Il Corriere della sera: “’Milano capitale morale, Roma no’. La denuncia di Cantone è un caso”, con un commento di Goffredo Buccini titolato “Oltre il solito duello”.
Nella parte alta della prima anche: “Vertice fallito. Marino resiste e punta a ritirare le dimissioni”.
Il titolo più grande: “Torna la fiducia nella crescita”. “Famiglia e imprese: recessione alle spalle. Tassi americani, rialzo a fine anno”. “La Banca d’Italia prevede l’aumento del Pil all’1 per cento. Mattarella: ora la sfida è il lavoro”.
E poi Renzi, ieri a Cuba: “Renzi da Raul: dobbiamo investire a Cuba. Sulla legge di stabilità avvisa i dissidenti: chiariremo”.
In prima anche una intervista al presidente del Parlamento europeo Schulz: “’Sui migranti l’Europa sta rischiando di frantumarsi’”.
La Repubblica: “Cantone: è Milano la capitale morale. Roma senza anticorpi”, “Il capo anticorruzione attacca: avviso per il Giubileo”, “Marino resiste, ma Renzi: non lo incontro, se ne vada”.
Più in basso i dati Istat: “L’Istat: l’Italia crede nella ripresa. Il Pil cresce dell’1%”.
A centro pagina, intervista al ministro della Giustizia: “Orlando: unioni civili subito e dico sì anche alle adozioni”.
In grande evidenza una foto di proteste ieri a Istanbul: “Turchia, il pugno duro di Erdogan spegne le tv dell’opposizione”.
Sulla colonna a destra, il reportage di Bernardo Valli: “Nella Mosca di Putin che sogna l’impero”, “Tra slogan anti-Obama e appoggio della Chiesa, 9 russi su 10 con lo zar”.
La Stampa: “‘Corruzione, Roma senza anticorpi'”, “Cantone: ‘Milano capitale morale, è difficile ripetere il modello Expo per il Giubileo’. Campidoglio, rebus sulel dimissioni di Marino. Vertice con Orfini, muro contro muro”.
E le dichiarazioni del presidente del Consiglio da Cuba: “Renzi: questione chiusa, il sindaco se ne vada”.
In prima anche uno studio del “Crea” sanità dell’Università Tor Vergata di Roma: “‘Sempre più anziani malati. Colpa dei tagli alla Sanità”, “Spesa inferiore a quella dei Paesi Ue, addio al record di over 75 in salute”.
A centro pagina, con foto di insetti: “Alghe e insetti a pranzo, via libera dall’Ue”, “Intesa sul ‘novel food’. L’Oms, dopo la carne, ora mette sotto osservazione caffé e bevande calde”.
Sulla colonna a destra: “Omicidio stradale: carcere fino a 18 anni”, “Sì della Camera”.
Su Siria e Iraq: “Obama guerriero riluttante”.
Il Manifesto: “Terrorista per caso”, “Abdel Majid Touil ‘non è terrorista’. Dopo 5 mesi si detenzione la magistratura milanese scagiona e rimette in libertà il giovane marocchino accusato della strage al museo Bardo di Tunisi. Ma esce dal carcere e finisce nel Cie di Torino”.
A centro pagina: “Marino alla prova del fuoco, vertice a sorpresa con Orfini”.
E più in basso: “Il derby facile di Cantone tra un sindaco e l’altro: ‘Milano capitale morale. Roma non ha anticorpi'”.
In prima anche l’intervento del senatore Corradino Mineo, che ieri ha lasciato il gruppo del Pd: “Il mio processo, cronaca dall’interno
Il Giornale: “La Rai degli sprechi. Mille euro al minuto a un comunista”. “L’ex ministro greco Varoufakis ospite da Fazio per 24 mila euro. Il canone serve a questo?”. “Inps, buco da incubo: brucia 10 miliardi all’anno”.
A centro pagina: “L’Europa ci fa mangiare insetti e alghe. E dopo la carne, l’Oms mette nel mirino il caffè: c’è un mondo alla rovescia”.
A fondo pagina: “Milano è tornata Capitale morale. Roma è infetta.ma resta capoccia”.
