Il risultato francese? E’ una chiamata per l’Europa

 Il Corriere della sera: “L’onda di Le Pen sulla Francia”. “Sarkozy rifiuta patti sui ballottaggi, il Ps ritira i suoi dove non può vincere”. “Marine e Marion oltre il 40 per cento. ‘Front National primo partito’. Parigi ai repubblicani”. Massimo Nava invita a “non archiviare alla voce populismo” il risultato francese, che è “una chiamata per l’Europa”.A centro pagina: “Obama parla alla nazione in tv: nessuna paura, batteremo l’Isis”.  In prima il quotidiano milanese offre anche una intervista al Segretario di Stato Usa Kerry a Jeff Goodell di Rolling Stone: “Russia e Iran decisivi”.

La Repubblica: “Francia, lo shock Le Pen”, “Il Fn trionfa: primo con il 29% ed è in testa in 6 regioni su 13. La leader ora pensa all’Eliseo”, “Il Ps sotto nell’Ile de France: per battere l’estrema destra siamo pronti alla desistenza”, “Sarkozy si ferma al 27%, ‘Il Paese indietreggia, domenica niente accordi’”. Da Parigi ne scrive Anais Ginori per raccontare il personaggio 1, ovvero Marine Le Pen: “Il poker di Marine, ‘E’ magnifico’”. E Pietro Del Re, da Avignone, scrive del personaggio 2, Marion Le Pen: “E la nipote Marion stravince nel Sud”. Alle regionali francesi sono dedicate le analisi di Bernardo Valli (“La paura nelle urne”) e di Stefano Folli (“I nostri populisti e il vento d’Oltralpe”). In prima anche il discorso alla Nazione del presidente Usa: “Obama: distruggeremo lo Stato islamico”. Enrico Franceschini, da Londra, si occupa dell’agguato in metropolitana a Londra: “Londra vive l’incubo di lupi solitari”.

La Stampa: “La Francia svolta a destra”, “Marine Le Pen: ‘Siamo gli unici a difendere la nazione’. Marion al 42% in Provenza”, “Voto amministrativo: il Fn primo partito, in testa in 6 regioni su 13. Sarkozy: niente alleanze per i ballottaggi”. “Ora è finita la politica del Novecento”, è il titolo dell’editoriale di Cesare Martinetti sul tema. Sul fronte terrorismo: “Italiani nel Sahel’. Renzi, no a Hollande”, “Parigi aveva chiesto di sostituire le sue truppe in Ciad e Niger”.

In prima anche qui il discorso alla Nazione del presidente Usa: “L’impegno di Obama: ‘L’Isis sarà distrutto’”. Più in basso, un’intervista al Dalai Lama di Paolo Crecchi: “Il Dalai Lama: ‘Dialogo anche con il Califfo’”, “Il capo spirituale tibetano: ‘I musulmani intolleranti danneggiano il proprio credo e i loro fratelli’”. Di fianco: “Così Londra ha eliminato Jihadi John”, “Tre droni per individuare il nascondiglio, poi il blitz di otto soldati che hanno ucciso il jihadista inglese”. Sul tema della maternità surrogata, da segnalare un intervento di Vladimiro Zagrebelsky: “Agire sempre nell’interesse del neonato”.

Il Fatto: “La Le Pen ringrazia il Califfo”, “Alle Regionali il Front National diventa primo partito intorno al 30%”, “. L’estrema destra è in testa in sei regioni: decisive le tematiche legate all’immigrazione e al terrorismo. Seguono Sarkozy e i suoi Repubblicani; male i socialisti di Hollande, solo terzi con circa il 23 per cento. L’ex presidente: ‘I francesi sono esasperati. Nessuna alleanza con i socialisti per il ballottaggio’. Astensionismo vicino al 50 per cento. Domenica prossima ancora urne”. Ne scrive in un editoriale Stefano Feltri: “Tutti i politici lavorano per Marine”. A centro pagina la “storia di copertina”. Una grande foto in prima raffigura un musulmano nell’atto di pregare. Il titolo: “Sono Imam, vi dico perché”, “Come si diventa guida spirituale dell’Islam. Quanti sono, dove sono, a chi rispondono, cosa dicono e quanti fedeli hanno: le risposte sulla comunità musulmana in Italia”. Ne scrive, alle pagine 6 e , Leonardo Coen. Sulla politica italiana, da segnalare un’intervista a Pierluigi Bersani: “’Renzi non è riformista e ha salvato il Giaguaro’”. E sul decreto banche e la manifestazione di ieri davanti alla Camera dei deputati: “I risparmiatori a Montecitorio: ‘Noi distrutti dalle banche’”, “A Roma. In piazza centinaia di vittime del salva-istituti”.

