Le aperture
La Stampa: “Bankitalia, il veto di Bossi”, “Romano, no alla sfiducia. Berlusconi: inchiesta sui pm. ‘Vado in tv ed esplodo'”.
La Repubblica: “Berlusconi: inchiesta sui magistrati”, “Salvo il ministro accusato di mafia. Scontro su Bankitalia, slitta la nomina”. “Non passa per ventuno voti la sfiducia a Romano. I radicali si astengono, si apre un caso nel gruppo Pd. Bossi: meglio Grilli di Saccomanni, è di Milano”. In taglio basso: “Europa, giro di vite sui debiti degli Stati”, “sanzioni a chi supera i parametri. Barroso: la Grecia resterà nell’Euro. Obama: non fate abbastanza”.
Il Corriere della Sera: “Respinta la sfiducia al ministro Romano”. “Maggioranza a quota 315. Lite Pd-Radicali”. Il titolo più grande del quotidiano milanese è dedicato però alla “lettera segreta della Bce all’Italia”, quella spedita il 5 agosto scorso al governo italiano dal Presidente Bce Trichet, e dal suo successore in pectore, Mario Draghi. E nel titolo si riassume: “Ecco le condizioni di Francoforte: liberalizzazioni, flessibilità del lavoro, misure sulle pensioni”. E ancora nei titoli: “Su Bankitalia ancora scontro, ma Saccomanni è più forte”. In prima pagina anche un commento di Francesco Giavazzi: “Grilli, ora dica no a questa commedia”.
A centro pagina: “Lavitola: il premier mi disse di aiutare i Tarantini. E i soldi li ho anticipati io”.
Il Sole 24 Ore: “Bankitalia, il premier frena. Spunta l’ipotesi ‘terna’. Saccomanni resta in pole. Draghi va al Colle e da Berlusconi. Bossi si schiera con Tremonti: ‘Grilli, perché è milanese'”. Il titolo sulla terna si riferisce al fatto che pare siano tornati in pista anche Lorenzo Bini Smaghi e Ignazio Visco. In prima la foto del presidente della Commissione Ue Barroso e le sue parole, sintetizzate: “‘Una tobin tax europea’”. Di spalla: “La Camera ‘salva’ Romano: sfiducia respinta con 315 voti”. In taglio basso: “Matteoli contestato dai costruttori”, “imprese e banche incontrano Tremonti e Letta: preoccupa la crescita a costo zero”.
Il Giornale: “Pm e sinistra silurati”, “il Parlamento respinge la sfiducia a Romano. E’ il decimo assalto fallito. E anche i radicali tradiscono Bersani”. Lavitola in tv: “I magistrati hanno ignorato la telefonata che mi scagiona”.
Romano
Scrive Il Sole 24 Ore che l’esito del voto sulla sfiducia al ministro Romano era scontato ed è perfino migliore delle aspettative, se si aggiungono le sei assenze del Pdl per ragioni – sembra – giustificate. Se si canta vittoria sul fronte Pdl, su quello Pd è scoppiato il caso dei radicali. Spiega Il Sole che i sei deputati hanno deciso di non partecipare al voto per protesta contro l’indifferenza verso la questione carcere. L’annuncio lo fanno in Aula (preceduti da cartelli con la scritta ‘amnistia”), ma senza che fosse stato avvertito nessuno. Il capogruppo Pd Dario Franceschini ha fatto sapere, al termine della seduta, che oggi ci sarà un direttivo del gruppo per decidere l’espulsione dei Radicali. Ha tenuto la Lega, che ieri ha votato compatta e senza alcuna assenza: Bossi è arrivato al momento del voto, prendendo posto proprio accanto al ministro dell’Agricoltura Romano. E i deputati di Futuro e Libertà espongono cartelli di protesta: “Alla faccia della LEGAlità”.
La Repubblica parla di “vendetta dei radicali”, che hanno deciso di non partecipare al voto. Il quotidiano riconduce la decisione ad una protesta per il no del Senato all’amnistia. Per il quotidiano romano è “la risposta dura, in puro stile corsaro-pannelliano, al voto contrario del Senato sulla drammatica questione delle carceri e la proposta radicale di amnistia”.