Il Sole 24 ore: “La Fed prepara la stretta. Anche i Bot ‘sottozero’. La Banca centrale Usa: ‘Possibile aumento dei tassi a dicembre. Euro ai minimi da due anni”.
Di spalla una intervista a Federica Mogherini: “’Sui migranti si gioca l’integrazione Ue’”.
A centro pagina: “Visco: affrontare il nodo delle sofferenze”. “Padoan: Bankitalia corretta, vigilanza ha fatto emergere le crisi bancarie”. “Il Governatore: nel 2015 la crescita del Pil può sfiorare l’1 per cento”.
Sotto: “Volskwagen per la prima volta in rosso da 15 anni”.
Milano, Roma
Ieri il sindaco di Milano Giuliano Pisapia ha assegnato al presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone “Il sigillo della città”. Il breve discorso tenuto da Cantone in occasione della cerimonia fa i titoli di gran parte dei quotidiani oggi.
La Repubblica, pagina 2: “Lo schiaffo di Cantone: ‘Roma è senza anticorpi. Milano capitale morale’”, “Critiche al capo dell’Anac: ‘Volevo solo pungolare’. Pisapia: il Giubileo prenda esempio dell’Expo”. Ne scrive Francesco Merlo: “decadenza e riscatto, il destino che divide le due vecchie rivali”, “Andare dal Colosseo al Duomo è ormai come passare dal bianco e nero al colore. Ecco perché la metropoli simbolo del Nord è riuscita a vincere la sua sfida”.
Il quotidiano intervista poi l’assessore alla legalità del Comune di Roma, Alfonso Sabella: “’Troppa corruzione intorno al Campidoglio ma la stiamo curando”, “Il clima è cambiato: il presidente dell’Authority non si riferiva ai politici ma ai dirigenti incapaci”. E Stefano Boeri, l’architetto che si candidò alle primarie di Milano: “Ormai siamo avanti e grazie all’Esposizione il mondo parla di noi”.
Sul Corriere: “Cantone sceglie la capitale morale. ‘E Milano, Roma non ha anticorpi’. ‘La città si è riappropriata di questo ruolo’. C’è chi critica il commissario. E lui: il mio è un pungolo”. Si citano le parole testuali di Cantone, che ha detto che sta “provando a spiegare all’Ocse” che il modello Milano è “frutto di una profonda sinergia istituzionale” che si dovrebbe “esportare a Roma per il Giubileo”. Nella capitale però “manca proprio la collaborazione tra istituzioni” e “per il Giubileo mi manca un Sala”. “Non siamo ancora riusciti a creare un ufficio unico per gli appalti del Giubileo”. Cantone poi ha precisato di sentirsi ormai in parte anche cittadino romano e che “molte difficoltà sono state in parte superate grazie all’impegno di tanti, perché il Comune di Roma non è fatto solo da soggetti di Mafia Capitale”.
La Stampa, pagina 2: “’Milano capitale morale, Roma è senza anticorpi’”, “Cantone elogia la sinergia istituzionale per Expo. ‘Ma preoccupa il dopo’”.
A pagina 3: “La sfida a distanza tra giustizia e cultura”. Gli articoli focalizzano l’attenzione sulle inchieste a Milano (“Giunta Pisapia indenne ma in Regione ancora guai”) e a Roma (“L’arrivo di Pignatone ha scoperchiato il marcio”).
Su La Repubblica in prima, nella sua rubrica “Il Punto”, Stefano Folli parla di un “cambio di ruolo” di Raffaele Cantone: le sue parole “hanno rivelato uno spessore politico inconsueto per un funzionario, sia pure di alto livello”, e “sorprende la scelta di marcare in forma così netta la separazione etica fra Milano e Roma”. Cantone ha voluto “parlare all’opinione pubblica con un linguaggio semplificato, condensabile con un titolo di giornale”, “ha superato di slancio il suo ruolo e si è proiettato nel pieno del dibattito civile. Ha dato l’impressione di volersi porre come punto di riferimento degli italiani sconcertati dalla diffusione mafiosa. E in tal senso il suo messaggio ha assunto una coloritura politica. In altri termini, Cantone è entrato a piedi pari in un campo dominato fin qui dalle forze anti-sistema”. Parlando quindi del M5S, Folli scrive che Cantone esprime “il tentativo di imporre un’altra faccia dello Stato rispetto alla corruzione che si insinua nella pubblica amministrazione”.