Il Giornale: “Il voto umilia la sinistra”. “Trionfo della Le Pen: il Front National è il primo partito davanti a Sarkozy. Schiaffo ai socialisti di Hollande che sprofondano al terzo posto”.

A centro pagina: “Berlusconi: ‘Disastro sulle banche’. E intanto Renzi vuole mettere le mani anche sui piccoli istituti di credito”.

Francia

Per Bernardo Valli, che ne scrive in prima su La Repubblica, “quel che ha consentito al Front National di diventare, da ieri sera, il primo partito di Francia, è stata l’emozione suscitata dalla strage del 13 novembre”. Nel corso della campagna elettorale “Valls, il primo ministro socialista, ha rinunciato a parlare”. Sarkozy “sperava di conquistare metà delle regioni: una partenza per riprendersi l’Eliseo”. Molti elettori di sinistra “non avendo più candidati in alcune regioni hanno deciso di creare un Front Républicain spontaneo contro l’estrema destra”.

Su La Stampa, in prima, Cesare Martinetti scrive che questo voto è il “superamento dello schema politico novecentesco”: “saltano le categorie nelle quali si sono fermati i partiti delle democrazie occidentali. Il 40 per cento dei voti presi da Marine Le Pen e dalla nipotina Marion nelle due regioni in cui erano candidate (Nord-Pas-de Calais e Piccardia, Provenza-Costa Azzurra) costituiscono la somma dei voti di destra e sinistra, ex gollisti e socialisti. Nel resto del Paese il Front è al 30 per cento; secondo partito i ‘repubblicani’ di Sarkozy. I socialisti sono al 23. Tutto questo non si può più interpretare con la vecchia formula del voto di protesta”; sono inutili le formule che ancora si sentono in Francia del tipo “far fronte all’estrema destra”, che è un modo più reticente di dire “no ai fascisti”: “Più lo si dirà e più voti andranno al Front”. Insomma, per Martinetti sono superati ormai “gli schemi su cui era basata la dialettica politica tradizionale”. Il quotidiano intervista lo storico Hervé Le Bras: “I francesi -dice- hanno scelto la lotteria. Conoscono i rischi, ma ci provano”, “Hanno visto che sia con la destra sia con la sinistra non è successo nulla. Si ritrovano in una società dove i meccanismi di ascensione sociale non funzionano più”.

Su La Repubblica Anais Ginori, da Parigi, dedica un commento agli “sconfitti”: “I socialisti si ritirano dal ballottaggio in alcune regioni. Il governo tenta di sdrammatizzare: con verdi e gauche radicale la sinistra è la prima forza politica del Paese”, “Sarkozy: ‘Niente accordi’, ma il Ps gli lascia campo: ‘Il Fn va fermato’”, “L’ex presidente si gioca il tutto per tutto in vista delle presidenziali. E’ il primo leader a prendere la parola”, “Lo straordinario balzo in avanti della popolarità di Hollande dopo gli attentati non ha contato nelle urne”. Ed è ancora Anais Ginori a dar conto della reazione del Front National: “Marine: ‘Noi, i veri repubblicani’. E la folla esulta: ‘Ora all’Eliseo’”, “Al seggio si è presentata vestita con i colori della bandiera francese. Poi in serata la festa: ‘Magnifico, battute le calunnie”. E si riferiscono le parole di Marine Le Pen: “’Abbiamo vinto, pur avendo avuto tutti contro. Siamo gli unici a difendere la nazione’”. Sulla stessa pagina, Pietro Del Re, inviato ad Avignone, si occupa di Marion Le Pen: “E la giovane Marion vola nel feudo della Provenza tra teste rasate e champagne, ‘Destra e sinistra sono morte’”. Anais Ginori, ancora su La Repubblica, intervista il politologo Yves Mény, che dice: “E’ uno tsunami sulle istituzioni. La Francia al punto di rottura”, “Il successo del Fn evidenzia le contraddizioni del sistema: un partito è primo ma praticamente assente in Parlamento”, “il sistema francese è diventato sociologicamente tripolare, ma con meccanismi elettorali che sono ancora quelli del bipolarismo”. E del Front National sottolinea il passaggio da “movimento populista” a “vero partito”.

Sul Corriere Massimo Nava scrive che il Fn non è solo capacità di cavalcare le grandi paure, che è “anche il prodotto delle esitazioni e della involuzione della destra gaullista che ha diluito i suoi valori (autorità, senso dello Stato, laicità repubblicana, identità di nazione)” oltre che delle “ambiguità culturale ed ideologica di una sinistra che non ha saputo vedere né i pericoli di disgregazione sociale ed economica che minacciavano la società francese”. Infine, Nava ricorda che “gli imitatori di Marine Le Pen crescono in tutti i paesi dell’Unione” e “continuare soltanto a chiamarli populisti è stupido e inutile”.

