Le aperture
Il Corriere della Sera: “Il governo sotto assedio”. “Polemiche dopo il declassamento di Standard & Poor’s. Berlusconi: colpa dei media”. “Ultimatum della Confindustria. Napolitano boccia la secessione”. L’editoriale di Sergio Romano immagina “una possibile soluzione”: “L’uscita di scena del premier”. A centro pagina la notizia che il Gip di Napoli ha dato ragione alla difesa di Berlusconi: “Napoli non è competente. L’inchiesta passa a Roma”.
La Repubblica: “Italia declassata, via Berlusconi. Polemica dopo la bocciatura di Standard & Poor’s. Centrodestra battuto cinque volte. Napolitano alla Lega: secessione fuori dalla storia”. E poi: “Confindustria: il governo a casa. Il premier: colpa dei media”. “La linea di affondamento” è il titolo del commento di Massimo Giannini. In prima pagina si scrive anche: “E il Quirinale vuole sapere se la maggioranza tiene”. A centro pagina: “Il Gip: a Roma l’inchiesta di Tarantini”. “Napoli non competente”. E poi: “Noemi, così il Cavaliere mentì sulla festa di Capodanno in Sardegna”.
Libero: “Silvio sputtanato da Pm incompetenti. L’indagine sul presunto ricatto passa a Roma. Intanto però, da Napoli è uscito di tutto. Compresa l’idea di mandare i carabinieri a prendere il premier”.
Il Sole 24 Ore: “Italia declassata, emergenza crescita. Napolitano: sforzo comune per il rilancio. Marcegaglia: riforme o Governo a casa”. “Berlusconi: il taglio è colpa dei media. Replica di S & P’s: valutazioni politiche. Dal Colle stop a Bossi sulla secessione”. L’editoriale di Roberto Napoletano parla del “gesto necessario” chiesto a Berlusconi: “Signor Presidente, l’Italia prima di tutto”. Di spalla: “Trasferita a Roma l’inchiesta sui ricatti di Tarantini al premier. Nuove accuse al procuratore di Bari”.
La Stampa: “Triplo allarme per l’italia. Le Borse in ripresa, Milano chiude a +1,91 per cento. Lo spread Btp-Bund vola a 405. Attesa per il piano della Fed. L’Fmi taglia le stime di crescita. ‘Deficit all’1,1 per cento nel 2013’. L’Ue: subito le riforme. S&P non esclude un nuovo declassamento nei 12-18 mesi. L’esecutivo: scelta politica”. Anche il quotidiano torinese parla del Presidente Napolitano: “Giro di consultazioni per verificare la tenuta del governo. Il Presidente bacchetta la Lega: ‘Chi parla di secessione è fuori dalla storia e dalla realtà”.
Il Foglio: “Così Tremonti rivede i conti e cerca con Draghi idee turbo sviluppiste”. Il quotidiano definisce “diatriba” quella tra Berlusconi e la Marcegaglia sulla decisione di Standard & Poor’s. La visione del Tesoro e le nuove stime del FMI”.
Politica
Secondo Libero “più che la speculazione finanziaria, ieri si è scatenata la speculazione politica”, riferendosi al declassamento di Standard & Poor’s. Ma “la botta non sembra aver preoccupato più di tanto il Cavaliere” che, con una nota della presidenza del Consiglio, ha liquidato così il taglio del nostro rating: “Le valutazioni sembrano dettate più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà delle cose”. L’agenzia stessa ha invece ieri voluto far sapere che il suo giudizio è “apolitico”, ma secondo lo stesso Libero il quadro resta preoccupante perché a stretto giro potrebbe arrivare anche la bocciatura della Moody’s, altro colosso del rating. Il direttore del quotidiano considera la bocciatura di Standard & Poor’s “l’ultima occasione per il Cavaliere”, e sottolinea che in qualche modo “può costituire un assist per Berlusconi” perché secondo gli analisti il Paese è bloccato dagli incombenti monopoli, dai lavoratori pubblici e dai sindacati. Da questo punto di vista l’analisi dell’agenzia è “un atto di accusa contro la sinistra e i suoi protetti”: valgano per esempio il fallimento per colpa della Cgil della trattativa su Alitalia, le resistenze alla liberalizzazione dei servizi e delle professioni, la resistenza dell’opposizione sulla riforma delle pensioni (in questo caso spalleggiata dalla Lega).
Sulla prima pagina del Corriere della Sera Sergio Romano si occupa del possibile scenario della uscita di scena del premier: il suo partito deve porsi il problema della “fine dell’era Berlusconi”, che dovrebbe annunciare che non si candiderà più alla guida del governo e che le elezioni avranno luogo nella primavera del 2012. L’esempio citato è quello di Zapatero, che ha rinunciato al terzo mandato ed ha anticipato le elezioni, favorendo così’ una intesa con l’opposizione su alcune questioni di interesse nazionale. Berlusconi insomma, “deve andarsene” ma in modo da salvare “ciò che della sua fase politica merita di essere conservato”, poiché non è interesse di nessuno che una grande forza politica, votata in tre circostanze dalla maggioranza degli elettori, si dissolva.
Sulla prima pagina del Sole 24 Ore il direttore Roberto Napoletano invita anche lui il premier a “farsi da parte” se è costretto (come tutto rende evidente) a prendere atto che non riesce a fare quello che serve. “Fare pagare alla piccola Italia” il conto di una crisi globale è “troppo”: e tuttavia il direttore ricorda di aver avvertito già nello scorso luglio che se c’era un Paese a rischio, dopo la Grecia, era proprio l’Italia, sia a causa della “fragilità della sua coalizioen di governo”, sia per la “catena imbarazzante di scandali” che tocca Berlusconi, i suoi ministri e loro collaboratori, sia per “l’incapacità perdurante di assumere decisioni dolorose ma necessarie”, così come a causa di un “quadro complessivo di decoro violato delle istituzioni”.
Parla di “bunker” in cui Berlusconi ha voluto “rinchiudersi”, commentando la lettura politica di S&P anche il notista del Sole 24 Ore, Stefano Folli. Significativo è a questo punto che il Quirinale abbia sentito il bisogno di avviare “colloqui politici” – sottolinea Folli – proprio alla vigilia del voto alla Camera sul fatidico “caso Milanese”, l’ex collaboratore di Tremonti. Con voto segreto, cioé suscettibile di sorprese. Napolitano non può “farsi trovare impreparato”.
Anche La Repubblica parla di “sondaggi del Quirinale sulla tenuta della maggioranza”. Ieri il presidente della Repubblica ha avuto una serie di incontri con esponenti della maggioranza e dell’opposizione. Ai capigruppo Pdl ha chiesto conto dello sfarinamento che si è verificato anche ieri in Aula, dove il governo è stato battuto cinque volte. Da Cicchitto e Gasparri, capigruppo, si è sentito dire che la maggioranza tiene. Ma parallelamente, poiché lo stesso Presidente aveva detto ai primi di settembre “il governo resta al suo posto finché ha la maggioranza”, il Quirinale si è preoccupato di parlarne anche con esponenti dell’opposizione: secondo La Repubblica chiedendo loro fino a che punto fossero disposti a farsi coinvolgere in un governo di emergenza nel caso fosse indispensabile. E secondo il quotidiano, “ha ricevuto risposte positive”: non è un caso che il segretario Pd Bersani abbia accantonato la richiesta di elezioni, insistendo invece sulla necessità che ci sia una “novità politica” ovvero un passo indietro del premier. Poi Casini, che ha sottolineato come il silenzio di Napolitano non sia “inoperoso”. E “l’incidente” cui si accenna ancora una volta come causa possibile della fine del governo è ancora una volta la votazione con voto segreto, domani, su Milanese.
Secondo Il Sole 24 Ore Umberto Bossi non avrebbe cambiato idea, e nella riunione del gruppo convocata per questa sera “darà l’ordine di scuderia di votare contro l’arresto di Marco Milanese”. Il quotidiano la considera “una scelta più personale che politica”, visto che il via libera alle manette sarebbe una palese rottura con Tremonti, di cui a quel punto sarebbero inevitabili le dimissioni.
Il Giudice per le indagani preliminari di Napoli Amelia Primavera ha dichiarato ieri incompente la Procura di Napoli sulla inchiesta riguardante i presunti ricatti al premier da parte del duo Tarantini-Lavitola. L’inchiesta si sposta a Roma. Se reato c’è stato, è stato consumato nella Capitale. Il Sole, nella sua cronaca, sottolinea che il provvedimento è motivato dalla circostanza che sono state ritenute credibili le ricostruzioni dei fatti offerte sia dalla memoria scritta dal Presidente del consiglio, sia dalla testimonianza della sua segretaria.