Il Manifesto, pagina 3: “Il derby facile di Cantone”, “Il magistrato ritira il sigillo della città da un sindaco e ne approfitta per prendere le distanze da un altro”. A scriverne è Luca Fazio che, parlando della cerimonia, nota “l’aria distesa” di Cantone: “forse voleva solo fare il piacione e vincere facile – a Milano di questi tempi sembra che tutto funzioni a meraviglia- ma lo ha fatto abusando di un luogo comune piuttosto logoro che è suonato come uno schiaffo ad un altro sindaco di un’altra città, Ignazio Marino. Gli sarà scappata? Chissà. Fatto sta che il sindaco della Capitale in queste ore non ne aveva proprio bisogno”.
“Ma non esistono primati di buona condotta”, scrive in un editoriale in prima su La Stampa Federico Geremicca, che sottolinea come “anche Milano e la Lombardia galleggiano su cumuli di scandali difficili da dimenticare” e “l’ultimo è di appena due settimane fa”, con l’arresto dell’ex vicepresidente della Regione e prima le spese pazze dei consiglieri, i diamanti di Belsito, il caso Penati, gli scandali e le inchieste che hanno travolto Roberto Formigoni. Pearaltro Roma e Milano “sono troppo diverse per prestarsi a paragoni così spericolati: lo sono per storia, per tessuto socio-economico e perfino per vocazione”. Le due città sembrano unite “dalla paradossale vicenda” dei due sindaci: uno vuole andarsene e in molti gli chiedono di restare, l’altro dovrebbe andarsene e invece vuole a tutti i costi restare. Ma sono vicende paradossali intessute “intorno a due incontrollabili sindaci espressione della ‘società civile’”: intorno a Marino, il cui destino sembra segnato, il clima è cambiato, ma il punto è che “non si può esaltare una legge elettorale che mette al centro il rapporto diretto tra elettori e sindaco e poi fare come se non esistesse; e a maggior ragione non si può scegliere il proprio candidato attraverso le primarie (altra chiamata in causa dei cittadini) e comportarsi come se quel pronunciamento non ci fosse mai stato”. Insomma, “è difficile far rientrare dalla finestra (il potere dei partiti) quel che si era fatto uscire dalla porta (il voto dei cittadini nelle primarie e nelle secondarie)”.
Su Il Giornale Aurelio Picca: “Degrado e un sindaco da scappellotti. Ma nel mondo infame resta Capoccia”. Picca scrive che Marino “è troppo fucilato. Meriterebbe degli scappellotti, non il tiro al bersaglio” e che Roma “rimane Capoccia”, “Parigi le può pulire le scarpe”, anche se “Milano non si discute”, “è l’unica città italiana” e “l’una ha bisogno dell’altra”.
Ancora su Il Giornale Luca Doninelli elogia Milano, tornata ad essere la capitale morale: “Basta salire in cima ai nuovi grattacieli per assaporare la voglia di vivere. Torri, Expo e Darsena hanno dato la scossa”.
Sul Sole 24 ore si fa il punto sulla situazione di “stallo” a Roma. Si cita Renzi, che ieri ha detto che la posizione del Pd è “autorevolmente espressa dal presidente del partito e commissario Matteo Orfini, a lui va il mio più totale sostegno”. Sull’incontro (che doveva rimanere segreto) del sindaco con Marco Causi e lo stesso Orfini, presenti anche Sabella, Esposito, Alessandra Cattoi e Roberto Tricarico, membro dello staff del sindaco si citano le brevi dichiarazioni all’uscita: incontro utile, la soluzione ancora non c’è. Ieri Mattina nella Giunta convocata non è stata presa alcuna decisione. Marino vorrebbe incontrare Renzi il quale “ha lasciato trapelare la sua disponibilità a incontrarlo solo una volta diventate effettive le sue dimissioni. A questo punto Marino, irritato, è sembrato sul punto di ritirare le dimissioni” e così sarebbero i 19 consiglieri Pd a dover sfiduciare il sindaco o a doversi dimettere in blocco. Il quotidiano dà conto anche delle voci secondo le quali il sindaco vorrebbe “fare l’anti-Renzi al congresso del partito nel 2017. È in quella prospettiva che viene interpretata la telefonata di Marino a Pier Luigi Bersani, nei giorni scorsi”. Quanto al futuro, Renzi avrebbe sondato Marianna Madia ma anche Beatrice Lorenzin, ministro di Ncd che guarda apertamente al Pd. “Entrambe avrebbero manifestato molte perplessità, così come i colleghi Dario Franceschini e Paolo Gentiloni”.
