Il Corriere della sera: “Iraq, il piano del governo”. “Tornado in azione entro un mese”. “Lancio dei missili russi sulla Siria”. “Lotta all’Isis: l’attacco consentito dalla risoluzione del 2014. Pinotti: la coalizione ci chiede di intervenire”.
In alto anche: “Italiano rapito, pista islamica”. Ieri nelle Filippine è stato rapito il proprietario di una pizzeria.
A centro pagina: “Femminicidio, ci stiamo rassegnando?” dopo la notizia della uccisione di una madre ventenne. Ha confessato il suo ex compagno, che aveva denunciato per stalking.
E poi: “Marino e l’inchiesta sulle spese: ‘Restituisco tutto’. Altre smentite sulle cene dichiarate”.
Di spalla un articolo di Massimo Gaggi sulla vicenda dell’ospedale di Medici senza frontiere colpito dagli Usa in Afghanistan: “Le scuse di Obama e la trasparenza che manca sul caso Kunduz”.
La Repubblica: “Marino, ipotesi dimissioni, il Pd lo scarica”, “Il sindaco di Roma: ripago 20mila euro di cene e rinuncio alla carta di credito del Comune”, “Riforme, il governo tiene con i voti di Forza Italia”.
E a questo tema è dedicato il commento in prima di Sebastiano Messina: “Il dovere di lasciare”.
Poi, con foto in evidenza, una notizia di cronaca: “Denuncia l’ex per stalking, uccisa il giorno del processo”, “La ragazza, ventenne, aveva una figlia”.
A centro pagina: “Filippine, italiano rapito, ‘E in mano alla jihad”.
Sulla crisi siriana: “Missili russi dal Caspio. Si sfiorano Mig e jet Usa”.
Sulla colonna a destra, un intervento di Marianna Mazzucato: “Un’agenda per la sinistra (e non solo per Corbyn)”, “L’economista spiega i motivi dell’ingresso nel think tank laburista”.
La Stampa: “Putin scatena i missili sulla Siria”, “lanciati dalle navi russe, caccia Usa rischia di essere colpito. Assad muove le truppe di terra”, “Missione italiana, Pinotti: avanti, ma nessuna decisione presa. Hollande: il pericolo è una guerra che coinvolga l’Europa”.
E il “retroscena” di Fabio Martini: “Tornado, Renzi prende tempo”, “Il premier non ha ancora risposto alle richieste Usa”.
Poi un commento di Gianni Riotta: “Se l’America sceglie di non esserci”.
A centro pagina: “Marino: restituisco 20 mila euro”, “’Pago di tasca mia le spese fatte e rendo la carta di credito’. Dal Pd pressing per le dimissioni”.
Sulle riforme costituzionali: “Colle, cambia il quorum”.
Sulla colonna a destra, la notizia relativa all’accordo con Google di 30 editori in tutto il mondo. In Italia c’è La Stampa: “Notizie più veloci su cellulari e tablet. Un’intesa globale per La Stampa”. Ne scrive il direttore Mario Calabresi: “La nuova sfida del giornalismo di qualità”.
Il Sole 24 ore: “Volkswagen, via al piano europeo dei maxi-richiami”. “Il consiglio di sorveglianza invia all’Authority il progetto. Merkel: non danneggiare il settore auto”. “Balzo del titolo (+ 10 per cento). Parte l’inchiesta della Procura di Verona”.
Di spalla: “Rimborsi contestati, Marino sempre più solo. Ora anche il Pd valuta la sfiducia. Il sindaco: pago di tasca mia ma resto”.
A centro pagina: “Squinzi: sindacati freno per il Paese”. “Camusso: presidente Confindustria come bimbo offeso che porta via la palla. La replica: nessuno voleva giocare”. “Confederali divisi: sì della Cisl al tavolo della riforma. Cgil: prima i rinnovi”.
Il Giornale: “Un Marino al giorno toglie Renzi di torno”. “Il sindaco trascina il Pd nel ridicolo: ‘restituisco 20 mila euro’”.
Di spalla: “Riforme, governo salvo solo per un soffio. Scontro sul voto di Fi”. “Maggioranza risicata”.
In prima anche notizie sulle amministrative a Milano: “La Lega candida Lupi. Ma solo se rinnega Angelino”.
E poi, con foto: “I 90 anni di Caprotti, il ‘sciur padrun’ amato dai lavoratori”. Si tratta del patron della catena di supermercati Esselunga. “I dipendenti lo hanno festeggiato comprando due pagine di giornale”.
In prima anche: “Il diritto di difendersi a mano armata. Un commerciante reagisce e fredda due rapinatori. E parte il coro buonista”.
Il Manifesto ha in apertura le foto dal teatro di guerra siriano: “A Mosca cieca”, “Quattro navi da guerra russe lanciano dal Mar Caspio 26 missili su postazioni dell’Isis in Siria. ‘Esclusi i centri abitati’, assicura il Cremlino, che chiede un ‘coordinamento con gli Usa’. Al via la coalizione con Iraq e Iran. Spiazzati Stati Uniti e alleati, a partire da Turchia e Francia. Italia tentata e divisa”.
E alla guerra in Siria è dedicato il commento di Giulio Marcon: “L’attrazione fatale italiana”.
A centro pagina: “Rimpatri indiscriminati e di massa. Arriva il piano dell’Europa riunita”.
In apertura sulla colonna a sinistra, sulle unioni civili: “Il Pd presenta a sorpresa un nuovo ddl e spiazza Ncd e Fi”.
Siria, Russia, Usa. E noi.
La Stampa, pagina 2: “Missili anche dal mare e offensiva di terra. Putin si prende la Siria”, “Dopo i raid Assad invia colonne di tank: i ribelli resistono. Caccia americano cambia rotta per evitare quelli russi”. Scrive Maurizio Molinari: “E’ una pioggia di missili russi dal Mar Caspio che apre la strada all’offensiva di terra di Bashar al Assad contro i ribelli. Ad una settimana dall’inizio dei raid sulla Siria, Vladimir Putin lancia l’attacco militare russo più massiccio dalla fine della Guerra Fredda. Poco prima dell’alba da quattro navi lanciamissili in navigazione nel Mar Caspio partono almeno 26 missili Kalibr, l’equivalente dei Tomahawk americani. Ognuno porta fino a 2300 kg di esplosivo a destinazione su obiettivi distanti circa 1500 km. La rotta che seguono descrive la mappa della coalizione guidata dal Cremlino: sorvolano l’Iran di Ali Khamenei e attraversano l’Iraq di Haider al-Abadi (il premier iracheno, ndr.) per piombare sulla Siria occidentale con una raffica di esplosioni percepita quasi come un sisma nelle province di Idlib e Hama. Il ministro della Difesa di Mosca Sergei Shoigu parla di ’11 obiettivi di Isis colpiti, portando a 112 il totale in sette giorni’, ma i comandi turchi, che controllano l’area con radar e satelliti Nato, ribattono che ‘in quell’area lo Stato islamico non c’è’ e i Kalibr ne avrebbero centrati ‘solo 2’”.
Sulla stessa pagina un’analisi di Anna Zafesova: “La prima guerra alla luce del sole. Lo zar fa dimenticare l’Ucraina”, “Lo sfoggio tecnologico in tv rialza il morale a truppe e cittadini”.
A pagina 3, la corrispondenza dagli Usa di Francesco Semprini: “Obama rimane spiazzato, addio al piano per una no fly zone”, “La Casa Bianca: ‘Ma così Mosca rischia attacchi terroristici’”.
Al conflitto in Siria sono dedicate le pagine 12 e 13 de La Repubblica: “Siria, missili russi dal Mar Caspio. E un caccia ‘sfiora’ un aereo Usa”, “’Centrate basi dell’Is’. Ma l’America protesta: ‘Attaccati ribelli anti-Assad. Pinotti: sui raid nessuna decisione”.
E lo “scenario” di Nicola Lombardozzi da Mosca: “Sparare con i Kalibr è un segnale per Obama. Mosca può colpire in tutto il Medio Oriente”, “Hanno una gittata di 2.600 km. Testati a marzo, il Cremlino ha deciso di usarli nel giorno del 63esimo compleanno di Putin”.
