OBAMA MINACCIA IL VETO SUL PIANO REPUBBLICANO ANTI-DEFAULT. Borse in altalena

Le aperture

La Repubblica: “Ministeri al nord, il no del Quirinale. Napolitano scrive al premier: iniziativa che preoccupa. Scontro su Nitto Palma. L’opposizione con il Colle. Alemanno: condivido i dubbi. Inchiesta P4: Milanese ai pm: Tremonti mi dava una quota dell’affitto. Penati, bufera nel Pd”. A centro pagina un reportage dalla Somalia “in fuga dalla fame”, firmato da Pietro Veronese e Christopher Tidey. Di spalla il “default day” negli Usa. In prima pagina anche la notizia della bocciatura da parte della Camera del disegno di legge contro l’omofobia.

Il Corriere della Sera: “Il Colle frena i ministeri al Nord. Napolitano scrive al premier: motivi di preoccupazione. Palazzo Chigi: attenzione e rispetto. La maggioranza boccia le norme sull’omofobia”. Il commento di Michele Ainis: “Occasione persa sui diritti civili”. A centro pagina: “L’asta dei Bot agita la Borsa. I mercati giù, poi recuperano. Obama si appella agli americani”. E poi la strage in Norvegia: “Crimini contro l’umanità per dare 30 anni al killer”. A fondo pagina il quotidiano milanese parla delle inchieste giudiziarie: “Accusa di concussione al vice delle coop rosse”, su quella della Procura di Monza; e “Tremonti pagava metà di quell’affitto”, su quella napoletana sulla cosiddetta P4.

La Stampa: “Ministeri al Nord, l’alt del Colle. Il Quirinale preoccupato per il decentramento a Monza: fuori dalle regole. Cresce l’irritazione del Carroccio. Napolitano scrive al premier. Berlusconi: vogliono farmi litigare con Bossi”. Oltre alle notizie sulle inchieste e sulla legge sull’omofobia, da segnalare anche un richiamo per le dichiarazioni di Marchionne: “Fiat-Chrysler, conti ok. Marchionne: in Italia non riapriremo il dibattito”.

Il Riformista: “Il Colle stronca i ministeri al nord. Napolitano scrive a Berlusconi sollevando rilievi e motivi di preoccupazione”. A fondo pagina le dichiarazioni del leghista Borghezio, che “plaude all”ottimo’ Breivik. “Il deputato europeo sposa le farneticazioni dell’assassino di Oslo in nome della cristianità”.

L’Unità: “Napolitano dice no al governo”.

Il Sole 24 Ore: “L’asta dei Bot tiene ma tassi in rialzo. Obama minaccia il veto sul piano repubblicano anti-default. Borse in altalena, recuperano i bancari italiani”. A centro pagina: “Fiat, trimestre positivo con debito in crescita”.

Il Fatto quotidiano: “Alitalia addio, bruciati 4 miliardi. Ecco quanto è costato il salvataggio patriottico voluto da Berlusconi. Ma per la compagnia il futuro è già segnato: svendita ad Air France”. A centro pagina le accuse a Penati dal costruttore Pasini: “Penati mi disse: vuoi l’area. Paga me e le coop rosse”. Accanto, una lettera indirizzata al quotidiano dal segretario del Pd Bersani: “Siamo gente perbene, ci metto la faccia”. Risponde Marco Travaglio, che ringrazia e invita fin d’ora Bersani ad un confronto “più diretto con la nostra redazione”, anche davanti alle telecamere di una futura webtv del quotidiano. “Il guaio è il rapporto tra politica e affari”.

Il Foglio: “Bersani sbanda sulla via giudiziaria alla resa dei conti interna al Pd. Il segretario si difende sul Corriere e sul Fatto, i suoi gli chiedono uno scudo, gli ex socialisti dichiarati sacrificabili”. “Il caso Del Turco a Palazzo”.

Il Giornale: “Bersani mente al Corriere. Pd, diversamente ladri. Portò in Parlamento Tedesco per salvarlo dai pm, non chiede a Penati di rinunciare alla prescrizione e i suoi deputati non mettono a disposizione redditi e patrimoni”. A centro pagina: “Le rivelazioni di Milanese. Mille euro a settimana in contanti: le spesucce di Tremonti per la casa”.

Libero: “Il Pd impone il pizzo anche ai lottizzati. Regione per regione, il tariffario per dare posti pubblici a iscritti e amici. Vi sveliamo i misteriosi traffici di due agenti delle Coop rosse indagati a Monza”.