Il Manifesto, pagina 2: “Prova del fuoco per Marino”, “Estremo tentativo di uscire dal gran pasticcio: un incontro a sorpresa tra il sindaco e Orfini, a casa del vicesindaco Causi”.
E sulla stessa pagina, : “Democrack”, “Anche Barca molla il sindaco: ci ha traditi. Rivolta nei circoli”.
La Repubblica, pagina 4: “Marino non molla: ‘Voglio andare avanti’. Ma Renzi: impossibile”, “Lungo vertice tra il sindaco e Orfini, resta lo stallo sul Campidoglio. Il premier: incontro con me se si dimette”.
E sulla stessa pagina, in un’intervista, Daniela Tiburzi, consigliera comunale dem a Roma, dice: “Ignazio ingrato e il commissario ha sbagliato”. Il commissario è Matteo Orfini, commissario Pd a Roma (“Si è agito tardi e male. Era dal marzo 2014 che dicevo che bisognava cambiare tutto, mettere un vicesindaco con gli attributi, trovare degli assessori più capaci”).
La Stampa: “Marino non getta la spugna. Muro contro muro nel vertice con Orfini”, “Niente accordo col Pd, si va verso lo scontro in aula. Nel toto-nomi per il dopo c’è anche la Lorenzin (Ncd)”. E’ il “retroscena” di Carlo Bertini.
E ancora su La Stampa il reportage di Fabio Martini, che ha seguito il viaggio di Renzi con tappa a Cuba: “Renzi chiama Roma, ‘Con Marino chiudiamola qui'”, “Il premier deciso sul sindaco. Poi il messaggio ai suoi, ‘La stabilità parla agli italiani, non alla minoranza dem'”.
Migranti, Europa
Il Sole 24 ore intervista l’Alta rappresentante della politica estera e di sicurezza comune Federica Mogherini. Spiega che “la redistribuzione dei profughi è difficile da un punto di vista organizzativo, ma possibile e necessaria. È vero che per ora il numero di persone redistribuite nell’intera Unione è simbolico, ma in sei mesi, da quando la Commissione ha pubblicato l’agenda immigrazione, è stato adottato per la prima volta il principio di solidarietà in un ambito che prima era gestito a livello nazionale”. Spiega che le regole di Dublino non funzionano, “la crisi che stiamo vivendo in Europa non è dovuta al numero di rifugiati in arrivo dal Nord Africa o dal Vicino Oriente, ma alla mancanza di strumenti comunitari. Lo scollamento tra fenomeno europeo e strumenti nazionali è grave”. Sulla legge di Stabilità dice che “c’è grande apprezzamento a Bruxelles per il desiderio e la capacità del governo Renzi di introdurre riforme economiche in Italia. La serietà del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha molti e importanti estimatori. In un discorso martedì, il presidente Juncker si è detto pronto a valutare la spesa sostenuta sul fronte migratorio, Paese per Paese”. Si parla anche di Russia e di altri dossier di politica internazinale. L’ultima domanda è se si sia “raffreddato” il suo rapporto con il governo Renzi. Lei risponde di no (“il mio legame con la mia famiglia politica e con il mio Paese resta”).
