Lavoro: le proposte del governo

Il Corriere della Sera: “Dieci giorni per l’intesa sul lavoro. Il governo accelera, un’indennità per chi perde il posto. Camusso contraria. E frena anche la Cisl. Scontro Bersani-Alfano, Monti convoca un vertice di maggioranza”. A centro pagina: “La Siria è un mattatoio: decine di civili fatti a pezzi. ‘L’Onu deve muoversi’. Hillary Clinton preme sul Consiglio di sicurezza”.

La Repubblica: “Lavoro, dieci giorni per chiudere”, “ieri l’incontro con la Fornero sulla riforma. La Cgil: passo indietro, deluse anche Cisl e Uil”. Il sottotitolo spiega che “i sindacati frenano: così non va”, e aggiunge che nelle intenzioni del governo ci sarebbe un assegno di disoccupazione da mille euro al mese per un anno per chi perde il lavoro. E poi: “Consumi, si torna a fare la spesa come trenta anni fa”. A centro pagina “orrore a Homs, in un video 47 vittime civili. Siria, strage di donne e bambini nella città ribelle”. In prima pagina anche un richiamo i partiti che appoggiano Monti: “Monti al Pdl: ‘Sul tavolo anche Rai e giustizia’. “Giovedì il vertice con i segretari di maggioranza”.

La Stampa: “Lavoro, si chiude in 10 giorni”. “Fornero stringe i tempi, ma Camusso frena: fatto un passo indietro. Giovedì vertice tra Monti e i leader: si parlerà anche di Rai e giustizia. Confindustria: bene le misure sui contrati”. In alto: “Ostaggi uccisi, non è stato un blitz ma una battaglia. Le accuse di D’Alema, si allarga lo strappo con Londra”.

Il Giornale: “Finito il fango. La sentenza per le stragi del 93 a Firenze smonta il teorema manettaro: Forza Italia non c’entra. Per la prima volta i giudici certificano la vergogna della trattativa tra lo Stato e Cosa Nostra”. A centro pagina: “Crollo dei consumi alimentari. Lavoro, ‘riforma in 10 giorni’. Il ministro Fornero accelera”.

Libero: “Imboscati 41 mila prof. Vogliono assumere diecimila insegnanti, ma ce ne sono 4 volte tanti che non mettono piede in un’aula da anni grazie ai distacchi sindacali. Un controsenso tutto italiano”.

Su molti quotidiani in prima pagina una foto del foro praticato su una parete di Palazzo Vecchio a Firenze, per cercare un’opera Leonardo, “La battaglia di Anghiari”, sotto un affresco di Vasari.

Lavoro

Il Sole 24 Ore dà conto dello stato della trattativa sulla riforma del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali, e scrive che le parti torneranno a riunirsi lunedì prossimo, con la presenza del presidente del consiglio Monti. Nel frattempo, il ministro Fornero invierà due documenti alle parti sociali: il primo sulla razionalizzazione delle tipologie contrattuali, e il secondo sulla nuova assicurazione sociale per l’impiego, che ha già una sigla (Aspi) e che prenderà il posto di tutte le forme di sussidio diverse dalla cassa integrazione. Verrà peraltro allargata anche ai contratti a termine della Pubblica amministrazione.
Il quotidiano dedica un articolo a parte proprio all’Aspi: garantirà una integrazione al reddito per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e – come dicevamo – per quelli a termine nel pubblico impiego. L’assegno sarebbe di 1119 euro (tetto massimo), e coprirà 12 mesi al massimo. Il nuovo ammortizzatore si affiancherà alla cassa integrazione ordinaria. Per quanto riguarda la cassa straordinaria, invece, non sarà più ammessa per cessazione di attività, ma solo per ristrutturazione e riconversione. Dovrebbero anche uscire di scena di prepensionamenti. Per accedere all’Aspi, si ipotizzano due anni di anzianità assicurative e almeno 52 settimane di lavoro nell’ultimo biennio. Stando a una prima lettura dei sindacati, l’Aspi sarebbe più conveniente rispetto al sussidio di disoccupazione, ma meno della mobilità, che garantisce il 100 per cento dell’ultima busta paga per poi fermarsi, dopo qualche mese, all’80 per cento.
Il Corriere della Sera spiega cosa cambia con la proposta del governo, a partire dal riordino dei contratti, rispetto ai quali esiste quella che viene definita “una giungla”: generano precarietà e con la riforma i contratti a termine costeranno di più ( ci sarà una aliquota dell’1,4 per cent) le imprese saranno quindi scoraggiate ad utilizzarli, mentre dovrebbero trovare più conveniente utilizzare il contratto di apprendistato, sul quale per i primi tre anni non si pagano contributi o se ne pagano pochissimi (dipende dalla dimensione dell’azienda). Durante l’apprendistato il lavoratore dovrà ricevere una formazione, e non potrà essere licenziato se non per giusta causa o giustificato motivo. Al termine l’azienda deciderà se stabilizzare l’apprendista con un contratto a tempo determinato o concludere il rapporto di lavoro. Per quel che riguarda l’assicurazione sociale (Aspi), il ministro ha spiegato che sostituirà l’indennità di mobilità, gli incentivi di mobilità, la disoccupazione per apprendisti.

Sul fronte dell’articolo 18: secondo governo e Confindustria dovrebbe restare solo per i licenziamenti discriminatori. In tutti gli altri casi, ovvero licenziamenti per motivi economici e disciplinari, il lavoratore riceverebbe invece un indennizzo economico proporzionale alla anzianità di servizio deciso dal giudice o da un arbitro scelto tra le parti. L’esecutivo sarebbe però disponibile a rafforzare le tutele per i lavoraotri delle aziende con meno di 15 dipendenti, oggi esclusi dall’articolo 18.
Se invece dovesse passare la proposta Cisl, sarebbero esclusi dal diritto al reintegro i lavoratori licenziati per motivi economici (scatterebbe un indennizzo) ma non quelli disciplinari. Il Corriere della Sera dedica un approfondimento al modello tedesco. E per cominciare si chiede come mai si invochi questo modello per introdurre una maggiore flessibilità, visto che nella lista Ocse dei Paesi più “rigidi” in tema di licenziamenti la Germania occupa saldamente le posizioni di testa, insieme ai Paesi del Nord Europa. A spiegarlo è un dirigente del sindacato dei metalmeccanici IgMetall: “La grande differenza tra la Germania e l’Italia è che il datore di lavoro e il dipendente licenziato si accordano nel 95 per cento dei casi per un indennizzo che viene valutato in base all’anzianità del lavoratore”. Lo stesso sindacalista dice che l’introduzione del modello tedesco andrebbe collocata in un contesto analogo, ovvero di cogestione aziendale e di presenza di rappresentanti di lavoratori nelle imprese. In Germania, spiega il Corriere, dopo la notifica di un licenziamento e l’azione legale intentata dal dipendente. Il tribunale del lavoro deve riunirsi rapidamente, generalmente in un arco di tempo che va dalle due settimane ai due mesi. Il primo obiettivo è quello di arrivare a un accordo di conciliazione. Nel caso in cui l’accordo non ci sia, sarà il giudice a decidere tra reintegro e concessione di una indennità al lavoratore licenziato.

La Stampa, spiegando la proposta del ministro Fornero, dà conto dello scontento delle piccole imprese artigiane e del commercio, che sono chiamate a contribuire al finanziamento del nuovo sistema di tutela universale, fondato solo su cassa integrazione ordinaria e indennità di disoccupazione. Denunciano un aumento probabile del costo del lavoro.
La reazione della leader Cgil Camusso: “Abbiamo fatto un passo indietro”. E l’anticipo della entrata in vigore della riforma, dal 2017 inizialmente prospettato al 2015, preoccupa anche Confindustria.
Le Repubblica dedica due intere pagine (sezione economia) al caso Wolkswagen: utile record di 15 miliardi, ricavi al +25%, agli operai bonus di 7500 euro. Il quotidiano interpella anche l’amministratore delegato del gruppo, Martin Winterkorn, che dice: “Il nostro segreto è tanta qualità e dialogo continuo con il sindacato”. Spiega: “la cogestion eper noi è strategica, è valore costitutivo del nostro successo. Il ruolo del sindacato nel consiglio di sorveglianza, il dialogo continuo tra i nostri capi del personale e i leader del sindacato sono decisivi per la nostra forza”. Ma ricorda anche che “nel successo di Volkswagen c’è anche un po’ di Italia”: “il vostro design, la storia dei vostri lavoratori che vennero qui e divennero nostri concittadini, stile italiano e precisione tedesca sono imbattibili”.