Bankitalia
Il Corriere della Sera riferisce della preoccupazione dei vertici di Bankitalia, che ieri si sono riuniti nel Consiglio superiore dell’Istituto: Bankitalia “non può essere una appendice del Governo”, ha detto Paolo Blasi, il consigliere anziano che presiede la riunione al posto del Governatore, quando c’è da decidere sulla nomina del numero 1 dell’Istituto. Il parere del Consiglio superiore è necessario, anche se non vincolante, dopo che il governo ha scelto il candidato. Dopodiché la decisione torna al Consiglio dei ministri, per passare poi al placet finale del Capo dello Stato. Un “cammino articolato”, sottolinea il Corriere, che presuppone, in sostanza, il raggiungimento del consenso a quattro. Bankitalia continua a puntare sul criterio della continuità nell’avvicendamento al vertice, e quindi fa quadrato sulla nomina interna del Direttore generale Fabrizio Saccomanni. E lo stesso Blasi torna a ribadire che, al di là dei nomi, obiettivo del Consiglio è tutelare l’autonomia dell’istituto. Il Consiglio tornerà a riunirsi il 24 ottobre per la formulazione del parere sul nome del prossimo governatore: l’organismo non vuole restare prigioniero delle logiche della politica, si riserva di esaminare il nome del candidato proposto dal premier, “senza farsi condizionare”, e chiede che “vengano rispettate le procedure”. Che vuol dire esprimere il parere prima della decisione del Consiglio dei ministri e non a giochi fatti.
La lettera della Bce
Sullo stesso quotidiano i lettori troveranno, nella sua versione originale, in inglese, e con testo a fronte in italiano, la lettera che il Presidente Bce Trichet e Mario Draghi indirizzarono al governo italiano il 5 agosto scorso, all’indomani della riunione del Consiglio direttivo della Bce stessa. Riferendo delle considerazioni dello stesso consiglio, si scriveva che l’Italia deve “con urgenza” rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali”. Riferendosi alla decisione del governo italiano di mirare al pareggio di bilancio nel 2014, esprimeva un commento sul pacchetto di misure introdotte al fine di raggiungere lo scopo: “sono passi importanti, ma non sufficienti”.Trichet e Draghi sollecitavano misure per accrescere il potenziale di crescita e, tra queste, “l’aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitivtà delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro”; “una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali”, sottolineando che sarebbe necessario servire i servizi locali “attraverso liberalizzazioni su larga scala”; riforma del sistema di contrattazione collettiva, “permettendo accordi a livello di impresa”; revisione delle norme su assunzione e licenziamento dei dipendenti, “stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione”, e di politiche attive per il mercato del lavoro. Seguivano gli input a misure di correzione del bilancio, a una riduzione del deficit, tagli di spesa, interventi sul sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità, ed equiparazione del sistema privato a quello pubblico per quanto riguarda le pensioni femminili.
Europa
Ieri il Presidente della Commissione europea ha tenuto il suo secondo discorso sullo Stato dell’Unione, ed ha proposto un “rinascimento europeo”, attaccando la diarchia Merkel Sarkozy che pratica un metodo intergovernativo “che non funziona”. La sua ricetta – spiega La Stampa – è comunitaria: vuole nuove regole, eliminando i voti all’unanimità, e misure come la Tobin tax o strumenti come gli eurobond per uscire dalla crisi. Mentre ieri il Parlamento europeo ha approvato la riforma del patto di stabilità, che renderà più attiva la vigilanza su debiti ed economia (con il voto contrario dei leghisti), Barroso ha rilanciato con la proposta della tassa sulle transazioni finanziarie, la Tobin tax, su cui difficilmente il Consiglio troverà l’unanimità, visto che Londra ha già preannunciato il suo veto. Rilanciando allo stesso modo gli eurobond che la Germania non vuole. Una analisi di fianco sullo stesso quotidiano spiega le nuove regole del patto di stabilità: il passaggio chiave è l’inclusione piena del controllo del debito tra le variabili da seguire. La regola aurea sarà tenere il deficit sotto il 3 per cento del Pil e il debito sotto il 60. Sinora la Ue si era concentrata sulla prima grandezza, ora veglierà anche sulla seconda. L’articolo spiega molto dettagliatamente quali saranno gli strumenti per tenere sotto controllo il debito, e quale sarà il conto per l’Italia.
