Le aperture
Il Corriere della Sera: “Blocco dei Tir, strade nel caos. Il Garante: valutare la precettazione. Il Viminale: attenzione, la protesta potrebbe degenerare”. “A rischio la consegna dei prodotti. Fiat ferma le fabbriche”. Il titolo di apertura è dedicata alle linee guida che il governo ha presentato ieri alle parti sociali: “La stretta del governo sulla cassa integrazione. La Cgil dice no, dubbi della Confindustria”
Libero: “Monti ne fa una giusta. Il governo annuncia che eliminirà la cassa integrazione straordinaria, con la quale si nasconde la disoccupazione e si crea ‘nero’. Evviva: basta che poi non si faccia intimorire dai sindacati”. A centro pagina: “Ma adesso il Prof finisce sotto i tir”.
La Repubblica: “Tir selvaggio paralizza l’Italia. Dal Nord al Sud una giornata di caos nei trasporti. Il Viminale: non tolleriamo altri stop. Cominciano a scarseggiare le merci, oggi la Fiat chiude gli impianti”. “Blocchi in autostrada, il garante chiede la precettazione. Fisco, scovati 7500 evasori totali”. A centro pagina: “Tagli alla cassa integrazione, ma i sindacati dicono no”. Secondo il quotidiano a “frenare” sull’argomento sarebbero però anche alcuni ministri del governo: “Il governo frena il ministro del Welfare”. A fondo pagina in evidenza una intervista al segretario generale Nato Rasmussen: “Perché sono giuste le sanzoni contro Teheran”.
Il Giornale: “Tassati e mazziati. La rivolta dei tir blocca l’Italia. I camionisti protestano e paralizzano le autostrade. E dopo il fisco vampiro, i cittadini si beccano i disagi”. E poi: “Scovati 7500 evasori totali, recuperati 50 miliardi. Il merito? Di Berlusconi”.
Il Sole 24 Ore dedica il titolo d’apertura alla economia europea: “Lo spread scende a quota 413. Sì al nuovo fondo salva Stati. Btp decennali al 6,1 per cento, in calo anche le scedenze brevi. Bene l’asta in Francia, ottimismo sul debito greco. Borse su contro le banche”. A centro pagina “la protesta dei Tir blocca l’Italia”. Il quotidiano spiega in un corsivo che nel decreto liberalizzazioni del governo sono già state “accolte di fatto tutte le richieste” di chi protesta, e si chiede: “Fanno finta di non vederlo per mettere in ginocchio il Paese? Non l’hanno visto? Leggano il Sole 24 Ore”.
Tir
L’editoriale del Sole 24 Ore, firmato da Alberto Orioli, si sofferma sulle richieste degli autotrasportatori: “chiedono sconti sul gasolio e sui premi RcAuto”, e protestano contro il decreto liberalizzazioni. “L’incredibile è che proprio il decreto contestato prevede il rimborso trimestrale delle accise sul gasolio , il taglio del premio RcAuto, il rimborso dei crediti. O non sanno o fanno finta di non sapere. E ciò fa addirittura pensare che dietro la protesta ci possa essere dell’altro. Non manca neppure, a ragione, che invoca una più puntuale analisi della agitazione dei forconi in Sicilia e chiede rispose chiare: è vero o no che sarebbero state rilevate diverse infiltrazioni di personaggi vicini alla mafia?”.
