Le aperture
Il Corriere della Sera: “Merkel, elogio senza sconti”. “La Cancelliera tedesca: impressionata dagli interventi strutturali”. “Renzi illustra le riforme e promette: rispetterò i vincoli”. In alto: “Putin non si ferma. Scattano le sanzioni di Europa e Usa”.
La Repubblica: “Merkel promuove Renzi”, “’Impressionata dalle riforme italiane’. Monito sul Fiscal compact”.
Di spalla a destra: “Crimea, le sanzioni dell’Occidente agli uomini di Putin”.
La Stampa: “Merkel promuove Renzi”, “’Impressionata dal piano di riforme’. Maggiore flessibilità ai conti italiani”.
Sotto la testata: “Putin: la Crimea è libera. Obama, via alle sanzioni”, “Usa e Ue colpiscono gli uomini del presidente”.
Il Fatto: “Renzi ‘impressiona’ la Merkel. Ma si vende la portaerei”, La Cancelliera usa per il premier le stesse parole riservate a Monti, non si impunta su deficit e coperture ma chiede riforme e un governo che duri. Palazzo Chigi: ‘I soldi servono per la crescita’. Tagli alla Difesa: addio alla ‘Garibaldi’”.
In taglio basso, sulla Procura di Milano: “L’inchiesta segreta e le guerre che spaccano la Procura”, “L’atto di accusa al Csm del pm Robledo contro il suo capo Bruti Liberati”.
Il Sole 24 Ore: “Renzi-Merkel, positiva la riforma del lavoro”. “Il premier: ora crescita. Cauta apertura della Cancelliera”. “Ribadito il rispetto del 3 per cento”. Il quotidiano parla anche di un appello Squinzi-Grilli (Bdi): “La Ue rilanci l’industria”. In evidenza anche l’editoriale del direttore sul nuovo formato multimediale del quotidiano.
L’Unità: “Merkel-Renzi, via libera”.
A centro pagina: “L’Europa avverte: Berlusconi ineleggibile”. “La commissaria europea alla giustizia Reding: norme europee sono chiare. E oggi la Cassazione fissa l’interdizione ai pubblici uffici”.
Il Giornale dedica il titolo più grande ai “disobbedienti”, “l’Europa dice no, ma per Berlusconi un fiume di firme: deve candidarsi”. L’iniziativa del quotidiano è arrivata a quinidicimila firme, “e non è finita”, scrive Salvatore Tramontano. Sulla visita di Renzi: “’Molto colpita da Renzi’, però la Merkel non molla il guinzaglio all’Italia”. A centro pagina “il boom degli anti-Euro”, “sono in testa nei sondaggi” in Europa, con foto di Marine Le Pen, Nigel Farage e Heinz Christian Strache (del Fpo austriaco).
Merkel-Renzi
Il Jobs Act “va nella giusta direzione”, ha detto la cancelliera Merkel, secondo quanto riferisce La Stampa. Ed ha aggiunto, facendo evidentemente riferimento alla Agenda 2010 del suo predecessore socialdemocratico Schroeder con cui vennero riordinati i sussidi di disoccupazione, che “in base all’esperienza tedesca le riforme trovano sempre entusiasmo in alcune parti ma diffidenza in altre”. Perché, come ricorda l’autrice dell’articolo, Tonia Mastrobuoni, i socialdemocratici non si sono mai più ripresi dall’emorragia di voti che l’Agenda 2010 costò. Renzi ha ribadito l’impegno a rispettare le regole sul bilancio europee: “faremo le riforme perché ce lo chiedono i nostri figli, non perché ce lo chiedono i partner europei”. e allo stesso tempo ha fatto riferimento all’esempio tedesco : “nella Germania troviamo un punto di riferimento”, ha detto, insistendo sull’importanza di cambiare “le regole del gioco: la pretesa di creare posti di lavoro attraverso una legislazione molto precisa, restrittiva, è fallita”. Ma sulla stessa pagina si evidenzia come il ministro delle Finanze tedesco Schauble resti “freddo” e chieda “rassicurazioni sulla durata dell’esecutivo”: questo sarebbe il contenuto dell’incontro che ieri ha avuto con il suo omologo Padoan. Nel “retroscena” sullo stesso quotidiano si riassume così il senso del vertice italo-tedesco: “’Rispetteremo il tetto del 3%’. Il premier rassicura Berlino e incassa maggiore flessibilità”: sulla possibile “lievitazione” di uno 0,2-0,3% nel rapporto deficit-Pil, secondo La Stampa non sarebbe stato espresso un veto all’Italia, ma sarò necessario verificare nel concreto come la questione verrà posta.
Su La Repubblica: “E Matteo tira un sospiro di sollievo, ‘Il deficit può salire ma sotto il 3%”. scrive il quotidiano che la cancelliera ha chiesto a Renzo i dettagli sui tempi di attuazione del programma: “qui abbiamo visto troppi premier italiani fallire”, era il commento che filtrava informalmente negli ambienti della cancelliera. Dove però si percepisce il pericolo dell’onda euroscettica, che in Italia Renzo potrebbe fermare. L’idea del governo italiano sarebbe di aspettare l’autunno per chiedere a Bruxelles -forti della credibilità che Palazzo Chigi spera di intestarsi facendo approvare le riforme in Parlamento e dimostrando che il governo durerà- di non contare nel deficit gli investimenti che aumentino il Pil in modo strutturale”.
Il Fatto: “Renzi convince la Merkel a credere alle sue promesse”, “La Cancelliera non farà la guerra sugli zero virgola, preferisce le riforme strutturali e un governo che duri. Ma il tetto del 3% al deficit resta”.
Secondo Stefano Folli, sul Sole 24 Ore, nell’incontro Renzi Merkel non si è parlato solo di “grande politica”, ma anche del voto europeo di maggio, perché anche la Germania punta a “prosciugare l’acqua in cui nuotano le forze euroscettiche”, da Grillo alla Lega a Berlusconi. E dunque l’avvento in Italia del “’populista buono’” Renzi “non può che confortare la Cancelliera”.
Il Giornale, con Nicola Porro (“Il matteostaisereno di Angela”) ricorda che Merkel pronunciò le stesse parole (“favorevolmete impressionata”) due anni fa con Mario Monti, e ricorda che la Germania ha interesse a “tenere sotto controllo il nostro debito” che “purtroppo per i tedeschi e per fortuna nostra è denominato con la stessa moneta”.
Per tornare al Sole 24 Ore, Dino Pesole definisce “quasi scontata l’apertura di credito” di Merkel all’Italia, e ricorda che ora la battaglia si sposta a Bruxelles, sui margini di flessibilità all’interno del 3 per cento o anche sulla clausola di flessibilità per investimenti pubblici cofinanziata dalla Ue e negata al governo Letta.
Anche L’Unità dedica molta attenzione alla missione del premier italiano in Germania, con una intervista all’economista Jean Paul Fitoussi Fitoussi firmata da Umberto de Giovannangeli. Fitoussi ribadisce la necessità di portare avanti la battaglia contro l’austerità (“Premier coraggioso nella battaglia contro l’austerità” il titolo). Da segnalare anche una intervista al sottosegretario Pier Paolo Baretta (“Prossima mossa: superare il patto interno di stabilità”), con un commento dal titolo “C’era una volta il vincolo esterno”.
Sul Sole 24 Ore si fa il punto sulle misure di revisione della spesa di Cottarelli, con le misure previste per la Pa, la sanità, le pensioni. Secondo il quotidiano nel 2014 il piano del Commissario alla spending review dovrebbe portare”ben 2,2 miliardi per l’innalzamento “degli standard di efficienza della macchina burocratica soprattutto facendo leva su un giro di vite sugli acquisti di beni e servizi per 800 milioni e sugli stipendi dei dirigenti pubblici per 500 milioni”. Altri 2 miliardi verrebbero dalla riduzione dei trasferimenti statali e regionali al settore dell’autotrasporto.
Anche il Corriere torna sul tema del possibile taglio di spese militari: “Tagli, dimezzati i caccia F35 e l’ipotesi di vendere la Garibaldi”. Il quotidiano dice che il programma per gli aerei F35 scenda da 90 a 45 aerei, spendendo così nei prossimi dodici anni non più 12 ma 6 miliardi di euro. “Nessuna uscita dal programma dunque, ma una corposa rinegoziazione, visto che il numero dei caccia non è fissato dal contratto”. Anche la ipotizzata vendita della portaerei Garibaldi, “affiancata dal 2009 dalla più moderna Cavour”, non servirebbe tanto a fare cassa (“anche se qualche offerta informale” pare essere arrivata) ma ad eliminare le cosiddette “ridondanze operative”, ovvero il “sovrapporsi di mezzi che hanno funzioni analoghe, difficili da sostenere in tempi di spending review”. In tutto il governo punta a risparmiare 1 miliardo e 100 milioni all’anno per i prossimi quindici anni.
L’editoriale del Corriere, firmato dagli economisti Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, è titolato oggi “Scorciatoie ingannevoli” in cui si elencano le “tre salite” che il premier deve scalare: la riforma del lavoro, con l’opposizione prevedibile della Cgil, il taglio dell’Irpef con il taglio della spesa (“O il ciclista Renzi ha una strategia per la salita della montagna ‘spesa pubblica’ ma strategicamente la tiene nascosta ai suoi avversari, oppure sta arrancando ed è già senza fiato”) ed il nodo delle tasse. Su questo i due ricordano al governo che la delega fiscale appena approvata in Parlamento “offre una occasione per rivedere in modo complessivo il nostro sistema fiscale”, che continua a tassare (e questo “è ingiusto) il lavoro in modo progressivo e in modo proporzionale il capitale.
Berlusconi
L’Unità dà spazio alle dichiarazioni della Commissaria europea alla giustizia Reding, interrogata ieri su una candidatura di Berlusconi alle elezioni Europee: “Le norme Ue sono molto chiare”, la sua risposta.
Su Il Giornale: “Anche la Ue teme il Cav. Stop alla sua candidatura”. Dove, alle dichiarazioni di Reding, risponde il Cav: “Eliminano il leader di milioni di italiani. Certo non me ne sto zitto”. In realtà questo è quel che Berlusconi “ripete in privato”, spiega l’articolo. Ieri a Reding hanno risposto Renato Brunetta e Daniele Capezzone. E si ricorda che anzi domenica era attesa una nota che escludeva la candidatura di “parlamentari nazionali” di Forza Italia alle elezioni europee.
Il Fatto intervista il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti, che ha organizzato la raccolta firme dei “non traditori” per la candidatura di Silvio Berlusconi alle elezioni europee: “Non consulto B. Se non vado bene mi può cacciare”, dice aggiungendo che firmerà anche per la richiesta di grazia su cui Daniela Santanché sta raccogliendo a sua volta le firme per una petizione.
La Repubblica riferisce ampiamente delle parole del commissario europeo alla Giustizia Viviane Reding e titola: “Berlusconi candidato, stop della Ue, ‘Sui condannati le norme sono chiare’”.
Sullo stesso quotidiano, intervista al capogruppo dei senatori di Forza Italia Paolo Romani: “Inopportune le firme per la grazia”. Dice Romani: “checché ne dica la signora Reding, il presidente ha tutto il diritto di candidarsi”, ma l’iniziativa della Santanché non la condivide perché “la pacificazione, che potrebbe passare anche attraverso un provvedimento di clemenza che consenta a Berlusconi di recuperare piena agibilità politica” è “un “discorso delicato, che deve essere condiviso da tutte le forze politiche”.
Romani, scrive il Corriere della Sera, ha sentito personalmente il Cav, che avrebbe giudicato “fuori linea” iniziative come la raccolta di firme, le manifestazioni di piazza, e appelli per la grazia come quello di Santanché. E questo perchè il Cav avrebbe in mente “ben altro”: “entrare nel governo dopo le europee”, come titola il quotiiano milanese. Berlusconi infatti sarebbe convinto che Forza Italia non andrà male alle elezioni europee, mentre la coalizione di maggioranza non andrebbe sopra il 40 per cento. E visto che al Senato il cammino per le riforme è complesso, Berlusconi penserebbe di sostituire il Ncd in maggioranza per costruire la “grande coalizione anti-austerity” teorizzata da Brunetta.
La Stampa: “Anche l’Europa dice no a Berlusconi”, “Gelo della Commissione Ue sulla candidatura. Tremonti forse in lista nel Nord-Est”.
Ucraina
Sul Sole 24 Ore: “Europa-Stati Uniti, scattano le sanzioni”. Si ricorda che l’Europa ha elencato 21 personalità russe e ucraine, mentre gli Usa hanno colpito con “sanzioni più incisive” il “potere russo al vertice del Paese”. L’Ue ha evitato di inserire nella lista “ministri o dirigenti d’azienda”, come i presidenti di Gazprom o Rosfnet. Un diplomatico europeo ha parlato di “soluzione equilibrata”. “Lanciamo un messaggio alla Russia ma senza esagerare”, dice, citato dal quotidiano. Washington invece ha colpito anche i “consiglieri di Putin”.
Su La Stampa Anna Zafesova spiega come siano sette gli alti dirigenti russi nella lista americana e tredici in quella europea, con solo tre nomi che coincidono. Sembrano pochi, ma potrebbero essere “i nuovi pionieri della nuova Grande guerra fredda”. Alcuni sono “semplici esecutori” del meccanismo propagandistico, altri sono “artefici della crisi”. Come Sergej Glazev, economista consigliere di Putin per l’integrazione con i Paesi ex sovietici, che negli ultimi tempi era stato visto spesso a Kiev, impegnato a coalizzare il fronte filo-russo e consigliare il presidente Yanukovich. In entrambe le liste mancano nomi come quello di Igor Sechin, boss della major petrolifera Rosneft: Bruxelles ha seguito il criterio formale di colpire, insieme ai dirigenti del “governo della Crimea” a ai militari russi che comandano l’invasione, gli esponenti della Duma più attivi, come Mironov, che ha porposto una legge per far entrare la Crimea nella Russia senza troppe formalità.
“Le sanzioni Usa e Ue non spaventano nessuno”, titola Il Fatto. Si tratta di un’analisi di Giampiero Gramaglia dove si sottolinea che ben più efficace sarebbe un embargo, ma “in tempi grami” sarebbe un azzardo.
La Repubblica: “Colpiti i consiglieri di Zar Vladimir, ma si salvano i big dell’energia”. Sul quotidiano si dà conto anche del “grido d’allarme” lanciato dalle piccole e medie imprese italiane: “La Russia è il nostro primo cliente, adesso siamo preoccupati”.
Del resto, se si arriva alle pagine dell’Economia de La Repubblica, la notizia che riempie una intera pagina è la seguente: “La russa Rosneft nuovo socio forte di Pirelli”, “Ha il 13% della Bicocca”. La partnership con Mosca si amplierà, scrive il quotidiano.
Su La Stampa: “Gli affari continuano: i russi in Pirelli”, “Rosneft investe 500 milioni per il controllo del 13%”. E sulla stessa pagina: “Mosca spinge il business con l’Ue per scongiurare il deficit nel 2015”.
Massimo Gaggi, sul Corriere della Sera, si occupa delle reazioni negli Usa, dove “c’è chi si chiede se la diplomazia sia l’unica via per risolvere la crisi tra Russia e Ucraina”, mentre il Wall Street Journal chiede anche il rafforzamento di azioni “militari”, come il “rafforzamento dei dispositivi militari e il dispiegamento di nuove forze Nato in Polonia e nei Paesi baltici per contrastare il revanscismo della Russia che cerca di riportare le lancette della storia al diciannovesimo secolo”. Il quotidiano fa notare che le sanzioni approvate dagli Usa non colpiscono personalmente Putin “nè le figure chiave del mondo economico russo e del suo sistema bancario”.
Lo stesso quotidiano dà notizia delle dichiarazioni di Mikhail Gorbaciov, che sembra appoggiare il ritorno della Crimea alla Russia, “unita all’Ucraina dalle leggi sovietiche” (nel 1954 ndr). “Oggi la gente ha fatto la sua scelta e corretto l’errore”.
Dal Sole 24 Ore si ricorda che in Crimea la moneta sarà il rublo, affiancato fino al primo gennaio 2016 dalla grivna ucraina (“un passaggio morbido”, come aveva detto il premier della Crimea). Ma per ora, nel decreto firmato ieri, Putin ha solo riconosciuto l’indipendenza della Crimea. Tutti si aspettano l’accettazione russa nella Federazione, e l’integrazione nella russia dovrebbe essere un passaggio successivo, scrive il quotidiano di Confindustria. Il titolo è “La Russia riconosce la Crimea”. Il Giornale: “Putin accelera: Crimea sovrana e indipendente”.
E poi
Sul Sole 24 Ore da segnalare un articolo dedicato al dibattito in Gran Bretagna in vista del referendum promesso da Cameron ai suoi concittadini sull’Unione Europea. “I paletti di Cameron per restare nella Ue. Il premier chiede a Bruxelles di restituire agli Stati poteri che ha accentrato”.
Uno dei commenti del quotidiano di Confindustria è dedicato alla Serbia, che “vuole l’Ue”, ancor di più “dopo la vittoria del liberista Vucic”, che è anche europeista, anche perché “l’europeismo in Serbia è sinonimo di consenso”. “La speranza, a Belgrado come a Bruxelles, è che l’Europa accompagni e non freni”.