Sul Corriere una intervista di Federico Fubini al presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz orse perché Martin Schulz. Si parla di immigrazione, si parte dal numero esiguo di migranti fino ad oggi trasferiti dall’Italia ad altri Paesi europei. “Uno dei grandi problemi è che promettiamo nei nostri vertici europei cose che poi gli Stati poi non applicano. Appena 90 trasferimenti è un dato scioccante, ma non mi stupisce. Vedo bene, e non da ora, la riluttanza dei governi a mantenere le promesse che fanno a Bruxelles”. E ancora: “Certi Stati credono ancora che si possano dare risposte su scala nazionale a un problema globale. È semplicemente impossibile. Questa è una sfida globale, oggi l’instabilità attorno all’Unione rischia di creare flussi ancora maggiori. L’unica possibile risposta è comune”. Sulla flessibilità per i conti pubblici per i Paesi che devono affrontare l’emergenza: “I conti pubblici tedeschi sono in buone condizioni, la Germania non ha bisogno di eccezioni. Ma sono felice che ora Juncker accetti quest’ipotesi, è da mesi che la sostengo e c’è voluto tempo perché molti governi erano riluttanti. Del resto il Trattato europeo prevede esenzioni per situazioni eccezionali e se non lo è questa, non so quale altra lo sia. In passato sono stato sindaco di una città (Würselen, in Renania del Nord-Vestfalia, ndr), so cosa vuol dire tagliare servizi ai cittadini perché ci sono rifugiati da accogliere. Vuol dire mettere gli uni contro gli altri”. Schulz dà un giudizio positivo della legge di stabilità italiana e sulla Polonia, Paese che cresce da tempo, dice che “una parte del Paese ne ha approfittato enormemente e l’altra no”, e che dunque la causa della vittoria degli anti-europei è nelle “disuguaglianze” non nell’Europa.
Sullo stesso quotidiano da segnalare un contributo firmato da Sandro Gozi, sottosegretario con delega agli Affari Europei, insieme al ministro degli affari europei della Germania, Michael Roth: “L’immigrazione si governa solo con la politica comune. Si deve attuare meglio l’accordo sui controlli alle frontiere, i rimpatri, la distribuzione dei rifugiati e la cooperazione con i Paesi d’origine per i flussi. Senza dimenticare diritti e valori”.
Ancora sul Corriere un commento firmato da Michele Salvati: “L’ideologia tedesca e le regole di Bruxelles. La Commissione ci ha concesso più flessibilità. Per una volta non ha prevalso la linea rigida di Berlino. La difficoltà, anche per l’Italia, è trovare un equilibrio tra riforme strutturali, crescita e consenso elettorale”.
Economia
La Repubblica: “Fiducia ai massimi, il Pil può salire dell’1%. Tassi Bot sotto zero”, “Imprese e consumatori mai così ottimisti. Bankitalia alza la stima della crescita. Renzi: ‘Chiarimento con minoranza Pd’. Mattarella: ‘La crisi è alle spalle’. Mutui +92%”.
“Ma sul nostro export pesa la crisi degli emergenti”, scrive sulla stessa pagina Maurizio Ricci: “Tanti i segnali di risveglio: dalla ripresa del credito ai tassi negativi con il debito che ora fa meno paura di prima. E tuttavia la frenata mondiale potrebbe rendere fragile la crescita, penalizzando il nostro maggiore punto di forza”.
La Stampa: “La fiducia ai livelli pre-crisi. Visco: la crescita all’1%”, “In manovra anche gli sgravi per gli utili destinati ai lavoratori”.
E sullo stesso quotidiano i dati dell’undicesimo rapporto del Crea Sanità dell’Università Tor Vergata d Roma: “’Sempre più anziani malati. E’ colpa dei tagli alla Sanità’”, “Lo studio: gli over 75 con problemi di salute aumentano dell’8%. E il 32% delle medicine innovative non arriva nelle farmacie italiane”.
Il Manifesto intervista l’economista Gianfranco Viesti, ordinario di Economia applicata all’Università di Bari: “L’austerità fa più male al Sud”, “Manovra poco equa, taglia la Sanità e rischia di creare atenei di serie A e B”.