Il Manifesto, pagina 2: “Sull’Isis da cielo, da mare e da terra”, di Chiara Cruciati: “in Medio oriente si gioca ormai a carte scoperte e la Russia pare avere in mano l’asso pigliatutto. Non solo in Siria: dopo l’apertura di un centro direzionale congiunto con iracheni, iraniani e siriani a Baghdad, ieri l’Iraq ha aperto all’intervento di Mosca. ‘Potremmo essere spinti a chiedere alla Russia di lanciare raid aerei in Iraq presto -ha detto ieri il presidente del comitato alla Difesa del Parlamento iracheno, Hakim al-Zamili- Nei prossimi giorni o settimane decideremo, in base al loro successo in Siria. Pensiamo che la Russia potrà avere un maggiore ruolo in Iraq. Sì, definitivamente maggiore degli americani’”. Scrive poi Cruciati che l’Italia tenta di accodarsi alla coalizione a guida Usa che si è rivelata inefficace: “Roma tenta di ritagliarsi uno spazio nel vasto raggio dell’interventismo internazionale, ma a guidare le danze è Mosca”.
La Stampa, pagina 4: “Pinotti rilancia sull’intervento italiano: ‘Ma nessuna decisione è stata presa’”, “Il capo del Pentagono Carter a Roma smentisce un’intesa con Mosca sulla Siria. Oggi vertice Nato a Bruxelles sul prolungamento della missione in Afghanistan”. Si riferiscono quindi le parole del ministro della Difesa Pinotti a proposito delle indiscrezioni su un possibile passaggio del ruolo dell’Italia dal livello di appoggio e ricognizione a quello di “combat”: “Abbiamo deciso di contrastare con forza il Califfato, ma la coalizione e il governo iracheno stanno dicendo che dobbiamo essere più determinati nella lotta all’Isis”, “noi condividiamo”, e “per un ulteriore nuovo impegno stiamo valutando le richieste, nessuna decisione verrà presa senza il coinvolgimento del Parlamento”.
Sul Corriere un articolo dal titolo “Gli alleati ci chiedono impegno”, parole attribuite al ministro della Difesa Pinotti: “’In questo momento — spiega il ministro italiano — la coalizione e il governo iracheno stanno dicendo che dobbiamo essere più forti e più determinati nella lotta all’Isis. E questo è un obiettivo che condividiamo…’”. L’altra novità emersa dopo l’incontro di ieri con il suo omologo Usa riguarda l’Afghanistan, scrive il Corriere, “dove fino a ieri sembrava che il contingente italiano, ormai ridotto a 700 uomini nell’area di Herat e cinquanta a Kabul, fosse destinato a rientrare, secondo i programmi Nato, al termine di quest’anno. Il ministro Pinotti, però, ora annuncia che è ‘importante non lasciare solo l’Afghanistan’ e anche il capo del Pentagono, subito dopo di lei, sottolinea che occorrerà ‘garantire una presenza continua nel futuro immediato’ e per questo servirà ‘mantenere i contingenti’”.
Sulla stessa pagina il quotidiano milanese offre una intervista con il portavoce del ministero della Difesa dell’Iraq, generale Tahseen Al Khalafaji. Dice che “ogni aiuto militare nella nostra guerra contro i terroristi di Isis è più che benvenuto. Dunque molte grazie all’Italia, se intende impegnarsi con noi e mandare i suoi aerei a combattere in Iraq. La nostra guerra è anche la vostra”. Ora si tratta di definire i dettagli: “quanti aerei è in grado di schierare l’Italia, con quali tipi di armi, con quali regole d’ingaggio? Dovranno parlarne ai massimi livelli tra i due governi e tra i responsabili dei rispettivi eserciti”.
Su La Stampa un’intervista al generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Areonautica e presidente della Fondazione Icsa, che dice: “Finora l’azione militare è stata fiacca e inadeguata a fermare il Califfato”, “Un maggiore impegno? Bene, gli Usa ci facciano usare i droni”. E poi: “i russi -dice ancora Tricarico- combattono alla russa. Ho visto con sbigottimento i filmati che essi stessi divulgano senza pudore. Vi si vede l’uso di bombe a grappoli, le ‘cluster bomb’, che per noi sono fuorilegge. Eppure la tecnologia per usare armi ‘intelligenti’ l’avrebbero anche loro, ma siccome i russi, come anche gli americani, non hanno firmato la convenzione Onu per la messa al bando delle bombe a grappolo…”.
Sul Corriere un “retroscena” di Maria Teresa Meli e Fiorenza Sarzanini si sofferma sui “prossimi passi” di Renzi per allargare il consenso evitando però il voto in Aula. “Entro un mese i quattro Tornado italiani impegnati in Iraq potrebbero partecipare attivamente ai raid contro i terroristi dell’Isis. Nei prossimi giorni il governo sonderà i partiti di maggioranza e opposizione per avere il massimo consenso nell’autorizzare quelle nuove regole di ingaggio sollecitate dagli Stati Uniti e dalle stesse autorità di Baghdad. Poi prenderà una decisione rispetto alla doppia opzione da far valere in Parlamento: voto oppure semplice informativa”. Si spiega che la risoluzione approvata nell’agosto del 2014 “consente già interventi di attacco” ma “si potrebbe arrivare al compromesso della votazione in seduta congiunta delle Commissioni competenti, in modo da poter meglio gestire l’eventuale dissenso”.
Sul Sole: “Sui raid in Iraq dobbiamo ancora decidere”. Si cita il ministro Pinotti: “Nessuna scelta senza l’ok del Parlamento.
Su La Stampa il retroscena di Fabio Martini: “Dopo il sì agli Usa Renzi prende tempo sui Tornado in Iraq”, “Il premier ancora prudente sull’intervento armato. E si ragiona su un maggior ruolo degli addestratori”
Sul Giornale un articolo di Fausto Biloslavo: “Gli Usa ci spingono in guerra. ‘Così sulla Libia comanderete voi’”. Si legge che il segretario alla Difesa Usa Carter “insiste con l’Italia per utilizzare i caccia nei bombardamenti. Per ora i 4 Tornado IDS del 6° Stormo di Ghedi schierati in Kuwait (con 2 droni Reaper e un’aerocisterna KC-767A) sono stati impiegati solo in missioni di ricognizione. Questo mese i carabinieri che addestrano la polizia antiterrorismo irachena a Baghdad aumenteranno a 100 uomini. Non è escluso di potenziare lo schieramento in Kuwait con altri due caccia bombardieri ed i piani dei militari prevedono il dispiegamento di corpi speciali nel nord dell’Iraq”. Si ricorda anche che “Carter è in visita in Europa soprattutto per la minaccia terroristica dalla Libia, dove l’Italia dovrebbe prendere il comando di un intervento dell’Onu che non arriva mai”.
Sul Corriere Guido Olimpio scrive che ieri “alcune navi hanno sparato dal Mar Caspio 26 missili da crociera contro posizioni dell’Isis e dei ribelli anti-Assad. Target raggiunti dagli ordigni SN 30 dopo aver sorvolato Iran e Iraq. Un colpo ‘spettacolare’ per dare maggiore sostanza agli annunci trionfali diffusi dai media ufficiali e in coincidenza con l’offensiva terrestre scatenata dal regime contro fazioni estreme, come Al Nusra, e altre vicine agli occidentali. Una giornata tumultuosa, scandita dalle iniziative militari e le polemiche diplomatiche. La Casa Bianca ha sollecitato il Cremlino a fermare ‘azioni unilaterali’, altrimenti sarà impossibile collaborare”. Sul fronte “ieri i radar siriani hanno di nuovo inquadrato i caccia turchi, velivoli russi avrebbero incrociato vicino ai droni Usa, un jet statunitense in missione ha cambiato rotta per evitare l’incontro con quelli di Mosca. Nulla di buono”. La Nato ha segnalato l’arrivo di rinforzi dalla Russia e la presenza di 10 navi davanti alla costa siriana. Un dispositivo definito fuori del normale”.
Sul Sole Gianandrea Gaiani (“Show di tecnologia militare e di efficacia nellasse sciita anti-Isis”) definisce “spettacolare” il lancio di missili arrivati nello spazio aereo siriano dopo aver attraversato per centinaia di chilometri Iran e Iraq. Un lancio finalizzato a mostrare l’intesa di Mosca non solo con Damasco ma anche con Iran e Iraq. Si dà anche conto dell’enfasi sugli obiettivi che sarebbero stati distrutti dall’azione militare russa, una informazione “utile a comprendere che Mosca non mira solo alla distruzione dei nemici di Assad (Isis ma anche gli altri gruppi islamisti) contro i quali è in corso una massiccia offensiva terrestre”. E si spiega come “Baghdad, che da tempo lamenta la scarsa incisività” dei raid di Europa e Usa, vorrebbe l’intervento dei jet russi anche sul territorio iracheno “e solo le forti pressioni di Washington hanno per ora impedito” che l’Iraq facesse una richiesta formale in questo senso
Il sindaco Marino
Il Corriere: “Alla fine di una giornata lunghissima, durante la quale Ignazio Marino è arrivato (mai come questa volta) a un passo dalle dimissioni, dopo che dalla Procura filtra che l’ipotesi di reato per le ‘cene istituzionali’ sarebbe il peculato (i magistrati acquisiranno tutti gli atti, ascolteranno testimonianze, verificheranno perché il plafond della carta di credito del sindaco è stato portato da 10 mila a 50 mila euro), dopo l’affondo dei Cinque Stelle (che, sia in conferenza stampa che sul blog di Beppe Grillo, chiedono ‘le dimissioni’) e una serie di colloqui con Matteo Orfini del Pd che cerca di arginare lo scandalo, il sindaco spiazza tutti: ‘Basta polemiche, restituisco 20 mila euro spesi con la carta di credito, che da oggi non avrò più ‘”. Quella di Marino, scrive il Corriere, “diventa al tempo stesso un’implicita ammissione” e un modo per fermare le polemiche. Ma “Marino, in fondo, non spiega nulla. Non dice con chi era a cena e reagisce come fece in passato. Sia a Pittsburgh (gli contestarono 8 mila dollari di rimborsi e quando Marino si dimise gli trattennero alcune indennità di fine rapporto), sia per le multe della Panda rossa”.
Anche Il Giornale dedica un articolo alla vicenda passata dei rimborsi quando era medico negli Usa: “Quel vizio antico: scivolò sui rimborsi pure in America”.
Per restare al quotidiano diretto da Sallusti, si legge che ieri Marino avrebbe “ringhiato” un “mi dimetto”: “Andare via per dare uno schiaffo al Pd. Solo che quando l’ipotesi dimissioni ha cominciato a circolare, mentre il commissario romano del Pd Matteo Orfini tentava di far recedere il sindaco dall’autodefenestrazione, Renzi non si è mosso. Anzi, il premier avrebbe fatto capire ai suoi di gradire la soluzione, che avrebbe inguaiato i dem capitolini ma, almeno, avrebbe messo la parola fine alla telenovela. È a quel punto che il chirurgo prestato alla politica ha deciso di fare un passo indietro, non dalla poltrona di sindaco ma dalla decisione di dimettersi”.
La Repubblica, pagine 2 e 3: “Il Pd scarica Marino. Il sindaco: restituirò tutto, ma pensa alle dimissioni. Renzi: decisione rapida”, “L’ex chirurgo è ormai isolato. I dem però temono le elezioni in primavera. E l’ambasciata vietnamita smentisce una cena”. Due interviste su questo capitolo: Michele Anzaldi, renziano, deputato dem ed ex portavoce del sindaco Rutelli: “Ignazio dovrebbe lasciare, lo dice il buonsenso”, “L’ideale sarebbe andare a votare subito, questa storia è un’atomica per il nostro partito”. E di fianco, intervista a Riccardo de Giuli, titolare della vineria “Tre galli”. Parla di una cena del 4 maggio scorso: “Non me lo ricordo da noi a cena con quel sacerdote”.
E sull’inchiesta della Procura di Roma, un articolo di Maria Elena Vincenzi: “Il pm chiede gli atti sulla carta di credito, s’indaga sulle spese”, “Nel mirino l’aumento del plafond”, “I magistrati intendono convocare i ristoratori che hanno smentito il primo cittadino”.
Sul Sole (“Marino sempre più solo”) si legge che “al momento il Pd (nazionale e romano) è diviso, tra chi (alcuni renziani) vorrebbe staccare la spina al sindaco – magari provocando il commissariamento con la mancata approvazione del bilancio, a novembre – e chi invece giudica molto rischioso far cadere il sindaco quando sono in corso i lavori per il Giubileo: il danno d’immagine per il fallimento della preparazione dell’Anno Santo avrebbe ripercussioni non solo sul Campidoglio, ma anche sull’immagine di tutto il paese”. Più avanti si legge che “Matteo Renzi non ha nascosto il proprio disappunto su tutta la vicenda. Si starebbero valutando tutte le ipotesi, anche quella di una sfiducia da parte del Pd capitolino”.
Sul Corriere un altro articolo parla di Pd “tentato dalle urne”. “I nomi di Gabrielli, Rutelli e Veltroni. L’idea: voto tra un anno”.
Riforme costituzionali
Il Sole 24 ore: “Opposizioni spaccate, lettere a Mattarella. In Ncd pronta la diaspora: 14 senatori in uscita”. Si legge che “il fronte delle opposizioni è naufragato dopo appena un giorno” di votazioni in Senato. Si ricorda che la decisione di Forza Italia di non sostenere un emendamento delle opposizioni alla riforma costituzionale sulla proclamazione dello stato di guerra “ha mandato su tutte le furie gli altri partiti della coalizione”. Nell’articolo si legge anche delle tensioni in Ncd, perché al momento del voto sull’articolo 21, quello sull’elezione del capo dello Stato, Gaetano Quagliariello ed Andrea Augello si sono schierati contro la maggioranza. “Voci sempre più insistenti danno per imminente la rottura nel partito di Alfano”. Anche Schifani sarebbe in uscita. Lui però sarebbe diretto verso un ritorno a Forza Italia mentre Quagliariello e Augello lo escludono e puntano a una “federazione del centrodestra” con Fitto.
Il Giornale: “Renzi si salva per un soffio. Scontro sul voto di Forza Italia”. “Governo con numeri risicati, rischia di finire sotto su un voto segreto. Gli azzurri con l’esecutivo: ‘ragioni solo di merito’. Lega e M5S insorgono”.
Sul Corriere un “retroscena” di Francesco Verderami parla di Berlusconi e Renzi: dove ci si chiede “come mai Forza Italia corre in soccorso di Renzi al Senato, nel giorno in cui il gruppo del Pd si divide sulla riforma costituzionale”. La ragione pr cui il gruppo azzurro al Senato ha votato con la maggioranza su un emendamento alla riforma costituzionale va ricercata “in una frase pronunciata da Berlusconi, che dopo aver lanciato l’allarme sulla ‘grave emergenza democratica’ in cui verserebbe il Paese, si lascia sfuggire — non proprio casualmente — una previsione sulle sorti dell’Italicum: ‘Sono abbastanza fiducioso che verrà cambiato’. La legge elettorale val bene un voto sulle riforme costituzionali, specie se la modifica del sistema di voto reintroducesse il premio di maggioranza e allontanasse l’incubo della lista unica, che finirebbe per assoggettare sotto Salvini ciò che resta del vecchio impero berlusconiano”. Si cita anche il capogruppo azzurro Romani che conferma che il suo partito sta tentando di ottenere modifiche all’Italicum e si legge che “proprio Romani, continua a rimandare l’annuncio sull’atteggiamento che terrà Forza Italia in Aula nel voto finale”. Una “porta aperta” che sarebbe “un segnale che vale più della scelta di votare contro l’emendamento presentato da un pezzo della sinistra sulle procedure per la deliberazione dello stato di guerra”.
La Repubblica: “Regge l’intesa tra i dem, l’opposizione si spacca e Fi ‘salva’ il governo”, “La Lega: forzisti stampella di Renzi. Da M5S e azzurri appello al Colle. Intesa Pd sull’elezione del Quirinale”. Come spiega Silvio Buzzanca, la minoranza dem, prima di arrivare all’accordo sull’articolo 21 della riforma relativo all’elezione del Capo dello Stato, “ha dato battaglia”, “appoggiata dalle opposizioni”. La senatrice della minoranza dem Dirindin chiedeva infatti con un emendamento che fosse esplicitato che, allorché si dice che a deliberare lo stato di guerra è la Camera a maggioranza assoluta, si specificasse se si tratta dei componenti o dei votanti. Il governo aveva dato parere contrario all’emendamento. Forza Italia ha votato con la maggioranza. “Sfiorata la rottura tra i democratici sul quorum per eleggere il presidente della Repubblica”, scrive nel suo “retroscena” Goffredo de Marchis: “Ultima lite con la minoranza, poi parte l’ordine del premier: ‘Teniamo unito il partito’”. A questo accordo interno al Pd è dedicata la rubrica “il Punto” di Stefano Folli: che considera l’accordo “positivo” perché “impedirà alla maggioranza politica scaturita dall’Italicum -che sia guidata da Renzi o da Grillo o da mister X- di eleggere da sola il capo dello Stato, trasformando di fatto il Quirinale in un’appendice di Palazzo Chigi”.
Centrodestra
Sul Giornale: “La Lega pronta a candidare Lupi (se molla l’Ncd”. Si legge che la proposta sarebbe arrivata a Lupi nei giorni scorsi “dai big del Carroccio lombardo”, non da Maroni dunque ma da uomini più vicini a Salvini.
Lupi oggi viene intervistato dal Corriere a proposito di unioni civili (“Siccome nel Pd c’è una spaccatura con la minoranza interna, vedi riforme costituzionali, tirano fuori dal cilindro il tema delle unioni civili per cercare di ricompattarsi”; “noi vogliamo la legge sulle unioni civili” ma deve essere “una buona legge” e “non servono accelerazioni”) e di Milano nella intervista non si parla.
La Repubblica, anche in riferimento a quanto sta accadendo al Senato sul fronte della riforma costituzionale: “Nuovo scontro Berlusconi-Salvini”, “Il Cavaliere: ‘A queste condizioni non si può combinare niente con la Lega. Era inutile fare un altro Aventino’. Forza Italia nel caos. Lite Romani-Brunetta. La metà del gruppo di Palazzo Madama pronto a votare in dissenso”.
Contratti
Sul Sole si dà conto di una intervista che Giorgio Squinzi ha concesso a Nicola Porro per la trasmissione Virus, che sarà in onda questa sera. “Sui contratti il capitolo è chiuso, ci siamo resi conto che non ci sono i margini per continuare le trattative sulle nuove regole”. Si cita poi la dichiarazione di Camusso (“Le parole di Squinzi sono stranianti, verrebbe da dire siccome il pallone non è quello con cui gioco io non voglio più giocare”) e la risposta del presidente di Confindustria: “È un po’ come se uno volesse giocare e gli altri no. Allora ad un certo punto uno si stufa, mette il pallone sotto il braccio e se ne va. Ha ragione Camusso, li ho invitati per mesi ma non volevano giocare. Poi mi sono accorto che il pallone era già sgonfio”.
Sul Corriere (“Dopo la rottura, la metafora calcistica”) Lorenzo Salvia evidenzia “due novità”: “La prima è che Cgil, Cisl e Uil ieri si sono dette pronte a sedersi di nuovo al tavolo, per discutere sia la riforma generale dei contratti sia i rinnovi dei contratti delle singole categorie”, posizione sulla quale ha insistito il segretario della Cisl Furlan. E poi: “nel disegno di legge di Stabilità, che il governo presenterà la prossima settimana, si studia il potenziamento degli incentivi fiscali proprio per gli accordi aziendali”.
L’editoriale del quotidiano di Confindustria, firmato da Alberto Orioli, si occupa del dilemma se tutelare l’occupazione o i salari perché “tutelare entrambi contemporaneamente non è possibile avendo risorse limitate se non nulle”. Risponde che “la priorità del Paese è quella di creare occupazione il più velocemente possibile, assorbendo chi oggi è assistito dagli ammortizzatori sociali e creando il più possibile posti aggiuntivi”. E se si vuole creare lavoro “non si possono aumentare i salari di chi già è occupato al di fuori da standard di compatibilità macroeconomica molto precisi”. Orioli cita i dati delle associazioni imprenditoriali a proposito dei salari: “nel solo settore metalmeccanico, nel periodo della crisi (2007-2014) il costo del lavoro è aumentato del 23,1%, la produttività dello 0,9% e il costo del lavoro per unità di prodotto del 21,9%, con dinamiche molto superiori a quelle dei concorrenti europei”. E’ dunque “da archiviare” la “sottoscrizione semiautomatica dei rinnovi che scommettono su inflazioni programmate” che non sono più programmabili”. Serve una svolta, un dibattito serio, per il quale “servirà un sindacato in grado di guardare oltre il proprio ombelico”.
La Repubblica scrive che il governo aspetterà, ma non per molto: è pronto a intervenire sulla riforma del modello contrattuale se Confindustria e sindacati non troveranno a breve un accordo su come scrivere le nuove regole dei rapporti di lavoro. A precisarlo è stato lo stesso ministro del Lavoro Giliano Poletti.
Il quotidiano intervista la segretaria Cgil Susanna Camusso, che dice: “Ci sarà solo più povertà senza accordi collettivi, il premier deve fermarsi”, “Non c’è nessuna ragione al mondo che giustifichi l’intervento del governo sulle regole contrattuali”.
Unioni civili
Le pagine 10 e 11 de La Repubblica sono dedicate alle notizie sul deposito di una nuova proposta Pd in materia di unioni civili: il testo porta la firma di tutti i membri Pd in Commissione Giustizia al Senato. “E’ rottura sulle unioni civili, il Pd sfida Ncd e va in aula. Lupi: ‘Strappo inaccettabile’”, “Sul nuovo testo via libera a metà dei cattolici dem. Restano le adozioni per i figli naturali del convivente. M5S: ‘Lo votiamo se l’esame parte il 13’”. A pagina 11 le interviste a Ivan Scalfarotto, sottosegretario alle Riforme (“Niente forzature, solo uguali diritti per tutte le coppie sposate e no”) e a Maurizio Sacconi (Ncd), che lo considera “un grimaldello per far adottare i bambini ai gay” e preannuncia: “non ci stiamo”.
La Stampa: “Unioni civili, il Pd scavalca l’Ncd. Testo in aula per l’ok dei grillini”, “Restano l’adozione del partner e la reversibilità della pensione. I centristi sul piede di guerra minacciano la sfiducia al governo”.
Ue, Francia, Germania, immigrazione.
Sia il Corriere che Il Sole dedicano parte della prima pagina ai leader francese e tedesco Hollande e Merkel ieri all’Europarlamento. Sul quotidiano di via Solferino Maurizio Ferrera, su quello di Confindustria Adriana Cerretelli.
Ferrera scrive che “Merkel non ha quasi mai nominato l’Unione (anche se ha riconosciuto che occorre rimediare agli «errori concettuali» dell’euro). Hollande ha fatto qualche cenno in più, arrivando ad evocare la ‘federazione di Stati’ come obiettivo strategico. Ma ha subito aggiunto che non si dovrà mettere in discussione la sovranità nazionale. Chi si aspettava dal famoso motore franco-tedesco una proposta forte sull’Unione politica e la riforma dell’euro è rimasto deluso”.
Anche sul Sole Adriana Cerretelli scrive che dall’intervento di Hollande e Merkel davanti all’europarlamento “le aspettative erano altissime” e ricorda il precedente di Kohl e Mitterand, quando da poco era caduto il muro e i due parlarono davanti allo stesso Parlamento. Ieri “nessun annuncio concreto”, a partire dalle politiche di asilo. “Anche se per tutti a parole l’Europa è un imperativo categorico di sopravvivenza, e di fatto lo è, nella realtà la dimensione nazionale continua a soverchiare tutti anche perché è in casa e non in Europa che si decide il destino ultimo di un governo”.
La Stampa: “Hollande: rischiamo una guerra che potrebbe toccare l’Europa”, “Insolito discorso a due voci a Strasburgo del presidente francese e della Merkel: ‘Superate le regole di Dublino, l’Italia non sia lasciata sola’. Oggi le norme sui rimpatri”.
E il retroscena da Berlino di Tonia Mastrobuoni: “Angela più sola (e più determinata). La sua Cdu si ribella sui migranti”, “Sindaci e funzionari del partito: basta con le frontiere aperte. La cancelliera toglie le deleghe sui profughi al ministro dell’Interno”.
Su Il Manifesto: “Rimpatri di massa, arriva il piano Ue”, “Oggi in Consiglio il progetto comunitario sull’espulsione dei migranti economici”, “Secondo The Times nelle prossime settimane in 400 mila rispediti nei Paesi d’origine”, “La bozza prevede che gli Stati potranno ricorrere al ‘trattenimento degli irregolari’”.
E un commento di Anna Maria Marlo: “Rifugiati, la schizofrenia europea e il doppio gioco franco-tedesco”, “’Soldaietà’, mentre parte l’offensiva di Frontex”.
La Repubblica: “Migranti, via al piano Ue per i rimpatri”, “Merkel e Hollande: ‘Serve un’Europa unita, aiutare Italia e Grecia, addio regole di Dublino’”. E un articolo di Vladimiro Polchi: “Nel nostro Paese 400 mila irregolari. ‘Ma solo uno su 40 viene poi espulso’”, “Il Viminale: ‘Ormai i siriani accettano i riconoscimenti perché sanno che saremo noi a portarli verso Nord’”.