelli Napoletani potranno usare i tabulati telefonici di Milanese.
La Repubblica: “Crisi, l’allarme di Napolitano”. “Subito misure per la crescita”. “Milano a picco, vola lo spread”. Draghi dal Capo dello Stato. Oggi il discorso di Berlusconi. Il Comitato di stabilità: il sistema Italia è solido. Polemica sulla chiusura del Parlamento”. A centro pagina: “Appalti G8, Verdini salvato dalla Camera”.
Identico il titolo di apertura de La Stampa: “Crisi, l’allarme di Napolitano. Il Presidente vede Draghi e chiede al governo norme per la crescita e confronto con le parti sociali. Oggi Berlusconi interviene in Parlamento. Forse arriva la tassa sul fumo, sostituirà i ticket sanitari”. In alto il quotidiano si occupa della crisi nel Corno D’Africa: “Il ponte aereo è insufficiente. Aiuti, nuovo appello dell’Unicef. Per salvare milioni di persone dalla carestia”.
Il Sole 24 Ore: “Vola lo spread Btp-Bund, esame crescita per l’Italia. L’appello di Napolitano: subito misure per lo sviluppo”.
Il Riformista: “Silvio davanti ai mercati. Berlusconi commissaria Tremonti e punta su un discorso sviluppista. Il Cipe sbloccherà 7,5 miliardi per il piano sud. Se le Borse crollano nuova manovra di tagli”.
Berlusconi viene definito “l’uomo del crollo” da L’Unità, che sottolinea come la maggioranza di governo sia “divisa e incerta”. “Il Pd: basta favole, si cambi premier”:
Il Foglio: “Così il Cav cercherà di convincere i mercati che l’Italia sta in piedi. Oggi il premier riferisce alle Camere. Napolitano gli chiede subito misure pro-crescita. La tregua con Tremonti”. Di spalla: “E se bombardassimo il regime siriano? Non sarebbe ua buona idea”. “Analisi ragionata dell’impotenza occidentale”.
Secondo Il Giornale “Berlusconi si gioca tutto. Borsa e Btp ancora sotto attacco, il premier oggi parla alle Camere e ai mercati: o la va o la spacca. E l’amore dell’opposizione per il ministro dell’Economia è già ‘tremontato'”.
Libero: “Silvio, la patrimoniale no. In ambienti vicini al governo prende corpo l’idea indecente. Ma sarebbe una follia. I modi per uscire dalla crisi sono altri: tagli e riforme. Oggi alla Camera il premier deve sorprenderci”.
Politica
Il Quirinalista del Corriere della Sera Marzio Breda sottolinea come Napolitano abbia indicato come un esempio da non sprecare per il rilancio dell’economia il “tavolo nazionale” che metterà governo e opposizione di fronte a 17 organizzazioni delle parti sociali (Confindustria, banche, sindacati, commercianti, artigiani, eccetera). “Non si è mai visto” un tavolo simile, scrive il quirinalista. E’ un altro esempio, per Napolitano, del modello di coesione nazionale da lui raccomandato. E grazie alla quale si è dato vita in tempi record ad una manovra che da sola non poteva e non può comunque bastare.
Ieri, per la seconda volta in cinque giorni, peraltro, Napolitano si è consultato d’urgenza con il governatore della Banca d’Italia Draghi, come ricorda La Repubblica. Napolitano, scrive il quotidiano, “scende in campo” per ammonire maggioranza e opposizione, facendo propria la linea delle parti sociali, poiché per il capo dello Stato il tavolo nazionale nato mettendo insieme per una volta tutte le forze produttive è un evento eccezionale, “un modello – pilota” che potrebbe fare da esempio anche per la politica. Le forze sociali incontreranno Berlusconi a Palazzo Chigi, poi Bersani e Casini. Secondo il quotidiano il Colle fa così sapere a Berlusconi che non può bruciarsi questa occasione e all’opposizione, che alza le barricate, così come fa anche la Cgil, che si tratta di trovare un terreno di confronto sulle cose da fare.
“Seguirò attentamente gli esiti di tale confronto – ha scritto Napolitano in una nota – partendo dalla preoccupazione che non ho mancato di esprimere per gli andamenti dei mercati finanziari e dell’economia, nei loro termini generali e nei loro specifici aspetti.
“Agenda per lo sviluppo e anticipazione di alcune misure di bilancio fin da quest’anno”, chiede il Colle, secondo Il Foglio.
Secondo Il Sole 24 Ore Berlusconi farà appello alla coesione nazionale prevedendo – come gli ha chiesto il capo dello Stato – misure integrative alla manovra e una serie di interventi concordati per la crescita e l’occupazione. Potrebbe annunciare che il governo punterà ad anticipare il pareggio di bilancio, oggi previsto come traguardo nel 2014. Non entrerà nel merito delle misure sul fronte della crescita, per rispettare il confronto con le parti sociali, previsto per domani. Per Stefano Folli, analista politico del quotidiano di Confindustria, l’opposizione avrà la via stretta e non potrà chiudersi a riccio, reclamando solo le dimissioni del governo.
“Berlusconi calmerà i mercati?”, chiede La Stampa a 4 personalità. Jean Paul Fitoussi risponde che “non potrà fare nulla, è l’Ue che deve muoversi”. Paolo Savona, pure economista, dice che deve dimostrare che il governo è compatto, anche se in Italia manca comunque una “alternativa credibile”. Sergio Romano dice che “il problema è che all’estero ha perso troppa credibilità”. Per Giovanni Sartori il vero problema “irrisolvibile è la reputazione di Berlusconi, la sua credibilità è molto bassa, un suo eventuale discorso può avere effetti all’interno, ma dubito che ne avrebbe sui mercati internazionali”. Sartori sottolinea che le economie sono piene di subprime, quei rischiosi mutui sottoscritti da cittadini diventati poi insolventi. In Italia ne abbiamo un po’ meno che nel resto del mondo, ma abbiamo Bot che nessuno vuole e che le banche sono costrette ad acquistare, e bilanci dei comuni e degli enti gonfiati dai derivati, una bomba pronta a scoppiare ad ogni istante.
Ieri il Copasir, il comitato parlamentare sui servizi, ha ascoltato il prefetto Gianni De Gennaro, direttore del Dis, l’ente che coordina le due intelligence italiane, a proposito delle denunce dei giorni scorsi del ministro Tremonti, che aveva detto di sentirsi spiato. La Repubblica riferisce le sue parole: “Tremonti pedinato? Noi dei servizi non ne sappiamo nulla. Quella è una vicenda che riguarda il rapporto tra il ministro e la Guardia di Finanza”. A porre la domanda a De Gennaro è stato il senatore del Pdl Quagliariello, che ha spiegato di non aver voluto con questo “smentire Tremonti o smontare la sua denuncia di essere seguito dalle Fiamme Gialle e alla fine isolato”, ma “solo per capire se il Copasir, che si occupa degli 007, fosse competente o meno”.
A proposito di Tremonti, il Corriere della Sera riferisce che, nel giorno in cui Berlusconi parla in Aula sulla crisi economica, “la parola che gira con più insistenza nel centrodestra è ‘commissariamento’. Certamente non scelto e non formalizzato, se comunque Tremonti continua a svolgere il suo ruolo anche sulla scena internazionale. Ma ‘di fatto’, perché i suoi margini di manovra sono ormai ridotti e al momento i suoi colleghi di governo sembrano aver già cominciato la riconquista del terrenod ecisionale che avevano perso da tempo”. Secondo il quotidiano Berlusconi avrebbe ribadito a Tremonti la minaccia di prendere l’interim dell’Economia, per poi far arrivare a via XX settembre il direttore generale del Tesoro, Grilli, o Lorenzo Bini Smaghi, o Maurizio Sacconi, o anche Lamberto Dini.
Ieri la Camera doveva decidere se autorizzare i magistrati napoletani ad usare i tabulati telefonici e ad aprire le cassette di sicurezza del deputato del Pdl Milanese, che chiede all’aula di concedere l’autorizzazione. 538 sì, 28 no. Diversa la scelta di Denis Verdini che – racconta il Corriere della Sera – “affronta l’Aula con piglio più aggressivo”, “parla a braccio, “rivolge lo sguardo a mò di sfida verso Antonio Di Pietro”, e “lancia il suo manifesto politico”. Anche lui chiede il via libera, ma i parlamentari votano per il no all’utlizzo dei tabulati.
