Le aperture
Il Corriere della Sera: “Borsa e spread, torna la paura. Il differenziale con la Germania risale a 345 punti. Napolitano: basta giovani sfruttati. Male i titoli bancari, Piazza Affari perde il 3 per cento”.
La Stampa: “Borse giù, allarme recessione. I titoli bancari trascinano il listino di Milano a -3,3 per cento. L’Ocse: Pil italiano a -1,6 per cento. Lo spread risale a 345 punti. Passera: niente crescita per tutto il 2012. L’Ecofin: crisi, il contagio può tornare. Napolitano: basta giovani precari e sfruttati. Camera: scontro sulle spese pazze”. A centro pagina: “Spagna,la piazza non ferma il governo. Lo sciopero generale ha paralizzato il Pase, ma oggi arriva una nuova stangata”:
Libero: “La sobrietà non paga. Passera: recessione peggio del previsto. Lo spread risale. L’aumento delle tasse fa calare i consumi e quindi anche gli introiti fiscali: altra manovra in arrivo. Ma non è che i Prof sbagliano tutto?”.
La Repubblica: “Articolo 18, ecco come cambierà. La proposta del governo affida un ruolo decisivo al giudice. Passera: la recessione non è finita, bisogna agire ora. Napolitano: basta giovani sfruttati. Recuperati 13 miliardi dall’evasione”. A centro pagina la “paura nelle Borse, e lo spread risale”. In prima anche un richiamo al tentato suicidio di un operaio: “Si dà fuoco, era da 4 mesi senza stipendio”.
Il Giornale: “Effetto Monti: roghi umani. Senza stipendio da 4 mesi, un operaio si dà fuoco”, “un altro lavoratore fa il bonzo”. “E gli artigiani ci scrivono: ‘Siamo al collasso, aiutateci'”. E poi: “Intanto sale lo spread e scende la Borsa: sarà recessione tutto l’anno”. A centro pagina una “lettera di Feltri a Emilio Fede. Il giornalista commosso saluta i telespettatori”.
Il Fatto quotidiano: “I lavoratori si bruciano. Piccoli imprenditori e operai tartassati dal fisco e dalle banche, travolti dalla crisi: si allunga la lista di quelli che si tolgono la vita. Dramma senza precedenti soprattutto nel Nord Italia”.
Monti
Ieri le parole del nostro Presidente del Consiglio pronunciate in Giappone e relative alla popolarità dei partiti, avevano suscitato polemiche. Oggi è lo stesso Monti a spiegare, in una lettera al Corriere: “Sono molto rammaricato, tanto più che quelle considerazioni, espresse nel corso di un lungo intervento in inglese, avevano l’obiettivo opposto a quello che – fuori dal contesto – è stato loro attribuito. Volevano infatti sottolineare che – pur in una fase difficile – le forze politiche italiane si dimostrano vitali e capaci di guardare all’interesse del Paese”. Monti spiega che ha tenuto conto del dubbio dei possibili investitori esteri sulla “portata riformatrice” del governo: si chiedono se verrà mantenuta o verrà diluita. Il dubbio è cioé che il nuovo corso possa essere abbandonato quando, dopo le elezioni parlamentari, torneranno governi politici, per cui la fase attuale verrà considerata come una parentesi degna forse di qualche investimento finanziario a breve termine. Se da qualche mese l’Italia ha imboccato risolutamente la via delle riforme – ha detto Monti – lo si deve infatti al governo, ma in larga parte al senso di responsabilità delle forze politiche.
La Repubblica torna sulla questione dei licenziamenti per motivi economici e scrive che saranno i giudici a dover stabilire se mascherano discriminazioni. Si tratterebbe di una ipotesi su cui starebbero lavorando gli esperti dei ministeri di giustizia e lavoro. Nel documento approvato dal governo era il lavoratore a dover dimostrare di esser stato discriminato, mentre il giudice non era tenuto ad esprimersi su questo punto.
Ieri in Spagna uno sciopero generale ha paralizzato il Paese: 24 ore di stop contro la riforma del mercato del lavoro. Un indubbio successo – scrive La Stampa – per le due organizzazioni convocanti, i sindacati CCOO (filocomunista) e il filosocialista UGT. Ma secondo il quotidiano non produrrà effetti politici. L’esecutivo dei popolari del centrodestra di Rajoy ha la maggioranza assoluta ed ha risposto che tira dritto per la sua strada. Lo scontro sociale, però, minaccia di inasprirsi. Oggi arriva infatti la Finanziaria 2012 e la stangata è stata calcolata in altri 30 miliardi, il doppio della prima risalente a dicembre: saranno congelati i salari pubblici, i budget dei ministeri si ridurranno del 15 per cento. I sindacati spagnoli sono scesi in piazza contro la riforma che – come scrive Il Sole – dimezza le indennità di licenziamento, in un Paese in cui il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 23 per cento. Una articolata analisi dei meccanismi che regolano la materia dei licenziamenti e degli indennizzi in Spagna si trova sul quotidiano.
E al Sole restiamo per segnalare una intervista al premier greco Lucas Papademos, che difende gli sforzi fatti da Atene per evitare un terzo salvataggio, spiega perché hanno avuto dei limiti, come il caso dell’evasione fiscale (“Risultati limitati in parte a causa di una contrazione dell’economia più forte del previsto”), si dice convinto che oltre il 70 per cento dei greci voglia restare nella zona Euro, critica “il continuo scetticismo sulla nostra capacità di rispettare gli impegni e l’eccessiva enfasi sui rischi dopo che il Paese ha già fatto molto per stabilizzare e riformare l’economia”, poiché questo “non aiuta e mantiene elevata l’incertezza” pesando “sulla fiducia”.
Internazionale
Nel giorno in cui l’assassino di Tolosa, Mehad Merah, viene seppellito, la Francia – scrive il Corriere – stringe i controlli sulle influenze islamiste: 6 predicatori radicali che dal 6 al 9 aprile avrebbero dovuto parlare al Congresso dell’UOIF, l’Organizzazione vicina ai Fratelli Musulmani, sono stati dichiarati indesiderabili e non entreranno nel Paese. I ministri Claude Guéant ed Alain Juppé si sono poi rammaricati che sia stato invitato anche Tariq Ramadan. Il filosofo ginevrino ha tenuto un discorso a Londra e stasera a Parigi è comunque prevista una sua conferenza sul tema “il ruolo del musulmano nella società occidentale”. Nel manifesto si fa sapere che è disponibile anche una sala per le donne. Il quotidiano scrive che i predicatori respinti ieri sono 4 figure di primo piano dell’insegnamento del Corano: Sarkozy si era già rivolto all’Emiro del Qatar perché impedisse l’arrivo di Yussef El Qaradawi, stella della tv Al Jazeera, e si è espresso anche contro il predicatore egiziano Mahmud Al Masri. “Dobbiamo chiudere le frontiere alle persone che pronunciano parole non compatibili con l’ideale repubblicano”, ha detto Sarkozy. Al Qaradawi non parlerà quindi al Congresso dell’UOIF, che l’anno scorso ha boicottato le elezioni del consiglio francese del culto musulmano e che per questo non ha più rappresentanti nella istituzioni, che funziona come interlocutore ufficiale dello Stato. Ramadan ha preso le difese di Al Qaradawi e delgi altri respinti: il governo francese cade nelle generalizzazioni e associa dei sapienti musulmani di fama mondiale alle derive estremiste e violente dei gruppuscoli.
Sullo stesso quotidiano alla pagina delle opinioni, una analisi di Massimo Nava racconta la Francia di questi giorni, all’indomani della strage di Tolosa e in piena campagna per le presidenziali: “Per quanto controverso e protagonista di ambigue provocazioni culturali, Ramadan è un intellettuale di forte notorietà che ha dedicato molti studi al complesso rapporto tra Islam e occidente”, non merita l’ostracismo di un Paese che si considera patria dei diritti. L’autore riferisce dell’aumento della diffidenza nei confronti dei musulmani in Francia, la percezione che costituiscano comunità separate. Si diffondono pregiudizi e stereotipi, anche grazie al Front National di Marine Le Pen, che impone continui aggiustamenti di rotta al Presidente Sarkozy: “Si demonizza il Front, ma si normalizzano le sue tesi”, aveva detto nei giorni scorsi proprio Ramadan. Il pericolo è la deriva identitaria di una generazione che non si sente né francese né musulmana, ma semplicemente contro.
La Repubblica e il Fatto quotidiano si occupano di Jean-Luc Mélenchon, candidato antisistema (così lo definisce La Repubblica) delle presidenziali in Francia. Trotskista, poi socialista, leader dell’ala sinistra del Partito, è stato leader del no alla Costituzione europea ed ha lasciato il Ps nel 2008 per creare il suo Front de gauche. E’ diventato il terzo uomo della corsa all’Eliseo, lo sostiene anche il Pcf. Programma: 100 miliardi di tasse supplementari per ricchi e imprese, tassazione del 100 per cento di tutti i redditi superiori a 360 mila euro, salario minimo a 1700, pensione a sessanta anni, posto di lavoro garantito a vita. Ha superato il 10 per cento nei consensi secondo i sondaggi. Secondo Il Fatto (che riferisce del successo ottenuto in termini di presenze di migliaia di persone alle sue manifestazioni) l’obiettivo di Mélenchon non è l’Eliseo, ma il Front National di Marine Le Pen. Ha scelto quell’elettorato come terreno di caccia, i poveri di soldi e di spirito, gliincazzati con l’elite, i perdent della mondializzazione, i disoccupati e gli operai che da anni votano Le Pen anche con la tessera del sindacato CGT in tasca.
Vuole voti per umiliare la Le Pen e condizionare la linea dei socialisti di Hollande
Anche oggi il Corriere torna ad occuparsi del quarto summit dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sud Africa). Si è tenuto a New Delhi, i 5 hanno chiarito che non aiuteranno l’Ue ad uscire dalla sua crisi aumentando il capitale del Fondo Monetario Internazionale se in cambio gli occidentali non garantiranno loro più potere nel sistema di governo del Fondo stesso. Considerano la gestione della crisi finanziaria da parte di America ed Europa pessima, sottolineano che ha provocato uno “tsunami monetario”, e per questo si deve riconoscere loro un ruolo nel governo del sistema economico-finanziario globale.
Anche su Il Sole 24 Ore. “I Brics accusano l’occidente. Nessun nuovo contributo all’FMI senza la riforma delle quote (e dunque dei diritti di voto).
Ai Paesi avanzati hanno detto che è necessario “adottare politiche finanziarie ed economiche responsabili”, “evitare di generare eccessi di liquidità”, e “intraprendere riforme strutturali in grado di creare crescita ed occupazione”. Sotto accusa l’eccessiva liquidità, “generata dalle politiche aggressive” varate da Fed e Bce per stabilizzare le economie: essa “si è riversata sui mercati dei Paesi emergenti, causando una volatilità eccessiva dei flussi di capitale dei prezzi delle commodities (petrolio, metalli ndr).
Lo stesso quotidiano in una analisi sottolinea che i Brics hanno però perso una occasione per coalizzarsi e proporre un candidato comune alla Banca Mondiale e dare il via alla annunciata Banca comune per lo sviluppo.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini