Le aperture
Il Corriere della Sera: “Tir, si muovono i prefetti. Ancora blocchi sulle strade, disagi per le forniture. Monti promette fermezza alla Ue. Travolge manifestante, arrestata camionista tedesca”. “Lo Stato paga gli arretrati. Alle imprese 5,7 miliardi. E una parte sarà in titoli”. In taglio basso, le intercettazioni del comandante della nave Concordia, Schettino: “La nave si inclinava, sono sceso”.
La Repubblica: “Chi sono i nuovi evasori fiscali”, “ecco l’identikit della Finanza. Fmi: bene l’Italia ma la Ue l’aiuti”. A centro pagina, lo sciopero dei Tir: “Un morto nella protesta dei Tir, si allenta il blocco”.
In prima pagina anche le dichiarazioni del viceministro del Lavoro Michel Martone, su cui si è abbattuta una “bufera”: “Da sfigati la laurea a 28 anni”.
La Stampa: “Via i blocchi, merci ancora ferme”, “il governo: interverremo”. “Continua lo sciopero: mercati deserti, allarme prezzi. Camionista ucciso nella notte ad Asti, arrestata l’investitrice, una camionista tedesca”. In taglio basso, il Fmi: “Roma ok, ma non basta”, “‘ha bisogno dell’Europa’. Monti: nel pacchetto roba vera”. In prima anche un richiamo al discorso sullo stato dell’Unione di Obama: “Ricostruiamo insieme una America più equa”.
Libero: “Un Paese in ostaggio”, “il blocco dei Tir comincia a far sentire i suoi effetti. Distributori senza benzina, nei negozi scarseggiano i prodotti. Il governo fa la voce grossa ma non interviene, la protesta continua”. La caricatura è per il ministro del Lavoro Fornero, succube della segretaria Cgil, dalla quale è “terrorizzata”: “La Fornero si rimangia la cosa giusta”.
“Dalla parte di Martone”, titola il quotidiano, che riprende le dichiarazioni del viceministro con un commento di Filippo Facci: “Quegli studenti vecchi e sfigati”.
Il Giornale: “Si fermano le auto”, “consumi di benzina giù dell’11 per cento a causa delle tasse. Molta gente va a piedi. Il Fondo Monetario ci gela: ‘l’Italia da sola non ce la farà'”. Foto della ministra dell’Interno: “La lady di ferro piega i camionisti”.
Della “bufera sul viceministro Martone” scrive Stefano Zecchi: “Elogio (giusto) dei secchioni, sfigato se ti laurei a 28 anni”.
Il Sole 24 Ore: “Scatta lo stop alle tariffe professionali”, Napolitano firma il decreto, “la deregulation è legge: pronti gli sconti sui farmaci e sulle polizze RcAuto”. Di spalla: “Fmi: ‘L’Italia non può fare tutto da sola, occorre il sostegno Ue'”. In taglio basso: “Blocco dei Tir, intervengono i prefetti”, “Il governo a Bruxelles: faremo rispettare la legalità. Cancellieri: linea dura”.
Governo: Pubblica amministrazione e debiti
Il Corriere della Sera dedica un approfondimento al decreto, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che impone allo Stato di pagare gli arretrati alle imprese per una cifra di 4,7 miliardi: “Alla fine, nella legge sulle liberalizzazioni, c’è una prima risposta alle imprese fornitrici della pubblica amministrazione, che lamentano non solo il ritardo con il quale vengono pagate, ma anche i pesanti arretrati, stimati in 70-80 miliardi di euro. Queste aziende, se vorranno, potranno chiedere il pagamento in titoli di Stato. A tal fine l’articolo 35 del decreto legge prevede un limite massimo per questa modalità di estinzione del credito di 2 miliardi di euro, precisando che tale cifra non verrà computata nell’ammontare delle emissioni dei titoli di Stato. L’onere per gli interessi valutati in 235 milioni di euro l’anno dal 2012 verrà coperto da un maggior concorso della finanza pubblica delle accise delle energia delle regioni a Statuto speciale. Oltre a questi due miliardi ci sono altre risorse per l’estinzione dei crediti maturati per altri 5,7 miliardi.
Se ne occupa anche Il Fatto: “Lo Stato deve 70 miliardi, ma nel decreto solo spiccioli”. Per il quotidiano arriverà qualche briciola, con quei 4,7 miliardi di euro in arrivo grazie al decreto liberalizzazioni che aggira l’ostacolo dei vincoli comunitari: la “tagliola comunitaria” è infatti pronta a scattare se il debito pubblico torna a salire, proprio a causa dei pagamenti alle imprese creditrici. Per via dei Trattati europei, i 70 miliardi dovuti alle imprese creditrici non vengono conteggiati perché “debiti commerciali”, e per questo il governo non può andare oltre. Lo sa bene, secondo Il Fatto, Corrado Passera che, a fine 2011, aveva lanciato la proposta del pagamento in Btp e che ora sta facendo i conti con la realtà, tanto da dichiarare in commissione Industria del Senato che “emettere nuovi titoli per pagare i debiti è per definizione un aumento del debito pubblico. Quindi occorre procedere al pagamento dello scaduto senza mettere in discussione il pareggio nel 2013, e quindi dobbiamo trovare dei modi, per ora abbiamo trovato cinque miliardi per procedere ai debiti contratti nel passato, senza rimettere in discussione gli obiettivi del pareggio”. Passera ha escluso l’intervento della Cassa depositi e prestiti, che potrebbe anch’esso non essere compatibile con gli obiettivi di pareggio di bilancio. Per quanto riguarda il pregresso, il ministro promette il recepimento anticipato della direttiva comunitaria che impone alla Pubblica amministrazione i pagamenti entro 30 giorni, con alti interessi sui ritardi: anticipato rispetto alla scadenza del 2013, e sanità esclusa. Ma quest’ultimo settore rappresenta oggi circa 40 miliardi dell’impagato, ovvero più della metà del totale.
Liberalizzazioni e lavoro
Ieri il presidente del Consiglio Monti, al termine del vertice Ecofin a Bruxelles, è tornato a parlare delle liberalizzazioni: “Siamo ben consapevoli che le liberalizzazioni destano opposizioni, preoccupazioni ed ansie. Ci possono essere cose da guardare più attentamente, ma le misure presentate sono in buona sostanza quelle necessarie”, ha detto. Ha poi sottolineato che le riforme chiedono “nell’immediato un contributo importante di tutti i settori e le professioni interessate. Tutti gli italiani stanno facendo degli sforzi, ma se li facciamo tutti insieme il sacrificio sarà minore e l’impatto sulla crescita maggiore”. Il Corriere della Sera sottolinea che alle riunioni Ecofin e dell’Eurogruppo Monti ha incassato unanimi apprezzamenti dopo la manovra, per il decreto sull’apertura della concorrenza dove – ha detto – c’è roba vera. Monti ha citato uno studio di Bankitalia secondo cui il margine di profitto del settore dei servizi italiani è più alto per la mancanza di concorrenza: se fosse portato a livello medio dell’eurozona “ci sarebbe un aumento del Pil” nel lungo periodo dell’11 per cento, di cui un buon cinque per cento nei primi tre anni. Quanto al tavolo con le parti sociali, Monti ha promesso una riforma del mercato del lavoro in tempi “più lunghi” di quelli molto pressanti che hanno condotto alla riforma delle pensioni, ma più brevi di quelli necessari in passato per le altre riforme del mercato del lavoro.
Il quotidiano dà anche conto della “cautela” scelta dal ministro del Lavoro Elsa Fornero sulla riduzione della Cassa Integrazione. Titola La Repubblica: “Fornero frena su Cigs e contratto unico”: “Non è scritto nel documento – ha detto in una audizione – ne parleremo con i sindacati”. Il quotidiano riferisce anche delle parole dello stesso Monti su questi argomenti: “I temi sui quali il governo insisterà sono quelli che il ministro Fornero ha comunicato”. Compie così una doppia operazione: non sconfessa il ministro Fornero, anzi la protegge dalle possibili invasioni di campo degli altri colleghi, come il titolare allo Sviluppo Passera e, per altro verso, viene incontro alla richiesta dei sindacati, della Confindustria e del Pd di ripartire da una agenda condivisa e non dal documento Fornero.