Sulla manovra Il Sole intervista la relatrice del disegno di legge al Senato, Magda Zanoni. “Evitare il voto di fiducia al Senato anche perché consentirebbe di passare alla Camera un testo leggibile”. Sul rischio “assalto alla diligenza” dice che “esistono margini per concordare alcuni ritocchi all’interno della maggioranza” e anche per “lavorare con l’opposizione” ma occorre un “numero contenuto di emendamenti”. Dice che lascerebbe così com’è la norma sul contante, che ci sono margini per qualche intervento sulle pensioni (il prestito previdenziale)
Sul Sole Donato Masciandaro si sofferma sulla Fed e la sua “opacità”. Si definisce la banca centrale Usa un “faro spento, anche per le pressioni dei banchieri e della politica. Tassi di interesse più alti e regole bancarie più basse: è questa la normalità a cui la finanza internazionale vorrebbe tornare, ma una Fed incerta non dà garanzie né sul primo né sul secondo fronte. Da qui lacrime e doglianze dei banchieri, sempre più frequenti e copiose. È vero che una Fed opaca è un danno per l’economia, ma per ragioni diverse da quelle che interessano i banchieri. I rischi nascono dal fatto che regole monetarie e bancarie sono assenti, o deboli, e non dal fatto che il ritorno alla normalità gradita alle grandi banche sia posticipato. Ed anche le contrapposizioni tra repubblicani e democratici contano”.
Unioni civili
La Repubblica intervista il ministro della Giustizia Andrea Orlando e il tema è quello delle unioni civili: “C’è una sentenza e l’Italia deve rispettarla, direi sì alle adozioni”, “La Corte di Strasburgo ci impone di tutelare i diritti di una parte dei cittadini, e di farlo in fretta”, “Cercare un ampio consenso è giusto, ma riconoscere le unioni civili è una cosa largamente condivisa”, “Il Consiglio di Stato si è limitato a sottolineare un dato di fatto: un vuoto normativo c’è e va colmato”.
Alla pagina seguente, intervista al Giuseppe Romeo, presidente del collegio che al Consiglio di Stato ha bocciato le nozze gay: “E’ vero, sono dell’Opus Dei ma servo lo Stato, non la fede”, “Sono dell’Opera, lo sanno tutti, ma il problema è la correttezza della sentenza e nessuno la contesta”.
Sul Corriere Tommaso Labate scrive che Forza Italia “litiga sulle unioni civili”. Si legge che Berlusconi sarebbe “pronto a schierare” il suo partito “nell’esercito referendario che proverà a smontare, oltre alla riforma della Costituzione, anche l’Italicum”, e si cita lo stesso Berlusconi: “’Serve una crociata che impedisca che al ballottaggio delle politiche arrivino Pd e Movimento 5 Stelle’”. Quanto alle unioni civili, lunedì sera, in una riunione congiunta dei gruppi di Camera e Senato convocata sulle unioni di fatto, si sarebbe presentati una quarantina di parlamentari e “gli unici a esprimersi per un voto favorevole al ddl Cirinnà, alla fine, saranno di fatto Giorgio Lainati, Stefania Prestigiacomo e – anche se non del tutto – Augusto Minzolini. Gli altri iscritti a parlare – dai capigruppo Paolo Romani e Renato Brunetta fino a Daniela Santanché, passando per Maurizio Gasparri, Lucio Malan e Mariastella Gelmini – parlano contro l’ipotesi di aprire alle adozioni gay. Dal dibattito vengono fuori addirittura due proposte di legge. Una di Mara Carfagna, che riguarda le unioni civili tra omosessuali. E una presentata da Giacomo Caliendo, praticamente di segno opposto”. “La maggiorza di noi è contraria a qualsiasi estremizzazione che vada nella direzione di equiparare le coppie omosessuali a quelle etero”, dice Maurzio Gasparri e dunque FI non dovrebbe avere la “libertà di coscienza” che vorrebbe Berlusconi.
Mineo
Ieri il senatore Corradino Mineo ha lasciato il gruppo del Pd. Faceva parte della minoranza dem, confluirà nel gruppo Misto.La Stampa: “Mineo lascia il Pd: ‘Deriva plebiscitaria’. D’Attorre: ‘In atto mutazione genetica’”, “Il senatore approda al gruppo misto e ‘chiama’ Civati e Fassina”.
