Le aperture
Corriere della Sera: “Il debito costa meno, migliorano i conti. Renzi: modello Germania per il lavoro”, “Il premier lancia l’agenda dei mille giorni. Un sito per verificare il programma”.
A centro pagina, le parole del ministro Mogherini: “’Ora riportare i marò in Italia’”, “Ischemia per Latorre, ricoverato in ospedale. Il ministro Mogherini preme sul governo indiano”.
A centro pagina anche la crisi ucraina: “I russi avanzano ancora e Kiev chiede aiuto. L’Europa avverte Putin”.
In evidenza anche un intervento di Heny Kissinger: “Proposta per un nuovo ordine mondiale”.
L’editoriale in prima pagina è firmato da Gian Antonio Stella ed è dedicato all’arretratezza digitale italiana: “Quei sorpassi subiti in rete”.
La Repubblica: “Il piano di Draghi per l’euro debole. Renzi: ora il Jobs act”, “Il presidente Bce da Hollande: crescere rispettando i patti”, “Il premier: l’art. 18 non è un problema, la Germania un modello”.
A centro pagina: “Un marò sta male: ‘Devono tornare’”, “Ischemia per Latorre. Appello della Mogherini, Pinotti in India”.
La foto in prima pagina raffigura i resti del Dc-9 abbattuto nei cieli di Ustica nel 1980: “Ecco le carte della verità sulla strage di Ustica”.
La Stampa: “Lavoro, Renzi punta a flessibilità e sussidi”, “L’esempio è il modello tedesco: mini job senza tasse. Scuola, verso la revisione degli scatti di anzianità”.
La foto in prima pagina è per alcuni bambini ucraini vestiti con l’uniforme militare per il primo giorno di scuola sotto il titolo: “Merkel smentisce Mosca, ‘E’ in guerra con l’Ucraina’”.
A centro pagina anche la missione del presidente della Bce a Parigi: “Draghi da Hollande: rispettare i patti Ue”, “La Bce insiste: subito le riforme”, “E’ stato l’Eurotower a chiamare Berlino”.
Il Giornale: “A vent’anni sveglia l’Italia”, “L’urlo di Giulia Latorre: ‘Questo Paese fa schifo, mio padre ha avuto un’ischemia e rischia di morire in India, ma qui pensano solo agli immigrati’. Basta chiacchiere, riportateli a casa”.
A centro pagina, con foto del presidente russo, un commento di Gian Micalessin: “Dieci motivi per cui Putin ha ragione e l’Europa sta sbagliando”.
E, per quel che riguarda la politica italiana e il governo: “Renzi fa promesse per altri mille giorni”, “Il premier lancia il programma fino al 2017: soliti annunci e zero concretezza”.
In taglio basso: “Chiudete Malpensa per manifesta inferiorità”.
Il Fatto: “Più che Renzi sembra Letta”, “’Passodopopasso’: l’ennesima conferenza stampa per riannunciare gli annunci fatti in quelle precedenti. Il premier però dice: ‘Abbiamo lavorato sodo’. Purtroppo per lui, calendari e promesse ricordano la parabola del suo predecessore finito sul binario morto”. E un fotomontaggio che sovrappone le sembianze di Renzi con quelle di Enrico Letta illustra il titolo di apertura.
In taglio basso, una vicenda avvenuta a Potenza: “Un medico: ‘Così abbiamo ucciso in sala operatoria’”, “Chirurgo confessa: ‘Intervenimmo su una moribonda per coprire i nostri sbagli’”. Nel 2013, durante la sostituzione di una valvola cardiaca, fu provocata un’emorragia a un apaziente di 71 anni.
E, sull’Ucraina: “Putin e la preda Ucraina, prove di annessione: ‘Come Hitler nel 1939’”, “Le accuse europee”.
Governo
La Repubblica sintetizza così le parole del presidente del Consiglio, ieri in conferenza stampa: “Renzi, la sfida è sul lavoro’, ‘Il nodo non è l’articolo 18, mi giudicherete nel 2017’”, “’Da oggi al via i Millegiorni, non sono malato di annunci’. E sull’occupazione loda il sistema tedesco: ‘Un modello’”.