Mondo
La Stampa è l’unico quotidiano ad avere un grande richiamo in prima pagina per la carestia nel Corno d’Africa. Anche perché il quotidiano, con la fondazione Specchio dei tempi, ha avviato una raccolta fondi per la costruzione di un reparto pediatrico in un ospedale in Somalia. Ne scrive in prima pagina il direttore Mario Calabresi, ricordando che in questo momento nel Corno d’Africa sono dodici milioni le persone colpite dalla carestia. All’interno, due pagine del quotidiano sulla mobilitazione per la nuova emergenza. Attenzione per il grande ponte aereo delle agenzie umanitarie internazionali, che non basta a salvare dalla morte le popolazioni.
Sul Corriere, invece, intervieene il neosindaco di Milano Pisapia, raccogliendo l’invito avanzato da Romano Prodi per rilanciare l’emergenza fame e carestia nel Corno d’Africa utilizzando anche la vetrina de l’Expo: Expo – scrive Pisapia – “dovrà lanciare un nuovo modo di intendere la cooperazione allo sviluppo tra Paesi, fornendo una piattaforma dove i Paesi africani, e non solo, possano finalmente farsi conoscere al di là delle tragedie, per palesare al resto del mondo le opportunità di scambio economico e culturale che vengono spesso nascoste da una interpretazione restrittiva e ormai anacronistica della cooperazione”.
Fausto Biloslavo su Il Foglio si occupa di Libia, con un lungo intervento: “Ma con chi siamo alleati?”. “In Libia diamo missili, forze speciali e denaro a una accozzaglia di bande che si ammazzano tra loro”. La Cirenaica liberata dai rivoltosi anti Gheddafi avrebbe dovuto diventare un modello per tutto il Paese. Scrive Biloslavo che sarà difficile trasformare questa armata Brancaleone in un vero esercito libero dalle influenze estremiste. I francesi hanno paracadutato armi e dall’Italia sarebbero arrivati ai ribelli 400 missili anticarro At-4 Fagot,5000 razzi Katjusha, 11 razzi anticarro, e 30 fucili d’assalto Ak47: un arsenale sequestrato nei Balcani, su cui il governo avrebbe posto il segreto di Stato.
Una lettura analoga su Libero, a firma di Carlo Panella: “Gli insorti libici, divisi in bande, si ammazzano tra loro”. Legge così le dichiarazioni della Nato, disponibile ad accettare un cessate il fuoco proposto dal regime durante il ramadan. E’ la prima volta – scrive Panella – che la richiesta di una tregua da parte di Gheddafi non viene rigettata. La verità è che gli alleati, in primis gli Usa, sono letteralmente sconvolti dalle scene di macelleria che si stanno sviluppando tra i ribelli di Bengasi. Così legge l’assassinio del generale Younis, trucidato dai suoi soldati mentre veniva prelevato per essere interrogato per sospetto tradimento. Un omicidio feroce, palesemente ordinato da una parte del vertice di Bengasi. Il Mossad sospetta che sia stato addirittura lo stesso presidente del Consiglio Nazionale transitorio, Jalil.
Si è così eliminato non solo il comandante delle Forze Armate ribelli, ma anche l’uomo che ha reso possibile, con un vero e proprio golpe, la nascita della ribellione di Bengasi. Yunis era infatti ministro dell’interno di Gheddafi e capo dell’unità di crisi che avrebbe dovuto impedire la rivolta: ma a fine febbraio è scomparso, riapparendo tre giorni dopo a capo delle forze ribelli.
Ora la sua uccisione per “fuoco amico” ha dato la stura a vendette all’interno della compagine dei ribelli.
Politica e costume.
In un articolo Il Giornale ricostruisce il pasticcio che si è creato ieri alla Camera, protagonisti i deputati della Lega. Non avendo previsto il discorso alle Camere del premier di oggi, buona metà dei deputati della Lega si era organizzata per le ferie. Il capogruppo Reguzzoni fa l’appello della lista di presenti e assenti. Circa metà dei cinquantanove deputati non sarebbe stato presente. L’agenzia Ansa sbircia la lista e azzarda una lettura politica: poiché quelli che sarebbero rimasti da “secchioni” sono in gran parte vicini al capogruppo, che non è notoriamente in buoni rapporti con l’ala che fa capo a Maroni, l’Agenzia lancia la notizia a due stellette: gran parte dei maroniani diserterà. Maroni chiama infuriato il direttore dell’Ansa, per smentire.
Poche pagine più in là, sempre su Il Giornale, una grande foto di Bossi in canottiera, e la lettura: “Metamorfosi di Bossi. Torna alla canotta per tenersi la Lega”. “Il senatur rispolvera l’indumento simbolo del 1994, una risposta alla sfida di Maroni sulla leadership”.
Il Sole 24 Ore scrive che il ministro Maroni, descritto come il più frondista verso Berlusconi, ha fatto sapere che siederà in Aula accanto al premier.
Su La Repubblica, ma anche su altri quotidiani, un’altra polemica nata ieri alla Camera: i lavori in Aula riprenderanno il 12 settembre anziché il 5, dopo un mese di ferie. Anche perchè c’è un appuntamento fisso per i primi di settembre che vede radunati, con la regia del ciellino e vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, oltre 100 parlamentari di entrambi gli schieramenti, ovvero il pellegrinaggio in Terrasanta. Monta la protesta sul web. In riunione dei capigruppo, voto contrario dell’opposizione.
E poi
Libero offre in prima pagina un articolo della deputata Suad Sbai, prima firmataria di un disegno di legge votato ieri dalla Commissione affari costituzionali della Camera, che prevede il divieto di indossare il burqa e il niqab nei luoghi pubblici. La donna che li indossa dovrà pagare fino a 500 euro di multa, chiunque la costringa rischierà fino ad un anno di carcere. Hanno votato contro i deputati del Pd, si sono astenuti quelli di Fli, Udc e Idv. Scrive la deputata del Pdl che la legge “è un provvedimento di civilità e di diritto che da troppo tempo è atteso”, perché il burqa appartiene ad un “retaggio oscurantista che nulla ha a che vedere con la religione, né con la tradizione di ciascun Paese. Non è cultura, non è tradizione, ma soprattutto, quindi, non è religione”. Secondo la Sbai “il multiculturalismo follemente lassista che orami la fa da padrone in tutta Europa ha fatto danni enormi esclusivamente alle donne”. Della notizia parla anche La Repubblica, che offre una riflessione di Michela Marzano. Molto critica sulla decisione di agire per legge: indossare il velo può essere un gesto religioso come atto di conformità a un costume, può essere frutto di sottomissione o un atto di sfida identitaria. “Si può tuttavia solo immaginare di risolvere un problema di questo genere a colpi di legge, soprattutto quando si sa che di donne con il niqab ce ne sono veramente poche?”. In un’epoca come la nostra, “in cui la questione della laicità va di pari passo con l’aumento non solo degli integralismi religiosi, ma anche dell’intolleranza e del razzismo, forse bisognerebbe interrogarsi di nuovo sul significato dell’espressione ‘integrazione’ e cercare di capire come il rispetto delle differenze non implichi necessariamente una rinuncia ai valori in cui si crede, come l’uguaglianza, la libertà e la pari dignità.
Sul Corriere della Sera, l’opinione di Stefano Jesurum sulla questione: “Se la politica gioca con i simboli, ingiusto (e inutile) divieto del burqa”. “Provate a entrare in una banca con addosso un passamontagna. Qualcuno certamente chiamerà il 113”, visto che per questioni di ordine pubblico è vietato da anni rendere difficoltoso il riconoscimento di una persona. Non si capisce allora che bisogno ci sia di una nuova norma come quella approvata se non la voglia di “buttarla in politica”, utilizzando quelle sacche di islamofobia presenti in Europa, sempre alla ricerca di equilibri e ricette sui flussi di migranti e sulla loro integrazione. Si chiama in causa la libertà delle donne, giusto. Ma quante sono in Italia le signore cui si chiede di non uscire con il volto coperto? Non ci sono cose più urgenti di cui occuparsi?
(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)