Le aperture
Il Corriere della Sera: “Assalto e bomba carta. Il tifo violento rovina anche il derby di Torino”.
A centro pagina il grande titolo per il terremoto in Nepal: “Nepal, un paradiso distrutto”, “Si scava tra le macerie. Ansia per quattro speleologi italiani dispersi”.
In prima anche l’inchiesta di Andrea Galli: “Il varco abusivo dell’Expo”. Si tratta di un varco abusivo attraverso cui i lavoratori del cantiere entrano, a 200 metri da uno degli ingressi principali: “chiunque può entrare e girare indisturbato”.
A fondo pagina: “La retromarcia sull’omicidio stradale”, “Nel disegno di legge scompare il ritiro a vita della patente: era previsto nei casi gravi”.
E in un articolo a fondo pagina Giuseppe Sarcina dà conto dell’attacco degli hacker russi: “Le email di Obama lette dai russi”.
L’editoriale è firmato da Angelo Panebianco e si occupa della morte del cooperante italiani Giovanni Lo Porto: “Il nemico non è l’America”.
La Repubblica: “Tra le macerie di Katmandu: ‘Nessuno viene a salvarci’”, “Non si riesce a cremare tutti i corpi. Paura per quattro speleologi italiani dispersi”.
In apertura a sinistra, vengono sintetizzate le parole del presidente del Consiglio sull’Italicum: “’Fiducia o no, senza riforme me ne vado io’”, “Renzi alla minoranza Pd. Speranza: rispettaci. Franceschini agli ex leader: ora serve unità”.
A centro pagina, sul derby di ieri a Torino: “Follia ultrà, una bomba carta in tribuna”.
In prima ancora la spending review: “mancano 4 miliardi”, scrive Federico Fubini.
In taglio basso, il richiamo alla copertina R2 del quotodiano: “2050, il sorpasso del muezzin, più musulmani che cristiani”, di Vittorio Zucconi.
La Stampa: “In Nepal crolli e valanghe. Dispersi 4 speleologi italiani”, “I morti sono già 2500: duecento alpinisti mancano all’appello sull’Everest”.
A centro pagina, sul derby Torino-Juventus: “Scontri e violenze al derby, cinque arresti”, “Assalto al pullman della Juve e bombe carta nella curva granata. Vince il Toro dopo 20 anni”.
Sulla colonna a destra: “Renzi: è dura ma l’Italicum passerà”, “Riforme oggi in aula”.
In apertura a sinistra, Gianni Riotta sul “caso immigrati”: “La zon agrigia che l’Europa non vuol vedere”.
In prima anche la finanza Usa con un articolo di Francesco Guerrera: “La nuova febbre dell’oro del Nasdaq”.
Il Giornale: “Le spine del governo”, “Renzi impantanato”, “Sono quattro gli scogli che fanno tremare il premier: la tensione sull’Italicum, la figuraccia internazionale sul caso Lo Porto, il totale fallimento nella lotta agli sbarchi e la rivolta contro la riforma della scuola”.
A centro pagina: “Fassino finisce nei guai per il business delle case rom”, “Cinque milioni ai nomadi”.
E il “controcorrente” di Stefano Zurlo: “Fanno marcire un km di libri antichi”, “Firenze, migliaia di volumi nel fango 50 anni dopo l’alluvione”.
L’editoriale nella colonna a sinistra è dedicato al derby di Torino: “Violenza chiama violenza, è impazzito il Paese, non soltanto il calcio”. Di Giuseppe De Bellis.
In prima anche un commento di Vittorio Feltri dedicato alla puntata di “Che tempo che fa”, con Roberto Saviano, sul settantesimo anniversario della Liberazione, : “Se uno show da sagra di paese diventa un atto di antifascismo”.
A fondo pagina: “Tragedia senza fine in Nepal: dispersi quattro italiani”.
Il Fatto: “Grandi eventi, sprechi in arrivo”, “Dopo Mafia Capitale una nuova ondata di appalti ‘minaccia’ Roma: Renzi e Malagò vogliono i Giochi, il Papa il Giubileo. E’ già iniziata la lotta per gestire le due occasioni che, invece di cambiare la città (come Londra), rischiano di riempire le tasche di pochi, lasciando cattedrali inutili. Ricordate i mondiali di calcio e di nuoto?”.
La giornata di ieri è riassunta in due titoli. Il primo per la politica italiana e la riforma della legge elettorale: “Intellettuali e giuristi al Pd: siate liberi, no all’Italicum”. Si tratta di un appello firmato da oltre 50 personalità. Poi le parole di Fassina: “Renzi fa male non solo al partito, ma al Paese”.
Il secondo riguarda il terremoto in Nepal: “Nepal, quasi 3 mila morti: ‘Come sotto le bombe’”.
Nepal
Le prime 7 pagine de La Stampa sono dedicate al terremoto in Nepal. Il reportage a pagina 2 è firmato da Maria Grazia Coggiola: “A mani nude fra le macerie. Kathmandu in ginocchio non conta più i suoi morti”, “Tra palazzi sbriciolati e gente terrorizzata per le ripetute scosse. Ospedali pieni, in alcune zone non si scava più: le vittime solo oltre 2500”.
Per La Repubblica è inviato a Kathmandu Giampaolo Visetti: “Con i fantasmi di Kathmandu che scavano sulle rovine seguendo le grida dei corvi. Migliaia mancano all’appello”, “I vicoli sono pieni di cadaveri coperti da teli: il bilancio provvisorio è di 2500 morti. Non ci sono mezzi per spostare le macerie, né medicine e benzina per bruciare i corpi. Un popolo intero è in strada, con il terrore che arrivi un’altra scossa”, “I politici sono scomparsi ai primi scossoni: si dice siano fuggiti in India. Di certo nessuna autorità coordina la macchina degli aiuti”.
Mario Tozzi, su La Stampa, fa notare che “in California ci sarebbero stati pochi danni” e che ci sono “più vittime nei Paesi dove c’è povertà”: nonostante il rischio sismico fosse elevatissimo e conosciuto, con decine di migliaia di morti nel secolo scorso, l’estrema povertà del Nepal e l’inesistente amministrazione hanno consentito di costruire senza alcun criterio antisismico anche laddove si si è utilizzato cemento armato.
Su La Repubblica,il regista Bernardo Bertolucci racconta: “’Solo macerie sul set del mio Piccolo Buddha, ho voglia di piangere’”, “Ho scoperto Bhaktapur e Katmandu nel ’73, poi ho deciso di girare lì il film. In quegli scorci c’era qualcosa di poetico. Il sisma ha distrutto i luoghi della mia memoria”.
Italicum
La Repubblica, pagina 8: “Italicum, Renzi ai ribelli pd: ‘Non sono legato alla fiducia, se lo bocciate mi dimetto’. Speranza: devi rispettarci”, “La legge oggi a Montecitorio. Minoranza dem divisa. Forza Italia verso l’Aventino sulla scia di grillini e Lega”.
Il Corriere della Sera, pagina 12: “Tocca all’Italicum. Renzi: noi non ci fermiamo”, “Legge elettorale da oggi in Aula, probabilmente senza slittamenti, Pronta una mobilitazione della base pd pro riforma. Il premier ricorda il 41%. ‘Il buono dell’Ulivo lo difendiamo sempre. Il partito della Nazione? Ne parlò anche Reichlin”.
Sulla stessa pagina, sul Pd: “Lealisti, indecisi e (pochi) irriducibili. Vanno in scena tre minoranze”. Scrive Alessandro Trocino che “la pattuglia degli irriducibili per ora non sembra andare molto al di là delle dieci unità”.
Alla pagina seguente, in un articolo firmato da Maria Antonietta Calabrò (““Il governo e la tattica per blindare premio al partito, soglie e capolista bloccati”), si legge che il governo ha nuovamente fatto circolare l’intenzione di porre tre o quattro fiducie: non sulle pregiudiziali di costituzionalità, ma sui punti qualificanti della legge elettorale. La fiducia verrà posta se la minoranza chiederà il voto segreto su molte proposte di modifica del testo, già approvato in prima lettura alla Camera e poi modificato al Senato. In base al regolamento della Camera, il voto segreto può esser chiesto anche quando non sono in gioco questioni di coscienza e su questo la minoranza darà battaglia. La fiducia non potrà invece esser posta sul voto finale, che sarà a voto segreto.
Sulla stessa pagina, un’intervista al vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini: “Confronto a viso aperto senza l’alibi del voto segreto”. Bersani denuncia pressioni indebite sul Parlamento, chiede Monica Guerzoni. Guerini risponde: “Se il riferimento è a presunti diktat della maggioranza e del Pd, il solo atteggiamento di forzatura che io vedo è quello di chi, da una posizione che è fortemente minoranza dentro il Pd, vuole vedersi riconosciuto un diritto di veto”. Ma porre quattro fiducie -chiede Monica Guerzoni- aiuta a costruire un clima sereno? “Il governo ritiene possibile usare la fiducia solo come extrema ratio. Il tema è come i parlamentari, a viso aperto, vogliono prendersi le responsabilità davanti al Paese, non nascondendosi dietro l’uso del voto segreto”.
La Repubblica, riferendo le parole di Roberto Speranza, che si è dimesso da capogruppo Pd alla Camera in dissenso sull’Italicum e che definisce “un errore politico madornale” l’ipotesi di una fiducia, scrive che nel voto finale, in tal caso, potrebbero manifestarsi ben più dei 15 dem che Renzi mette in conto come contrari alla legge: “a quel punto -scrive il quotidiano- diventerebbero una settantina o più. Il rischio non è solo che la legge passi con numeri risicati, ma che manchi il numero legale. Qui torna in ballo Berlusconi. L’ex premier ha infatti fatto sapere di volersi giocare il tutto per tutto per sgambettare l’Italicum. Forza Italia pensa quindi all’Aventino con le altre opposizioni, cioè M5S, Lega e Sel, nel voto finale. La mossa del cavallo. Con un duplice effetto. Stoppare il soccorso azzurro che Denis Verdini potrebbe fornire a Renzi, a meno che l’ex coordinatore forzista non decida di cogliere l’occasione per uno strappo ormai imminente. E al tempo stesso, dare un assist ai dissidenti dem per mettere in pericolo il quorum”.
A pagina 9 de La Repubblica, intervista a Dario Franceschini, ministro dei Beni culturali, che dice: “A Bersani e agli ex segretari mi appello per l’unità del partito. Basta con i toni apocalittici”, “Abbiamo il dovere di approvare una nuova legge elettorale. Se anni fa ci avessero detto che si sarebbe potuto portare a casa un testo così vicino alle posizioni storiche del Pd e dell’Ulivo non ci avremmo mai creduto”. E il riferimento alle posizioni storiche è chiarito da Franceschini quando ricorda che “il Pd è sempre stato per i collegi uninominali, mai a favore delle preferenze, perché comportano molti rischi: dai costi eccessivi della campagna elettorale al fatto che mandano in Parlamento non i migliori ma i più bravi a raccogliere consensi sul territorio con metodi…molto elastici, diciamo. Ma se anni fa ci avessero detto che si sarebbe potuto approvare un testo così vicino alle posizioni storiche del Pd e dell’Ulivo -con il premio di maggioranza che garantisce la stabilità e il ballottaggio che assicura un vincitore certo- non ci avremo mai creduto. Avremmo dato di tutto per avere una legge così”.
Il Fatto, a pagina 2: “Appello al Parlamento: ribellatevi all’Italicum”, “Oltre 50 giuristi e intellettuali ai deputati: legge elettorale da fermare. Ma Renzi vuole contingentare i tempi e imporre più voti di fiducia”.
E secondo i dati di Ipsos riferiti dal quotidiano “la legge non piace nemmeno agli elettori: contrario il 51%”. Il punto più controverso sarebbe la presenza del capolista bloccato nei 100 collegi elettorali: sarebbe contrario il 61 per cento degli intervistati.
Il Fatto intervista Stefano Fassina, esponente della minoranza Dem: “Il metodo Renzi sfascia Pd e Paese”, dice, accusando il premier di volere la legge “per andare alle urne”. Ma, conferma, “la fiducia non la voto. Il partito è piegato agli interessi forti, preferisce Bondi a Cofferati, è mediocre sul piano morale”.
La Stampa, riferendo le parole di Renzi: “’E’ la fase più dura, ma ce la farò’”, “Il premier Matteo Renzi impegnato in una serrata ‘caccia al sì’ per l’Italicum. Contattati personalmente tutti i personaggi chiave dell’Aula, opposizione compatta”.
E sulla stessa pagina: “Berlusconi sogna una rivincita con il ‘listone’ di centrodestra”, “Il leader Fi lavora per capire come sfruttare la nuova legge elettorale”.