Attilio Bolzoni, su La Repubblica, evidenzia “il lato oscuro della rivolta”: “E’ la solita Sicilia che cambia e non cambia mai” gattopardescamente, poiché “con un Pdl allo sbando, un Berlusconi che non è più garante e non è più condottiero, il ventre molle dell’isola ha la necessità di una sua rappresentanza”: per questo si rivolge a “vecchi arnesi del sottobosco politico siciliano”, come Mariano Ferro, allevatore di cavalli di Avola, ex Forza Italia, ex Movimento per l’Autonomia, in buoni rapporti con l’ex ministro dell’Agricoltura Saverio Romano, sotto inchiesta per mafia; come Giuseppe Richichi, quello di Tir selvaggio, consulente di Totò Cuffaro quando era il padreterno della Regione prima di finire a Rebibbia, o come Martino Morsello, ora nell’estrema destra di Forza Nuova. Sono personaggi cresciuti anche all’ombra del governatore Raffaele Lombardo: quando nel 2008, alla vigilia della sua trionfale elezione, si trovava a Caltagirone, sua patria, davanti a lui un coloratissimo carrettino siciliano innalzava il grande cartello “benzina a metà prezzo in Sicilia”. Qualche giorno fa, un altro slogan che girava era “vogliamo una moneta siciliana”. E il governatore non è solo in questa battaglia secessionista, poichè c’è anche l’uomo immagine di Berlusconi nell’isola Micciché.
Scrive Vittorio Feltri su Il Giornale che gli autostrasportatori sono “imbufaliti per gli aumenti insostenibili del gasolio, dei pedaggi autostradali, dell’Irpef. A causa di questi, spiegano, la categoria non ce la farà a tirare avanti. In effetti se i costi gestionali superano gli incassi, neanche il padreterno riesce a far quadrare i conti.
Sul Corriere della Sera Dario Di Vico analizza “le ragioni del malcontento”, e le sigle sindacali dell’autostrasporto. Spiega che l’agitazione di questi giorni era stata pianificata a dicembre, prima del decreto sulle liberalizzazioni, ed andava di fatto a rompere un atteggiamento di tregua che ha caratterizzato il mondo dell’autotrasporto ai tempi del governo Berlusconi. Con il centrodestra al governo le sigle sindacali della categoria avevano infatti instaurato un filo-diretto, grazie all’asse Uggé Giachino. “Il primo è la vecchia volpe di questo mondo, è stato sottosegretario di due governi Berlusconi, capeggia la Fai, una delle organizzazioni più rappresentative, ed ha la fortuna di avere come vicepresidente addirittura Fabrizio Palenzona, e già questo basta a capire la caratura del personaggio”. Giachino anche è stato sottosegretario ai trasporti, ed è l’uomo che negli ultimi tre anni “ha garantito la pace sociale”. Quanto alla situazione della categoria, chiudono 10 mila imprese di trasporti ogni anno, chi lavora con il pubblico “è ancora lì ad aspettare che lo paghino”, il prezzo del gasolio è crescito del 24 per cento l’anno, ed è una voce che incide per un terzo sul fatturato. 110 mila aziende proprietarie di camion, altre 40 mila almeno che non hanno mezzi e operano solo come broker. Sul fronte sindacale, infine: la sigla di Uggè e Palenzona (Fai) è “decisamente” contraria a Monti, TrasportoUnito, di un ex leader della Cna (Maurizio Longo), poche migliaia di iscritti ma capacità di tessere alleanze organizza le iniziative di questi giorni, e la Fina Cna, più moderata.
Lavoro
L’economista Maurizio Ferrera firma l’editoriale del Corriere della Sera, si spiega che dagli anni 70 la Cassa integrazione è stata “l’ammortizzatore sociale per eccellenza, molto apprezzato sia dalle imprese che dai sindacati”, e dopo la crisi del 2008 i suoi “cancelli” sono stati aperti anche alle piccole imprese e ad alcune fasce di lavoratori atipici”. Durante la crisi nessun Paese europeo ha investito tanto su questo tipo di schema e così poco sulle tradizionali indennità di disoccupazione. Il sistema delle deroghe ha tamponato le crisi occupazionali, “ma non può durare a lungo”, visto che costa troppo e può diventare inefficiente ed iniquo, perché da un lato congela l’occupazione esistente anche in aziende e settori senza prospettive, e dall’altro continua a lasciare scoperti molti outsider. Il governo vorrebbe far tornare la cassa integrazione alla sua funzione originaria: sostegno temporaneo a crisi aziendali temporane, e inserire un “secondo pilastro” che eroghi prestazioni “di importo e durata europea” a tutti i lavoratori che perdono l’impiego. I sindacati temono un ridimensionamento della Cig perché sarebbe ridimensionato anche il loro ruolo nella gestione delle crisi. Ma questo ruolo potrebbe essere recuperato ed accresciuto attraverso la contrattazione decentrata e la sperimentazione di schemi integrativi di welfare, scrive Ferrera.
Il Sole 24 Ore sintetizza così le dichiarazioni della presidente di Confindustria Marcegaglia sulle ipotesi di riforma della cassa integrazione: “Riformare la cassa? Non ora”. Ieri mattina, al tavolo a Palazzo Chigi, la Marcegaglia ha sottolineato che è necessario andar cauti sulle modifiche a un sistema che “tutto sommato ha funzionato”, e più che puntare a grandi cambiamenti “per il momento occorre migliorare ciò che abbiamo, magari incentivando chi è in cassa integrazione ad accettare un lavoro il prima possibile”. E’ lo stesso quotidiano a sottolineare che l’atteggiamento di Confindustria, su questo tema, è in sintonia con le preoccupazioni espresse dai sindacati.
Dando conto dell’esito del primo incontro tra le parti sociali ieri a Palazzo Chigi Il Sole 24 Ore riferisce che il governo è intenzionato a non ricorrere alla formula del decreto, anche se i tempi dovranno essere brevi, tre o quattro settimane al massimo al centro del dibattito le nuove norme sui contratti ma anche sugli ammortizzatori sociali. Base di partenza per la riforma, secondo il ministro del Lavoro Fornero, è l’approdo ad un “contratto che evolva con l’età dei lavoratori piuttosto che contratti nazionali specifici che evolvono per tutte le età”: spiega il quotidiano che è l’idea del contratto “graduale”, con l’aggancio al “ciclo di vita” dei lavoratori caro al premio Nobel Franco Modigliani, capace di garantire con flessibilità in entrata e in uscita l amassima partecipazione di giovani, donne e over-55. Il ministro Fornero ha anche parlato di flessibilità più costosa e di conversione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato attraverso la graduazione degli sgravi contributivi, anche in rapporto alla formazione svolta. Per quel che riguarda gli ammortizzatori sociali, si punterebbe ad un “sistema” integrato su due pilastri: “La cassa integrazione per le riduzioni temporanee di attività, e un sostegno al reddito per chi ha perso il lavoro, esteso su una platea più ampia di lavoratori. Graduale abbandono della Cassa Straordinaria e riproposizione dello strumento del reddito minimo, magari da prevedere in un momento in cui saremo fuori dalla recessione”.
Il giuslavorista e senatore del Pd Pietro Ichino racconta sul Corriere, con una lettera al direttore, la sua visita agli stabilimenti di Pomigliano, che considera “il bersaglio sbagliato della sinistra”, convinto che, al contrario, al sud servano altre fabbriche così. “Tutto è strutturato in funzione della persona che lavora: è la scocca ad abbassarsi o rovesciarsi, non le braccia ad alzarsi”; “tutti mi dicono che la nuova organizzazione è meno pesante della precedente. La paga base mensile lorda di un quinto livello qui è sopra ai 1700 euro, quasi 1550 per un terzo livello; poi ci sono il premio e gli scatti. Quando entrerà in funzione il terzo turno, a questi si aggiungerà il compenso per l’ora e mezzo media settimanale di straordinario e la maggiorazione per il lavoro notturno”. Il senatore ricorda che due anni fa, quando si discuteva di questo stabilimento e del progetto Fabbrica Italia, si diceva che era necessario fosse una eccezione. Oggi l’obiezione è che a Pomigliano si viola la democrazia sindacale, perché non viene riconosciuto il diritto della Fiom Cgil ad una rappresentanza in fabbrica. Questo è il risultato, conforme peraltro alla legge vigente, del rifiuto opposto dalla stessa Fiom alla firma di qualsiasi contratto collettivo applicato dalla Fiat. Cambiamo questa norma, però l’attacco violentissimo contro il piano Fabbrica italia è venuto molto prima che sorgesse il problema della rappresentanza sindacale”. Quanto alle accuse alla Fiat di non aver chiarito il suo piano industriale, Ichino sottolinea che a Pomigliano ci sia un investimento colossale che sta dando lavoro per almeno 4 anni a migliaia di persone: stiamo disprezzando il presente, senza neppure degnarlo di uno sguardo, ricorda Ichino, sottolineando che il sindaco di Napoli De Magistris ha rifiutato di visitare lo stabilimento.
