La coraggiosa decisione di un Papa innovatore

La Repubblica: “Il Papa lascia, addio storico”, “’Non ho più forze, me ne vado per il bene della Chiesa’. Entro Pasqua il successore”. A centro pagina: “L’America sceglie: sì al centrosinistra”. Così legge il quotidiano le parole dell’ambasciatore Usa in Italia Thorne.

Corriere della Sera: “’Non ho più le forze, perdonatemi’”, “Il Papa annuncia a sorpresa le dimissioni dal 28 febbraio: lo faccio per il bene della Chiesa. Il Conclave e la scelta del successore ‘prima della Pasqua’. Napolitano: grande coraggio. A centro pagina: “Il tentativo fallito di cambiare la Curia”.In taglio basso, sulle telefonate tra il Quirinale e l’ex ministro Mancino: “Sospesa la distruzione delle intercettazioni”.

L’Avvenire: “L’umiltà di Pietro”.

La Stampa: “L’addio del Papa deciso un anno fa”.

Il Foglio: “Il prevedibile addio del professor Ratzinger”. E’ il titolo della lunga riflessione del direttore Ferrrara, secondo cui non si è trattato di “un fulmine a ciel sereno”.

Libero: “Gli intrighi vaticani fanno dimettere il Papa”, “Come anticipato da Libero”, “Una decisione clamorosa mette fine a un pontificato segnato da scandali e complotti nella Curia”.

 Il Fatto: “Benedetto coraggio”, “Il Papa si dimette per salvare la Chiesa”.

 Il Giornale: “Amen”, “Il Papa scende dalla croce”.

Il Sole 24 Ore: “Lascia Papa Benedetto XVI. ‘E’ per il bene della Chiesa’”, “Conclave a marzo: tra i candidati Scola, Schonborn e Oellet”.

In taglio basso: “Dall’Eurogruppo un freno al supereuro”.

Europa: “E ora, che Chiesa sarà?”.

L’Unità: “La rivoluzione di Benedetto”.

International Herald Tribune: “Search begins for papal successor”.

 Wall Street Journal: “Pope surprises catholic word by resigning”.

Papa

Benedetto XVI ha annunciato l’abbandono del pontificato in latino, durante una riunione del Concistoro: “Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio, sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino”. E, più avanti: “nel mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti e agitato da questioni di grande rilevanza per la vita della fede, per governare la barca di Pietro e annunciare il Vangelo, è necessario anche il vigore, sia del corpo, sia dell’animo. Vigore che, negli ultimi mesi, in me è diminuito in modo tale da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero a me affidato”.

Il Sole 24 Ore racconta che poco meno di tre mesi fa il Papa è stato operato al cuore: gli è stato sostituito il pacemaker.

Enzo Bianchi su La Stampa ricorda che il Papa, nel suo libro intervista con Peter Seewald aveva detto più volte che avrebbe potuto dimettersi. “Lo si è definito più volte un Papa conservatore, ma questo gesto -scrive Bianchi- lo mostra come innovatore: rompe, infatti, una tradizione di duemila anni in cui tutti i vescovi di Roma sono morti di morte violenta o di malattia o di vecchiaia (papa Celestino V dimissionò, ma costretto da chi sarebbe diventato il suo successore”.

Joaquim Navarro-Valls, che fu il portavoce della Sala Stampa vaticana negli anni di Woytila, ricorda che nel libro “Luce del mondo” Ratzinger stesso aveva spiegato: “Se un Papa comprende di non essere più in grado fisicamente, psicologicamente, spiritualmente di assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune circostanze, anche l’obbligo di dimettersi”. Tre Papi prima di lui, nel secolo passato, si sono posti il problema in tutta la sua gravità, lasciando informazioni sul da farsi nel caso venisse meno la coscienza o la prestanza fisica: “Due di loro, Paolo VI e Giovanni Paolo II, hanno lasciato nelle mani di altri la decisione. Benedetto XVI no”. Navarro Valls ricorda anche che nel 1980, Woytila chiese al giovane Ratzinger di trasferirsi a Roma per assolvere il compito che solo l’anno successivo egli accettò: “Anche in quel frangente, egli preferì inizialmente il diniego e, analogamente a ora, non lo fece senza valide ragioni, senza un esame approfondito, senza tener conto dei valori fondamentali che tali richieste hanno insieme al prestigio degli incarichi assunti”.

