Le aperture
Il Corriere della sera: “Scuola, dialogo dopo la protesta”. “Migliaia in piazza. Renzi: entriamo nel merito, ma non cedo sulla riforma”. “Il governo. Aperture sui presidi. I sindacati: mai cortei così affollati. Giannini: sciopero politico”.
“Perché non chiedete consiglio alle famiglie?” è il titolo di un commento di Andrea Ichino.
A centro pagina: “I vertici EiTowers indagati per le torri Rai”. “La Finanza nella società Mediaset”.
A fondo pagina: “I devastatori che ridono delle tute bianche”. “Un manifesto giustifica ‘la bella spallata distruttiva’. La verità è che hanno perso sul campo”.
Sull’expo anche due articoli: Beppe Severgnini che si sofferma su “quello che non va fuori dai cancelli” dell’esposizione; Dario Di Vico parla di “multinazionali e vecchi pregiudizi”.
Da segnalare in prima anche un “vocabolario britannico” sul voto alle elezioni politiche “per capire chi può vincere”.
La Repubblica ha in prima una foto di studenti ieri alla manifestazione contro la riforma della scuola: “Scuola, i prof invadono le piazze. Renzi apre: la riforma può cambiare”.
In apertura a sinistra: “Mattarella: i tre sì all’Italicum”, “Oggi il Quirinale firmerà la legge. L’opposizione chiede il referendum”.
A centro pagina: “RaiWay, inchiesta su Mediaset, ‘Aggiotaggio su quell’Opas’”, “La Procura sospetta arricchimenti illeciti”.
Sulla colonna a destra la “copertina” dell’inserto R2: “La guerra dei Le Pen ultimi reali di Francia”, di Bernardo Valli.
A fondo pagina, le anticipazioni dal libro del pm Nino di Matteo: “Il pm Di Matteo: ‘Vent’anni dopo la mafia tratta ancora con lo Stato’”.
La Stampa: “Il governo apre sui premi ai docenti”, “Un comitato affiancherà i presidi nella valutazione degli insegnanti da promuovere”, “Massiccia adesione allo sciopero contro la riforma della scuola, quasi 300 mila in piazza. Grasso e Boldrini: ascoltiamoli”.
In prima il richiamo ad un’intervista al segretario federale della Lega Nord: “Salvini: mai il partito unico con Forza Italia”.
Sulla colonna a destra: “Intesa lontana sulla Grecia. E le Borse affondano”, “Gli Usa difendono Atene”.
In prima anche l’intervista allo scrittore Hanif Kureishi sulle elezioni in Gran Bretagna: “Cameron? Una finta crescita”, “Farage farà flop”.
E un’intervista all’ex ministro egiziano Amr Moussa: “Nel mondo arabo regna l’anarchia”, “Troppi interventi dall’esterno”.
Il Sole 24 ore: “Allarme-Grecia in Borsa. Balzo dei tassi in eurozona”. “Lo stallo sugli aiuti affonda il listino di Atene e schiaccia i mercati Ue. Milano -2,76 per cento”. “Bund nel mirino, vendite su Bonos e Btp. Spread a 129”.
In alto: “Docenti e studenti in piazza. Renzi: governo aperto al dialogo”. Accanto “tutti i pro e i contro del disegno di legge che cambia la scuola”.
A centro pagina: “Reverse charge verso il no della Ue”. “La Commissione pronta a bocciare l’estensione alla Gdo del regime Iva di inversione contabile”. E poi: “Bruxelles: l’Italia dica come compensare i rimborsi sulle pensioni”.
A fondo pagina: “Eitowers, consiglio indagato per aggiotaggio”. “Nel mirino della Procura di Milano l’Opas su Raiway lanciata a febbraio e bocciata dalla Consob”.
Da segnalare anche una intervista al sindaco di Milano Pisapia: “Milano torna guida del Paese”.
Il Giornale: “Rolex sfiducia Renzi”. “Figuraccia del governo”. “Il premier e Alfano affiancano il marchio ai black bloc. E l’azienda si ribella”. “E i ministri si inventano trucchi per non rimborsare i pensionati”.
Di spalla: “I pm contro Mediaset. Inchiesta su Eitowers per le antenne Rai”. “Fare impresa è un reato se ti chiami Berlusconi” il titolo di un commento di Salvatore Tramontano.
A centro pagina, con foto della Presidente della Camera: “La Boldrini caccia chi vuol parlare un minuto”. “La Russa espulso dall’Aula”.
E poi la “rivolta contro la riforma dell’istruzione”: “La scuola è inespugnabile come la Russia per Napoleone”. E ancora: “Ma il disastro più grave è la famiglia che non educa”.
Il Fatto: “L’ultimo regalino di Napolitano: Serra, l’uomo delle Cayman, è commendatore”, “Il 27 dicembre, poco prima di dimettersi, Re Giorgio ha inserito il finanziere di Algebris, amico di Renzi, nella lista delle onorificenze che il suo incolpevole successore Mattarella dovrà annunciare il prossimo 2 giugno”.
A centro pagina: “La scuola sfiducia Renzi”, “Cortei in tutta Italia: oltre 500 mila persone contro la riforma e la ‘dittatura del preside’. ‘Mai più Pd’ urla la piazza che si sente tradita. Il premier: ‘Ascoltiamo ma dobbiamo cambiare sistema’. Al Senato il provvedimento rischia,, dopo i 50 no targati dem alla legge elettorale”.
In taglio basso, “Premier granturismo”: “Matteo e i suoi cari a Bolzano con due aerei e un elicottero”, “Tour con 20 persone, tra cui 10 deputati del Pd”, “I 5 Stelle scoprono i voli elettorali del capo del governo camuffati da visite istituzionali alla vigilia delle comunali in Trentino Alto Adige. Per trasportare la comitiva, mobilitato il 31° stormo dell’Aeronautica militare con due Falcon (al costo di 9 mila euro l’ora) e un terzo velivolo (8.400 euro l’ora)”.
In prima il richiamo all’intervista del quotidiano a Paolo Maddalena, presidente emerito della Corte costituzionale: “’L’Italicum è illegittimo, infatti sparano alla Consulta’”.
Scuola
Il Corriere della Sera: “Renzi apre alle modifiche. ‘Ma il futuro non è in mano ai sindacati'”. Dove si legge che “le aperture del premier possono essere ‘sulle modalità di assunzione’ dei precari” o “sul potenziamento dei poteri del consiglio d’istituto, ma su tutto il resto figuriamoci ‘se ci mettiamo a concertare'”. Il quotidiano scrive che “Renzi immagina un preside che deve essere valutato ed eventualmente sanzionato se la scuola non è all’altezza: poteri insieme a responsabilità, reali”. Può essere “coadiuvato da un comitato di valutazione”, ma “sullo scegliere i docenti il potere del preside-sindaco non può essere intaccato”.
Fabrizio Forquet sul Sole si chiede “chi ha paura del merito” e della valutazione, di una “governance che privilegi la qualità dell’insegnamento e l’efficienza organizzativa”, e aggiunge che “ci sono migliaia di insegnanti in Italia, forse la maggioranza, che vogliono una scuola che cominci finalmente a premiare i migliori docenti, che insegni quello che più serve a un ragazzo che dovrà trovare un buon lavoro”, e poi “c’è un blocco sindacale che guarda con diffidenza a tutto questo”. Dunque il ddl del governo rischia “continuamente di perdere pezzi sotto la pressione delle resistenze sindacali e di una parte dello stesso Pd”, infine con le modifiche sul tema della autonomia dei presidi. “Rispunta, così, una mentalità collegiale nella gestione dell’istruzione che ha fatto fin troppi danni da quando si è affermata negli anni 70”. L’invito a Renzi è di insistere, perché “dopo aver vinto sul lavoro, non si può cedere proprio sulla scuola, la riforma simbolo di un governo che vuole il cambiamento”.
Su La Repubblica, pagina 2: “La rabbia dei professori invade le piazze italiane. Renzi: vi ascolteremo”, “’Ma senza questa riforma il Paese non cambia’. I sindacati: eravamo mezzo milione, basta promesse”. E il “racconto” della manifestazione a Roma di Maria Novella De Luca: “’Non ci comprerete con un’assunzione’. Anche i precari tra i ribelli”.
