Le aperture
Il Corriere della Sera: “Ora l’Europa accusa Berlino”, “’Il surplus delle esportazioni frena la crescita degli altri Paesi’”, “Procedura dell’Unione. Richiamo anche all’Italia su debito e perdita di competitività”.
A centro pagina la foto è per la leader dell’opposizione ucraina: “Salta il voto, la Tymoshenko resta in cella”, “Per la mancata liberazione è in bilico l’accordo Ue-Kiev”.
E, ancora a centro pagina: “La babele delle tasse sulla spazzatura. Comuni in allarme”.
Su La Repubblica il titolo in maggiore evidenza riguarda la politica italiana: “Berlusconi-Alfano, duello finale”, “Pdl, vertice nella notte. Decadenza, il voto a rischio rinvio”.
L’apertura: “Ue contro Berlino, ‘Troppo export frena la ripresa’”.
La foto a centro pagina è per il Ministro della Giustizia e per il marito, Sebastiano Peluso: “Cancellieri-Ligresti, un’altra telefonata, e spuntano le chiamate del marito”.
A centro pagina, le dichiarazioni del magistrato Nino Di Matteo, che si occupa del processo per la cosiddetta ‘trattativa Stato-mafia’: “Di Matteo: non temo Riina, resto in Procura a Palermo”.
La Stampa: “Tagli, il governo accelera”, “Alfano da Berlusconi: pressing per rinviare la resa dei conti nel Pdl”.
A centro pagina, la foto di due cinesi sposi a Piazza del Duomo a Milano: “Dopo 20 anni più matrimoni. Grazie agli stranieri”.
Il Giornale: “Le spese pazze della Kyenge”, “Dai convegni sui trans alle pause caffé: ecco quanto ci costa il ministro antirazzismo”, “Saccomanni smentisce le parole contro Berlusconi. Ma in Forza Italia è rivolta”. Sul centrodestra: “Incontri e scontri, le ore decisive sul futuro del Pdl”, “Nella notte Alfano da Berlusconi con tre proposte contro la scissione”. E sulla Ue e la Germania una analisi di Francesco Forte in prima: “Berlino ricca a spese nostre”, “lo dice anche Bruxelles”. A centro pagina, una serie di foto sul “degrado che Pisapia non vede”, sotto il titolo: “Cara sinistra, se questa è la tua Milano…”.
Il Fatto quotidiano: “Lo Stato e la Mafia contro i giudici scomodi”, “Riina urla dalla cella: ‘Nino di Matteo deve morire’. Il pm della Trattativa è sotto processo disciplinare dinanzi al Csm. Che ora vuole punire anche Antonio Esposito”. A centro pagina si scrive che il sindaco di Firenze si sente nel mirino di dossieraggi bipartisan: “Auto sospette e foto, i timori intorno a Renzi”, “gli scatti alla moglie, gli sms del Pd che chiedono di ‘scavare’ nella vita di Matteo, le truppe Mediaset in agguato. Gli uomini del candidato alla leadership democratica: ‘Nulla da nascondere, pedinamenti senza scrupoli”.
Il Sole 24 Ore apre con una intervista al presidente di Telefonica: “Alierta: ‘non saliremo oltre il 15 per cento di Telecom’”, “l’opzione su Telco non sarà esercitata fino al 2015”. Di spalla: “Germania, Bruxelles apre una inchiesta sul surplus con l’estero”, “Italia criticata su debito e tasse sul lavoro”, “Saccomanni: Ue preoccupata per gli emendamenti alla manovra”.. In taglio basso le parole del Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi: “Italiani martoriati dalle tasse”. E poi: “Al Senato bocciata la proposta dell’allargamento della no tax area”.