La Repubblica intervista il cardinale polacco Stanislao Dziwicsz, arcivescovo di Cracovia, che fu segretario personale di Papa Wojtyla. E tutto ruota intorno alla frase che Wojtyla avrebbe pronunciato nei giorni della malattia: “non si scende dalla Croce”. Conferma Dziwicsz: “Disse quella frase perché profondamente convinto che, come fece Gesù, i dolori della Croce vanno affrontati e sopportati fino in fondo. Ma è profondamente sbagliato fare paragoni con la scelta annunciata ieri da Benedetto XVI. E’ ingiusto solo pensarlo, perché l’attuale Papa, così facendo, ha compiuto un grande gesto per la Chiesa universale. E non è assolutamente vero che ha, in qualche modo, lasciato la croce”.

Il Messaggero intervista il teologo Hans Kung, che dice: “non provo senso di trionfo o addirittura di soddisfazione tardiva. Perché dovrei? Al contrario. La decisione di Benedetto XVI merita grande rispetto, è legittima, comprensibile e anche coraggiosa. Non mi sarei mai aspettato che questo Papa riuscisse un giorno a sorprendermi in maniera positiva”. Rispetto a Giovanni Paolo II, Benedetto XVI “ha preso un’altra decisione, quasi rivoluzionaria e secolare. Quasi come se fosse un semplice Presidente della repubblica o un rappresentante del mondo politico”, ”non me lo sarei mai aspettato da lui”. Sul prossimo Papa: “Durante il suo Pontificato, Ratzinger ha nominato molti cardinali conservatori e ortodossi, fedelissimi seguaci delle sue dottrine. Sarà quindi difficile trovare proprio tra di loro la persona giusta che sia in grado di far uscire la Chiesa cattolica dalla sua complessa e profonda crisi che sta vivendo da ormai molti anni e che non è stata provocata e inasprita solo da Benedetto XVI ma anche dal suo predecessore”.

Su La Repubblica il direttore Ezio Mauro definisce l’annuncio delle dimissioni come “l’irruzione della modernità in un’istituzione vecchia di due millenni”: “avviene con il coraggio dell’umiltà nel gesto solitario dell’anziano pontefice che rinuncia al potere di Cristo e a tutti i suoi simboli, confessando la sua fragilità davanti al peso della responsabilità , divenuto intollerabile per le sue forze in rapido declino”. Scrive Mauro: “Professore anche da Papa, Ratzinger non può aver certo ignorato la portata scandalosa, rivoluzionaria e dunque pedagogica del suo gesto. Se lo specifico della modernità chiede vigore e sono solo saldezza di fede e preghiera, il nuovo conclave nn potrà non tenerne conto, nel valutare l’età dei candidati. Se l’istituto dell’abdicazione entra nei sacri palazzi, trasformando in una carica a tempo quello che era un regno eterno, non si può non pensare a un Papa ‘politico’ nel senso di una scelta che tenga donto delle contingenze, delle esigenze dell’epoca”.

Il direttore del Corriere Ferruccio De Bortoli scrive che “le dimissioni sono la conseguenza di un tormento interiore”. Certamente le precarie condizioni di salute “sono state una componente decisiva”, ma è altrettanto vero che “il Papa si è sentito solo”: De Bortoli parla della “insensibilità di una Curia che, anziché sorreggerlo, è apparsa, in diversi suoi esponenti, più impegnata in giochi di potere e lotte fratricide”.

Anche alle pagine interne del Corriere, si torna su questo tema: Massimo Franco sottolinea come colpisca il fatto che all’oscuro delle intenzioni del Papa fosse il cardinale Angelo Sodano, numero uno del Collegio cardinalizio. Ed è come se anche in queste ore si intravvedesse “una singolare struttura tribale” della Curia. “Sotto voce -scrive Franco- si parla del contenuto ‘sconvolgente’ del rapporto segreto che tre cardinali anziani hanno consegnato nei mesi scorsi a proposito di Vatileaks, la fuga di notizie riservate per la quale è stato incriminato e condannato solo il maggiordomo papale, Paolo Gabriele”. Luigi Accattoli, ancora sul Corriere, descrive la “lotta agli scandali del Papa teologo nel solco di Wojtyla”.

Su L’Avvenire il presidente della Cei Bagnasco, in una intervista, racconta di essere ovviamente stato presente in quei momenti a Concistoro che, “si stava svolgendo come previsto”. Poi, il testo in latino del Papa. Spiega Bagnasco: “Questa decisione nasce da un’anima – percezione crescente in questi anni – profondamente umile, che vive di fede e della libertà del proprio cuore, che non ha da affermare se stesso ma solo di dover annunciare Gesù Cristo”. “Al Papa non importa essere conforme alla opinione dominante, perché è un uomo libero e quindi coraggioso. La decisione appena annunciata è dentro questo humus profondo della sua anima”. Bagnasco ricorda di averlo frequentato in circostanze “molto difficili e di grande sofferenza” come “il momento di massima esplosione delle vicende dolorosissime legate ai casi di pedofilia” e dice di esser stato sempre colpito dalla sua “serenità” e “fiducia”. Poi insiste: “Di certo non si può dire che questo non sia un Papa coraggioso. Se qualcuno pensa ad una ‘fuga’ dovrebbe chiedersi allora perché non lasciò nel mezzo della tempesta per la pedofilia”.

Su Il Foglio si riproduce la pagina dedicata il 10 marzo scorso alle dichiarazioni contenute nella intervista con Peter Seewald. Nell’editoriale del direttore Ferrara si legge tra l’altro: “Il ratzingerismo non è mai stato un atteggiamento moralistico o retrogrado, è originato da una grande e moderna sensiblità della fede e della ragione, da un autentico illuminismo cristiano, predica un apostolato che contribuisca a mettere il mondo sulla strada della sua ‘giusta forma’, relativizzando umanisticamente la scienza e la sua deriva scientista”, “l’ingegneria biologica, il diritto eutanasico, le pretese delle culture di genere e gay, e sottraendo invece a ogni forma di relativismo etico le questioni di bene e di male, che sono il sale della vita umana”. Si ricorda poi la severità del Papa dopo gli scandali sulla pedofilia, ma si sottolinea che “tutto questo fronte di battaglia aveva bisogno, nei pensieri del generalissimo chiamato a combatterla sul soglio di Pietro, di una riserva di forza e spiritualità profetica che non sono esigibili da un venerabile teologo interamente formatosi e invecchiato nel Novecento”. Non poteva “ingannare se stesso”, ed ha escogitato con l’abbandono “la più radicale e simbolica riforma della Chiesa da secoli a questa parte”.

La Repubblica intervista Nanni Moretti, autore del film Habemus Papam: “La profezia di Moretti: ‘un Papa troppo umano come quello del mio film’. Il regista: ‘Ma Ratzinger non ha visto Habemus Papam’”.

 IL Fatto parla della scelta del successore, che avverrà a Pasqua, quando si riuniranno i 117 porporati del conclave: 61 sono europei (28 italiani), 19 sudamericani, 14 nordamericani, 11 asiatici, 11 africani e 1 per l’Oceania. Marco Politi si occupa dei possibili successori: “il cardinale Angelo Scola contro i sudamericani”. Da un lato – scrive – c’è un gruppo nutrito che teme lo tsunami della secolarizzazione, dall’altro uno schieramento che sente la necessità di un nuovo rapporto con il mondo contemporaneo. In mezzo, un’area che cerca ancora di orientarsi. I cardinali italiani rappresentano ancora una forte componente, e certamente una figura di riferimento è quella del cardinael di Milano Scola, ottimo organizzatore, uomo di cultura, attento ai problemi sociali, impegnato nel dialogo con l’Islam e le culture asiatiche. Tuttavia, secondo Politi, è abbastanza forte tra i cardinali stranieri l’intenzione di proseguire l’internazionalizzazione del Papato. In prima fila ci sarebbe il 68 enne canadese Mark Ouellet: conosce la macchina della Curia, i problemi delle diocesi ha operato a più riprese in America Latina, chiave del cattolicesimo mondiale. Dall’America Latina proveniva nel conclave del 2005 l’unico competitore di rilievo di Ratzinger, l’argentino Jorge Maria Bergoglio, arcivescovo di Buenos Aires, moderatamente disponibile a procedere sulle riforme. Altri due papabili: l’honduregno Oscar Maradiaga, presidente di Caritas Internazionale, grande apertura sui problemi sociali, idolo di quanti vorrebbero un Papa vicino ai problemi del quotidiano. Altro possibile outsider è il brasiliano Joao Braz de Avis, attuale prefetto della congregazione dei religiosi, personalità umile dalla forte personalità pastorale. Lo stesso Politi dedica a Ratzinger un articolo che lo descrive come un “Papa debole” e parla di “pontificato incompiuto”: si è trattato di un settennato difficile per un pastore poco attrezzato cui è mancato il piglio da leader, poiché è stato attento a fede e razionalità, meno alle crisi interne ed estere.