La Repubblica lo intervista: “Mineo lascia il Pd, ‘Ora sinistra unita e Renzi ballerà’”, “’Zanda ha riunito il gruppo contro di me. La minoranza lancia i sassi e ritira la mano’”. Zanda è il capogruppo Pd al Senato. Il riferimento alla “minoranza” da parte di Mineo è chiaro nella risposta sulla sua decisione di andar via, che spiega così: “Nei mesi scorsi ho votato molte volte in dissenso, dal Jobs Act alla scuola fino alle riforme. Segno di un disagio mio, ma anche del gruppo verso di me. Come spiegavo, la minoranza vuole colpire Renzi tirando il sasso e ritirando la mano. Tutto questo è riduce la mia agibilità politica. Poi è arrivato l’incidente di martedì”. La riunione del gruppo del Senato, intende? Mineo: “Sì. Zanda mi imputa di non essere andato nella sua stanza per comunicargli l’intenzione di non votare il ddl Boschi (le riforme costituzionali, ndr.). Peccato che l’avevo detto in tv, durante le riunioni e perfino scritto pubblicamente. Niente, mancava il bacio della pantofola. E allora il capogruppo convoca una riunione, tutta su di me. ‘Domine, non sum dignus’. Non credevo ai miei occhi”. Pensa cercassero solo una scusa? “Certamente. Per questo vado via. E’ un gesto solitario, perché non faccio correnti. Consideri che io dialogo più con i renziani che con Gotor e Chiti. Ora comunque tolgo il disturbo, ma continuerò a dare battaglia con chi sta fuori dal gruppo e tra la gente”. Con chi andrà? Andrà con Civati o con Fassina e Vendola? “Sono nel Misto. Credo la cosa giusta sia un pazzo di consultazione tra le diverse forze. Possiamo dare battaglia a partire dalla Finanziaria. Se ci uniamo, il Pd balla”.
Mineo spiega anche su Il Manifesto la sua scelta e racconta il “processo” con la “cronaca dall’interno”: “la battaglia nel gruppo aveva perso appeal, aveva minore agibilità dopo che la maggioranza delle minoranza si era messa a lavorare Renzi ai fianchi, per logorarlo”.
Il Giornale: “Mineo lascia i democratici: mi hanno spinto alle dimissioni”. “L’ultrà antirenziano nel gruppo Misto”
Siria
Lorenzo Cremonesi sul Corriere parla del summit sulla Siria che si terrà domani a Vienna ed evoca il Congresso di Vienna di due secoli fa . “Grande novità” la partecipazione dell’Iran, “maggior alleato” del regime di Assad nella regione, presente con il ministro degli esteri Zarif. Ci saranno i iministri degli esteri iracheno, russo, americano, turco, saudita, giordano, egiziano, libanese, francese, italiano, tedesco. “Stati sunniti e sciiti si parlano di fronte al mondo”.
Sul Sole: “Anche l’Iran ai negoziati sulla Siria. Teheran ha accettato l’invito degli Stati Uniti: da domani a Vienna con sauditi, russi e turchi”. “Dopo la vittoria sullo Stato islamico il presidente siriano potrebbe essere convinto da Mosca e da Teheran a fare un passo indietro”.
Altro articolo sul quotidiano di Confindustria: “Un convitato di pietra all’affollato tavolo di Vienna”, di Alberto Negri, che si chiede “chi rappresenterà in modo credibile la controparte al regime di Assad”. Negri scrive in conclusione che “la questione siriana è così complicata” che a Vienna “forse molti entreranno da amici e usciranno senza neppure salutarsi”.
Turchia
La Stampa: “Tv oscurate, ora legale e blitz. I trucchi di Erdogan per vincere”, “Domenica le elezioni, il presidente urco gioca tutte le carte anti-curdi”.
Il Manifesto: “Erdogan chiude i media ‘terroristi’”, “A tre giorni dalle elezioni anticipate in Turchia, nuovo attacco alla stampa del governo Akp. Oscurati dopo l’irruzione della polizia due canali della holding ‘Koza-Ipek’, legata a Fetullah Gulen, l’ex alleato di Erdogan. Chiusi anche giornali e siti dell’opposizione e della sinistra curda dell’Hdp”.