Su La Stampa Alberto Mattioli, occupandosi di Marine Le Pen, spiega la sua “lunga corsa a ‘ripulire’ il partito ereditato dal padre”, “Guerra agli islamisti e patriottismo hanno favorito la Le Pen”. Scrive Mattioli che è riuscita in due imprese che parevano impossibili: ha impiantato il partito sul territorio dandogli una struttura (Mattioli racconta di aver seguito un porta a porta con lei a Hénin-Beaumont, nel profondo nord de-industrializzato) e sta iniziando a “sfondare nell’élite”, visto che nel suo entourage si vedono i primi “énarques”, i diplomati dell’Ena, scuola che forma la classe dirigente molto più selezionata, ristretta e coesa di quella italiana.

Su Il Fatto: La Francia vuole Le Pen: il fronte è il primo partito”, “Fn in testa in sei Regioni su tredici. Secondo Sarkozy, bastonati i socialisti che ora si ritirano dai ballottaggi a rischio”, “30%. L’estrema destra incassa la vittoria. Astensione al 50%”. Ne scrive Luana de Micco. Sulla stessa pagina, un’analisi di Leonardo Coen, che parla di “spinte populiste”: “E’ un atto d’accusa contro Hollande”, “Il risultato è uno schiaffo al governo costretto a varare provvedimenti impopolari”. Hanno votato per il Fn il 45 per cento degli operai, soprattutto coloro che hanno perso il lavoro; lo hanno plebiscitato i contadini incolleriti con Bruxelles, i piccoli imprenditori alle prese con normative sempre più asfissianti, i bottegai minacciati di estinzione, sedotti dallo slogan ‘basta con l’euro’”. Marine Le Pen -scrive – “ha dragato consensi nello spettrale Nord deindustrializzato”.

Su Il Giornale Alessandro Sallusti scrive che il successo di Marine Le Pen “non è la vittoria della paura sulla ragione ma la sconfitta di una sinistra ideologica e tecnocratica che ha portato l’Europa sull’orlo del baratro”. E ancora: “Altro che ‘destre razziste’, sono le sinistre il vero pericolo per la tenuta democratica del l’Europa”.

Sul Corriere Maria Serena Natale intervista Marek Halter: “La religione è entrata in politica. E la sinistra si trova spiazzata”. Dice che le elezioni “si giocano su un solo grande tema, noi e l’Islam. Chi scioglierà il nodo riconquisterà anche la fiducia dei cittadini”. Halter ricorda che dopo il 13 novembre aveva invitato il presidente Hollande a parlare “direttamente ai musulmani di Francia” ma “lui si è rifiutato perché la nostra cultura civica ci impedisce di fare distinzioni in base all’etnia o alla religione” mentre il Fn ha superato “il tabù che ci impedisce di definire le minoranze come tali”. Ora “rafforzandosi, il Front National alienerà i musulmani moderati e farà il gioco degli estremisti, che a loro volta tenteranno di alimentare l’angoscia alla base del successo dei partiti nazionalisti”.

Isis, Usa, Islam

Su La Repubblica: “San Bernardino, Obama alla nazione: ‘Distruggeremo lo Stato islamico’”, “Il presidente Usa parla dallo studio ovale. L’Fbi: i killer pronti ad attacchi multipli”. E sulla stessa pagina: “Terrore nel metrò, l’incubo di Londra ora sono i lupi solitari”, “paura dopo l’accoltellamento di 2 persone. ‘E’ un terrorista, trovate le prove in casa sua’”.

La Stampa: “La promessa di Obama all’America: ‘Distruggeremo lo Stato islamico’”, “Nella notte il discorso in tv del Preisdnete alla nazione: ‘Proteggeremo i nostri cittadini’. E assicura di voler rafforzare la sicurezza per prevenire stragi come a San Bernardino”. Paolo Mastrolilli, da Riverside, California: “Nella moschea dove pregava Syed: ‘Ora ci minacciano di morte’”, “Tra i musulmani che lo conoscevano: veniva qui ogni giorno”.

Sul Corriere una intervista a John Kerry per Rolling Stone. Il Segretario di Stato Usa parla della Siria e ribadisce l’importanza del vertice di Vienna. Prima, dice, “la strada politica era inesistente perché Assad non era disposto a negoziare e perché i russi e gli iraniani prendevano la cosa molto seriamente”. Dell’Isis dice che “non è in grado di operare in molti Paesi”. Sulla Russia che “credeva di poter andare in Siria e risolvere tutto in un paio di settimane” ma “è molto difficile combattere per Assad, sostenere l’Iran ed Hezbollah e poi girarsi dall’altra parte e dire al mondo sunnita ‘ehi, vogliamo costruire un rapporto con voi’”.

Su Il Fatto, intervista allo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun: “Il nostro re, baluardo contro l’islamizzazione”, “Qui le riforme sono state fatte per instaurare elezioni libere e per migliorare le condizioni delle donne”.

Su La Repubblica, intervento della studiosa Jessica Stern: racconta come le aggressioni di terroristi isolati condizionino il quotidiano delle persone generando paure e angosce molto più grandi rispetto al reale pericolo che corrono (“La guerra psicologica dei ‘cani sciolti’ al nostro stile di vita”).

Su Il Fatto, da segnalare anche le due pagine dedicate ai musulmani italiani: “I fedeli del Corano sono un milione e 700 mila (un milione in Lombardia); i luoghi di culto, diffusi in tutta la penisola, sono 700 di cui 685 informali”. Leonardo Coen focalizza l’attenzione sul come viene scelto l’imam: “è la comunità che sceglie in maniera spontanea chi debba guidarla. Il criterio si basa sulle capacità teologiche e dialettiche, sul modo di affrontare la quotidianità” (ma Coen ricorda che si può assumere questa carica anche senza avere titoli accademici e racconta gli incontri avuti con alcuni imam in Italia).

Su La Repubblica, intervista di Paolo Crecchi al Dalai Lama, che dice: “Dobbiamo dialogare anche con l’Isis per avere la pace”, ‘Gli intolleranti danneggiano il proprio credo e i propri fratelli’”.

Politica italiana

Sul Giornale ampio spazio per l’intervista di ieri in tv, a Sky Tg 24, di Giuliano Pisapia: “Milano, coltellate a sinistra. Pisapia attacca il premier. Il sindaco uscente scatenato in tv: ‘Sbagliato che il segretario PD sia presidente del Consiglio. Io voglio la Consulta? È una calunnia’. Offese al centrodestra”.

La Repubblica: “Pisapia contro i due ruoli di Renzi: ‘Sala avanti? I sondaggi sbagliano’”, “Il sindaco di Milano: un errore fare premier e segretario Pd, così non si conoscono le città. E si prepara ad appoggiare la Balzani. Slitta la raccolta firme, giovedì road map delle primarie”. E della vicesindaco Balzani dice: “garantisce la continuità di un percorso e tiene molto all’unità della sinistra”. Alla pagina seguente, intervista al ministro Maurizio Martina, che parla del sindaco Pisapia e dice: “Giuliano garante o stravolge la gara”. E di Giuseppe sala: “Mr Expo sa unire”, “Macché tecnocrate. Sala ha gestito l’Esposizione come se fosse la sua famiglia”.

Su Il Fatto, intervista all’ex segretario Pd Pierluigi Bersani, che dice: “Renzi non è un riformista. Lui ha salvato il Giaguaro”, “Il patto del Nazareno ha rimesso le macchie a Berlusconi. E non capisco il perché. Se mi sento solo nel Pd? Può capitare”, “Il riformismo radicale è un cambiamento che non si annuncia, si attua. Mentre si va avanti solo ad annunci”, “Da quando il Pd è al governo, non si discute più di nulla, altra storia al tempo di Prodi: allora è stata un’esperienza straordinaria”, “Dentro il Pd ero di fronte, tutti i giorni, a un esame del sangue per capire lo stato del mio montismo. L’agenda di Monti era entrata in casa nostra”.

Su La Stampa, intervista a Gianni Cuperlo, leader della minoranza Pd: “Il doppio ruolo di Renzi non funziona”, “Per le elezioni vitali il centrosinistra e spirito dell’Ulivo”, “Ho fiducia che a Milano sceglieranno i milanesi e i napoletani. Quello che mi sta a cuore, è il perimetro politico di un centrosinistra largo e civico”, “L’autosufficienza non è mai segno di grandezza di un partito. Per me centrosinistra e spirito dell’Ulivo sono vitali anche in vista delle elezioni politiche”, “Sulla Consulta dopo 29 votazioni a vuoto è un dovere riflettere. Nessuna imposizione dai 5 Stelle o altri, ma una via d’uscita va cercata senza rigidità esagerate”.

Su La Stampa: “Consulta, arrivano spiragli dal M5S. Sette giorni per un accordo, poi a oltranza”.

La Repubblica intervista Augusto Barbera, candidato Pd alla Consulta: “Veto M5S assurdo, difendo le riforme ma sono autonomo”. E dice di essere a disposizione: ma “se trovano un altro nome sono pronto a farmi da parte”, aggiunge.

Sul Corriere viene intervistato il capogruppo PD Rosato. Dice che la mobilitazione del suo partito non è stata un flop, “770 mila persone si sono incontrate nei 2113 banchetti in tutto il Paese”. Difende il doppio ruolo di Renzi al governo e al partito, “in tutte le grandi democrazie il leader del partito è anche il capo del governo”. Il titolo: “Un po’ con Sel, un po’ con Ncd per poter vincere nei Comuni”.

redazione grey-panthers:
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