Internazionale
Il segretario generale della Nato Rasmussen, in una intervista a La Repubblica, parla delle sanzioni europee nei confronti dell’Iran: ieri i 27 hanno deciso l’embargo petrolifero totale contro Teheran, nella speranza che rinuncino ai loro progetti nucleari. Teheran ha risposto con la minaccia di chiudere lo stretto di Hormuz e fermare quel flusso del 20 per cento del petrolio mondiale che esce dal Golfo Persico. Le sanzioni prevedono che i contratti già in essere con aziende europee debbano essere esauriti entro il 1 luglio. Compagnie come l’italiana Eni potranno ricevere versamenti già previsti da accordi con l’Iran per lavori già effettuati. L’Iran deve pagare ancora due miliardi di dollari ad Eni per lo sviluppo di due giacimenti. Rasmussen dice: “No, non interverremo militarmente in Iran perché sono convinto che la migliore soluzione resti quella politica, quindi ben venga l’inasprimento delle sanzioni economiche”, “sono convinto che il rafforzamento delle sanzioni economiche avrà un impatto significativo sulla economia iraniana e anche sulla leadership iraniana. Poi, interpellato su una possibile azione Nato sul fronte siriano, dice: “Non interverremo in Siria perché pensiamo che il conflitto debba essere risolto da attori locali. Anche se l’operato della Lega Araba non ha ancora portato i suoi frutti, sono certo che la soluzione al problema la troveranno i Paesi di quella regione”. E allora perché siete intervenuti in Libia? “Perché in Libia avevamo ricevuto un chiaro mandato da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu e un attivo sostegno da parte della Regione”. Sull’Afghanistan, alla domanda se i taliban abbiano la possibilità di vincere la guerra, risponde: “No, non al momento”, ma anche in quel caso “dobbiamo cercare una soluzione politica”.
Su Le Monde: “L’embargo europeo sul petrolio iraniano è stato ottenuto intense trattative: ‘la Grecia, l’Italia e la Spagna sono preoccupate dall’impatto delle sanzioni sulla loro economia”.
Sull’International Herald Tribune ci si occupa ampiamente del nuovo Parlamento egiziano, riunito per la sua prima seduta dopo le elezioni legislative e largamente dominato dagli islamisti. Fuori, proteste di chi chiede la riduzioni dei poteri del consiglio militare poiché, come ricorda il quotidiano, il Parlamento rimane subordinato al consiglio dell’esercito e i manifestanti chiedono che l’Assemblea abbia piena autorità, fuori da ogni influenza dell’esercito stesso.
Su Le Monde ci si occupa della Lega Araba e della sua missione in Siria. L’Organizzazione ha presentato la sua road map per la transizione. Il testo prevede che il vicepresidente Al-Shaara assicuri l’interim prima di elezioni.
E poi
Su Le Monde 4 intere pagine sono dedicate all’anniversario della morte del sociologo Pierre Bourdieu (“Cosa resta dei lavori del sociologo del dominio sociale e della miseria del mondo? Dalla mondializzazione al femminismo, fino al futuro dell’Europa, riflessioni sull’attualità di un pensiero indignato”).
Un nome che torna anche attraverso la recensione che La Stampa dedica all’ultimo libro del politologo riformista francese Rosanvallon, uno dei padri spirituali del social-liberismo e protagonista di una serie di scontri furibondi con gli esponenti della sinistra radicale, primo tra tutti proprio Bourdieu.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini