Le aperture
Il Corriere della Sera. “Il piano italiano supera il test europeo”. “La lettera di Berlusconi: licenziamenti più facili, pensione a 67 anni”. “Il vertice di Bruxelles ‘accoglie con favore e apprezzamento’ le misure. Pd e Udc: niente di serio. Il sindacato: un attacco al lavoro”. Un richiamo in prima anche per la sconfitta della maggioranza ieri alla Camera: “Il governo va sotto due volte. Bossi: dico io quando si vota”, “maggioranza sconfitta. La Lega contro Fini: vada via”.
Libero: “Fini pensionato a vita”, “proprio lui, che percepirà un supervitalizio senza aver mai lavorato in vita sua, attacca Bossi per la baby pensione della moglie. E compie l’ennesimo suicidio politico”. A centro pagina, con vignetta di un Berlusconi beffardo e due clown raffiguranti Sarkozy e la Merkel: “La vendetta di Silvio. ‘Adesso rido io'”, “l’Europa promuove il piano economico”. Secondo Libero c’è un “colpo di reni del Cav”. “Licenziamenti facili e mutui creativi”.
La Repubblica: “Berlusconi: licenziamenti più facili”, “sì con riserva della Ue al piano anticrisi. In pensione a 67 anni”. “Nella lettera anche la mobilità nel pubblico impiego. Sindacati in rivolta. Governo battuto due volte, rissa Lega-Fini. Bossi: decido io quando si vota”.
La Stampa: “Licenziamenti più facili per l’Ue”, “Berlusconi: cassa integrazione a chi perde il lavoro. In pensione a 67 anni ma dal 2020”.
Il Sole 24 Ore: “Più facile licenziare e piano dismissioni”, “positivo il primo giudizio europeo: bene le riforme, adesso attuazione nei tempi indicati”. In taglio basso, ancora sulla trattativa al vertice Ue: “A Bruxelles pre-intesa sulle banche”, “via alle ricapitalizzazioni”.
Naturalmente su tutte le prime pagine fotografie e cronache dal disastro in Liguria: E’ “la strage dei fiumi” per La Repubblica, una “apocalisse di pioggia e fango” per La Stampa.
Napolitano
Il Sole 24 Ore pubblica ampi stralci, con un richiamo in prima, dell’intervento pronunciato ieri dal Presidente Napolitano all’inaugurazione dell’anno accademico del College D’Europe a Bruges. Un discorso tutto incentrato sulla necessità di una maggiore integrazione europea, anche passando per “revisioni e rafforzamenti di un sistema già operante di regole ed istituzioni comuni”. Ricorda che tra i principi cardine europei vi sono “stabilità finanziaria, corresponsabilità e solidarietà, crescita competitiva dell’economia europea”. Ricorda che la stessa Cancelliera tedesca Merkel un anno fa, in quello stesso luogo, aveva rivendicato con accenti appassionati quel modello di Europa. Poi, però, sottolinea come nell’Eurozona si siano manifestate “esitazioni e resistenze che hanno dato il senso dell’oscurarsi del principio di solidarietà”. E ancora una volta torna sulla Germania, sottolineando la riluttanza ad accettare ulteriori “ormai inevitabili” trasferimenti di sovranità. Dell’Italia sottolinea la necessità di abbattere il nostro debito pubblico, e di evitare incertezze “dinanzi a riforme strutturali” che permettano la crescita: “Nessuna forza politica italiana può continuare a governare o può candidarsi a governare, senza mostrarsi consapevole delle decisioni, anche impopolari, da prendere ora, nell’interesse nazionale e nell’interesse europeo”.
La lettera di Berlusconi, i licenziamenti
Secondo quanto riferito dal Corriere della Sera, la lettera che Berlusconi ha portato a Bruxelles consta di 17 pagine e prevede, tra le misure: aumento dell’età pensionabile a 67 anni per uomini dal 2026, possibilità di licenziare i dipendenti a tempo indeterminato per le imprese in difficoltà economica, mobilità obbligatoria per gli statali, liberalizzazione delle professioni, vendita di beni pubblici per cinque miliardi annui nel prossimo triennio, riduzione dei costi della politica e della pubblica amministrazione con misure che vanno dal taglio “significativo” del numero dei parlamentari fino alla soppressione delle Province.
Secondo Il Sole 24 Ore la misura sul mercato del lavoro ha nelle intenzioni del governo l’obiettivo di facilitare le assunzioni: il pacchetto sarà completato dall’introduzione di condizioni più stringenti nell’uso dei contratti parasubordinati, e dall’azzeramento dei contributi per i contratti di apprendistato, oltre che da facilitazioni del part time.
Il Sole riferisce anche del parere positivo, sulle anticipazioni, pronunciato ieri dal governatore di Bankitalia Draghi: lo ha fatto nel corso del suo intervento alla Giornata del Risparmio, di cui il quotidiano riferisce ampiamente. Draghi ha sottolineato tra l’altro che “ora bisogna fare le riforme, dando loro concretezza”. Ed ha ammonito: “Non nascondiamoci che si tratta di azioni coraggiose, e che bisogna anche tutelare le fasce di popolazione più deboli che da queste riforme saranno sicuramente toccate”. Il Governatore ha anche ribadito che, sul fronte del prelievo fiscale, è necessario trasferirne il peso “dalle imposte e dai contributi che gravano sul lavoro e sull’attività produttiva alla imposizione sulla proprietà e sul consumo”.
“Licenziamenti possibili se l’azienda va in crisi”: così La Stampa sintetizza il senso della misura presentata. Prevede l’entrata in un regime “all’anglosassone”, nel senso che si potrà allontanare un dipendente in situazioni di difficoltà economica dell’impresa: probabilmente, anche nelle aziende con più di 15 dipendenti, sarà sufficiente versare una indennità monetaria. Lo stesso quotidiano intervista il giuslavorista e senatore Pd Pietro Ichino, di cui sintetizza il pensiero così: “non è un tabù, ma questa proposta resta troppo vaga”. Ichino ricorda che “di una disciplina dei licenziamenti per motivi economici abbiamo bisogno, e corrisponde a quello che la Bce ci ha chiesto con la lettera del 5 agosto”.
Intanto – fa sapere Il Sole 24 Ore – in Gran Bretagna si ipotizza il licenziamento per scarsa produttività. Si tratta di cancellare il cosiddetto unfair dismissal, licenziamento senza giusta causa nel settore pubblico e privato. A Londra licenziare senza giusta causa è già possibile, il ritorno all’impiego per sentenza giudiziaria è molto raro, ma il datore di lavoro rischia di dover pagare i danni al dipendente. Obiettivo della possibile futura norma è liberarsi di fannulloni per far spazio a dipendenti più motivati, facendolo a costo quasi zero. Nella convinzione che il meccanismo esistente condanni in realtà ad accettare l’inefficienza di molti servizi pubblici e induca i dipendenti ad abbassare i ritmi di lavoro, sapendo della difficoltà dell’imprenditore a firmare la lettera di licenziamento. Sindacati e alleati liberaldemocratici sarebbero contrari.
Tremonti
Molte analisi dei quotidiani sottolineano il fatto che la lettera di intenti presentata in Europa da Berlusconi non abbia avuto la firma del Ministro dell’Economia Tremonti visto che, secondo La Repubblica, si tratta di un vero documento programmatico che si sovrappone e sostituisce a quelli elaborati dal ministro. Secondo il quotidiano la novità non è solo nel “ridimensionamento” di Tremonti, ma anche nell’atteggiamento della Lega, che finora lo ha sostenuto. Resterebbe, ma con sempre minor convinzione, il sostegno di Bossi. Per il resto, si è costruito un “cordone sanitario”: la lettera è infatti il frutto del lavoro dei tre ministri, Paolo Romani, Renato Brunetta e Maurizio Sacconi. Il documento è stato fatto leggere a Tremonti soltanto martedì sera, a cose fatte. E ad indispettirlo pare sia stato, sopra ogni cosa, il capitolo sulle privatizzazioni di Stato, che Tremonti teme possa risolversi in una predazione dei pochi gioielli di famiglia rimasti.
Anche il Corriere sottolinea l’accresciuta distanza tra il premier e il suo Ministro dell’Economia: era assente al vertice che ha portato alla stesura del documento, e – come dice un alto esponente del Pdl – di fatto è stato commissariato.
Fini
E’ finita “a sberle” nell’Aula di Montecitorio, come scrive Libero, la seduta della Camera. Martedì sera a Ballarò Fini aveva ricordato come la moglie di Umberto Bossi sia andata in pensione a soli 39 anni. Ma, “nella Lega, si sa, puoi toccare tutti tranne la moglie del senatur”. Ha iniziato il capogruppo leghista a Montecitorio Reguzzoni: “E’ assolutamente inopportuno che Fini in questi giorni si sieda in una trasmissione televisiva ed esprima valutazioni politiche. C’è poi la caduta di stile di coinvolgere nel dibattito politico la moglie di un ministro, offendendo chi usufruisce di trattamenti pensionistici in regola, all’epoca”. In un crescendo, il finiano Claudio Barbaro e il bossiano Fabio Ranieri vengono alle mani. E la polemica continua per tutto il giorno, con Bossi che dice: “Fini? Vada a quel paese”.
La Stampa titola: “La mutazione di Fini apre la campagna elettorale. Ed è rissa alla Camera”.
Internazionale
Il presidente del Consiglio Nazionale Transitorio libico Jalil ha chiesto un prolungamento della missione Nato fino alla fine dell’anno. E secondo La Repubblica l’Italia sarebbe disponibile a soddisfare questa richiesta. L’inviato a Tripoli de La Stampa spiega che si sta profilando una missione multilaterale in Libia guidata dal Qatar. Il consiglio nazionale ha infatti chiesto aiuto per i feriti, per la ricostruzione, per il recupero di tutte le armi distribuite da Gheddafi prima della sua fuga da Tripoli. Il capo di Stato maggiore del Qatar ha parlato di una “nuova coalizione che potrebbe essere guidata da questo Paese. Che per la prima volta ha ammesso che centinaia dei suoi soldati sono stati presenti in tutte le zone della Libia. Ieri si è parlato molto anche del destino del figlio di Gheddafi Saif Al Islam, ancora in fuga. Il comandante militare di Misurata sostiene che sia pronto a consegnarsi alla Corte Penale Internazionale dell’Aja.
Bernard Henry-Levy, il filosofo francese che è stato tra i primi sollecitatori di un intervento in Libia e che ha avuto fin dall’inizio stretti rapporti con quello che poi sarebbe diventato il Consiglio Nazionale Transitorio, firma un lungo intervento sul Corriere, dedicato al linciaggio di Gheddafi. Compare sotto il titolo “quello spettacolo della morte che può corrompere la rivoluzione”. Scrive, tra l’altro che o questo crimine “è, come la decapitazione dell’ultimo re di Francia, l’atto fondatore dell’era che si annuncia, il suo riflesso anticipato, come diceva Camus: il che sarebbe terribile. Oppure, non è un inizio ma una fine, l’ultimo soprassalto dell’epoca barbarica, il termine della notte libica, il raglio estremo di un gheddafismo bisognoso, prima di spirare, di “rivoltarsi contro il proprio autore e di inoculargli il proprio veleno”. Ma al filosofo non vien meno la speranza che il percorso verso la libertà prosegua, per quanto disseminato di insidie”. Compito dell’Europa è aiutare la Libia affinché questo cammino si rafforzi.
Il Sole 24 Ore sottolinea invece come lo stop energetico in Libia ne abbia affossato il Pil, con un calo del 50 per cento. Sono le cifre del Fondo Monetario Internazionale, riferite al 2011. L’outlook riguarda tutte le economie dei Paesi della primavera araba, ed è particolarmente preoccupante per quei Paesi che – a differenza della Libia – non hanno petrolio. Se il Libia torna l’ordine – sottolinea il quotidiano – non sarà difficile riprendere a produrre il milione e 600 mila barili l’anno, arrivando a 2,4 se riceverà gli investimenti adeguati.
Più difficile sarà per la Tunisia uscire dalla crescita zero in cui si troverà negli ultimi anni. Quanto all’Egitto, sarà difficile dare posti di lavoro con una crescita prevista dell’1,2 per cento, tenuto conto dei suoi tassi di crescita demografica.
All’Egitto, all’indomani della vittoria in Tunisia degli islamisti di Ennahda, è dedicato un commento sul Corriere. Secondo i sondaggi, le forze ispirate all’Islam in Egitto potrebbero conquistare tra il 40 e il 45 per cento. Anche in questo caso, i leader dichiarano di guardare l’esempio dell’AKP turco di Erdogan, e non a Teheran. Ma l’Egitto non è la Tunisia né la Turchia: un passato prossimo di salafismo violento (Sadat ne fu vittima) un presente dove la questione copta è riesplosa, una crisi economica non solo nel turismo, come a Tunisi.
Sulle elezioni tunisine: su ResetDOC (http://www.resetdoc.org/) molti contributi (A New Beginning for Tunisia) dedicati alle prime elezioni dopo la primavera araba, tra cui una intervista all’esponente del partito islamista Souad Abderrahim, che si chiede: “Why are people so afraid of Ennahda?”
E poi
Su La Repubblica, un pezzo di costume di Francesco Merlo sul nuovo alfabeto di Valter Lavitola: dalle invocazioni alle segretarie del premier ed altri (“Amò, ti prego, agendami”, per ottenere un appuntamento) a “andare a torta”, che significa spartirsi un finanziamento pubblico.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini