Le aperture
Il titolo più grande: “Europa ancora divisa su Putin”. “La Francia spinge per una linea più morbida verso il Cremlino, la Germania tiene duro sulle sanzioni”. E poi: “Conti pubblici, il vertice Ue rinvia la decisione sulla flessibilità legata agli investimenti”.
“Esito modesto di un semestre” è il titolo del commento di Danilo Taino.
A centro pagina, con foto, la scomparsa di Virna Lisi. E poi: “Resa della Sony. Sospeso il film su Kim Jong-un”. “Hacker in azione, l’ira di Hollywood”.
A fondo pagina: “Gli ovuli umani diventano brevettabili. Sentenza della Corte Europea: purché non fecondati, saranno usati per la ricerca”.
La Repubblica, in apertura a sinistra: “Napolitano: ‘Dimissioni imminenti’”, “Renzi: niente intoppi sulla successione. Grillo: il presidente dovrebbe costituirsi”.
In grande evidenza, ancora il disgelo Usa-Cuba, con una foto delle folla gioiosa all’Avana per l’arrivo delle spie cubane liberate dopo l’accordo: “’Raùl Castro andrà da Obama’. Tutti i segreti della trattativa”, dell’inviato Daniele Mastrogiacomo.
A centro pagina: “Ecco gli italiani della jihad, ‘In quaranta militano nell’Is”.
Nella colonna a destra: “La tentazione dell’Europa: ‘Basta sanzioni allo zar Putin”.
La “storia” raccontata in prima: “Holliwood si arrende al dittatore Kim”, sul ritiro della pellicola “The Interview”, dedicata al dittatore nord coreano.
In taglio basso, la morte di Virna Lisi: “Virna Lisi, l’eleganza dell’età”.
La Stampa: “Napolitano: dimissioni imminenti. Renzi sicuro: troveremo un’intesa”, “Europa, sì al piano Juncker, apertura sulla flessibilità. ‘Fiducia nel vostro premier’”.
Nella colonna a destra, foto da Cuba, con scene di euforia dopo l’accordo con gli Usa :”All’Avana in festa tra parate e accuse di tradimento”, dell’inviato Paolo Mastrolilli.
“’E ora arrivano i sigari’. Il disgelo è anche questo”, scrive Gianni Riotta: “A New York si attende la legalizzazione di quelli di qualità, oggi contrabbandati”.
Un richiamo in prima anche per il discorso di fine anno del presidente russo: “Russia, anche Putin ammette la crisi”, di Cesare Martinetti.
A centro pagina, foto di Virna Lisi: “Si è spento il sorriso degli Anni 60”.
Il Fatto: “Re Giorgio: ‘Me ne vado’. Lascia l’Italia nei casini”, “Dopo settimane di melina, Napolitano rompe gli indugi: ‘Le mie dimissioni sono imminenti’. La data è prevista dopo il 13 gennaio, con la chiusura del semestre europeo a guida Renzi. Venti mesi dopo la sua rielezione, politica e istituzioni nel caos. Traballano Italicum e riforma del Senato. E l’elezione del successore è a rischio Vietnam”.
In evidenza anche le dichiarazioni del leader M5S: “Grillo attacca: ‘Non si dimetta, si costituisca’”, “Il leader M5S: ‘Serve un presidente fuori dalla politica’. E in un’intervista scarica Prodi: ‘Non lo votiamo’”.
In taglio basso, la nomina del procuratore di Palermo: “Palermo, pm furiosi. Ricorsi contro Lo Voi”, “Gli esclusi Lari e Lo Forte si rivolgono al Tar”, “Secondo i due magistrati, la scelta del nuovo procuratore è viziata da una palese violazione delle regole: il giudice di Eurojust non ha mai ricoperto incarichi direttivi e da 17 anni non gestisce ruoli investigativi. In Procura rabbia e allarme per la ‘normalizzazione’: qualcuno pensa persino a un documento di protesta”.
Sul disgelo Usa-Cuba: “Pace Cuba-Stati Uniti: adesso anche L’Avana festeggia Barack Obama”, “Sul quotidiano del regime il discorso del presidente Usa. I problemi di Castro nel guidare il cambiamento”
Il Giornale: “Napolitano ci lascia il caos”. “Tutti contro tutti”. “Il Presidente annuncia: dimissioni imminenti. Berlusconi boccia la Severino, Grillo liquida Prodi e nel Pd si riparla di scissione. C’è già il nome del partito bis: Nuova sinistra”.
In prima anche due interventi, di Vittorio Feltri e Paolo Guzzanti, dedicati rispettivamente alla Russia e a Cuba.
Il Sole 24 Ore: “Bond europei ai minimi. Nuovo record per il Btp”. “Il rendimento del decennale scende all’1,92 per cento”. “Bce e Fed promettono ancora liquidità sui mercati”. “Volano le Borse. Piazza Affari +2,65 per cento”.
In alto: “Via libera al piano Juncker senza accordo sui nuovi fondi”. “Al vertice di Bruxelles spaccatura sull’Ucraina”. Accanto: “Putin all’attacco: ‘Volete incatenare l’orso russo, ma ne usciremo ancora più forti'”.
Di spalla: “Napolitano: addio ‘imminente’, coraggioso Renzi sulle riforme”. E poi: “Il premier: sul Colle non ci saranno problemi”. Si dà conto anche delle parole di Beppe Grillo: “‘Dovrebbe costitursi'”.
A centro pagina: “Fornitori Pa, l’Iva cambia subito”. Si spiega che nella legge di Stabilità si prevede già a gennaio il “regime speciale” senza attendere il via libera della Ue. Si tratta del meccanismo dello “split payment”, secondo il quale l’Iva dei fornitori della PA andrà direttamente all’erario. E poi: “Coperture da verificare, slitta il maxiemendamento. Oggi la fiducia”.
In prima anche la notizia sulla legge elettorale: “Italicum, accordo Pd-Fi sui tempi: oggi approdo in Aula al Senato”.
La Repubblica: “Napolitano elogia Renzi. ‘Mie dimissioni imminenti’. Patto sui tempi dell’Italicum”, “Oggi riforma elettorale in aula. Boschi conferma l’intesa con Fi. Il premier a la partita del Colle: non ripeteremo i pasticci del 2013”. Del discorso pronunciato ieri dal capo dello Stato si evidenzia questo passaggio: “Questo governo svolge un’opera difficile, con tante incognite. Ma c’erano alternative per chi crede nelle potenzialità dell’Italia e nel suo ruolo in Europa?”. Di fianco, un’intervista a Emanuele Macaluso, che dice: “Temo un’elezione più caotica di sempre”. Il capo dello Stato lascerà subito o a fine gennaio-inizio di febbraio? Macaluso: “Si è impegnato a portare a compimento il semestre Ue, che significa arrivare al 13 gennaio. Fino a lì ci sarà, terrà fede all’impegno. Sul giorno e sul come sono certo che guarderà gli interessi delle istituzioni e deciderà. Da tempo dice: ‘Badate che io dopo la copertura di questo semestre lascio’”. Quanto alla sua successione e a quanto potrebbe accadere in Parlamento, alla luce dei famosi 103 franchi tiratori del 2013, Macaluso dice: “E’ vero che oggi abbiamo un Parlamento in cui c’è una maggioranza, abbiamo un presidente del Consiglio, anche una prospettiva di lavoro del governo”. Quindi sarà più facile scegliere il successore di Napolitano? Macaluso: “No. Ho partecipato a tante di queste sedute. Anche quando c’erano i partiti veri e propri nella Prima Repubblica, chi entrava Papa usciva diavolo, il nome era Sforza e fu Einaudi. Nel 1955 fu candidato Merzagora da Fanfani e uscì Gronchi”, “gli unici momenti certi si ebbero quando ci fu l’accordo Dc-Pci-Psi, cioè con Pertini e Cossiga. Oggi la parola passerà ai gruppi parlamentari, che mi sembrano piuttosto spappolati, sia i 5Stelle che Forza Italia. Berlusconi comanda una piccola squadretta. Macché Patto del Nazareno, lì ogni testa è un tribunale”. Napolitano sta pensando al suo possibile successore? “Vuole restare fuori, è del tutto rigoroso e fa bene. Sarà l’elezione più caotica che ci sia mai stata. Il capo del Pd, che è anche premier, ha maggiori atout, perché è il partito che ha la maggioranza alla Camera e al senato. Ma non potrà esprimersi lui solo, perché il candidato al Quirinale deve cercare un largo consenso”. Due pagine più avanti, un articolo sull’orientamento dell’ex Cav: “Berlusconi sul Colle ora chiede prudenza: ‘Renzi proporrà una terna di nomi’”, “L’ex Cavaliere strappa una tregua con Fitto sull’Italicum e pensa a Gianni Letta come segretario generale al Quirinale”.
Sul Giornale: “Napolitano si scopre: ‘Addio imminente’. E lascia tutti nel caos”. “Il passo indietro del presidente entro fine gennaio. Insulti da Grillo: ‘Non si dovrebbe dimettere, dovrebbe costituirsi. Prodi? Non se ne può più'”. Si dà conto della “confessione” di Napolitano a Gasparri: in dialetto napoletano avrebbe detto ‘non ce la faccio più’. Secondo il quotidiano comunque “imminente” non vuol dire subito ma “tra un mese-un mese e mezzo”. L’altro segnale dal messaggio del Presidente è una promozione “a pieni voti” per Renzi, “blindato due volte in due giorni” da Napolitano.
Marzio Breda sul Corriere scrive che “imminente”, aggettivo usato da Napolitano nel corso del suo discorso, vuol dire dimissioni “nel gennaio 2015, tra il 10 e il 20”, e quindi forse non dopo il 22 (giorno della visita di Merkel a Roma). “Di sicuro, insomma, c’è solo che Giorgio Napolitano, nel suo progetto per un’uscita morbida e senza traumi per la tenuta del governo dopo la fine del semestre europeo (13 gennaio), non intende farsi condizionare dal calendario parlamentare. Altrimenti le dimissioni non dovrebbe formalizzarle mai”. Ma “se lasciasse intendere già adesso la data precisa”, come chiede Brunetta, “il Quirinale diventerebbe una sorta di sede vacante. Con tutte le immaginabili conseguenze di destabilizzazione”.
Sulla ipotesi di Paola Severino Presidente della Repubblica Il Giornale informa che arriva il no di Forza Italia: “Paola Severino come prossimo Presidente della Repubblica? Grazie, ma no. È Giovanni Toti, eurodeputato con Forza Italia e consigliere politico di Silvio Berlusconi, a spiegare che il nome non è troppo gradito a Forza Italia, non dopo quello che ha fatto in passato”. Un altro articolo del quotidiano di Sallusti è titolato: “Le regole del Cav: basta ex Pci al Colle”. Secondo Forza Italia “serve una figura che possa essere di garanzia per tutti”.
Il Corriere: “La sfida del premier. Italicum oggi in Aula (per pochi minuti). Boschi: c’è intesa con FI, sul Quirinale si vota dopo”. Secondo il quotidiano i capigruppo della maggioranza in Senato potrebbero chiedere che oggi, dopo il voto sulla legge di Stabilità, “venga catapultato in Aula” il progetto di riforma elettorale, senza passare per la Commissione Affari Costituzionali. Si tratterebbe di un “risultato, seppure fortemente simbolico”, che il governo vuole “incassare” prima di Natale.
Anche sul Sole 24 Ore si spiega che “l’obiettivo è far arrivare in aula l’Italicum già oggi, quando i senatori saranno ancora al gran completo per il voto di fiducia sulla legge di stabilità. Pd e Fi sono d’accordo”. Se non si facesse in tempo la proposta arrverà in Aula lunedì 22, quando però molti senatori – e soprattutto gli avversari dell’Italicum – potrebbero essere già in vacanza “prenatalizia”, scrie il quotidiano. Per evitare sorprese sarebbe “fondamentale il via libera del Ncd”.
Il Giornale spiega che “Nuova Sinistra” o “Sinistra possibile” potrebbe essere il nome di una nuova formazione, che richiamerebbe gli spagnoli di Podemos. “Il marchio ‘Sinistra possibile’ lo ha già registrato, per ora come dominio web, lo scissionista permanente del Pd Pippo Civati. L’altro nome circola nei conversari di chi nel partito a trazione renziana sta sempre più scomodo. La scissione, per ora, è solo un’idea. Ma è un’idea su cui si ragiona con serietà, anche in casa renziana”, scrive il quotidiano. Secondo Il Giornale è anche una questione di posti: “‘una fetta sostanziosa degli attuali parlamentari Pd, scelti dalla Ditta, sanno che quando Renzi farà le liste farà anche piazza pulita’”, dice un esponente Pd al qotidiano. E non tanto Cuperlo, Fassina o Civati, ai quali “difficilmente il premier negherà un buon posto in lista”, ma “la massa di manovra della Ditta”.
Un vertice che “non è stato un trionfo”, scrive Danilo Taino, E neppure è stata “una marcia trionfale” il semestre precedente, perché “i 28 partner sono oggi più divisi su questioni fondamentali di quanto lo fossero a inizio anno”. I punti del vertice di ieri: “gli investimenti dei governi all’interno del Piano non saranno conteggiati ai fini del patto di Stabilità europeo”, anche se Juncker “ha rinviato la formalizzazione di queste decisioni a gennaio”. Ma “dubbi e poca convinzione sull’utilità di questa strategia sono però venuti da più di un membro. Sulla non contabilizzazione a deficit degli investimenti nazionali (la cosiddetta Golden Rule ) tutto è invece rinviato all’anno prossimo, ma qui il no di Angela Merkel è netto. Difficile definire questo risultato una svolta in direzione di investimenti e crescita, obiettivo dichiarato di Renzi”
Ancor più nette le divisioni sulla Russia: “François Hollande ha detto che se Putin facesse ‘gesti’ positivi non solo non si dovrebbero varare altre sanzioni, ma al contrario allentare quelle esistenti. Alcuni Paesi dell’Est vorrebbero invece seguire le orme dell’America. La Germania fa capire di non pensare a una de-escalation delle misure contro il Cremlino. Renzi si è collocato vicino a Hollande”. Insomma: in questo semestre “si doveva e si poteva fare meglio”.
Ancora sul Corriere la cronaca del vertice si sofferma sulle parole di Renzi: “La partita di Renzi continua. ‘Io motivatore di gruppo. Ma è solo il primo passo’. Chiuso il semestre europeo: sulle regole si tratta nel 2015”. Si ricorda che anche Juncker ha riconosciuto al premier italiano di aver “avuto un ruolo nel modificare l’approccio dell’Unione”. Sugli esiti del vertice di ieri Renzi non si dice “pienamente soddisfatto”: “‘E’ un primo passo ma non basta, andrà rafforzato'”. Si spiega anche che se per i finanziamenti degli Stati in conto capitale ci sarà un “trattamento favorevole” ai fini del patto di stabilità, per i cofinanziamenti ai progetti europei uno “scorporo” è “più difficile”, come ha detto ieri Juncker.
Sul Sole 24 Ore: “Tra dubbi e incertezze, i Ventotto hanno dato ieri il via libera politico al piano di investimenti presentato dalla Commissione europea”. Lo strumento si chiama “fondo europeo per gli investimenti strategici”. Mario Draghi “ha elencato tre condizioni perché questo contribuisca a rafforzare la fiducia. Prima di tutto ha chiesto una ‘rapida adozione’ del progetto. In secondo luogo ha precisato che gli investimenti devono avvenire in settori ‘ad elevato ritorno’ finanziario. In terzo luogo, ha sottolineato che il piano in sé deve essere ‘l’opportunità di una nuova spinta sul fronte delle riforme strutturali'”. Si ricorda anche che “molti governi sono rimasti cauti ieri sull’ipotesi di contribuire all’Efsi”. Il Belgio ad esempio, o la Lituania.
Anche oggi le prime 7 pagine de La Repubblica sono dedicate a Cuba dopo l’annuncio del disgelo. “Festa e bottiglie di rum, l’Avana si sveglia libera: ‘Presto Raùl Castro in visita a Washington’”, racconta l’inviato Daniele Mastrogiacomo: “Si balla e si canta nelle strade della capitale. Tra la gioia del presente e i timori per un futuro ancora oscuro. E nelle piazze la frase più ripetuta è ‘Somos todos americanos’”. Il quotidiano intervista la figlia di Che Guevara, Aleida, che dice: “Ma Cuba non ha bisogno di cambiare, il nostro resta un modello vincente”. Alle pagine seguenti, Federico Rampini firma un “retroscena”: “Un anno e mezzo di spie e trattative, così Usa e Cuba hanno fatto la pace”, “Incontri e affari. Le prime dichiarazioni di Obama e l’aiuto della diplomazia straniera. A partire dal Papa. Lo scock petrolifero in Venezuela e i vertici segreti guidati da un ambasciatore di origini italiane. Che diventerà il capo della sede americana all’Avana” (si tratta di Jeffrey De Laurentis, già oggi capo delegazione dell’ufficio che “rappresenta gli interessi” dell’America all’Avana). Un altro inviato del quotidiano è Omero Ciai: “Il fantasma di Fidel nelle ore decisive. ‘Ma il fratello non fa niente da solo…’”, “Dalle liti agli editoriali di fuoco contro le aperture alla Casa Bianca. Il ‘comandante’ ha una visione politica completamente diversa da quella dell’attuale presidente. La gente dell’Avana si chiede se il leader rivoluzionario sia stato tenuto all’oscuro delle trattative. Eppure i più anziani non hanno dubbi: ‘Il vecchio avrà dato l’ok’”. Il quotidiano intervista Fausto Bertinotti: “Che carisma il lìder maximo, la grande svolta è anche merito suo”, dice, ricordando che tutto iniziò con la stretta di mano con Papa Wojtyla.
