Nasce il governo Monti: Interni, Lavoro e Giustizia, ruoli al femminile

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Monti al Quirinale per il nuovo governo. Trattative fino all’ultimo, il premier incaricato va dal capo dello Stato oggi alle 11. ‘Le parti sociali disponibili a sacrifici'”. A centro pagina le notizie sull’andamento dei mercati: “I tassi dei Btp superano il 7 per cento. Sotto attacco Francia e Spagna”.

Il Sole 24 Ore: “Vola lo spread italiano, Francia e Spagna record. Attacco all’Eurozona: il differenziale Btp-Bund a 534 punti, Milano perde l’108 per cento. Pressione sui titoli di Parigi e Madrid”. Il titolo più grande è per il governo in costituzione: “Ora le riforme. Il Colle spinge per l’ingresso dei politici ma su Letta e Amato pesano i no dei partiti

Il Foglio: “Spread, la grande menzogna è saltata”.

La Repubblica: “Nasce il governo Monti: ‘Ora sacrifici’. Oggi alle 11 il senatore da Napolitano per sciogliere la riserva. Proposta shock del Pdl: Mazzella alla Giustizia. Manovra con patrimoniale light e riforma delle pensioni”. A centro pagina: “New York, la polizia carica Occupy Wall Street”.

Le immagini dallo sgombero di Zuccotti Park a New York sono anche sulla prima pagina de La Stampa, che – come gli altri quotidiani – dedica il titolo più grande a Monti, ed aggiunge notizie sulla ex maggioranza: “Maroni: sancita la rottura tra Lega e Pdl”.

Il Giornale: “Non può durare molto. Il professore oggi annuncia la squadra. Il programma non esiste: in vista c’è già il fallimento. Berlusconi e il Pdl al neopremier: ‘Mai patrimoniale e Ici”. In evidenza sul quotidiano di Sallusti anche le parole di ieri di Italo Bocchino che, intervistato dal Corriere della Sera, aveva ipotizzato una candidatura di Monti alla premiership di una alleanza Terzo Polo-Pd: “Per una volta Bocchino dice la verità: ‘Monti guiderà il centrosinistra’”.

Libero: “Cominciamo male. Solo oggi il governo. Mentre i nostri titoli di Stato vengono massacrati, Monti perde un’altra giornata in inutili consultazioni. Forse non ha capito: è stato scelto per fare il tecnico, non il democristiano”.

Bce

Su La Repubblica un forum con sette esperti, con una unica ricetta anticrisi, affinché la Bce diventi l’ultima arma salva-Stati: la Bce, cioé, deve diventare l’erogatore del credito ai governi di Eurolandia. E gli economisti che invocano questa soluzione sono: Paul Krugman, Joseph Stiglitz, Noureiel Roubini, Rainer Masera, tra gli altri.

Su Il Foglio l’editoriale, firmato da Giuliano Ferrara, consiste in una “proposta”: Fiducia a Monti solo se dice di no a una Bce tedesca. Ferrara scrive: “Berlusconi e Bersani si incontrino direttamente, invece di delegare ai loro portaparola future nebbiose mediazioni, e dicano con chiarezza che questo governo può nascere, può ottenere la fiducia in Parlamento, solo e soltanto se il primo punto delle sue dichiarazioni programmatiche sarà che l’Italia chiede perentoriamente con un calendario sicuro e ravvicinato la trasformazione immediata della Banca centrale europea in prestatore di ultima istanza. E’ la soluzione di emergenza consigliata dai campioni della scienza economica mondiale, dai Paul Krugman e dagli Adam Posen, e da molto altri. E’ la soluzione americana, inglese, che non ha una matrice liberista, per dirla nel linguaggio ideologico caro agli stolti, ma keynesiana. E’ la soluzione unica, di buon senso, che può prevalere sull’attacco congiunto dei mercati speculativi a un debito sovrano che è perfettamente solvibile nel caso dell’Italia e della Francia, ma che paga il prezzo tedesco di una moneta tedesca in cui il debito è espresso, costretta nella prigione della paura di Weimar e dell’inflazione, il mostro inesistente.

Monti

Il problema principale su cui si è arenato ieri il Presidente del Consiglio incaricato Monti è la formazione di una squadra che sia tutta tecnica o tecnico-politica, poiché c’è stata resistenza sull’ingresso possibile di Gianni Letta e di Giuliano Amato. Monti vorrebbe – spiega il Corriere – affiancare ai tecnici un paio di politici di alto rango, in rappresentanza delle due forze maggiori, ovvero Pdl e Pd, con l’obiettivo di ancorarle ad un impegno parlamentare non provvisorio ed inaugurare una fase di dialogo.
Spiega la Repubblica che il veto del Pd su Gianni Letta è rimasto insormontabile. Quando Monti ha annunciato di voler chiamare Giuliano Amato alla Farnesina, aveva considerato necessario anche inserire Gianni Letta nella squadra. Spiegava Casini: “Amato gli serve. Mettere agli Esteri un diplomatico, sia pure di prestigio”, lascia Monti “scoperto sul piano politico”, perché quando vai ad incontrare uno come Juppé, il ministro degli Esteri francese, che è stato primo ministro, “serve un altro personaggio di caratura simile”. L’argomento, però, non fa breccia in casa Pd, visto che Bersani dice: “Amato va bene”, “ma non può essere messo in carico a noi, non si può usare Amato come il bilancino” e comunque è meglio non inserire politici. Poco dopo, dalla delegazione Pdl, Monti si sente fare questo discorso: “con Amato il suo governo sarebbe troppo sbilanciato a sinistra. O convince il Pd su Letta oppure niente”. E ancora La Repubblica riferisce della spiegazione di Bersani allo stesso Gianni Letta: non c’è niente di personale. Il Corriere intervista il leader dell’Api Francesco Rutelli, molto critico sui veti posti a Mario Monti: “partirei dall’appoggio, come dire, obliquo, di Di Pietro. Un appoggio in realtà minaccioso, con veto su Gianni Letta. E l’atteggiamento del Pd è preoccupante”, “una parte del Pd potrebbe trincerarsi dietro Di Pietro, inseguendo tre risultati in un colpo solo: Berlusconi allontanato dalla scena, Monti che svolge il lavoro più difficile, elezioni anticipate senza passare per le primarie”. Per Rutelli di Letta ce ne vorrebbero tre, nel governo Monti: Gianni, Enrico (vicesegretario Pd) e un Letta espressione del Terzo Polo. Fabrizio Rondolino, su Il Giornale, scrive che il problema principale per il Pd è il Quirinale, visto che Napolitano è il più robusto e intransigente sostenitore del governo Monti: e il governo Monti, visto dalla sede del Pd, ha tre caratteristiche: allontana le elezioni date già per vinte, archivia la candidatura di Bersani a Palazzo Chigi e, soprattutto, prima o poi “manderà in frantumi l’alleanza già traballante con Vendola e Di Pietro”. E il quotidiano sottolinea “l’irritazione del Colle per il veto di Bersani sul nome di Gianni Letta e per la deriva massimalista del partito”, perché Napolitano “vuole ridar fiato a moderati e riformisti”.
Anche per La Stampa il veto su Letta da parte Pd è spiegato dal tentativo di Bersani di tenere unita l’alleanza con Di Pietro e Vendola.

Internazionale

Scrive La Stampa che crescono le tensioni con la Turchia nel regime siriano del Presidente Assad , fino a pochi mesi fa uno dei principali alleati di Damasco. Ieri il Primo ministro Erdogan ha chiesto in diretta televisiva ad Assad chiarimenti sull’assalto alle sedi diplomatiche dello scorso fine settimana, accusandolo anche di portare il Paese alla guerra civile. Il ministro dell’energia turco ha minacciato l’interruzione della fornitura di elettricità da parte turca, spiegando che l’esplorazione congiunta di sei pozzi di petrolio è già stata interrotta. La Turchia è diventata il Paese più esposto per trovare una soluzione finale alla crisi: da giorni Ankara preme per la creazione di una zona cuscinetto sul confine siriano e oggi, ai Ministri della Lega Araba che si riuniscono a Rabat, la Turchia proporrà ancora sanzioni contro Damasco.
La Repubblica si interroga su quale sia il peso reale delle sanzioni, poiché la quota di elettricità fornita da Ankara a Damasco non sarebbe tale da incidere significativamente sul funzionamento delle infrastrutture. Peraltro la Turchia al momento non rinuncia agli scambi commerciali con la Siria, il cui valore ammonta ad oltre due miliardi di dollari.

E poi

Ieri Napolitano ha ricevuto la Nazionale di calcio italiana. Ma anche i “nuovi italiani”, nell’ambito delle cerimonie per il 150 anniversario dell’Unità d’Italia, e Mario Balotelli si è commosso nel momento in cui il Presidente ha chiesto più comprensione per “i bambini nati in Italia che fino ai 18 anni si trovano privi della cittadinanza di un Paese al quale ritengono di appartenere, e se ne dispiacciono, se ne meravigliano, perché si sentono italiani come i loro coetanei. Se ne occupa, su La Repubblica, Miguel Gotor, in una analisi dal titolo “Le lacrime di Balotelli”. Scrive Gotor che Napolitano ha sottolineato “una semplice verità: i nati in Italia, ancora giuridicamente stranieri, sono oltre mezzo milione, e quasi un milione i minori stranieri residenti, di cui 700 mila sono educati nelle nostre scuole, privi di cittadinanza, dunque di diritti e di doveri riconosciuti”. Sono i figli dei movimenti migratori degli ultimi 20 anni, i fortunati che ce l’hanno fatta, quelli che non sono annegati nel mare che separa l’Italia dall’Africa. Scrive ancora Gotor che nelle ore in cui “un troppo zelante magistrato di Torino impedisce a una interprete di svolgere la propria funzione perché ha il capo (non il volto!) coperto da un velo, e il Presidente dello stesso tribunale è costretto a ricordargli che “nessun magistrato ha mai chiesto a una suora di togliersi il velo o a un ebreo ortodosso la kippah'”, è giunto il tempo di affrontare un tema che il governo di questi anni, condizionato dalle spinte populiste e razziste della Lega ha preferito mettere sotto il tappeto. Gotor sottolinea il ruolo economico propulsivo svolto dagli immigrati, ai genitori di figli nati in Italia da stranieri che pagano le tasse in Italia: nei giorni in cui si forma un nuovo governo, sarebbe necessario affrontare finalmente il tema della riforma della cittadinanza.
Tanto sul Corriere che su La Repubblica viene recensito il libro a cura di Tommaso Munari, dedicato agli incontri che il mercoledì si tenevano alla casa editrice Einaudi tra i cosiddetti ‘senatori’ (da Vittorini alla Ginzburg, da Calvino allo stesso Einaudi): rifiuti, liti e confronti, i verbali che svelano un’egemonia culturale, quella di Botteghe Oscure (dal rifiuto iniziale a “Se questo è un uomo” di Primo Levi agli attacchi del Pci contro “Il fiore del verso russo” di Renato Poggioli.
Anche il Corriere racconta “la regia di Giulio per moderare le diverse anime”, e il “tentativo di Vittorini, Bobbio e Felice Balbo per sottrarsi alla morsa del Partito comunista”. Tra i grandi autori contestati anche la Pivano e la Yourcenar di “Memorie di Adriano”.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini

redazione grey-panthers:
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