Il corrispondente de La Stampa negli Usa parla di un “boom di occupati tra gli over 55”: a descrivere la nuova tendenza sono i dati dell’ufficio federale di statistica. Dean Baker, economista del center for economic and policy research di Washington, spiega: “si tratta di gente più determinata, hanno sulle spalle mutui da pagare, mantenimento di intere famiglie, sono minacciati dai pignoramenti”. John Challenger, specialista nel settore del lavoro a Chicago, dice che a giocare a favore degli over 55 è anche “la maggiore preparazione, quando si tratta di incarichi di responsabilità in aziende importanti, poiché chi assume per periodi brevi non vuole rischiare errori con giovani che potrebbero essere non abbastanza competenti”. Per citare le statistiche, dal dicembre scorso gli over 55 hanno guadagnato 923 mila posti, mentre la fascia tra i 25 e 54 anni si è fermata a quota 322 mila.

Libertà e giustizia

Su La Repubblica si dà conto della serata tenutasi ieri a Milano, organizzata dalla associazione Libertà e Giustizia: tra i presenti, Gustavo Zagrebelsky, Roberto Saviano, Umberto Eco, Giuliano Pisapia. L’appello “dipende da noi” è ià stato sottoscritto da 35 mila persone. Spiega Zagrebelsky: questo documento non è un modo per partecipare alle piccole-grandi manovre in vista della scadenza elettorale, né per lanciare segnali. Chiediamo che si torni alla politica, che è di tutti noi, e che questo avvenga attraverso il rinnovo dei partiti”. Il governo Monti “è necessario, è una risorsa più che utile, ma attenzione, perché il farmaco può diventare veleno che uccide se la poltiica non viene decontaminata”. Presente anche Carlo De Benedetti, in prima fila: “Napolitano ha fatto il miracolo mettendo il miglior primo ministro che ci sia. Però, finita questa fase di passaggio, deve tornare la democrazia della politica, che è stata messa da parte per emergenza”.
Il Foglio racconta quella di ieri come “una manifestazione pubblica del genere sperimentato contro il Cav. Presenti Umberto Eco e Roberto Saviano, con alto patrocinio di Carlo De Benedetti e alta diffidenza di Eugenio Scalfari: che domenica scorsa su Rep. ha chiesto di andarci piano con la tesi del “sequestro della democrazia”, tacciando di “irresponsabilità” chi, a proposito di Monti, amplifica “le critiche e i disagi che fanno parte non eliminabile del processo in corso”. Scalfari si rivolge ai partiti, ma il destinatario è il manifesto che ha il costituzionalista di riferimento, Gustavo Zagrebelsky, come primo firmatario, e in cui si accetta la fase Monti come la medicina che potrebbe diventare presto “veleno che uccide”. Che le visioni fossero inconciliabili si era visto nelle prime settimane di vita del governo, quando Scalfari e Zagrebelsky si erano dati rispettivamente del “cretino” e dello “stolto”. “Oggi però – continua Il Foglio – la zizzania del partito di Rep. registra anche dei riflessi nel mondo del Pd. Il tifo per il ritorno della politica contro la pausa tecnica e le perplessità su un Monti bis allontanano Veltroni da CDB, avvicinando D’Alema all’Ing., sia pure solo sul piano teorico. Paradossi che il Pd osserva da una distanza di sicurezza perché il dibattito così acceso sulla sospensione della democrazia ha un convitato di pietra: il Quirinale; che peraltro non aveva nascosto la sua insofferenza per quelle obiezioni nel discorso di Natale. Il manifesto di L&G premette al punto numero uno che Napolitano ha esercitato “una difficile supplenza in stato di necessità”, che il movimento ha “salutato con sollievo la svolta perché non dimentica che le forzature costituzionali avrebbero potuto indurre qualcuno a una forzatura finale”. Ma lì finisce la prudenza mentre la visione allarmista per il futuro a breve fornisce argomenti ai critici del governo Monti. Risultato? La zizzania di Rep. alla fine ha messo zizzania anche nel Pd, col risultato che da ora in poi anche gli ipermontiani del Pd (alla Veltroni e alla Letta) sanno che per lavorare a un Monti bis non potranno più contare sull’appoggio prezioso del vecchio CDB”.