Anche su La Stampa, le prime 5 pagine si occupano ancora di Cuba. A pagina 2 Alberto Simoni descrive “la rabbia di esuli e repubblicani”, che dicono: “Fermeremo Obama”. “I conservatori sono pronti a bocciare la legge che allenta le restrizioni sui viaggi: ‘Faremo di tutto per bloccare i fondi per aprire un’ambasciata sull’isola’”. Alla pagina seguente, il racconto di Paolo Mastrolilli: “Nei vicoli dell’Avana tra bimbi in parata e feste di strada”, “L’euforia della capitale dopo l’accordo. Ma qualcuno parla di ‘tradimento’”. A pagina 5: “Sigaro libero a New York. Il disgelo è anche questo”, “L’accordo Usa-Cuba potrebbe chiudere l’epoca del contrabbando. Ma la cultura proibizionista americana vieta di fumare ovunque”, di Gianni Riotta.
Su Il Fatto: “Obama ‘ospite d’onore’ a Cuba, Castro dà l’ok al cambiamento”, “Granma pubblica il discorso dell’ex nemico. E per le strade la gente festeggia”, di Nuccio Ciconte. E Maurizio Chierici ricostruisce la genesi della svolta: “La rete venezuelana e la svolta vietnamita”, “Dietro l’annuncio di mercoledì, la sponda del Paese di Chavez, sostenitore dell’Avana, ma sempre più in difficoltà. Ora il regime dovrà guidare la liberalizzazione economica”. Anche qui troviamo un’intervista alla figlia di Che Guevara, Aleida. E’ iniziata la fine dell’embargo? “No -dice- la fine del blocco la decide il Congresso americano, questa è una decisione molto importante per l’apertura, la distensione tra i popoli. Un riconoscimento alla rivoluzione”.
Il Corriere intervista Monsignor Loris Capovilla, novantanove anni, segretario di Giovanni XXIII. Su Papa Francesco dice che “ha fatto sorgere il sole di una bella giornata promettente per tutta la famiglia umana”. Nega la notizia di una scomunica a Fidel Castro decisa da Papa Giovanni: “Nè Roncalli né i suoi successori hanno scomunicato Castro”, e “non si tratta solo di diplomazia”. Ricorda “l’irritazione di Roncalli” quando, nel 1959, suore e preti scappavano da Cuba, “perché non si scappa, non si scappa mai, bisogna restare là”.
Sul Sole: “Usa Cuba, il disgelo sarà graduale. “Per l’America si può aprire un mercato nuovo, alleviando al tempo stesso la penuria di beni che oggi affligge i consumatori cubani”, scrive Mario Platero.
Sul Sole 24 Ore Antonella Scott scrive della lunga conferenza stampa di ieri di Vladimir Putin: “La Russia è un orso che sta proteggendo il proprio territorio. ‘Vogliono che stia seduto tranquillo a mangiare bacche e miele, ma tentano di metterlo in catene, di togliergli denti e artigli. Questo è il deterrente nucleare. Se gli strappano denti e artigli, l’orso non sarà più in grado di fare nulla, sarà solo un animale impagliato. E invece noi cerchiamo di mantenere la nostra sovranità'”. Sulla crisi in Russia “non ha chiarito bene come intende uscirne” e “non ha fatto marcia indietro sull’Ucraina, non si è mostrato più morbido per ottenere qualche sconto sulle sanzioni occidentali”. Sulla crisi “Putin ha definito ‘adeguato’ l’intervento della Banca centrale” (che ha aumentato i tassi dal 10,5 al 17 per cento ndr)ma “si fosse agito prima in modo più decisivo, ha detto Putin chiamando in causa anche il governo (frase in cui qualcuno legge un brutto segnale per il premier Dmitrij Medvedev), ci si sarebbe potuti risparmiare un aumento così drastico dei tassi”. Sulla Ucraina: “Gli Stati Uniti, ha detto, si servono del conflitto in Ucraina per contenere la Russia, così come hanno fatto dalla fine della guerra fredda”. E poi: “Ci sono basi Usa in tutto il mondo, noi ne abbiamo solo due all’estero, in Khirghizstan e Tajikistan. Spendiamo dieci volte meno del Pentagono, il budget del nostro ministero della Difesa per l’anno prossimo è di 50 miliardi di dollari in totale. E gli aggressivi saremmo noi?”.
Anche su Su La Stampa il discorso di fine anno del presidente russo: “Lo zar Putin e la sindrome dell’assedio”, di Anna Zafesova. Su La Repubblica: “Crisi del rublo, Putin contro l’Occidente: ‘Vogliono incatenare l’orso russo’”. Ma dietro l’attacco ci sono anche segnali ai apertura, secondo Nicola Lombardozzi. Sulla stessa pagina, lo scenario tracciato dal corrispondente a Bruxelles Andrea Bonanni: “’Sanzioni boomerang’. Ora la Ue avvia la missione per ‘recuperare’ Mosca”. E in un riquadro si ricorda che in questi giorni Romano Prodi è in Russia: “Prodi fa il mediatore con Mosca: ‘Sul gas serve un accordo europeo’”.
Ancora sul Sole 24 Ore Adriana Cerretelli dà conto delle parole del presidente francese Hollande: “‘La Guerra fredda deve finire una volta per tutte'”. Hollande è stato “il primo leader Ue a rompere la precaria unità di facciata” della Ue, mentre poche ore prima la cancelliera tedesca Merkel aveva “ritenuto prematuro parlare di allentamento delle sanzioni”. Cerretelli scrive che “dalla parte della Francia sono schierate Italia e Austria”. Si ricorda comunque che le sanzioni vigenti scadranno tra marzo e luglio prossimo, e che “per rinnovarle ci vorrà l’unanimità dei 28 che al momento appare una chimera”.
Su La Repubblica, alle pagine 20 e 21: “Fabio, Sergio e gli altri, i 40 miliziani che combattono sul fronte della jihad”, “Hanno tra i 20 e i 45 anni, molti partiti per servire Al Baghdadi. I guerriglieri della porta accanto monitorati dall’intelligence”. Di Paolo Berizzi.
Su La Stampa, due intere pagine sono dedicate alla decisione della Sony di ritirare il film “The Interview”: “Holliwood si piega alla Nord Corea. Non esce il film che irride il dittatore”, “Dopo l’attacco informatico e le minacce ai cinema, la Sony ritira ‘The Interview’”, di Paolo Mastrolilli. Poi il “retroscena” di Caola Frediani: “Reti infette da tutti i continenti. Così si fanno le cyber-guerre”, “Coivolta anche l’Italia, ma la vicenda rimane un enigma”. E la “storia” del film raccontata da Fulvia Caprara: “Quella strana storia di due killer per caso e un tiranno ridicolo”, “L’attore: ‘Nessuno immaginava le reazioni’”. Infine, “La strategia di Pyongyang passa per i media del nemico”, di Ilaria Maria Sala.
Sul Giornale si dà conto della risposta data dal Ministro degli esteri indiano ad una interrogazione parlamentare sulla vicenda Latorre-Girone. “Per la prima volta l’India ammette di prendere in considerazione una proposta italiana per la risoluzione della vicenda di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone”, scrive il quotidiano. “Il ministro degli Esteri Sushma Swaraj ha inviato una lettera al parlamento indiano, come rivela un’interrogazione presentata al governo da ue membri del Partito comunista indiano (Cpi) del Rajya Sabha (la Camera alta del Parlamento), M.P.Achuthan del Kerala e D.Raja del Tamil Nadu”. I due chiedevano se fosse vero che il governo italiano cerca una soluzione consensuale della vicenda. Il ministro ha confermato, ed ha spiegato che “la questione è attualmente all’esame della Corte suprema dell’India” e “la proposta del governo italiano è all’esame di quello indiano”.
Il quotidiano intervista Ignazio La Russa: “‘L’India ci molla schiaffi fin dal primo giorno, ma ormai ci diamo i pugni in faccia da soli’. ‘Siamo ancora fermi al punto di partenza. Bisognava tenerli in Italia’”.