Ue, Germania
Sul Sole 24 Ore un articolo da Bruxelles di Beda Romano dà notizia che la Commissione europea ha annunciato ieri di voler preparare entro la primavera analisi approfondite sulla presenza di squilibri macroeconomici in 16 Paesi dell’Unione Europea. Tra questi c’è la Germania, a causa del suo straordinario attivo delle partite correnti. “La Germania ha un surplus delle partite correnti persistentemente elevato – ha spiegato il presidente della Commissione Barroso . Dobbiamo capire se questo attivo ha un impatto negativo sul funzionamento dell’economia europea, sebbene siamo consapevoli che il surplus tedesco riguardi il rapporto commerciale della Germania con il mondo, non con la zona euro. Dobbiamo anche capire se il Paese può fare di più per riequilibrare l’economia europea”. Il quotidiano ricorda che dal 2007 la Germania ha un surplus delle partite correnti a livello mondiale superiore al 6 per cento del Pil, mentre nella zona euro la percentuale non arriva al 2,5 per cento. “Nuovi strumenti in mano all’esecutivo comunitario consentono di raccomandare la correzione di eventuali squilibri macroeconomici per rafforzare la stabilità dell’unione monetaria. Tra questi anche le partite correnti con un surplus o un deficit superiore al 6 per cento”. La scelta di mettere la Germania sotto osservazione (insieme a Francia, Spagna, Slovenia, Ungheria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Malta, Olanda, Finlandia, Svezia, Gran Bretagna, Lussemburgo e Italia, nel nostro caso per l’elevato debito pubblico) è politicamente significativa perché Berlino è accusata di esportare senza investire, contribuendo così alla crisi dell’Europa del sud.
Adriana Cerretelli sullo stesso quotidiano scrive che in Germania “si grida allo scandalo di un’Europa che, invece di emulare estasiata un surplus corrente (oltre il 7 per cento) che batte quello cinese, invita a ridimensionarlo in nome dell’interesse collettivo e a una crescita maggiore più equilibrata. Attraverso l’apertura del mercato interno tedesco dei servizi, più domanda interna e salari in linea con la produttività”. La Cerretelli scrive che quella tedesca somiglia molto alla politica del “cherry-picking” che tanto piace agli inglesi: “vedi il negoziato sull’Unione bancaria, che va bene alla Germania in ossequio al totem nazionale della stabilità, ma solo a patto che sia esclusa ogni mutualizzazione dei rischi”. E non importa se il prezzo è “la frammentazione permanente del mercato finanziario europeo” o “la sorveglianza bancaria parcellizzata”. Significa “non Europa” e se questo è il nuovo spirito europeo tedesco non è escluso che l’accordo per la grande coalizione possa sottoscrivere la proposta di introdurre il referendum popolare obbligatorio per una serie di decisioni europee come le cessioni di sovranità e i finanziamenti tedeschi all’Unione, “come se il governo di Berlino non fosse già strettamente sorvegliato da Bundesbank e corte di Karlsruhe”.
Andrea Bonanni, corrispondente de La Repubblica a Bruxelles firma un’analisi dal titolo “L’egoismo del colosso tedesco”, che spiega così le accuse della Commissione europea alla Germania: “Esporta troppo e soprattutto importa troppo poco dagli altri partner della Ue”, che subiscono la sua concorrenza sui mercati esteri senza beneficiare per le proprie esportazioni di una corrispondente crescita del mercato tedesco. Sullo stesso quotidiano Giorgio Ruffolo e Stefano Sylos Labini scrivono che dietro l’attacco alla Germania c’è la crisi dell’eurozona, che è ben lungi dall’essersi esaurita, e potrebbe propagarsi in altri Paesi avanzati: “Gli Stati del sud Europa dovranno subire almeno altri cinque anni di disoccupazione, bassa crescita e continue vessazioni da parte dei creditori”. A ciò si aggiunge il fatto che l’euro “è troppo forte per questi Paesi ma non per la Germania: alcune stime indicano che senza i Paesi del sud Europa il tasso di cambio del blocco euro-tedesco sarebbe più vicino a 1,8 dollari che al valore attuale di 1,35. Questa situazione permetterà alla Germania di realizzare avanzi sulle partite correnti pari a circa il 5 per cento almeno fino al 2018”, mentre “per i Paesi periferici il deficit delle partite correnti potrebbe ampliarsi notevolmente, in presenza di una economia che non dà segni di ripresa”. La soluzione è la modifica dei Trattati Europei: costruire una banca centrale sul modello della Federal Reserve, creare un debito pubblico sovranazionale, emettere gli eurobond per finanziare un grande piano di sviluppo a livello continentale.
Su Il Giornale Francesco Forte spiega: “La Germania ha creato un danno ad altri stati dell’Euro, perché esportando molto ha ridotto la loro domanda interna, mentre importando poco da loro non l’ha ricostituita. Ciò è accaduto proprio mentre i Paesi dell’euro, come l’Italia, adottavano misure di rigore dei bilanci pubblici. Il minor deficit implica una minor domanda interna di consumi e investimenti o tramite l’aumento dei tributi che riducono i redditi, i consumi, i risparmi, gli investimenti, o tramite le minori spese pubbliche che comportano minori introiti ai loro destinatari. Se i Paesi vicini, come la Germania, non espandono abbastanza la domanda ecco che il palloncino del nostro Pil si sgonfia.
Tra i Paesi sotto osservazione da parte di Bruxelles c’è anche l’Italia, innanzitutto per il suo alto debito. Lo spiega Il Corriere della Sera, citando i punti critici per quel che riguarda il nostro Paese: alto debito pubblico, impoverimento di ampie fasce della popolazione, minore competitività dell’export, aumento della disoccupazione, e alta tassazione sul lavoro. Specifiche valutazioni di Bruxelles sulla legge di bilancio italiana sono attese per domani. Il quotidiano intervista Lord Lawson, che fu cancelliere dello Scacchiere ai tempi di Margaret Thatcher. Dice che i problemi dell’Italia “non nascono solo da responsabilità sue: l’appartenenza all’eurozona non credo benefici l’economia, al contrario. Detto questo, lo Stato in Italia è troppo potente. Costringe i grandi imprenditori e creativi che avete a combattere contro una fuori controllo. Un Thatcher Moment vi aiuterebbe, ma temo che il vostro sistema elettorale lo renda difficile. E’ fondamentale poter governare per un periodo certo, dopodiché gli elettori decidono”.
Cancellieri
La Repubblica torna ad occuparsi con una inchiesta del caso Cancellieri – Ligresti. Lo spunto è fornito dai tabulati della Procura di Torino, dal quale risulterebbe una nuova telefonata tra Annamaria Cancellieri e Antonino Ligresti (fratello di Salvatore), una telefonata fatta poche ore prima dell’interrogatorio con i Pm torinesi che hanno sentito il ministro come teste. Nell’hardware ci sarebbero anche numerose telefonate tra Sebastiano Peluso e i familiari di Salvatore Ligresti. “Telefonate frequenti – commenta La Repubblica – troppe per esprimere semplicemente solidarietà”. La Repubblica scrive che questo “scottante tabulato” è “nei cassetti degli inquirenti” e non è stato ancora consegnato alle parti. Scrive il quotidiano che anche dopo il deposito del tabulato non cambierà la posizione che ha sempre avuto la Procura di Torino, ovvero che agli atti non c’è nulla di penalmente rilevante. “E certamente è così – commenta il quotidiano. Ognuno fa il suo mestiere, e non sempre ciò che non è penalmente rilevante è politicamente sostenibile”.
Di Matteo
Ieri il quotidiano La Repubblica dava notizia della minaccia di Totò Riina dal carcere di Opera. “Nino di Matteo deve morire e con lui tutti i pm della trattativa”. Secondo il procuratore di Palermo Messineo “nelle minacce di Riina c’è una specie di copertura ideale per le azioni violente fatte da soggetti diversi da Cosa Nostra”, una sorta di alibi, perché, dopo la pubblicazione delle parole del capo dei capi, “le conseguenze processuali si orienterebbero necessariamente su Cosa Nostra, lasciando occulta la responsabilità di altri soggetti”.
Messineo si è definito “molto preoccupato e allarmato”, perché “dalle minacce di Riina a Di Matteo ‘abbiamo letto quali l’intenzione di chiedere ai suoi di attivarsi per azioni violente’”. Ma allo stesso tempo, denunciando il rischio di un ritorno allo stragismo, la Procura di Palermo – scrive Il Fatto – lascia trasparire il timore che ‘entità esterne’ a Cosa Nostra possano avere un ruolo nella realizzazione di una nuova strategia della tensione, puntata contro i pm della Trattativa. Oltre a Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia.
Di Matteo, “il magistrato che Totò Riina vorrebbe morto vive da venti anni sotto scorta”, viene intervistato da La Repubblica, che offre una intervista al magistrato. Alla domanda se ritenga che le istituzioni stanno facendo tutto il possibile per la sua protezione, risponde: “Mi fido delle istituzioni che si stanno prendendo cura della mia sicurezza. Ringrazio soprattutto i carabinieri che curano da tempo la mia scorta”.
Partiti
Massimo D’Alema concede una intervista a L’Unità. Sul congresso “credo che il voto degli iscritti sara’ piu’ equilibrato. Pero’ osservo che il congresso avviene con regole assurde e in un clima di totale mancanza di par condicio. C’e’ una campagna martellante a favore di Renzi ai limiti del ridicolo”. Sul suo videoforum via Twitter: “Renzi sara’ pur bravo a battere sulla tastiera del computer con dieci dita, come fanno notare tutti i giornali, ma il fascino delle dieci dita ha cancellato ogni contenuto. Stiamo eleggendo un segretario, non un bravo dattilografo”.
Su La Repubblica: “Il Pd ora rilancia il Mattarellum. Cuperlo e Renzi uniti per votarlo: ‘Così non torna il proporzionale’. Ma Franceschini: ‘Attenti, rendete eterne le larghe intese’”.
Su Il Giornale: “Letta affronta Matteo: ‘basta dire che facciamo poco’. Il premier omaggia l’ex segretario Pd (ci si riferisce a Bersani): ‘Il governo esiste perché Pierluigi si è immolato’”.
Il quotidiano si occupa ovviamente anche dell’incontro che c’è stato ieri tra Angelino Alfano e Silvio Berlusconi, e riassume così quello che definisce lo “scontro politico”: “Le colombe chiedono garanzie. Sì a Letta, niente urne e democrazia interna. Ma qualcuno azzarda: disertiamo il Consiglio”.
Internazionale
Il Corriere della Sera dà conto dell’intervento dell’ex presidente Usa Clinton sulla riforma sanitaria di Obama. Clinton è stato finora un ferreo sostenitore dell’Obamacare, ma ora pare sollecitare un cambiamento della riforma: “Penso che il Presidente debba onorare l’impegno preso di consentire ai cittadini, se lo vogliono, di tenere le loro vecchie polizze per le cure mediche”, ha detto Clinton, aggiungendo che “deve farlo anche se questo comporta una modifica della legge che ha riformato la sanità”. Scrive il quotidiano che, oltre al malfunzionamento del sistema informativo sul quale è costruita la riforma, ora è diventato evidente un problema fin qui sottovalutato: Obama per anni ha promesso, con una certa leggerezza, che chi non intendeva avvalersi delle nuove polizze “riformate” avrebbe potuto tenersi quelle vecchie. I suoi esperti hanno sempre saputo che questo non era vero, perché Obamacare fa decadere dal primo gennaio le formule assicurative che non rispettano i criteri standard, come quelle che non coprono la maternità e la chemioterapia di lungo periodo.
“Nasce il gruppo dei populisti”, titola in prima pagina La Stampa dando conto dell’annuncio di Marine Le Pen e l’olandese Wilders. E la Lega che dice: ci stiamo anche noi. Il quotidiano dedica due intere pagine a quella che definisce “la sfida dei nazionalisti” all’Europa. L’alleanza firmata ieri a L’Aja dalle due star dell’ultradestra anti-europea Le Pen e Wilders rischia di causare seri problemi all’Unione, e ai due partiti che finora l’hanno gestita, i popolari e i socialisti, scrive La Stampa, perché per le elezioni europee di maggio tutti i sondaggisti sono d’accordo su una sola previsione: la destra populista farà un balzo in avanti. Per poter formare un gruppo autonomo all’Europarlamento bisogna avere almeno 25 deputati sul totale (766) ed avere eletti in almeno un quarto degli Stati membri (dunque sette). Al momento il Front National ne ha tre, e il Pvv (partito per la libertà olandese, di Wilders) ne ha 4. Sicuramente aumenteranno, ma bisogna trovare altri alleati, oltre a quelli già arruolati nella alleanza europea per la libertà come gli austriaci della Fpo, i Democratici svedesi e gli indipendentisti fiamminghi del Vlaams Belang belga. Per esempio, quelli padani della Lega. I tedeschi della AfD (Alternativa per la Germania) si sono già smarcati, gli ungherisi dello Jobbik e i partitini ipernazionalisti romeni, bulgari e polacchi non sono invitati perché accusati di derive antisemite e razziste. Restano i britannici dell’UKIP di Farage, ma hanno fatto sapere di ritenere troppo estremista Wilders. Esistono poi differenze tra Le Pen e Wilders. Quest’ultimo chiede di vietare il Corano, che ha paragonato al Mein Kampf, mentre la Le Pen sull’argomento si era dichiarata “forse meno radicale”. Il partito di Wilders è profondamente filo-israeliano, mentre il Front National, soprattutto quello di Le Pen padre, è stato spesso accusato di antisemitismo. Wilders inoltrre è favorevole al matrimonio omosessuale, che anzi cita regolarmente nella sua polemica contro i musulmani. La Le Pen è contraria. Il quotidiano intervista il leader degli euroliberali Guy Verhofstadt, ex premier belga, che dice: “Marine è un’antisemita, non può nascondersi”.
Dice, parlando degli euroscettici: “Sebbene abbiano cose da dire e rilievi anche giusti su come porre fine alla crisi, le loro soluzioni sono completamente all’opposto di ciò che serve. In alcuni casi mentono. Alla gente spiegano che tutti i problemi del mondo moderno – la globalizzazione, l’import a basso costo cinese, i cattivi prodotti finanziari arrivati dagli Usa, la migrazione dell’Africa del nord e via dicendo – possono essere risolti nascondendosi dietro i confini nazionali. E’ falso. Sappiamo tutti che l’unica soluzione ai problemi continentali è quella europea”.
Sulle stesse pagine una intervista al leghista Matteo Salvini, che parla dei contatti con Marine Le Pen: “Ci siamo già parlati, anche con austriaci e olandesi e con tutti i gruppi ‘no immigrazione’ e ‘no Euro’. C’è un terreno comune da coltivare, anche con i baschi e con i fiamminghi”. Al punto da formare un gruppo unico in Europa? “Perché no? Marine Le Pen è statalista, non è mia sorella politica, ma ci sono molti punti comuni”. Salvini conferma che il programma prevede l’addio all’Euro, o una sua ridefinizione perché “favorisce solo la Germania”. E per questo il 23 novembre a Milano la Lega lancerà il “no euro day”: un convegno e gazebo in tutto il nord.
Su La Repubblica: “Ue addio, l’Ucraina sceglie la Russia e la Tymoshenko resta in carcere”. La liberazione o almeno la concessione di cure in Germania per la leader dell’opposizione ucraina era una delle richieste avanzate dalla Ue per l’accordo di associazione che verrà firmato a Vilnius. Ma il Parlamento di Kiev non ha ieri preso in esame la legge che avrebbe potuto liberarla. Oò qiptodoamp parla di un appello lanciato da imprenditori ucraini al presidente Yanukovich per “ricucire con Mosca e scongelare il disastro”. Si scrive poi che il Presidente ucraino ha cercato di alzare il prezzo di entrambi i contendenti (Russia e Ue) ma commenta che anche gli europei avrebbero allentato lentamente la morsa davanti a richieste troppo esose di finanziamenti della sconquassata economia ucraina.
Una intera pagina del Sole 24 Ore è dedicata a questo tema: “Ucraina, schiaffo all’Europa”, “Si allontana la firma dell’accordo di Associazione con Bruxelles. Con un’analisi di Antonella Scott: “Così Putin prepara lo scacco matto all’Ue”. La presenza dell’Ucraina -scrive il quotidiano- è cruciale per i piani del Cremlino di ricreare un legame tra le ex repubbliche sovietiche. L’Unione doganale proposta da Putin in alternativa all’Ue “è il nucleo della grande visione euroasiatica di Putin”, spiega la Scott.
Su La Stampa un “focus” sulla organizzazione jihadista Boko Haram, che il Dipartimento di Stato Usa ha deciso di inserire nella lista dei gruppi terroristici. Creati nel 2001 con l’intento di instaurare la legge islamica nel Nord-Est della Nigeria, abitata in prevalenza da musulmani, e protagonisti da allora di efferate violenze contro i cristiani e gli animisti, i Boko Haram hanno causato la morte di circa 3600 nigeriani, in gran parte civili. Dal 2009 l’organizzazione ha trasformato la campagna anti-infedeli dentro i confini nazionali in un tassello della galassia jihadista, collaborando con “Al Qaeda nel Maghreb islamico” e, negli ultimi due anni, anche con gli Shabab somali. In settembre Obama ne aveva discusso con il presidente nigeriano Goodluck Jonathan. Per quest’ultimo inizia una fase ad alto rischio: politici e imprenditori locali che finora hanno sostenuto i jihadisti dovranno compiere un passo indietro che potrebbe -scrive Maurizio Molinari- innescare pericolosi scossoni. Senza contare i timori dei mercati per il segnale di instabilità proveniente da un Paese che fa parte dell’Opec.
E poi
La Stampa dedica un dossier a “l’Italia che cambia”. “Immigrati, una ricchezza che vale 1,4 miliardi”. Si citano i dati dell’ultimo rapporto del Centro Studi Idos per l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio. Secondo questa ricerca gli stranieri versano più di quanto si spenda per loro. E del dossier fa parte anche un focus sui matrimoni, che dopo decenni tornano a crescere, soprattutto se misti.
Don Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, firma un commento sul Corriere della Sera, che viene richiamato in prima con il titolo: “Il patto mancato tra generazioni limita l’orizzonte dei giovani”.