La pagina seguente, con il “retroscena” di Francesco Bei: “E il premier chiama i parlamentari pd: ‘Ritocchi possibili senza stravolgere’”, “La linea: dialogo sul merito, l’obiettivo resta. Oggi il summit di deputati e senatori dem”. I punti su cui, secondo Bei, il premier non intende indietreggiare, sono l’autonomia scolastica e la facoltà dei presidi di scegliersi ‘il team’, ovviamente selezionando gli insegnanti in base al curriculum, ma solo tra i vincitori di un concorso nazionale. Un altro dei caveat imposti dal premier riguarda l’unicità del provvedimento: “perché a Palazzo Chigi si sono convinti che l’obiettivo dei sindacati, e in generale dei nemici della riforma, sia quello di arrivare a un decreto legge per l’assunzione dei precari, lasciando che il ddl finisca su un binario forte. ‘Invece le assunzioni e la riforma -osserva il senatore Andrea Marcucci- fanno parte dello stesso progetto. E chi proverà a far saltare la delega dovrà poi risponderne davanti a quei 160 mila precari che non saranno assunti”.
A pagina 4 de La Repubblica, un “dossier” illustra i punti cardine della riforma. Le assunzioni: 1 settembre 2105, entrano in ruolo 101.701 precari presi dalle graduatorie a esaurimento e sulle materie mancanti dalla seconda fascia. Nel 2016 concorso per altri 60.000 docenti. Le critiche: tra gli assunti a settembre sono esclusi gli idonei del concorso 2102 (seimila, che non potranno partecipare neanche al concorso 2016). I dirigenti: sentiti gli organi collegiali, sceglieranno i nuovi docenti in albi territoriali e proporranno al Consiglio valutazione e bonus per gli insegnanti. Le critiche: i futuri presidi-manager avranno comunque super-poteri. Oggi le funzioni per cui si sceglie dall’albo territoriale, si premiano e si valutano le prestazioni dei docenti esistono già, ma sono mediate dagli organi collegiali. E l’albo territoriale dei provveditorati Regione per Regione secondo i sindacati cancellerebbe il diritto del docente ad insegnare nella scuola gradita. Gli istituti paritari: per questi è prevista una detrazione fiscale sulla retta pari a 400 euro per ogni studente, limitata alla scuola dell’infanzia e al primo ciclo (elementari e medie). Le critiche riguardano i dubbi sul finanziamento dello Stato alle scuole paritarie. Sono solo alcuni dei capitoli di questo articolato dossier del quotidiano sulla riforma.
Su La Stampa, pagina 3: “Renzi apre sui premi ai docenti. Un Comitato affiancherà i presidi”, “Un emendamento ridurrà i poteri dei dirigenti, ma non sulla scelta dei prof”. Scrive Francesca Schianchi che un emendamento Pd approvato in Commissione cultura fa sì che il Piano dell’offerta formativa non sarà più solo in capo al preside: lui darà l’indirizzo, ma il piano verrà elaborato dal Collegio dei docenti e approvato dal Consiglio d’istituto. C’è poi un altro emendamento Pd che, secondo La Stampa, verrà approvato con la benedizione del governo e che riguarda i premi ai docenti (per cui sono stati stanziati 300 milioni di euro): non più una scelta del solo preside nell’individuare i più meritevoli, perché sarà affiancato da un Comitato di valutazione nominato dal Consiglio d’istituto.
Il Fatto: “Linea soft di Renzi fra paure elettorali e fronda al Senato”, “Il presidente del Consiglio conciliante: ‘Ascolteremo’. La Commissione Cultura della Camera sta riscrivendo il testo per non scontentare l’opposizione interna”.
Su La Stampa, pagina 2, un intervento di Marco Rossi Doria: “Qualcosa non ha funzionato. Bisogna fermarsi e riflettere”, “Il processo è ben avviato e dopo anni il governo ha investito, ma ora è necessario riprendere il dialogo che è venuto meno”.
Italicum
Su La Repubblica, pagina 6: “Italicum oggi Mattarella firma, parte la corsa al referendum. Il premier: ‘Io non mollo’”, “Le opposizioni tentano la rivincita. Calderoli: ‘Tutto pronto’. La minoranza dem ora punta sulla riforma del Senato”.
E sulla stessa pagina il “retroscena” di Goffredo De Marchis: “Il tre sì del capo dello Stato alla nuova legge elettorale”. E’ orami “questione di ore”, secondo il quotidiano, la firma di Mattarella. Il capo dello Stato ne avrebbe parlato con alcuni ministri e alcuni parlamentari a lui vicini come Francesco Garofani (Pd). Questo il pensiero di Mattarella come riferito dal quotidiano: “Il Consultellum, ovvero la norma uscita dalla Consulta in seguito alla bocciatura della legge Calderoli, era frutto del lavoro dei giudici della Consulta. L’Italicum invece è un prodotto del Parlamento. Significa che i partiti e i parlamentari si sono ripresi il ruolo che gli assegna la Costituzione: fare le leggi compresa la legge elettorale”.
Sul Corriere una intervista a Gianni Cuperlo: “Dopo lo strappo servono aperture serie. Io do una mano, se la direzione è giusta”. Cuperlo dice di non credere che la legislatura arriverà fino al 2018, dice che ora vuole capire se le “aperture” sulla riforma della Costituzione sono “una cosa seria e si può entrare nel merito”, ribadisce che Renzi è il leader del Pd ed ha diritto di guidarlo. “A non convincermi è il decisionismo come fine”. Risponde anche ad una domanda su quello che sarebbe il “Vietnam” al Senato sulla riforma della Costituzione (“Lasciamo stare il Vietnam”).
Un altro articolo spiega che sull’Italicum “il fronte referendario è già diviso”, con i grillini che “si sfilano” (Di Battista ha detto che il referendum va fatto sulle “cose importanti”).
Sul Sole viene intervistato Luigi Zanda: “Vietnam in Senato? Alla fine prevarrà la responsabilità”. Dice che è “molto importante” la manifestazione di apertura a cambiamenti sulla riforma costituzionale da parte del governo, preannuncia che si aspetta “modifiche” nella composizione dei gruppi: pur non avendo “mai chiesto a a un senatore di entrare nel Pd” dice di aspettarsi ingressi nel gruppo dopo le elezioni regionali.
Su La Repubblica, pagina 7: “Civati verso l’addio, ‘Non posso più restare, lascio il Pd, anche da solo’. L’ipotesi di un gruppo con Sel”.
Il Giornale: “Il premier esulta per l’Italicum ma il Colle nega la firma sprint”. “Renzi in tour elettorale: la politica ritrova dignità. Ai suoi fedelissimi però ordina di reclutare senatori per evitare sorprese a Palazzo Madama. I grillini tornano alla carica sui voli di Stato”.
Stefano Folli firma la sua rubrica “il Punto” su La Repubblica e si sofferma sui “segnali di Renzi all’ex Cavaliere nascosto nell’Italicum”. Secondo Folli Renzi intende favorire la ricostruzione del centrodestra ed ha fatto capire a Berluscn che è una buona idea procedere sulla via del cosiddetto ‘partito repubblicano’. Renzi si muove nella speranza che il fronte berlusconiano riesca a riguadagnare un po’ di consensi e tagliando l’erba sotto i piedi alle formazioni populiste e anti-sistema (Grillo, Salvini e Fratelli d’Italia): “se i ‘repubblicani’ di Arcore conquistassero il diritto al ballottaggio, la minaccia di Salvini e Grillo sarebbe rintuzzata e le urne del secondo turno sorriderebbero al ‘listone’ renziano”.
Centrodestra
La Stampa, pagina 7: “Centrodestra prigioniero di Berlusconi che non se ne andrò”. Si tratta del “retroscena” di Amedeo La Mattina, secondo cui l’ex Cav è ancora convinto di poter essere il federatore di uno schieramento che darà filo da torcere a Renzi alle prossime politiche, “Repubblicani contro Democratici, come avviene negli Stati Uniti. E’ questo il suo nuovo sogno al quale però non crede Matteo Salvini”. Poi si cita il pensiero che avrebbe espresso lo stesso Berlusconi: “Anche Salvini si convincerà della necessità di fare una lista unica e noi ne saremo il traino, Forza Italia sarà il primo partito di questa alleanza”.
Sulla stessa pagina, intervista al segretario della Lega Nord: “Ma Salvini lo gela: listone di centrodestra? ‘Mai, non mi sciolgo in Forza Italia’”, “’Al ballottaggio voglio arrivarci, però con il mio progetto’”, “’L’Italicum fa schifo, ma se Renzi è convinto di avere già la vittoria in tasca, si sbaglia’”, “La Lega sta crescendo velocemente. L’anno scorso eravamo al 4%, oggi siamo stimati dai sondaggi al 14%”.
La Repubblica: “La svolta di Berlusconi: ‘In autunno il congresso per il Partito repubblicano’”, “Il leader forzista ha già invitato un testimonial d’eccezione: Bush junior. A giugno la macchina organizzativa. Contatti con Lega e Fratalli d’Italia”.
Manifestanti con il Rolex
Il Giornale dà spazio alla “lettera garbata e furibonda” che l’Ad di Rolex ha scritto a mezzo stampa al premier Renzi e al Ministro Alfano che “in sostanza rifila uno schiaffone alla coppia: ‘Per favore, piantatela di associarci a questi delinquenti col cappuccio. Noi non c’entriamo con gli scontri di Milano, ma voi continuate a tiraci per la giacchetta, a parlare e sparlare di anarchici con fantomatici Rolex al polso e così, di questo passo, state massacrando ottant’anni di storia e di presenza in Italia’”. Il quotidiano ricorda che è stato “Renzi a dare la linea” con la frase: “Mentre quelli con il Rolex spaccavano le vetrine, altri si sono impegnati a ripulire”. Poco dopo il ministro Alfano: “In piazza a Milano ho visto farabutti con il cappuccio e figli di papà con il Rolex”. Per questo oggi la Rolex ha comprato una pagina di pubblicità su tutti i quotidiani per – come scrive il quotidiano di Sallusti – tirare “le orecchie del premiato duo, piazzando una raffica di puntini sulle martoriate i”. Rolex spiega che “dalla qualità delle foto e dei video diffusi dai media è improbabile poter desumere un’affidabile identificazione come Rolex e ancor più come Rolex autentico dell’orologio indossato dai facinorosi” e che comunque “c’e stato l’inaccettabile affiancamento dell’immagine di Rolex alla devastazione di Milano e all’universo della violenza eversiva”.
Ne scrive anche nella sua rubrica in prima su La Stampa Massimo Gramellini: “Parolex, parolex, parolex”. “In Italia puoi offendere chiunque, tranne la mamma e il Marchio, non sempre in quest’ordine. E’ bastato che Renzi e Alfano definissero gli scassavetrine di Milano ‘figli di papà col Rolex’ perché qualcuno prendesse cappello. Non i figli di papà ma la Rolex, che ha comprato una pagina di pubblicità per chiedere al governo una rettifica formale”, scrive Gramellini. Ma sarà vero Rolex, chiede l’azienda? “La preoccupazione dell’amministratore delegato dell’azienda è comprensibile. Il Rolex autentico -sottolinea Gramellini- è un oggetto esclusivo del desiderio. Che diventi regalo al figlio dell’ex ministro Lupi non inficia la sua natura pregiata. Anzi. Mentre ritrovarlo al polso di una black bloc gli toglie senz’altro valore”.
La lettera aperta dell’amministratore delegato della Rolex si può trovare su La Repubblica (pagina 8) e sul Corriere (pagina 8).
Internazionale
La Repubblica, sulle elezioni domani in Gran Bretagna: “Tory e Labour testa a testa, caccia al voto proletario’”, “Cameron e Miliband pari nei sondaggi. Decideranno i giovani e i ceti più deboli”, scrive Enrico Franceschini da Londra.
E di fianco un’intervista allo scrittore Adam Thirlwell: “Ingiustizie scandalose, il nuovo governo lotti per i poveri”.
Il Giornale: “Londra, due leader sbiaditi verso un governo dimezzato. Cameron e Miliband potrebbero essere costretti ad allearsi. Colpa della crisi ma anche del confronto impietoso con Blair e Thatcher”.
Il Corriere della sera: “Londra al voto, il rebus del governo”. “Né i conservatori né i laburisti dovrebbero ottenere una maggioranza chiara. E già si pone la questione della ‘legittimità’ di un esecutivo di minoranza”.
Ancora sulle elezioni inglesi il Corriere intervista Martino Wolf del Financial Times: “‘Il business non si fida più di Cameron. Prevedo Miliband a Downing Street'”. Secondo Wolf nessuno avrà la maggioranza, “Cameron farà resistenza ma alla fine probabilmente avremo un guidato da Miliband con l’appoggio esterno degli scozzesi su singole leggi. Non una coalizione”. Wolf dice anche che se vince Cameron “è più vicino il referendum, non l’uscita dall’Europa”. “Un vero leader sa che la regola fondamentale della politica è sapere quando devi decidere qualcosa. Questo non è il momento di decidere sull’Europa”.