Internazionale

Oggi le primarie repubblicane in Alabama e Mississippi. La Stampa ha seguito il candidato Mitt Romney nel sud: “la caccia del manager al voto di Forrest Gump”, ragazzo del Sud.
Il Corriere dedica due intere pagine alla nuova strage in Siria, nella città di Homs: massacrati cinquanta tra donne e bambini. Un’analisi del quotidiano è dedicata alla “ultima trincea del clan Assad”: la famiglia al potere è decisa a resistere fino alla fine, il gruppo dirigente è diviso al suo interno, ma compatto verso l’esterno. E poi una intervista all’ex inviato Usa per il Medio Oriente Zinni, secondo cui è necessario aprire subitro un corridoio umanitario in Siria, come proposto dalla Turchia, presidiato da una forza di pace internazionale. Il comando dell’operazione dovrebbe essere affidato alla Turchia stessa e a Paesi islamici quali l’Arabia Saudita: “La Nato potrà fare parte di questa forza insieme alla Russia e ad altre potenze che lo vorranno. Guai a rimandare un intervento internazionale, aumenterebbero le carneficine”. Ricorda l’esperienza del nord dell’Iraq dopo la prima guerra del Golfo, quando fu aperto un vasto corridoio umanitario nel Kurdistan iracheno, ponendo fine ai massacri di di curdi da parte di Saddam. “In circostanze come queste la forza di pace viene autorizzata dall’Onu a difendersi. Le truppe di Assad eviterebbero lo scontro, perché capirebbero di avere la peggio, come accadde a quelle di Saddam”. C i sarebbe assenso al corridoio da parte di Russia e Cina? Secondo Zinni potrebbe essere ottenuto dai Paesi islamici, cui la Russia e la Cina sono più legate.

E poi

La Repubblica si occupa di un nuovo capitolo della “guerra del crocifisso”. Riferisce le parole dell’arcivescovo di Canterbury: “La croce è diventata poco più di una decorazione religiosa”. Le parole sono state pronunciate durante una funzione a Roma, dove il capo della Chiesa anglicana ha incontrato Papa Benedetto XVI, e arrivano nell’imminenza della apertura del processo alla corte europea dei diritti umani a Strasburgo, che riguardaproprio il diritto di indossare la croce come dichiarazione di fede. Il processo parte dalla vicenda di una hostess della British Airways, sospesa dal servizio perché indossava un crocifisso sull’aereo. La compagnia riteneva che potesse offendere la sensibilità di passeggeri di altra religione. All’epoca il premier britannico Blair espresse il suo appoggio alla hostess. L’attuale governo britannico del conservatore Cameron parrebbe intenzionato a schierarsi con la British Airways, affermando che i cristiani non hanno né il dovere né il diritto di esibire la croce come manifestazione della propria fede, diversamente da altre religioni che prevedono obblighi specifici riguardo all’abbigliamento.
Il Corriere della Sera racconta che una delle più importanti moschee di Bruxelles è stata bruciata in un attentato, e che il suo imam, di 47 anni, è morto cercando di spegnere l’incendio. La moschea si trovava nel quartiere di Anderlecht, era un luogo di preghiera sciita, e non ha mai avuto problemi. All’origine dell’attentato potrebbero esserci gruppi di estrema destra fiamminghi, ma non si esclude il gesto di uno squilibrato.

DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini

redazione grey-panthers:
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