Alberto Negri su Il Sole 24 Ore si occupa dei rapporti di questo Papa con i musulmani, ricordando che è stato per due volte in moschea a piedi scalzi in segno di rispetto, ma che il discorso di Ratisbona segnò una forte crisi. Nel settembre 2006, si ricorda, tenne un discorso all’Università di Ratisbona, citando un dialogo del 1400 tra l’imperatore bizantino Manuele II Paleologo e un dotto persiano, ricevuto ad Ankara – allora parte dell’Impero di Bisanzio – molto critico nei confronti di Maometto. Nel documento l’imperatore diceva: “mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai solo cose cattive e disumane, come la direttiva di diffondere la fede con la spada”. Le reazioni non si limitarono agli esponenti di punta del mondo musulmano, vi furono proteste di piazza e assalti ai luoghi di culto cristiani.

L’Unità intervista il gran rabbino David Rosen, direttore del dipartimento per gli affari religiosi dell’American Jews Comitee, membro della commissione mista della Santa Sede e del gran rabbinato di Israele, tra i promotori dei rapporti diplomatici tra Vaticano e Israele, stipulati nel 1994. Racconta: “Quando lo incontrai, oltre 20 anni fa, a Gerusalemme, gli dissi che per noi ebrei creare un focolare nazionale in Israele era un segno della ‘fedeltà divina’. Ebbene, Ratzinger, con grande sensibilità e umiltà, mi rispose: lo so, ma noi della Chiesa non abbiamo ancora compreso appieno questo fatto”. “Dal punto di vista del dialogo tra cristianesimo ed ebraismo non vi è alcun dubbio che il bilancio degli ultimi 8 anni di Pontificato (di Benedetto XVI) sia estremamente positivo”. “faccio mie le considerazioni del Congresso ebraico mondiale: nessun Papa prima di lui ha visitato così tante Sinagoghe. Ha incontrato rappresentanti della comunità ebraica ogni volta che si è recato all’estero. Nessun Papa prima di lui ha fatto tanti sforzi per migliorare le relazioni con gli ebrei”. Poi si torna al 2009, alle critiche di Rosen dopo il caso Williamson, il vescovo lefevriano negazionista la cui scomunica era stata revocata da Papa Ratzinger: “Per me rappresentò uno choc terribile, rammento le telefonate in cui venivo rimproverato per aver ‘sprecato tempo’ nel dialogare con il Vaticano. Poi però venne il chiarimento: la revoca della scomunica non comportava il reintegro dei lefevriani nella Chiesa cattolica.

Su Libero Franco Bechis parla di una “rivolta dei Cardinali” come l’ultima goccia che avrebbe accelerato la decisione del Papa: un incontro con il cardinale Sodano avrebbe comunicato al Papa la fronda di molti prelati per la linea dura sui pedofili negli Usa. Il 1 febbraio scorso, nella diocesi di Los Angeles, il nuovo vescovo Jose Gomez ha infatti comunicato di aver sollevato da tutti gli impegni pubblici il suo predecessore, il cardinale Roger Mahony. Un gesto senza precedenti, adottato dopo la pubblicazione sul sito internet della diocesi (imposto dal tribunale) di decine di migliaia di documenti che riguardavano lo scandalo pedofilia e l’atteggiamento che i vertici della chiesa avevano tenuto nei confronti dei 122 sacerdoti accusati di molestie sessuali.

La Repubblica offre ai lettori un retroscena in cui si racconta che con le dimissioni il Papa ha messo fine alla guerra di potere nella Curia: con il suo abbandono del Pontificato, infatti, cade anche il “governo” del segretario di Stato Tarcisio Bertone. Secondo Paolo Griseri si azzerano in qualche modo gli scontri tra Bertone e una parte dellla Curia, si “tagliano le ali ai corvi”, azzerando i protagonisti di uno scontro che si è concretizzato quando anonimi hanno scelto di attaccare il Segretario di Stato Bertone.

(Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)

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