NEL DECENNALE DELL’ATTENTATO. Obama e Bush a Ground Zero, “non abbiamo più paura”

Le aperture

Le prime pagine dei quotidiani sono dedicate essenzialmente alle celebrazioni dei dieci anni dall’11 settembre 2001 e alla decisione del presidente del Consiglio Berlusconi di recarsi a Bruxelles e Strasburgo per incontri con i vertici europei, anziché incontrare i magistrati di Napoli che indagano sul presunto ricatto ai suoi danni da parte di Giampaolo Tarantini.

La Stampa, con foto dalle celebrazioni di Ground Zero: “‘E’ il giorno della rinascita’. Dall’incubo alla riscossa Usa. Ma la folla applaude Bush più di Obama”. Di spalla: “Berlusconi: non scappo dai pm”, “‘se non avessi deciso di andare in Europa avrebbero detto che trascuravo la crisi'”.

Corriere della Sera: “Obama: ‘non abbiamo più paura’”, “Il Presidente incoraggia l’America nel ricordo delle vittime dell’11 settembre 2001”, “A Ground Zero applausi per Bush: reagimmo con giustizia”. A centro pagina: “Berlusconi e il viaggio europeo: ‘Vado per il bene del Paese, la crisi conta più dei magistrati'”, “Il premier: la manovra del governo ha salvato l’Italia”.

La Repubblica: “America, il dolore e la speranza”, “Obama e Bush a Ground Zero per l’11 settembre”: ‘Più uniti e più forti'”, “In migliaia a New York, tra preghiere e canzoni, per ricordare l’attacco alle Torri Gemelle di dieci anni fa. Messaggio di Napolitano: guardiamo avanti”. In taglio basso: “Fini liquida Berlusconi: il suo regno è finito”, “L’ira del Cavaliere: su di me falsità, con la manovra ho salvato l’Italia. Oggi il ‘verdetto’ dei mercati”.

Il Giornale ha in prima le foto di Gianfranco Fini e di Michele Santoro, sotto il titolo: “Se queste sono vittime”, “Finti martiri”. E si spiega: “Il milionario Satoro chiede 10 euro per tornare in tv”, “Fini pontifica ma non si dimette. Lo fischiano pure i suoi”.
In taglio basso, Ground Zero dieci anni dopo: “Toh, l’America di Obama ha applausi soltanto per il ‘guerriero’ Bush”.

L’Unità punta sull’apertura dell’anno scolastico: “Per chi suona la campanella”, “Oggi riaprono le scuole. Tagli, classi sovraffollate, buchi negli organici: un inizio con troppi ostacoli”. E sotto la testata: “Berlusconi imbarazzo europeo”. In tre piccoli capitoli, le ragioni: “Salta l’incontro con Buzek” (il presidente dell’europarlamento, ndr.), “Il presidente del Parlamento fa sapere: visita impossibile”;  “Crescita, veti e contrasti. Tremonti convoca un vertice ma nel governo tutti divisi”; “Il Papa tra gli operai: ‘Vi danno pietre e non pane. Basta precariato, serve lavoro”. In taglio basso: “11 settembre. Obama e Bush a Ground Zero ‘Siamo più forti'”.

Politica internazionale

Inizia oggi il tour diplomatico del primo ministro turco Erdogan in Medio Oriente. Se ne occupa La Stampa: “Erdogan parte alla conquista del Medio Oriente”. E’ “il viaggio della consacrazione” che alcuni hanno già battezzato “il tour della primavera araba”, e che in quattro giorni toccherà Egitto, Tunisia, Libia. Tre Paesi che nel giro di otto mesi hanno rovesciato regimi decennali, uno scossone che Ankara tenta di sfruttare a suo favore, proponendosi come Paese di riferimento delle nuove classi dirigenti. Il viaggio arriva a pochi giorni dalla rottura con Israele, e a poche ore dall’attacco all’ambasciata israeliana al Cairo. E’ proprio al Cairo atterra oggi Erdogan, che terrà un discorso all’Università della capitale. Due le finalità del viaggio: mostrarsi di persona a Paesi che hanno nei mesi scorsi più volte invocato la Turchia, stato musulmano ma laico, come modello per tutto il Medio Oriente, e consolidare o aumentare la presenza economica e commerciale in questi tre Paesi, dove gli equilibri politici sono radicalmente cambiati. Sullo stesso quotidiano, si interpella lo storico israeliano Benny Morris, che legge gli ultimi avvenimenti (l’attacco all’ambasciata di Israele, le rivolte, l’arrivo di Erdogan). Per Morris la primavera araba ha accelerato il processo di crescita di correnti islamiste e antisemite ed il risultato di quella che preferisce chiamare “rivolta araba” anziché “primavera araba” sarà la presa del potere da parte degli islamisti, a cominciare dall’Egitto, fino ad oggi il principale partner di Israele. Questa rivolta araba “sarà l’inverno dell’Occidente” e “lo Stato ebraico è solo il primo bersaglio”, poiché vi è un odio diffuso degli arabi verso tutto l’Occidente. Ma a piazza Tahrir c’erano giovani liberal, si chiede a Morris. “E’ vero, i liberali hanno guidato le rivolte di Tunisi e del Cairo, ma in entrambi i casi si tratta di una minoranza”.
Per Morris presto verrà archiviato l’accordo di Camp David.
Su La Repubblica ci si sofferma proprio sull’accordo di pace del 1979 tra Israele ed Egitto, partendo dalla descrizione dell’assalto all’ambasciata israeliana di questi giorni. Scrive il quotidiano che giunta militare e governo egiziano continuano a ripetere che quell’accordo non è in discussione, ma coloro che rappresentano al momento la forza politica meglio organizzata e popolare in Egitto, i Fratelli Musulmani, ieri hanno emesso un comunicato che addita quell’accordo di pace come non più realistico. Il “partito della libertà e della giustizia”, ovvero l’emanazione politica dei Fratelli Musulmani, ha chiesto che sia fatta una “seria revisione delle relazioni con Israele”, fermata la vendita del gas.
Anche sul Corriere della Sera, spazio per la visita del primo ministro turco, che viene presentata così: “Erdogan al Cairo. Un nuovo asse per isolare Israele, ma il governo egiziano resta cauto”. Secondo il Corriere il primo suggerimento che Erdogan darà sarà di mollare definitivamente gli israeliani. Interpellato, l’ex ambasciatore israeliano in Turchia, Alon Liel, punta l’attenzione sugli interessi concreti della Turchia, sottolineando che il Paese ha appena perso due alleati strategici come l’Iran e la Siria, ed ha fretta di trovarsene un altro nella regione. All’Egitto può offrire tanti soldi e subito, senza passare per il ricatto economico degli americani. E, intanto, se strilla contro Israele, diventa un eroe delle masse arabe: disinnesca i musulmani radicali, che sotto sotto teme, e costruisce un’area di islamismo politico più soft.

Sul Corriere segnaliamo due diversi punti di vista, nell’analisi del dopo 11 settembre, dei dieci anni trascorsi e della politica degli anni di Bush. Il politologo Joseph Nye, teorico del soft power, dice: “Due guerre – una delle quali sicuramente non necessaria – che, insieme alla scriteriata politica di sgravi fiscali decisa da Bush durante il suo mandato presidenziale, hanno aperto una voragine di debiti diventata, con l’amplificazione prodotta dalla crisi finanziaria del 2008, la palla al piede degli Usa. E un’attenzione comprensibilmente – me esasperatamente concentrata sui rapporti con il mondo islamico – con la conseguenza di trascurare per un intero decennio la vera sfida: quella con la Cina”. Cristopher Hitchens, sulla stessa pagina, torna sui “tentativi di intorbidare le acque” sulla matrice e le origini degli attentati ai danni dell’America, per il “desiderio perverso” di affermare che “l’attacco era meritato, o storicamente giustificato, per i molti crimini della politica estera americana”.
Su La Repubblica una analisi sul terrorismo di Renzo Guolo: “Il primo anniversario senza Osama. Ma Al Qaeda è sconfitta da tempo”.
Per Il Giornale la cerimonia a Ground Zero ha dimostrato che “l’America sta con Bush”, che si è preso una rivincita dieci anni dopo: “Il guerriero oscura Obama. Applausi per l’ex presidente, silenzi per il leader in carica”, racconta l’inviato.

Politica e giustizia

Il procuratore della Repubblica di Napoli Giandomenico Lepore viene intervistato dal Corriere della Sera. Gli viene chiesto un commento sulla decisione di Berlusconi di dare la precedenza agli incontri con i vertici istitruzionali Ue, rispetto alla testimonianza che avrebbe dovuto rendere nell’ambito dell’inchiesta per estorsione che lo vedrebbe vittima dei ricatti di Tarantini & Co.
Riuscirete ad interrogare Berlusconi? “Nel nostro processo è parte lesa, io penso sia un suo interesse fornirci la sua versione dei fatti”, dice Lepore. E aggiunge: “Del resto era stato lui ad indicarci la data del 13 settmebre”.
State trattando con l’avvocato Nicolò Ghedini? Lepore dice di avergli chiesto di inviare la rinuncia per iscritto e di “indicarci contestualmente una nuova data”. “Se questo non accadrà, stileremo noi una ‘rosa’ di giorni”, dice, sottolinenado che “i tempi sono molto stretti”. Perché dalla deposizione del presidente del Consiglio dipendono molte circostanze dell’inchiesta: “la più importante riguarda il destino di due persone che sono attualmente detenute per estorsione”. E poi, sottolinea Lepore, gli avvocati hanno evocato una questione di competenza del tribunale e su questo bisogna decidere: “prima di farlo riteniamo però indispensabile conoscere la versione dei fatti del presidente che, lo ripeto, è la parte lesa a meno che non fornisca elementi che delineano una diversa ricostruzione su quanto è accaduto”.
Il Giornale racconta della “telefonata nascosta per incastrare il Cav”, e spiega: “I pm di Napoli non hanno depositato l’intercettazione tra Berlusconi e Lavitola che dimostra che non c’è estorsione”. Oltre alla frase “resta dove sei” rivolta a Lavitola, il premier avrebbe anche detto “ho aiutato una persona e una famiglia con bambini che si trovava e si trova in gravissime difficoltà economiche”. E’ quello che confermano anche Tarantini e la moglie, che giurano “che il premier ha prestato loro mezzo milione di Euro per riprendersi dalla sciagura finanziaria che li aveva travolti”. “Perché quella intercettazione non è stata depositata?”, chiede il quotridiano? “Dove si è mai vista la vittima di una estorsione che difende il suo taglieggiatore?”.
La Stampa racconta “lo sfogo del Cavaliere: ‘Sul viaggio in Europa tutte menzogne'”. Dove si descrive un Berlusconi “rammaricato” – ma è un eufemismo – per come i giornali hanno presentato la sua trasferta a Bruxelles ed a Strasburgo: “‘Io vado dai leader europei in un momento difficile a spiegare la manovra – avrebbe detto il premier – a chiarire che abbiamo rispettato per filo e per segno tutte le richieste della Bce, a riparare i danni che un certo modo di fare opposizione ha causato al nostro Paese. E cosa leggo invece? Che gli incontri con Van Rompuy e con Barroso sono tutta una messinscena per non farmi interrogare.
Secondo La Stampa, peraltro, Berlusconi non è affatto convinto che sia giusto sedersi in veste di testimone a Napoli, poiché sussistono “seri dubbi” sulla reale competenza territoriale della procura partenopea, come dice l’avvocato Ghedini, visto che gli eventi in oggetto si sarebbero svolti ovunque tranne che all’ombra del Vesuvio.

Su La Repubblica un retroscena spiega come i fedelissimi Gianni Letta e Fedele Confalonieri spingano il premier ad elaborare una “exit strategy”. Ovvero la necessità di un “passo indietro” che aleggerebbe ormai in gran parte della maggioranza.

Il Giornale si occupa anche del discorso che ha tenuto ieri il leader Fli e presidente della Camera Fini, ieri, alla festa della sua formazione: “Si lagna ma non molla: Fini fischiato dal Fli. Il Presidente della Camera non scalda la festa tricolore e colleziona dei ‘buuh’ all’annuncio che non lascerà la poltrona”. La Stampa lo descrive come un leader in difficoltà e titola: “Dimissioni del premier? Il popolo del Fli invoca anche quelle di Fini. Pubblico dimezzato rispetto all’adunata di un anno fa”.
Su La Repubblica si evidenzia invece, del discorso di Fini, la dichiarazione seguente: “L’Italia ha bisogno di un nuovo premier”. E poi: “Fini: sì al referendum elettorale. Ma sul mancato addio alla Camera delude il Fli”.

Da segnalare oggi anche una nuova dichiarazione di Filippo Penati. Scrive L’Unità: “Serravalle, Penati accusa: ricostruzioni false e parziali”. Con un comunicato stampa l’ex presidente della provincia di Milano ha affermato che le ricostruzioni secondo cui nell’aprile del 2005 ci sarebbero state delle riunioni per stabilire il sovraprezzo delle quote azionarie acquistate dalla Provincia. “Di queste riunioni non ho mai saputo e non so nulla, anche perché in quei giorni era ancora lontana anche la sola ipotesi di acquisto delle azioni”.

E poi

L’Unità offre ai lettori la prefazione scritta da Tullio De Mauro ad un volume di Vinicio Ongini dedicato alla scuola multiculturale in Italia: “Noi domani: un viaggio nella scuola multiculturale”, edito da Laterza.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini) 

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