La Stampa: “Renzi vara la fase 2: ‘Giudicatemi a maggio 2017’”, “’E’ partito il countdown’. Ma la tabella di marcia non c’è”. L’articolo di Mattia Feltri sottolinea che la conferenza stampa, a differenza di quanto sembrava, non era stata organizzata per illustrare “il planetario programma dei prossimi mille giorni, ma per presentare il sito dentro cui il programma si compirà”. E, sulla stessa pagina: “Commenti vietati e zero scadenze. Il nuovo sito (per ora) zoppica”, “Il portale ‘Passo dopo Passo’ nasce per raccontare l’azione di governo, ma non consente né di monitorare le promesse, né di scrivere opinioni”.
Ancora su La Stampa, alla pagina seguente: “Il modello tedesco, tutto flessibilità e mini job da 450 euro”, “Previsto un sussidio di disoccupazione universale, ma se si rifiuta l’offerta si riduce l’aiuto pubblico”.
“Cosa possiamo imparare da Berlino”, è il titolo di un commento di Maurizio Ferrera che compare in prima sul Corriere e dedicato alle parole del presidente del Consiglio, che ha indicato il modello tedesco come guida per il mondo del lavoro. “Mini job e servizi all’impiego, sindacati e aziende alleati”, spiega Ferrera. Secondo molti esperti, il merito della capacità di creazione di posti di lavoro in Germania è delle cosiddette riforme Hartz, introdotte dal cancelliere socialdemocratico Schroeder fra il 2003 e il 2005: “quattro diversi pacchetti legislativi che hanno ridotto la generosità delle prestazioni pubbliche, riorganizzato i servizi per l’impiego, introdotto nuove tipologie di lavoro flessibile e di sussidi ai bassi salari”. Ma il successo è “soprattutto figlio della moderazione salariale negoziata fra imprese e sindacati, grazie al peculiare sistema di relazioni industriali. Hanno inoltre svolto un ruolo di primo piano la stabilità dell’euro e la disponibilità di credito a buon mercato”. Tuttavia -sottolinea Ferrera- molti giovani e donne ultracinquantenni si sono ritrovati “intrappolati nei cosiddetti mini jobs”, ovvero lavori part time pagati 400 euro al mese e per questo quelle riforme restano impopolari presso l’opinione pubblica tedesca. I lati davvero positivi di quelle riforme sono la riforma dei servizi all’impiego e il potenziamento della formazione professionale. Se non si può fare un “copia e incolla” del modello tedesco, quel che resta certamente positivo di quell’esempio sono le relazioni industriali e la contrattazione salariale: su questo fronte “la Germania ha davvero molto da insegnare. Ma ad apprendere non può essere solo il governo. Occorrono l’interesse e la disponibilità delle parti sociali: entrambe. E qui, a dire il vero, i segnali di cambiamento sono molto pochi”.
Il Giornale: “Renzi malato di annuncite. Altri mille giorni di show”, “Il premier (ri)lancia il programma fino al 2017. E rimanda il rimpasto di governo a fine ottobre”.
Il Fatto: “’Basta annunci’. E Renzi ci fa una conferenza stampa”. La pagina seguente descrive “la ‘lettizzazione’ del primo ministro”: “Dietro le nuove comunicazioni del governo, l’incubo del ‘discorso programmatico’ che il suo predecessore usava per tenere a bada i suoi”.
Economia, Ue, Bce
Ieri a Parigi il presidente della Bce ha incontrato il capo dello Stato francese Hollande e, secondo La Stampa, il risultato è stata “un’indicazione che sembra mettere tutti d’accordo: la crescita va stimolata nel rispetto dei patti Ue”. E da Berlino, il portavoce della cancelliera Merkel “stoppa le polemiche esplose con la telefonata” fra lei e Mario Draghi spiegando che è stato quest’ultimo a chiamare. Secondo il quotidiano il presidente Bce “tesse la tela fra i leader Ue”, con l’obiettivo di mettere la Bce nella posizione di guadagnare il tempo necessario ai governi europei per decidere cosa fare e quando farlo: il 12 settembre l’Ecofin, ovvero il vertice dei ministri dell’Economia e Finanze, insieme ai governatori delle banche europee, dovranno studiare una ricetta anti-deflazione e pro-investimenti sui quali la politica possa cucire un consenso in gran fretta. C’è paura, a Francoforte, sede Bce, e non solo lì, di una terza deflazione: “Draghi, a quanto risulta -scrive il corrispondente a Bruxelles Marco Zatterin- ritiene che l’obiettivo debba essere quello di lavorare insieme sulla convergenza fiscale all’interno delle regole esistenti”.
Sul Corriere: “’Rispettare le regole ma la deflazione va battuta’”, “Vertice Draghi-Hollande: servono misure per aumentare la domanda europea”. E, in un “retroscena” sulla stessa pagina di Stefania Tamburello: “La tela del presidente Bce per la crescita. Gli incontri dopo la strategia degli appelli”, “la spinta per un’azione comune dei governi: più soldi per le imprese. Giovedì la riunione del comitato esecutivo di Francoforte”.
La Repubblica: “Euro debole, ultima carta di super-Mario. Aiuta l’export e blocca la deflazione”, “La Bce cerca di riempire le falle di Eurolandia e il vuoto politico dei governi”. Sull’incontro tra Draghi e Hollande e la crisi: “Attività delle imprese a picco. Draghi fa visita a Hollande, ‘Crescita rispettando i patti’”, “Scivolano gli indici Pmi di Italia, Germania e Francia. Berlino smentisce la polemica con la banca centrale europea”.
Ucraina
Il Corriere titola: “Kiev chiama l’Europa: se non intervenite sarà la grande guerra”, “Governativi in ritirata anche da Luhansk”. Il quotidiano scrive che la cancelliera tedesca Merkel ha abbandonato le cautele ed ha alzato i toni con il presidente russo Putin: “accettare il comportamento della Russia non è più un’opzione”, ha detto. Entro fine settimana, riferisce il quotidiano, se non interverranno fatti nuovi, potrebbero scattare nuove sanzioni. “A soffiare sul fuoco”, scrive il corrispondente da Mosca Fabrizio Dragosei, sono in molti: a cominciare dai Paesi baltici e dalla Polonia. Il premier polacco e presidente del Consiglio Ue incaricato Donald Tusk ha detto che si rischia una “ripetizione del 1939”.
La Stampa: “Merkel: è guerra fra Russia e Ucraina”, “La Cancelliera tedesca attacca il Cremlino. Il premier polacco Tusk: è come nel 1939, non si ripeta Danzica. Kiev: si rischiano decine di migliaia di morti. Ma Lavrov (il ministro degli Esteri russo, ndr.) ribadisce che non c’è un intervento militare in corso”. Il reportage da Donetsk è firmato da Mark Franchetti: “Tank russi contro i parà. I soldati di Kiev in ritirata”, “Fallisce l’offensiva di Poroshenko. Scontri a Donetsk e Lugansk”. La pagina seguente, curata da Anna Zafesova, racconta: “Quelle minoranze protette da Mosca”, “Il collasso dell’Urss ha lasciato un mosaico di Stati con molte etnie e confini improvvisati. Putin vuole riunire il ‘grande popolo russo’. Baltici e moldavi temono di finire nel mirino”. “L’incubo che nessuno vuole rivivere -scrive la Zafesova- si chiama Transnistria, enclave a maggioranza russa ribellatasi alla Moldova già 25 anni fa e da allora oscura nazione non riconosciuta che oggi manda i suoi uomini addestrati a Donetsk. Ad aprile, dopo l’annessione della Crimea, la Transnistria ha chiesto di unirsi alla Russia, ma non ha mai ricevuto risposta. Ma oggi, se si realizzassero i piani dei separatisti di scavarsi un ‘corridoio’ nel Sud-Est ucraino, potrebbe congiungersi con la ‘Nuova Russia’ che il Cremlino vorrebbe disegnare in quella regione”.
La Repubblica intervista Adam Michnik, capo storico del dissenso polacco: “Putin vuole ricostruire l’impero dell’Urss, temo che le sanzioni non lo fermeranno”, “Kiev va aiutata anche con le armi”, “Dal Cremlino menzogne spudorate, paragonabili a quelle di Stalin e Hitler”.