Le aperture
La Repubblica: “La sfida di Renzi: basta vecchia politica. ‘Subito scuola, fisco e giustizia: usciamo dal Truman show’. Il Senato vota la fiducia: 169 sì”. “Il presidente del consiglio attacca: ‘Una vergogna costringere Napolitano al bis, rispettiamolo facendo le riforme’. Telefonata con Obama, scontro con i Cinque Stelle”. In prima anche: “L’India decide: non sarà usata la legge antiterrorismo”. E, sull’Ucraina: “Mosca minaccia la nuova Ucraina. Ricercato Yanukovich”.
Il Corriere della Sera: “Renzi ottiene la fiducia: ‘Scelte radicali’. Passa con 169 voti (quattro in meno del governo Letta). Prima telefonata con Obama”. “Nella notte maratona al Senato: i no sono stati 139. Il programma del premier dal Fisco alla scuola e alla giustizia. Dirigenti dello Stato a tempo”. A centro pagina, su uno dei punti annunciati da Renzi (riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale e debiti dello Stato verso le imprese): “Meno tasse sul lavoro, un taglio di 10 miliardi. Dubbi sulle coperture. Dallo Stato alle imprese tutti gli arretrati”.
Il Sole 24 Ore: “’Subito taglio cuneo e debiti Pa’. Renzi: se falliamo, è colpa mia. Squinzi: bene su sgravi e pagamenti, ma aspettiamo i fatti”. “Il discorso del premier per la fiducia al Senato: ‘Scelte radicali’ in economia e nelle riforme. Tensioni nel Pd”. A centro pagina il quotidiano analizza “convergenze e distanze” del programma di Renzi con il “decalogo del Sole”. Di spalla, un corsivo non firmato: “Il merito, il metodo e il nostro debito”, il titolo.
Il Giornale: “Premier furfante. Snobba i senatori, parla per più di un’ora senza dire nulla, incassa il via libera con soli 169 voti. E prepara lo scherzetto”. “Mani in tasca e idee chiare, lo show di Matteo ai raggi X” è il titolo di un altro articolo del quotidiano.
Il Fatto quotidiano: “Renzi sogna e promette. Ma con quali soldi?”. In basso ci si occupa del Guardasigilli Andrea Orlando: “Non volevo la Giustizia’. E torna il falso in bilancio”.
L’Unità: “Renzi: ora niente più alibi”. A centro pagina: “Cuneo e imprese: piano da 60 miliardi”.
Renzi
In prima su La Repubblica l’editoriale di Massimo Giannini, dal titolo: “I vuoti da riempire”. Dove si legge che “più che il presidente del Consiglio, l’uomo che chiede la fiducia al Parlamento e al Paese è il sindaco d’Italia”, e più che un governo Renzi è “una giunta Renzi”. Perché “il discorso di investitura del Presidente-Sindaco riflette la dimensione neo-leaderistica e post-ideologica del renzismo”. Nel suo discorso “leggi e riforme sono appena accennate. Destra e sinistra non sono mai menzionate. Il premier è il programma”.
Scrive ancora Giannini che il suo “sembra un discorso da campagna elettorale, da sindaco. E da sindaco Renzi parla al cuore degli elettori più che alla testa degli eletti. Si rivolge alla gente comune più che alla ‘casta’”. “Ripete cose di buon senso, che ognuno di noi dice o sente dire nella vita di tutti i giorni”. Giannini sottolinea poi che da Renzi ci si aspettavano risposte convincenti su almeno tre questioni politiche: “Qual è il motivo della sfiducia al governo Letta, qual è la natura del nuovo governo che ha deciso a sorpresa di guidare, e qual è il percorso della nuova legge elettorale”. E su almeno quattro questioni programmatiche, ovvero: “Quali sono le linee guida delle nuove riforme del lavoro, della PA, del fisco e della giustizia”. Ma “nessuno di questi nodi è stato sciolto”. Non una parola sulla tassazione delle rendite finanziarie, né sulle risorse necessarie a coprire la promessa più importante, ovvero la riduzione a doppia cifra del cuneo fiscale. Ma i dubbi maggiori riguardano la giustizia, perché – scrive Giannini – il berlusconismo “non si può liquidare dicendo solo ‘basta ai derby ideologici’”. Per restare in argomento segnaliamo sullo stesso quotidiano un intervento di Nadia Urbinati: “Se Renzi rilegge Bobbio. Venti anni dopo l’uscita di ‘Destra e sinistra’, l’editore Donzelli ha deciso infatti di pubblicarne una nuova edizione, che pare perfettamente ritagliata sui tempi della politica: la nascita del primo governo Renzi e le imminenti elezioni per il Parlamento Europeo”.
Il Sole 24 Ore in prima pagina offre un corsivo in cui si spiega che nel discorso del presidente del Consiglio contiene “indicazioni che vanno nella stessa direzione” del Decalogo del Sole 24 Ore sulle riforme da fare. Ma si aggiunge che “Renzi non potrà fare tutto perché il tagglio a due cifre del cuneo fiscale (necessario e oneroso) non si concilia, ad esempio, con la tentazione ricorrente di un ‘assegno universale’ (altrettanto oneroso), esiste un problema oggettivo di coperture ed è su questo punto (e tanti altri analoghi) che si misura il senso di responsabilità di un governo. All’Italia servono scelte meditate e un metodo (nuovo) nella fase attuativa”. Il Sole parla di una “sensazione di sottofondo”, ascoltando Renzi: “Ci è sembrato di ascoltare il discorso ‘irrituale’ di un Presidente del Consiglio chiamato a guidare l’esecutivo di uno Stato che non sa bene dove mettere i soldi, mentre lo Stato della Repubblica italiana sa bene di quanto ha bisogno ogni mese per pagare i debiti. Anche Renzi non potrà non tenerne conto”.
“Le parole non contano” è il titolo dell’editoriale di Massimo Franco, sulla prima pagina del Corriere della Sera. Dove si scrive tra l’altro che “Il fatto che il capo del governo si dia delle scadenze temporali è positivo”, e Renzi può contare sull’appoggio “quasi unanime e intidimito” del suo partito, del Ncd di Alfano, e sull’asse istituzionale con Forza Italia, cose che “aprono davvero orizzonti di legislatura”, ma che tolgono anche “qualunque alibi” al presidente del Consiglio, che “adesso deve ‘fare’”. “Le sue parole sono apparse un ibrido tra un programma di governo e un comizio elettorale. C’è solo da sperare che alla fine prevalga il primo, non il secondo”.
Alessandro Sallusti, su Il Giornale: “Incassata la fiducia, cioè da domani, Renzi qualche carta dovrà cominciare a girarla. E’ lì che lo aspettiamo. Ci fideremo solo se supererà la prova decisiva: restituire, come promesso, agli italiani la libertà di andare a votare (che è poi la mamma di tutte le libertà) varando la legge elettorale concordata con Berlusconi. Ma da subito, non – attraverso stratagemmi – tra uno o due anni”.
Lo stesso quotidiano – in un “retroscena” – si spiega ce “Renzi si presenta da furbetto”, perché sarebbe stato “ambiguo” sulle riforme: “Italicum in Aula la settimana prossima, però va agganciata alle altre riforme”.
Su L’Unità: “Italicum, Renzi delude Berlusconi e non cancella i sospetti di Alfano”.
Su Il Corriere: “Berlusconi e Alfano si giocano tutto sulla norma ‘salva legislatura’”, “il Cavaliere punta sul voto, l’ex delfino vuole tempo per provare a succedergli”. L’impressione è che il Cavaliere abbia compreso che d’ora in poi potrà giocare soltanto di rimessa, conscio che se Renzi decidesse davvero di andare alle urne, lo farebbe perché sicuro di batterlo”. La tentazione di far saltare il banco sulle riforme sarebbe rischiosa perché Forza Italia potrebbe spaccarsi.