La Repubblica: “Erdogan ordina il bliz anti-media, ‘Sangue su di noi, è come un golpe’”, “Raid con gli agenti in tenuta anti-sommossa per insediare a quattro giorni dal voto nuovi vertici in un gruppo editoriale ostile”.
E un’analisi di Adriano Sofri: “’Basta con il bavaglio di Stato’, chi sogna un paese diverso scommette sul partito dei curdi”.
Il Giornale: “Blitz in diretta della polizia nella tv anti Erdogan. Attentato alla libertà di stampa in Turchia. Alla vigilia delle elezioni, il presidente mostra i muscoli. Folla dispersa a colpi di lacrimogeni”. Si ricorda che pochi giorni fa l’ambasciata Usa ha espresso preoccupazione per i limiti imposti alla libertà dei media nel Paese. Ieri sullo stesso argomento è intervenuto anche il portavoce del Consiglio d’Europa.
Touil
Sul Corriere Luigi Ferrarella si occupa di Abdel Touil, il marocchino arrestato in Italia sei mesi fa con l’accusa, proveniente dalle autorità tunisine, di aver partecipato all’attentato al museo del Bardo, “ieri non estradato, anzi archiviato e scarcerato e tuttavia trattenuto, in futuro forse espulso”. I pm milanesi hanno accertato che prima e dopo la strage del 18 marzo scorso non si era mosso da Milano, dove era arrivato dopo un viaggio degli scafisti un mese prima. E’ vero che il 3,4 e 5 febbraio chiamò dal suo cellulare un uomo coinvolto secondo i tunisini nella strage ma “nel contempo anche scafista”. Sarebbe vero che furono gli scafisti a prendergli il cellulare, visto che la scheda diventa inattiva il 5 febbraio e si riaccende in Tunisia l’8 marzo. I giudici italiani negano l’estradizione perché in Tunisia rischia la pena di morte e i pm “archiviano pure l’indagine italiana”. Ma resta trattenuto perché clandestino. Ora rischia l’espulsione “contro la quale o fa ricorso o chiede asilo”.
La Stampa: “’Non è il terrorista del Bardo’. Milano smonta l’accusa di Tunisi”, “Il marocchino in carcere trasferito al Cie di Torino: sarà rimpatriato”.
Il Manifesto: “Touil ‘non è terrorista’ ma va dal carcere al Cie”, “Il giudice nega l’estradizione di Abdel Majid Touil, ma la Questura lo espelle”. Nei giorni della strage al museo Bardo era in Italia: è stato scagionato pienamente ed è stata rigettata l’estradizione perché per i reati di cui è accusato in Tunisia è prevista la pena di morte, ma verrà espulso perché irregolare, “senza nemmeno una parola di scusa per averlo mantenuto in carcere da innocente per più di cinque mesi”, sottolinea il quotidiano. “Già a poche ore dall’arresto -scrive Marina Dalla Croce- era apparso chiaro che l’inchiesta presentava dei buchi, ma ciò non era stato sufficiente a evitare che Touil finisse additato come l’ennesimo mostro da sbattere in prima pagina”. E Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, ricorda: “20 maggio, quando le destre e il ministro Alfano esultavano”, “Sbattuto il mostro in prima pagina, ma nessuno paga”.
La Repubblica: “Strage del Bardo, l’Italia scarcera Touil. Ma rischia l’espulsione”.
Il Giornale: “L’allarme dei Pm: gli scafisti sono jihadisti. I giudici di Milano trovano le prove indagando sul marocchino fermato per il Bardo”.
Spratly
Scrive Rita Fatiguso sul Sole 24 ore: “E’ il commercio bellezza: questa la motivazione addotta dagli Usa al pattugliamento del cacciatorpediniere che ha sconfinato al largo delle scogliere artificiali rivendicate dalla Cina. E si capisce: lì, in quel punto, passano rotte commerciali da 5 trilioni di dollari, il che rende la presenza di Pechino alquanto ingombrante”. Si parla delle isole Spratly, circondate da “rotte ricche e strategiche”.