L’inchiesta di Bari che ruota intorno a Gianpaolo Tarantini si intreccia anche con quella sul cosiddetto ‘sistema Sesto’: La Repubblica scrive che i pm di Monza che indagano sull’ex presidente della Provincia di Milano, il Pd Filippo Penati, hanno chiesto i fascicoli ai colleghi del capoluogo pugliese: perché uno degli imprenditori accusati di avere tentato di costituire un gruppo d’assalto alla ricerca di appalti da chiedere a Finmeccanica, insieme a Tarantini, ovvero il pugliese Enrico Intini, “finanziò l’ex presidente della Provincia”
Esteri
“Ucciso a Kabul il ‘grande negoziatore'”, titola il Corriere della Sera, riferendosi allex presidente afghano Rabbani, che stava trattando con i talebani. Un’altra “tegola” per Obama e gli alleati Nato, sottolinea il quotidiano. Rabbani, eroe della resistenza anti-sovietica, era stato posto a capo di un ‘consiglio per la pace’ che ha il compito di provare a reintegrare (“verso che usano gli americani, favorevoli all’operazione”, sottolinea Franco Venturini) i meno oltranzisti tra i seguaci del mullah Omar. Le risposte positive alla mano tesa sono state poche e “poco qualificanti” e questo pesa, perché la reintegrazione dovrebbe essere il primo passo della strategia che prevede il disimpegno di quasi tutte le forze straniere entro la fine del 2014. Siignifica che obama non prevede una vittoria dei talebani, nel 2014, bensì la nascita di un vero e forte esercito afghano. Ma anche sul fronte dell’addestramento le notizie non sono positive, e le diserzioni sono numerose.
Rabbani è stato ucciso mentre incontrava nella sua residenza alcuni talebani. A raccontare chi fosse è sul Sole 24 Ore Alberto Negri. Era un tagiko, come l’ex comandante Massud (che era stato il suo ministro della Difesa nel 1992). Non era un moderato: suo obiettivo era la crezione di uno Stato basato sulla stretta osservanza della sharia e non ci riuscì per le lotte tra le fazioni esplosero in un conflitto sanguinoso, mettendo l’uno contro l’altro i signori della guerra.
La Repubblica dedica l’inserto R2 al primo ministro turco: “Il sultano Erdogan”, “prende a schiaffi l’ex alleato Israele, si erge a modello per i Paesi arabi e dice addio all’Europa. Così il premier turco ridisegna il ruolo di Ankara”, che si candida a potenza del Medio Oriente e dalla sua ha la forza dei numeri, essendo la seconda economia per tasso di crescita e il terzo esercito più potente nella Nato. Con intervista al ministro Egemen Bagis, il capo negoziatore per l’ingresso in Europa, che dice: “Siamo una democrazia, nella Ue troppi pregiudizi”.
Sul Corriere si parla della bomba di ieri ad Ankara: sospettati i separatisti curdi del Pkk, ma non è esclusa la pista qaedista.
Restiamo al Corriere per segnalare un’intervista allo scrittore palestinese Murid Barghouti, alla vigilia del voto Onu sulla richiesta unilaterale di riconoscimento dello Stato palestinese. Barghouti è convinto che il presidente Abu Mazen sbagli: “per noi profughi è un tradimento”, con il seggio all’Onu come Stato perderemmo quello di osservatore permanente dell’Olp, “rappresentante di tutti i palestinesi, non solo in Cisgiordania e a Gaza”, ovvero l’unico organismo titolato a discutere di autodeterminazione, confini, rifugiati, mentre l’Autorità palestinese è solo una autorità amministrativa. Questo “Stato” non potrà fare niente sul diritto al ritorno, e gli insediamenti: perfino Abu Mazen per muoversi dovrà sempre avere il permesso degli israeliani.
Anche su Libero: “”Lo Stato palestinese fa paura ai palestinesi”, “la gente teme che finiscano gli aiuti occidentali e Israele non dia più lavoro”. Chi ha il permesso di lavorare a Gerusalemme, potrebbe non averlo più.
Su La Stampa ci si sofferma invece sullo “sgambetto agli Usa” deciso dalla Cina, che con una dichiarazione ha espresso “comprensione, rispetto e sostegno” per la richiesta dell’Anp di “diventare membro a pieno titolo delle Nazioni Unite”. Con un invito all’amministrazione Obama a non ostacolare la richiesta di riconoscimento “adoperando il veto al Consiglio”. Questa mattina, peraltro, il Presidente Obama incontrerà Abu Mazen e il premier Netanyahu, mentre il Quartetto sta lavorando a una formula di compromesso per scongiurare la crisi e rilanciare i negoziati. Il quartetto (Usa, Russia, Ue, Onu) sta lavorando a un testo che prevede la ripresa di negoziati diretti, una intesa sui confini entro un massimo di sei mesi, frontiere sul base del giugno 1967, “con concordati scambi di territori” e “garanzie di sicurezza” per Israele dopo il ritiro dalla Cisgiordania. Significa un “congelamento” della procedura di riconoscimento.
Sullo stesso quotidiano troviamo la notizia della opposizione dichiarata da Rick Perry, probabile candidato repubblicano alle presidenziali Usa, all’ipotesi di un riconoscimento dello Stato palestinese: “L’Anp non merita il riconoscimento dell’Onu”, ha detto.
(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)