Anche Il Sole 24 Ore spiega la delusione di Berlusconi, che non sarebbe contento delle ambiguità sulla legge elettorale: Renzi ha parlato di tempi contingentati sull’Italicum, ma ha anche legato il nuovo sistema di voto alla riforma costituzionale del Senato, conditio sine qua non posta dal Ncd di Alfano per partecipare al governo e allungare il più possibile la durata della legislatura. Ma la linea è aspettare, come fa capire un parlamentare di Forza Italia come Osvaldo Napoli: “Renzi ha un orizzonte realistico di sei mesi, un po’ le colonne d’Ercole superate le quali deciderà il da farsi, cioè premere il tasto finish oppure affrontare la navigazione di un tempo più lungo. Ma da qui a ottobre molte cose possono cambiare, in Italia e non solo”.
Su Il Fatto in prima pagina l’editoriale del direttore Antonio Padellaro: “Profumo elettorale”. Anche a Padellaro è parso un sindaco che si rivolge ai bravi cittadini delle mille Rignano italiche e non ai poco ben disposti membri del Senato, di cui ha già preannunciato la cancellazione. Quanto alla promessa del taglio del cuneo fiscale, al saldo dei debiti della Pa e al piano per l’edilizia scolastica, “i sogni costano, e il sindaco d’Italia si è ben guardato dallo spiegare dove mai troverà quel centinaio di miliardi, a dir poco, necessari alla bisogna”. Il pronostico: “Resterà in sella il tempo necessario ad approvare la nuova legge elettorale e dimostrare la nequizia dei partitini. Più o meno fino a ottobre”. Su L’Unità: “Pochi applausi nella notte della fiducia. Il Pd vota compatto tra i malumori”. Si riferisce l’opinione del senatore Pd Casson, secondo cui il discorso è stato abbastanza generico, e quello di Miguel Gotor, secondo cui l’intervento “sorprende per la scarsezza dei contenuti programmatici” e per i toni di un “vero e proprio comizio di massa”.
Su La Repubblica si raccolgono le critiche della senatrice Pd Finocchiaro, che spiega perché il gruppo – come fa notare il cronista – ha applaudito pochissimo: “Eravamo come spaesati”. I colleghi “erano tutti stupiti, disorientati”. Ma si ripromette di giudicare dai fatti. E poi sottolinea: “Di fatto le considerazioni programmatiche non ci sono”.
Secondo il Corriere “la vera insidia” oggi per Renzi “è nel suo Pd”. Si parla di “malumori dei bersaniani”.
Su La Stampa: “Legge elettorale, parte del Pd prepara l’alternativa all’Italicum”, “proposta per alzare la soglia per il premio al 40 per cento e addio alle liste bloccate”.
Ancora da La Stampa segnaliamo un “retroscena” in cui si legge che il miliardario George Soros starebbe puntando sull’Italia e sarebbe pronto ad investire sulle banche. In una intervista allo Spiegel domenica aveva detto: “Io credo nell’euro”. Gli uomini di Soros avevano incontrato l’ex ministro dell’Economia Saccomanni a New York, a Natale. La scorsa settimana lo stesso team sarebbe volato a Roma per alcuni incontri riservati: per capire se il nuovo governo Renzi sarà in grado di dare stabilità politica, precondizione per investimenti almeno a medio termine.
Internazionale
Su Il Sole 24 Ore: “Mosca alza i toni. A Kiev ammutinamento armato”. Si riproducono le parole del premier russo Medvedev: “Non capiamo cosa stia succedendo laggiù, non c’è nessuno con cui parlare. I nostri interessi e le vite dei nostri concittadini sono minacciate”. Medvedev ha espresso seri dubbi sulla legittimità di una serie di organi di potere che non stanno funzionando”. Per noi sarà difficile lavorare con un governo simile, il risultato di un ammutinamento armato. Anche se alcuni tra i nostri partner stranieri la pensano diversamente. Si ricorda che in Crimea c’è la flotta russa, ed è qui, nel sudest del Paese, che potrebbe essersi nascosto il Presidente destituito sabato scorso dal Parlamento, Yanukovich. Da ieri è oggetto di un mandato d’arresto per strage di civili. Ha parlato intanto il Presidente ad interim Turchinov, spiegando che l’Ucraina avrebbe bisogno nel giro di una o due settimane di 35 miliardi di dollari per evitare il default. Il ministro delle finanze ad Interim Holobov ha chiesto che venga organizzata una conferenza dei donatori internazionali per l’Ucraina. “Abbiamo chiesto ai nostri partner internazionali (Polonia e Usa) la concessione di un prestito entro una o due settimane”. Il FMI sarebbe pronto a sostenere l’Ucraina, secondo Il Sole, in cambio di rigide condizioni economiche. Anche l’Europa è dello stesso avviso, ma forse, più dell’FMI, è preoccupata dalla stabilità del Paese e dei rapporti con la Russia: la Germania insiste nel coinvolgimento di Mosca nel comune sforzo di sostegno all’Ucraina.
Da Bruxelles il portavoce della Commissione Bailly ha spiegato: “Siamo consapevoli delle aspirazioni europee degli ucraini e siamo pronti a sostenerle”, l’accordo di associazione respinto in novembre da Yanukovich “è sempre sul tavolo”.
Sul Corriere: “L’ira di Mosca: ‘a Kiev ammutinati e terroristi’. Il Cremlino si prepara alle ritorsioni: utilizzando la leva del ricatto energetico”.
Il Corriere riproduce l’intervento dell’Alto rappresentante della politica estera e di sicurezza comune Ue Catherine Ashton, sotto il titolo: “Europa-Russia, ora lavoriamo insieme”. Scrive la Ashton che se si lasciano da parte le polemiche è possibile trovare un percorso di convergenza e sinergia. “La Russia non ha nulla di cui preoccuparsi. I suoi legami storici, economici e sociali con i Paesi vicini non sono assolutamente minacciati”. Paesi come l’Ucraina possono benissimo avere allo stesso tempo accordi di libero scambio con la Russia e l’Ue. La Ashton sottolinea che “il brusco e inaspettato ripensamento del Presidente ucraino dopo più di cinque anni di negoziati sull’accordo di associazione con l’Ue ha causato la crisi politica più grave mai verificatasi dall’indipendenza del Paese”.
Dal Corriere segnaliamo anche il reportage da Kharkiv, ovvero nelle regioni orientali, roccaforte del deposto presidente: “nella trincea dei filorussi: ‘i nostri padri vinsero i nazisti, adesso noi faremo lo stesso’. A Kharkiv si organizzano i comitati di autodifesa”. Intorno al monumento di Lenin fanno barriera i violenti titushki o provocatori e i vecchi nostalgici: “La gente è poca, per la verità, e nel freddo battono più protesi che denti”, scrive Francesco Battistini. A Kharkiv si progettavano i razzi sovietici, si formavano gli intellettuali da mandare a Mosca, qui veniva in vacanza l’ultimo Breznev, e qui è apparso l’ultima volta il presidente deposto. Qui era detenuta la Tymoshenko, e qui si sono riuniti i governatori dell’est per decidere se separarsi da Kiev. Qui c’è la più grande fabbrica di trattori della regione, che esporta il sessanta per cento in Russia (proprietà legata alla famiglia Eltsin).
Su L’Unità, Umberto de Giovannangeli: “Bandiere russe in Crimea, la tentazione di andare a est”. La Crimea è la regione più russa dell’Ucraina: il 58 per cento della sua popolazione è di etnia russa, il 24 ucraina, il 12 tartara.
Due pagine sull’Ucraina anche su La Repubblica: “Ma ora l’Ucraina rischia la bancarotta, il Cremlino vuole strangolare l’ex alleato”. “Stop a tutti i finanziamenti. Richiesta a Europa e Fmi: 35 miliardi”. Ci si riferisce alla minaccia di cancellare gli aiuti promessi dalla Russia di 15 miliardi di dollari, che nel frattempo sono stati congelati. Finite le olimpiadi invernali di Sochi, inizia ora la controffensiva, che colpisce anche il settore interno, in Russia: ieri maxiretata di oppositori che protestavano davanti al tribunale (l’oppositore Navalnyj e due Pussy Riot da poco scarcerate). Non mancano poi i dettagli sulla vita di Yanukovich emersi dopo la sua fuga: viveva con una donna di 39 anni e una bimba di 10, una amante e una figlia segreta.
Su Il Giornale si riferiscono le preoccupazioni del leader ultranazionalista della formazione Svoboda, che ha parlato di ammassamento di truppe russe al confine ucraino (a Sebastopoli, nella base in Crimea della flotta russa sul mar Nero, sarebbe in arrivo una nave con 200 commandos).
Due pagine anche su La Stampa, dove l’inviata a Berlino Tonia Mastrobuoni racconta “il doppio fronte della Merkel, gelo con Yulia e dialogo con Putin”. Domenica scorsa la Cancelliera ha avuto un colloquio con la Tymoshenko, l’ex premier liberata: la Merkel avrebbe invitato l’eroina della rivoluzione arancione a garantire la coesione dell’Ucraina e ad occuparsi anche dei cittadini della parte orientale e filorussa del Paese. L’idea diffusa a Berlino è che Tymoshenko abbia già avuto la sua occasione e l’abbia sprecata. E in questi mesi la Merkel non ha mai spezzato il filo con Mosca. Il socialdemocratico Steinmaier, ministro degli esteri, è convintissimo della necessità di un dialogo costante con Mosca .
Sulla stessa pagina Anna Zafesova racconta il personaggio Tymoshenk: “Gas, affari e tradimenti, Maidan non si fida più dell’ ‘eroina arancione’”. Dove si ricorda che quella che era nota un tempo come la “principessa del gas” è stata indagata e incarcerata diverse volte. Accuse di tangenti, evasioni fiscali e frode. Tutte cadute negli anni. L’ultima accusa, quella di aver negoziato con la Russia un prezzo del gas troppo alto è considerata sia in Ucraina che in Europa un pretesto per la vendetta di Yanukovich.
La Repubblica spiega come il presidente ugandese Museveni abbia deciso di firmare la contestata legge che criminalizza l’omosessualità e prevede anche l’ergastolo.
Sul Corriere: “Uganda, ergastolo ai gay. Gli Usa tagliano gli aiuti”. Ci si riferisce alle dichiarazioni del Segretario di Stato Usa Kerry.
Marò
Ieri il governo indiano ha comunicato la decisione di rinunciare ad applicare la legge antiterrorismo, e quindi a chiedere l’incriminazione per pirateria per i due marò Latorre e Girone “Viene così scongiurata l’eventualità di una condanna a morte”, scrive Il Sole 24 Ore. Lo stesso quotidiano spiega anche che la Corte suprema indiana ieri ha rinviato di altre due settimane l’udienza in cui si conoscerà l’incriminazione per i due militari italiani.
Il Corriere dela Sera sottolinea che il rifiuto della giurisdizione indiana sarebbe il primo passo per portare la vicenda davanti al tribunale internazionale. E’ la chiave che aveva scelto il governo Letta e che il nuovo esecutivo sembrerebbe voler confermare: Ieri in una nota Palazzo Chigi ha fatto sapere in una nota che “continuerà con determinazione la via della internalizzazione della vicenda”. Nei giorni scorsi si sarebbe discussa l’ipotesi che i due fucilieri decidano di non presentarsi più al commissariato di polizia indiano, come sono obbligati a fare ogni settimana: una scelta forte, che susciterebbe certamente reazioni in India. Una decisione che alzerebbe il profilo del contenzioso e che con ogni probabilità farebbe scattare un ricorso di Roma al tribunale internazionale Onu per la legge del mare di Amburgo. Per chiedere che ai due marò venga consentito di lasciare l’India, probabilmente per andare in un Paese terzo, in attesa che la corte di arbitrato internazionale decida sul caso.
E poi
Alle pagine R2 della Cultura: “Lezione americana. Gli Stati Uniti e la fatica di diventare pluralisti”. Ai lettori si offre una analisi di Richard Bernstein, anticipazione da “Omnia mutantur”, pubblicato da Marsilio, e dedicato al tema del pluralismo culturale.