Politica

Sul richiamo del Presidente della Repubblica a Berlusconi sui ministeri al Nord La Stampa scrive che il testo della lettera di Napolitano a Berlusconi “resta riservato”. Nel comunicato ufficiale si parla di “rilievi e motivi di preoccupazione”: i tecnici del Quirinale avrebbero fatto notare che le sedi distaccate sono previste dall’ordinamento, così pure quelle di rappresentanza. Ma è sul fatto che siano definite “operative” che si appunterebbero i rilievi, poiché verrebbe considerato un controsenso: o sono sedi dove si lavora, o sedi di rappresentanza.
Le sedi aperte dei 4 ministeri (turismo, economia, semplificazione e riforme) sono state istituite – scrive il Corriere – con lo strumento del decreto dei rispettivi ministri, perché evidentemente la nostra Costituzione escludeva la praticabilità di altre formule: vale a dire i non aggirabili limiti posti dal titolo Quinto e dalle norme che salvaguardano l’unità nazionale. Per non dire che alcuni sono senza portafoglio, mentre per quello dell’economia era necessaria una modifica del regolamento organizzativo. Ricorda il Corriere che già nel maggio scorso, da Firenze, il Capo dello Stato aveva spiegato che, dopo il federalismo fiscale, era necessaria una Camera delle Regioni e delle Autonomie, sottolineando che “ci sono delle funzioni che non possono essere frammentate e ci sono beni che non possono essere abbandonati all’arbitrio di gestioni locali”.
Nella “Nota” di Massimo Franco, ancora sul Corriere, si sintetizza: “Il Quirinale certifica l’isolamento lumbard nella maggioranza”, e “per quanto folkloristica e impregnata da un sentore di provincialismo e di improvvisazione, l’iniziativa leghista dei ministeri al Nord non ha lasciato indifferente Giorgio Napolitano.
Sulla necessità di sedi distaccate di ministeri al Nord, Il Sole 24 Ore intervista Ambra Readaelli, presidente dei piccoli imprenditori lombardi di Confindustria: “Le quattro sedi? Alle imprese non servono”, è il titolo.

La Repubblica parla di “malumore nel Pdl” contro l’ipotesi di Francesco Nitto Palma al ministero della Giustizia: “Attualmente sottosegretario all’Interno, Nitto Palma suscita mugugni tra coloro che lamentano la sua totale assenza negli ultimi tre anni dal dibattito sulla giustizia, la mancata difesa, in questi anni, delle leggi per Berlusconi. Proprio questo viene considerato “merito” di Nitto Palma, che ha un buon rapporto con avvocati del premier come Ghedini e potrà quindi discutere con lui serenamente; è un magistrato, ma di quelli con le idee che piacciono a Berlusconi; e potrà quindi battersi per la separazione delle carriere e del Csm come ex magistrato, facendo cioè “il grimaldello per scatenare contraddizioni tra i magistrati”.

Libero titola: “Accordo toghe-Cav sull’erede di Alfano. Nitto Palma in pole position per diventare Guardasigilli. E’ stato testimone di nozze del presidente dell’Anm, Palamara, e piace a Berlusconi.

Ritratto di Nitto Palma anche su Europa: “Mi chiamo Nitto e risolvo problemi”: “Sarà l’ultimo Guardasigilli del Cavaliere”.

Il Sole 24 Ore dice che sul nome di Nitto Palma non ci sarebbe un veto leghista (il Carroccio vuol tenersi alla larga dal tema giustizia) mentre per il Corriere il candidato Nitto Palma non ha un rapporto eccellente con Maroni, che dirige il dicastero presso cui è impegnato. Intanto nel Pdl il ministro Alfano, che è stato in pressing sul Cavaliere per poter lasciare al più presto il ministero e dedicarsi al partito, tenta il rilancio del Pdl per via europea: ad Andrea Ronchi, ex Fli ed ex ministro delle Politiche comunitarie, così come ad Adolfo Urso, viceministro anche in uscita da Fli, ha assegnato posti di responsabilità e di coordinamento nella vita del PPE.

Su Il Giornale si parla di “nuovo corso”: “Il Pdl con Alfano apre a Fli e Udc”, “il progetto del segretario: una costituente popolare per il partito unico dei moderati”. A Urso spetterà il compito di coordinare le sei fondazioni già riconosciute dal Ppe (Farefuturo, MagnaCarta, Liberal, Res Publica, Sturzo, Popolari Europei), che dovranno contibuire a definire l’identikit valoriale del partito, in vista del Congresso PPE di dicembre a Marsiglia.

Il Pd ha messo a punto un testo per superare il “Porcellum”. La proposta di legge elettorale depositata al Senato (astenuti Enrico Morando e Pietro Ichino) prevede l’aumento della quota di seggi assegnati alla Camera con il sistema maggioritario (dal 65 si passa al 70 per cento), la riduzione della quota proporzionale (dal 30 al 28 per cento) e anche del diritto di tribuna (dal 5 al 2 per cento). Scrive il quotidiano che soltanto Arturo Parisi continua ad insistere per il referendum. Nelle scorse settimane, infatti, una parte del Pd si era schierata per il referendum per il ritorno al proporzionale, promosso da Passigli, e un’altra parte (con Veltroni) per il pro-Mattarellum. La risposta di Veltroni fu che, fino a che fosse rimasto in campo il referendum promosso da Passigli, visto il rischio insito di un ritorno al proporzionale puro, loro non si sarebbero tirati indietro. Ecco perché il quotidiano parla di “intesa raggiunta” con i veltroniani. Il testo è stato inviato anche a Udc e Lega.

Il Corriere intervista l’ex-presidente del Consiglio Giuliano Amato, secondo cui serve “uno sforzo per la ricchezza di tutti”. “So che la patrimoniale è controversa -dice- ma resta una possibilità importante per la tenuta del Paese”. E non crede che le liberalizzazioni aiutino molto.

Economia, lavoro

La Stampa si occupa dei conti della Fiat, che “corrono con Chrysler”, ma anche del futuro dell’azienda in Italia. “Se il sistema Italia non ci aiuta trarremo le conseguenze”, avrebbe detto Sergio Marchionne, “confortato dal sostegno compatto del consiglio di amministrazione”, scrive il quotidiano. Marchionne ha confermato che la Panda verrà prodotta a Pomigliano, a prescindere da come procederà la vertenza e da quali saranno le motivazioni del tribunale, ma ribadisce che “la Fiat non riaprirà alcun confronto sul contratto di Pomigliano: non ci faremo minacciare, non ridiscutiamo niente”. “La Fiat prenderà le opportune decisioni se il sistema Italia non sosterrà i suoi progetti. Abbiamo un chiaro impegno in questo paese a dare un contributo di industrializzazione e modernizzazione, e non possiamo fare di più. Se il sistema non vuole questo, allora Fiat eserciterà le sue opzioni, ma non ci faremo coinvolgere in una continua rinegoziazione di questioni già decise e avviate”. “Sarebbe un peccato se il sistema ci portasse ad abbandonare”.
Su La Repubblica, alle pagine dell’economia, si parla della Ntv, la società Nuovo trasporto viaggiatori che fa capo a Luca Cordero di Montezemolo, che ha siglato con i sindacati un nuovo contratto di lavoro per i trasporti: i dipendenti potranno usufruire di previdenza integrativa, di un fondo di assistenza sanitaria, delle assicurazioni da infortuni professionali ed extraprofessionali, ottenendo tutela legale e da responsabile civile. I contratti saranno prevalentemente a tempo indeterminato, mentre le mansioni complementari prevedono il contratto di apprendistato, il contratto di lavoro a tempo determinato (per posizioni con picchi di stagionalità) e a tempo parziale. Le retribuzioni e gli avanzamenti di carrieri “saranno determinati da un mix tra merito e anzianità”, ha detto l’Ad Sciarrone. Previsti anche premi di risultato e di produttività. Orario di lavoro settimanale fissato in 38 ore, con un minimo di 32 e un massimo di 44.
Libero titola: “Il sorpasso di Luca sui contratti”. E sottolinea che il sistema “premiante” messo in piedi dopo mesi di contrattazione con i sindacati consentirà ad Ntv di avere quella flessibilità necessaria per assecondare le fasi iniziali della attività, garantire il servizio nei momenti di picco del traffico e aggiustare in corsa il tiro del nuovo trasporto. Una flessibilità che se da un lato gonfia di circa un quarto le retribuzioni, prevede un premio di risultato, individuale e di gruppo, un premio di produttività e un “superpremio” legato al miglior risultato economico rispetto alle stime. E poi un welfare aziendale, con una assistenza sanitaria che cresce con i dipendenti, quando arrivano matrimonio o figli.

Esteri

Su Europa si racconta che, a distanza da una settimana dalle dichiarazioni del ministro degli esteri francese Juppe sulla possibilità che Gheddafi restasse in Libia, ma rinunciando ai suoi poteri, anche da Londra arriva una presa di posizione simile: il ministro degli esteri Hague non considerà più l’esilio del colonnello come condicio sine qua non per le trattative, “qualsiasi cosa accada” – ha detto – “Gheddafi deve lasciare ed essere messo nelle condizioni di non minacciare più le vite dei civili o destabilizzare il Paese”. “La partenza del colonnello sarebbe il modo migliore per mostrare ai libici che non hanno più nulla da temere da lui, ma tocca soltanto a loro decidere il suo destino”. Al momento tutti i tentativi di mediazione sono falliti, mentre l’inviato Onu, Al Katib (ex ministro degli esteri giordano) continua a cercare un punto di possibile mediazione tra il regime e i ribelli: nei giorni scorsi al Palazzo di Vetro era circolato un piano che prevedeva una soluzione egiziana della crisi, con la formazione di un consiglio di transizione. Un comitato formato non da militari, come al Cairo, ma da membri delle due parti. Ma se i ribelli di Bengasi continuano a chiedere l’allontanamento di tutti i lealisti, è pur vero che il capo del consiglio nazionale transitorio si è detto d’accordo con le ipotesi franco-inglesi: “Gheddafi e la sua famiglia possono rimanere in Libia, ma ad alcune condizioni. Noi decideremo dove staranno e chi incontreranno”.

Su La Stampa un retroscena racconta anche delle missioni dei russi in Libia. Un arabista, esperto di relazioni internazionali ai tempi del Pcus, ed ex spin doctor di Eltsin, Mikhail Margelov, si è recato a Tripoli e, di passaggio in Italia, ha riferito in questi termini il suo incontro con il raiss: “Ha perso ogni contatto con la realtà”.

Sulla situazione del deficit Usa, su L’Unità viene intervistato l’ex consigliere di Clinton e politologo Benjamin Barber: “I repubblicani ostaggio del Tea Party. Ecco la minaccia vera”. Secondo Barber dice di ritenere che “all’ultimo si eviterà il default”, “le istituzioni finanziarie non lo permetteranno,i leader repubblicani dovranno finalmente prendere le distanze dal Tea Party. Ma la minaccia ella nuova estrema destra americana incomberà ancora sulla nostra democrazia. Non esagero. E credo che gli Stati Uniti attraversino il momento più delicato e pericoloso dal punto di vista sociale e politico dalla seconda guerra mondiale in poi. Abbiamo in Parlamento una cospicua minoranza di individui che non si riconoscono nei fondamenti della nostra democrazia, e demonizzano l’avversario politico”.

Su Il Riformista un reportage dal “Marocco che aspetta la primavera”, dove si spiega che il contagio tunisino è stato contenuto ma il movimento 20 febbraio non si rassegna e critica la nuova rivoluzione. Il movimento è trasversale, coinvolge un ampio schieramento che va dai marxisti leninisti agli islamisti: si riconoscono negli obiettivi di una piattaforma “che chiede una costituzione democratica, il dissolvimento dell’attuale governo e parlamento ma, soprattutto, lo scardinamento del ‘Makhzen’, ovvero il potere che governa il Paese dietro le quinte, gestito secondo logiche claniche e manovrando una organizzazione di servizi di intelligence e repressione.

Su L’Unità si riferisce della protesta degli “indignados” israeliani, che ha conquistato le piazze e le prime pagine dei giornali dopo le aperture dei Tg: sono protagonisti di una protesta sociale sostenuta dal 90 per cento dell’opinione pubblica. Protestano per il caro alloggi e la crisi sociale. Anche su La Stampa: “Gli indignados di Tel Aviv chiedono la testa del premier. Scoppia il malcontento sociale tra i giovani, Netanyahu a picco nei sondaggi”.

E poi

Gli attentati in Norvegia hanno rilanciato il dibattito sul multiculturalismo. Oggi il Corriere della Sera intervista la commissaria Ue agli Affari interni Cecilia Malmstrom, che dice: “Basta silenzi, i politici devono agire. C’è troppo odio contro gli immigrati”. E per la commissaria è imperativo spiegare i benefici del multiculturalismo. E dell’integrazione, “nella quale molti Paesi hanno fallito”.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)

 

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