La Repubblica dice che l’Italia è “a rischio sanzioni” e spiega che tra i meccanismi approvati ieri c’è la decisione di far versare in deposito ai Paesi che non ottemperanno alle raccomandazioni su deficit e debito una somma pari allo 0.2 per cento del Pil, che si trasformerà in multa se non si rispettano le indicazioni. In caso di statistiche fraudolente, come è accaduto per la Grecia, ci sarà una multa addizionale pari allo 0,2 per cento del Pil.
Di Tobin tax si occupa anche Il Sole 24 Ore, spiegando che l’obiettivo è imporre una imposta sull’85 per cento delle transazioni effettuate sui mercati finanziari. Il commissario europeo alla fiscalità Semeta risponde alle obiezioni di chi pensa che questo possa avere impatto negativo sulla crescita affermando che la Tobin Tax darà ai governi e al budget dell’Unione “risorse fresche per circa 57 miliardi di Euro all’anno”. La Tobin tax potrebbe partire dal 2014, con un’aliquota dello 0,1 per cento per obbligazioni e azioni, e dello 0,01 per cento per i prodotti derivati. Vengono colpite tutte le transazioni in mercati organizzati o fuori borsa su strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati e prodotti strutturati). La Tobin Tax non si applica a prestiti ipotecari o bancari, a contratti di assicurazione o premi assicurativi o attività finanziarie svolte da persone fisiche o piccole imprese. Oltre alla contrarietà del Regno Unito, il Sole riferisce dell’opposizione svedese (in Svezia si sperimentò qualcosa di simile tra il 1984 e il 1991) e del no olandese e maltese.
Sulle pagine di economia de Il Giornale l’ex ministro Francesco Forte contesta la proposta: “Ecco perché la Tobin Tax non funziona”, “non serve a frenare la speculazione, che si sposterebbbe fuori dall’Europa. E danneggia i mercati”. Per Forte si tradurrà in un aumento degli oneri sulle operazioni per i clienti. E poiché le operazioni finanziarie fuori dall’Europa non pagherebbero il tributo, le banche europee perderebbero clienti in Europa.
Su La Repubblica, con copyright Die Zeit, intervista al ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble, che rilancia la sua proposta di elezione a suffragio universale diretto del presidente della Commissione europea.
E poi
Il Corriere della Sera intervista lo scrittore algerino Boualem Sansal, cui è stato assegnato il premio per la pace dalla associazione dei librai tedeschi. Lo scrittore lo considera un fatto importante, soprattutto per la Germania, che negli anni ’90 non ha avuto attenzione per i movimenti democratici in Algeria. Come tutti i Paesi europei – dice – appoggiava le dittature. E a proposito delle elezioni del dicembre 1991, che diedero la maggioranza agli islamisti del Fis, i tedeschi dicevano che si doveva rispettare il risultato del voto: “Una posizione in linea di principio giusto, se non fosse che quella vittoria era stata ottenuta con brogli”, e con “la collaborazione dei servizi segreti, che si servivano degli islamisti per screditare e attaccare i democratici”. Tutti i Paesi ospitarono in quegli anni i membri del Fis, soprattutto la Germania, ma solo quando si cominciò ad esportare il terrorismo gli europei si accorsero del pericolo islamista.
Su La Repubblica si racconta delle tensioni in Europa contro l’etnia rom, in riferimento agli ultimi scontri che ci sono stati in Bulgaria e al clima pesante che si respira in Ungheria: “La guerra ai rom incendia l’est Europa”, “centinaia di arresti, i nomadi armati di machete contro i neonazi”.
Da La Repubblica, alle pagine R2 diario, segnaliamo due intere pagine dedicate alle ripercussioni dell’intervento del Presidente Cei Bagnasco: “La Cosa Bianca”, ovvero “perché il mondo cattolico sogna un nuovo movimento politico”. Ne scrivono Ilvo Diamanti, Agostino Giovagnoli e Filippo Ceccarelli.
E’ stata graziata la donna che aveva infranto il divieto di guidare in Arabia Saudita. La condanna è stata revocata da re Abdullah. Lo scrive il Corriere della Sera.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini