MANOVRA: OGGI GIORNATA DECISIVA. Si profila l’aumento di un punto dell’iva ordinaria

Le aperture

Corriere della Sera: “Il caso Penati scuote la politica”, “Il Pdl all’attacco: sistema di potere degli ex Ds. Veltroni querela”. Il sindaco di Sesto San Giovanni, Giorgio Oldrini, scrive una lettera al Corriere, che viene richiamata in prima pagina. In taglio centrale, l’uragano Irene, con foto da New York: “Fine della grande paura. New York torna in strada”. E la manovra: “Manovra, la pressione fiscale salirà in due anni al 48,4%”.

La Repubblica: “Irene risparmia New York”, “Milioni di persone senza luce sulla East Coast. Ed è subito polemica sulle misure: troppo allarmismo?”, “Black-out e allagamenti, ma l’uragano finisce subito”. A centro pagina, un reportage dalla Libia: La democrazia dei kalashnikov nel caos di Tripoli”. Di spalla, la manovra: “Vertice decisivo Berlusconi-Bossi, caccia a 5 miliardi”. In prima, anche un’inchiesta firmata da Concita De Gregorio: “La P3, il Cavaliere e il mistero dei milioni regalati”.

La Stampa, sotto la testatina il titolo è per l’uragano “declassato a tempesta”: “Irene a New York: dopo la paura ironia e polemiche”.
L’apertura: “Manovra, scontro sull’Iva”, “Il Pdl: su di un punto. Il Tesoro studia aumenti per sigarette, lotterie e alcolici”. In prima, sulla Libia: “Gheddafi pronto a trattare. No dei ribelli”.

Il Giornale: “Via la supertassa”, “Oggi la ‘nuova’ manovra”, “Berlusconi boccia la stangata di Tremonti e fa l’accordo con Bossi: no al contributo di solidarietà, sì all’Iva al 21%”, “Nell’intesa anche un alegge per abolire tutte le Province e dimezzare i parlamentari”.
A centro pagina: “Per Penati il tribunale speciale del Pd”, “Parte il regolamento di conti”. Di spalla, in prima, un commento di Magdi Cristiano Allam, parla di “Islam trionfante”: “Le giunte rosse aprono le porte alle moschee”.

L’Unità, sotto la testatina, riprende i contenuti di un’intervista del quotidiano a Luigi Berlinguer, presidente della commissione di garanzia del Pd, sul caso Penati: “Questo statuto non tutela il Pd”. A centro pagina, la manovra: “I sindaci si ribellano”, “Oggi a Milano la protesta degli enti locali: i tagli ci uccidono”. In prima anche il richiamo ad un’intervista alla segretaria Cgil Susanna Camusso così riassunta: “La Confindustria ha violato i patti di giugno”. Sulla Libia: “Gheddafi: trattare. Ma il Cnt dice no”.

Il Sole 24 Ore apre sulla manovra: “Trattativa finale sulle modifiche”, “Dall’aumento di un punto dell’Iva 6 miliardi di maggior gettito. Resta il nodo dell’evasione”.

Manovra

Per il Corriere quello di oggi ad Arcore tra Pdl e Lega sarà “il vertice-chiave”. Protagonisti delll’incontro, Bossi, Berlusconi e Tremonti. Se si aumenta l’Iva -scrive il quotidiano- si accontenta il Pdl (ma non Tremonti) e la Confindustria, ma si scontenta la Lega e si rompe con la Cisl di Bonanni. La pressione fiscale, secondo l’analisi del servizio Bilancio di Camera e Senato, salirà di due punti in due anni. Lo stesso quotidiano intervista il segretario Cisl Bonanni: “Se aumentano l’Iva sarà scontro”, “é una misura inaccettabile”. Perché secondo Bonanni avrebbe dovuto esser parte di una complessiva riforma del fisco, “per spostare il prelievo dalle persone alle cose, cioè in cambio dell’alleggerimento dell’Irpef sui lavoratori dipendenti e i pensionati, che oggi sono gli unici a subire la progressività del sistema fiscale”, dice Bonanni, smentendo di aver cambiato idea. Anzi, ricordando che anche la Commissione europea ci ha chiesto un innalzamento dell’Iva, “perché realizza un prelievo più equo: alla fine chi più consuma, più paga l’Iva, quindi i più ricchi, compresi gli evasori”, ma il provvedimento va adottato per questo nella riforma complessiva del fisco. Sulla proposta leghista di una patrimoniale sugli evasori: “un prelievo sui grandi patrimoni mobiliari e immobiliari, fatta salva la prima casa, è a questo punto necessario”.
Il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti, scrive nell’editoriale in prima che la manovra di cui si parlerà nel vertice di oggi ad Arcore non sarà “quella lacrime e sangue immaginata e scritta dal ministro Tremonti. La tassa cosiddetta di solidarietà sui redditi medio alti sarà cancellata del tutto, sostituita da un piccolo balzello sull’Iva, esclusa quella sui generi di prima necessità. E poi via libera alla legge che abolirà tutte le Province e dimezzerà il numero dei deputati e senatori”; “quindi niente patrimoniale (la chiedeva la Lega) e, purtroppo, niente riforma del sistema pensionistico come avrebbe voluto il Pdl”.

Il segretario del Pd Bersani, con una lettera a La Repubblica, risponde all’analisi dell’economista Tito Boeri, che aveva criticato la vaghezza della controproposta Pd sulla manovra. E dettaglia le linee guida della proposta Pd, dal dimezzamento del numero dei parlamentari alla chiusura delle società pubbliche di regioni, province e comuni prive di efficiente missione produttiva, come le società di promozione di export, dalla “liberalizzazione, non necessariamente privatizzazione, dei servizi pubblici locali”, al “dimezzamento del numero delle province, attraverso l’indispensabile modifica costituzionale”; dalla abolizione dei vitalizi per il Parlamento, ad una “patrimoniale ordinaria progressiva sugli immobili, a partire da valori molto elevati”, da preferire ad un aumento dell’Iva (“che pesa di più sui meno abbienti e deprime i consumi”). Il segretario Pd rilancia la proposta di un contributo straordinario sui capitali scudati e, sul fronte pensioni, ipotizza un sistema di uscita flessibile tra i 62 e i 70 anni, “con meccanismi di convenienza” (ma “no all’uso delle pensioni come bancomat per tappare i buchi”). Per quanto riguarda l’articolo 8 contenuto nel decreto, Bersani contesta che ci fosse necessità di un intervento “dichiarato urgente ma che non porta in cassa un Euro”, e che riporta sul tavolo “argomenti di divisione che sindacati e Confindustria erano riusciti a mettere da parte con l’accordo del 28 giugno”.
Su L’Unità intervista a Susanna Camusso, segretaria della Cgil, che spiega le ragioni dello sciopero generale contro la manovra e accusa la Confindustria di essersi piegata al ministro Sacconi, adeguandosi al diktat del governo, violando il patto del 28 giugno. La Camusso contesta l’affermazione di Emma Marcegaglia secondo cui l’articolo 8 sarebbe “congruo con l’accordo delle parti sociali del 28 giugno”. Questo significa che la Marcegaglia “ci sta comunicando che gli accordi non sono esigibili e che le parti non hanno funzione”. “Abbiamo speso un mese per costruire una opinione condivisa sulla autonomia della rappresentanza sociale, il governo interferisce su una materia di cui si devono occupare sindacati e imprese”. Sull’Iva: “L’Iva non è una tassa sui ricchi, riguarda i consumi, soprattutto quelli della povera gente”. A chi nel Pd è critico sulla decisione dello sciopero generale, la Camusso ricorda di non aver chiesto a nessuno di aderire, ma sottolinea criticamente che non vi sia stata “una discussione sul merito delle nostre proposte”: “Ci volete proporre lo sciopero postumo, così non disturbiamo?”.

Politica e giustizia 

“Il Pd si muove contro Penati”, titola La Repubblica, dando conto anche delle dichiarazioni del vicesegretario Enrico Letta, che lo invita a rinunciare alla prescrizione; “Democratici, pressioni su Penati: ‘Deve farsi processare'”. Anche La Stampa parla di “pressing interno” contro “l’ex pupillo di Bersani” e riferisce del “fuoco amico della sua Milano”. In una intervista proprio a questo quotidiano, l’assessore comunale milanese Stefano Boeri dice che interessi personali e di clan condizionano la politica, sottolinea che il caso Penati non è isolato (“La questione non è circoscritta al suo caso, coinvolge l’intera cultura politica”). Anche perché “la cultura della tangente, la cultura del sostegno in nero al partito, in questi anni si è intrecciata con l’idea obsoleta che l’unica forma di valorizzazione di un pezzo di terra sia quella immobiliare”. Per Boeri è necessaria “una conferenza programmatica sul rapporto tra politica, sviluppo del territorio ed economia”. Per il Corriere è “choc nel partito lombardo”, perché Penati è stato considerato da sempre “il modernizzatore”. E interpellato dal quotidiano, Antonio Pizzinato, già segretario Cgil, originario di Sesto San Giovanni, di Penati dice: “A Sesto tutti conoscono tutti. E il tenore di vita di Penati in questi anni non è cambiato”. Ma anche: “Sono stato capogruppo del partito quando Penati era sindaco. Quel piano regolatore, quello delle aree Falck, io l’ho votato con convinzione”.
Sulla stessa pagina del Corriere, è l’attuale sindaco di Sesto san Giovanni, Oldrini, a scrivere una lunga lettera in cui offre una giustificazione articolata delle scelte compiute, tentando di rispondere alle accuse degli imprenditori, che vengono, nell’atteggiamento generale, di per se considerate vere; e paralellamente tutto quel che dicono amministratori e politici “è falso,o è anche un reato”. Oldrini spiega dettagliatamente della trasformazione del Palasesto in Palaghiaccio, rispondendo alle accuse del costruttore Pasini (“la trasformazioen di cui si scrive è stata decisa nel 1999, quando io ero giornalista a Panorama e non avevo la più pallida idea che sarei diventato sindaco”). Poi spiega ampiamente anche le scelte fatte sull’area ex Ercole Marelli e della ProSesto.
Luigi Berlinguer, presidente della Commissione di garanzia Pd, intervistato da L’Unità, ricorda che l’organismo si riunirà il 5 settembre per discutere del caso Penati. Sentirete anche Penati? “Certo, se Penati vuole che lo sentiamo, penso che non ci rifiuteremo”. Berlinguer ricorda che c’è un articolo dello Statuto che affida ad una commissione di garanzia il compito di vigilare sul corretto comportamento dei membri del Pd. Ma “il Pd è sano, non è malato. La corruzione politica italiana risiede in assoluta prevalenza altrove. Tuttavia quell’articolo va onorato”. Lo statuto del Pd consente l’espulsione dal partito? Berlinguer dice che c’è incertezza nello Statuto su questo. E comunque “per adottare una simile decisione c’è bisogno di certezza giudiziaria o di forte certezza politica, documentata”.

Su La Repubblica Concita de Gregorio firma l’inchiesta sulla “pista del denaro”, “da Tarantini alla P4, che porta al Cavaliere”. Storia che “è scritta in un vortice di assegni e bonifici firmati da Berlusconi nell’arco di 30 anni”. Ovvero, dai tempi della P2 ai tempi craxiani, al fango della P3.

Esteri

In una intervista a L’Unità il giurista Fausto Pocar, che è stato presidente del Tribunale ad hoc sulla ex Jugoslavia, sottolinea che è necessario processare Gheddafi a l’Aja: “E non perché la giurisdizione internazionale debba avere, in linea di principio, priorità su quella statale”, anzi sarebbe giusto il contrario. Ma il clima in Libia “non favorisce un equo processo”. Del resto durante i 40 anni del regime di Gheddafi la magistratura non godeva della necessaria indipendenza, ed è difficile improvvisare da un giorno all’altro.
Ieri mattina il portavoce ufficiale di Gheddafi, Moussa Ibrahim, da una località segreta, ha telefonato alla Associated Press di New York, per offrire una transizione negoziata per il colonnello, che dovrebbe essere condotta dal figlio Saadi. Ma – scrive il Corriere – è arrivato il categorico e scontato no da parte dei leader del Consiglio nazionale transitorio. Sullo stesso quotidiano una analisi di Guido Olimpio sottolina quanto sia diffusa ma prematura la paura della applicazione della sharia in Libia: nella bozza di Costituzione si afferma che la legge islamica sarà la fonte di ispirazione della legge dello Stato. All’interno del comitato dell’opposizione soltanto il responsabile del consiglio supremo militare Bell Ahij è legato alla fratellanza musulmana. La fratellanza è presente in Libia, però soffre dei contatti avuti con il regime, e in particolare con il figlio di Gheddafi, Saif Al Islam. “Un modo per sopravvivere alla repressione, ma che ha minato la credibilità del movimento agli occhi di altri oppositori”. I Fratelli, come in altri Paesi del Medio Oriente, giocano sul lungo termine e, se la rivoluzione dovesse disattendere le aspirazioni, sono pronti ad offrire alternative. Sono minoritari anche gli islamisti radicali e, quanto alla legge islamica, Olimpio sottolinea che “fonte di ispirazione” non significa applicazione diretta della Sharia, come in Arabia Saudita. E’ spesso solo un riferimento per ampliare una base dove pesano molto nazionalisti e laici.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini) 

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