Il quotidiano sottolinea che Passera, in questa fase di tensione della Fornero con le parti sociali, è diventato il primo interlocutore tanto della segretaria Cgil Camusso che della leader degli industriali Marcegaglia: “Passera è il vero ministro ‘politico’ del governo Monti, conosce bene le dinamiche sindacali, dopo aver gestito, a cavallo tra gli anni 90 e il 2000, il processo di ristrutturazione delle Poste; e da banchiere ha visto da vicino debolezze e virtù dell’apparato industriale italiano”. La Repubblica ricorda che è nelle stanze del suo dicastero che si stanno scaricando i primi effetti della recessione, con più di 200 tavoli di crisi aperti per circa 300 mila posti di lavoro a rischio”. Il quotidiano sottolinea anche le inquietudini di aziende come la Fincantieri o la Fiat di Termini Imerese, per cui la Cassa straordinaria resta indispensabile. “Passera sta nel mondo reale, la Fornero è rimasta ancora nelle aule universitarie”, ha detto un industriale del direttivo di Confindustria. Ed è proprio in Confindustria che si starebbe elaborando una sorta di svolta sull’articolo 18, che prevede il reintegro sul posto di lavoro. Gli industriali potrebbero insistere per una definizione più certa dei tempi entro i quali il giudice deve decidere, tanto più che nella stragrande maggioranza dei casi alla fine imprenditore e lavoratore si accordano su una transazione economica e non sul reintegro del dipendente.
Evasori
La Repubblica dedica due intere pagine alle indagini delle Fiamme Gialle sugli evasori totali, per comporre un “dossier” focalizzando l’attenzione su dieci casi emblematici: evasori totali, lo scorso anno la Gdf ne ha individuati 7500, hanno sottratto all’erario circa 21 miliardi di tasse. Quanti siano in realtà nessuno lo sa. Quel che è certo è che si tratta della categoria più spregiudicata degli evasori fiscali, quelli che scelgono la clandestinità totale. Non esistono, spesso non hanno neppure il numero di telefono, aprono e chiudono aziende. Ma spesso commettono un errore, godendosi i guadagni con macchine di lusso, yacht e ville.
L’argomento viene ripreso anche da Il Sole 24 Ore, che racconta come siano stati scoperti 30 mila evasori totali. E’ il bilancio di 4 anni relativo alle indagini della Guardia di Finanza. Il Sole 24 Ore analizza anche gli studi di questi anni che sono stati recentemente rilanciati dal tavolo sulla riforma fiscale presieduto dal Presidente dell’Istat Giovannini, incaricato di studiare l’economia non osservata. Il ritratto che ne esce, secondo il quotidiano, è quello di un evasore giovane, di età inferiore ai 44 anni, di sesso maschile, prevalentemente residente al centro: la fotografia sembra più legata ad una indagine statistica fondata sui bilanci delle famiglie di Bankitalia, mentre, secondo Giovannini, l’evasore risiederebbe prevalentemente al sud.
Appalti in Vaticano
Sul Corriere della Sera e su Libero si danno anticipazioni da una trasmissione che verrà messa in onda stasera su La7, riguardo agli appalti in Vaticano. Sul Corriere della Sera è Sergio Rizzo ad occuparsene: tutto ruota intorno a Carlo Maria Viganò, che fino a qualche mese fa era segretario generale del Governatorato del Vaticano, ovvero la struttura che gestisce appalti e forniture. In una lettera a Benedetto XVI parlava esplicitamente di “corruzione” e considerava un suo trasferimento (che poi effettamente c’è stato, poiché è Nunzio apostolico a Washington), come un danno che avrebbe generato smarrimento in quanti credevano possibile risanare tante situazioni di corruzione e prevaricazione. Spiega Rizzo che le rivelazioni di Viganò fanno capire che in Vaticano opera una cordata di fornitori, senza alcuna gara: dentro le mura dello Stato della Chiesa lavorano sempre le stesse ditte, a costi doppi rispetto all’esterno, anche perché non esiste alcuna trasparenza nella gestione degli appalti di edilizia e impiantistica. L’inchiesta viene presentata su Libero dallo stesso autore, Gian Luigi Nuzzi: “Monsignor Viganò denuncia di esser stato allontanato dalla Santa Sede perché aveva scoperto gli altarini e iniziato un’opera di pulizia e tagli”. Viganò aveva tentato di tagliare i costi ed aveva dato fastidio. Un caso su tutti, il presepe di piazza San Pietro, che nel 2009 era costato 550 mila euro, mentre quello del 2010 scese a 300 mila.
Internazionale
Usa
Ieri il Presidente Obama ha pronunciato il suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, quello che inaugura la campagna per la rielezione. Ne dà conto ampiamente La Stampa: “Ricostruiamo insieme una america più giusta per farla durare nel tempo”, ha detto Obama, sottolineando che è necessario “mantenere viva la promessa americana”, per scongiurare il rischio di diventare un Paese “dove un numero ristretto di persone vive davvero bene, mentre una crescente quantità di cittadini a malapena ce la fa”. Per riuscirci l’imperativo è “restaurare una economia dove ognuno ha una opportunità”. L’agenda di Obama ha 4 pilastri: l’industria delle manifatture, l’energia, la qualità della manodopera nazionale e i valori americani. I dati positivi che l’economia ha espresso negli ultimi mesi gli fanno affermare che “la ricostruzione è iniziata”, e, a dimostrazione di ciò, il fatto che da 20 mesi il settore privato crea posti di lavoro. Ma perché il rilancio possa durare “è necessaria una società più giusta, basata sull’uguaglianza, che garantisca opportunità a tutti”. Obama ha ribadito il sostegno alla proposta del finanziere Buffet di stabilire una aliquota fiscale minima per chi guadagna oltre un milione di dollari annui.
Turchia, Francia
Sulla Stampa ci si sofferma sulle ripercussioni in Turchia della legge approvata anche dal Senato francese che punisce la negazione del genocidio armeno. Era già stata approvata a dicembre dalla assemblea nazionale. Parlando ieri ad Ankara ai parlamentari del suo partito, l’Akp, il primo ministro turco Erdogan ha definito la legge “discriminatoria” e “razzista”. Il ministro degli esteri francese Juppe non fa mistero di considerare “inopportuna” la legge, ma ha invitato i turchi a mantenere “il sangue freddo”. I turchi ce l’hanno soprattutto con il presidente Sarkozy, accusato di sacrificare le relazioni franco-turche sull’altare delle elezioni presidenziali e del voto dei 600 francesi di origine armena. Considera una legge sbagliata quella approvata in Francia sul genocidio armeno Timothy Garton Ash, che se ne occupa con un commento su La Repubblica: il Senato francese ha approvato la legge che rende reato negare il genocidio armeno del 1915, “ma in nome della libertà di parola, di ricerca storica” e dell’articolo 11 della dichiarazione dei diritti dell’uomo sulla libertà di opinione, “avrebbe dovuto invece bocciarla”. Spiega Garton Ash: “Non si tratta di stabilire il livello di atrocità degli atti compiuti ai danni degli armeni negli ultimi anni dell’impero ottomano, né se meritino un posto nella memoria dei turchi o degli europei. Su questo non vi è dubbio. Il problema è se debba essere considerato reato il fatto di contestare la natura di genocidio di tali terribili eventi nella accezione del termine in uso nel diritto internazionale”. Secondo l’analista il Parlamento francese non è competente né autorizzato ad ergersi a giudice della storia mondiale, pronunciando sentenze sulla condotta passata di altre nazioni. Peraltro uno sviluppo della legge è che essa renderà reato non solo l’atto di contestare il genocidio, ma anche ogni azione tesa a “sminuirlo oltraggiosamente”. Un concetto che molti considerano vago: “Se i turchi fissano il numero delle vittime armene a circa 500 mila e gli armeni parlano di 1 milione e mezzo di morti, quando scatta il reato? A quota 547 mila?”.
Islam europeo
Sull’International Herald Tribune, un intervento di Jonathan Laurence, docente del Boston College ed autore di un libro dedicato all’emancipazione dei musulmani europei e al ruolo dello Stato nell’integrazione delle minoranze: il fallimento della loro integrazione viene attribuito spesso ad un eccesso di tolleranza ma, al contario, gli europei non dovrebbero avere paura di consentire agli studenti musulmani di seguire corsi di Islam in scuole ed università finanziate dallo Stato. Secondo Laurence, al contrario, “solo rafforzando i diritti democratici dei cittadini musulmani a formare associazioni, ad aggregarsi a partiti politici, ad impegnarsi in altri campi della vita civica” permetterà all’Europa di integrarli e dar “pieno significato” ad una “astratta promessa di libertà religiosa”.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini