Le aperture
La Stampa: “Fmi: Roma mantenga gli impegni. Parla Lagarde: bene la manovra, ma ora serietà e coraggio per convincere i mercati. Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa verso l’acquisto di bond europei, giovedì un vertice”. “Borse su, Milano +2,1 per cento, ma lo spread Bund-Btp tocca quota 400. Berlusconi all’Ue: l’opposizione vuole affondare il Paese”.
Il Sole 24 Ore: “Btp a caro prezzo, Borse meglio. Merkel esclude un default della Grecia e i listini risalgono (Milano +2,2 per cento). I tassi quinquennali volano al record del 5,6 per cento, lo spread con i Bund supera quota 400, poi cala”. A centro pagina: “Shopping cinese per dare la caccia alle Pmi italiane”. I cinesi sarebbero interessati ad infrastrutture ed industrie italiane, non tanto ai titoli di Stato, spiega il quotidiano di Confindustria. Sulla manovra: “Il premier difende la manovra a Bruxelles e Strasburgo: oggi il voto di fiducia alla Camera. Barroso e Van Rompuy: ok le misure, ora una rapida attuazione”.
Il Foglio: “Sorpresa, l’Europa dà un doppio plauso alla manovra di Berlusconi. Van Rompuy e Barroso dicono che l’Italia si sta muovendo bene. Borse altalenanti, spread al massimo storico”.
Il Riformista, con foto di Bossi che mostra il dito medio a chi gli chiede se ci saranno altri interventi sulle pensioni: “A medio termine. Berlusconi si fa scudo con l’Ue ma Bossi gli manda un segnale esplicito”. “La mina dell’inchiesta Tarantini. Ieri interrogato, come teste, anche l’avv. Ghedini”, spiega tra l’altro il quotidiano.
La Repubblica: “Berlusconi cede, sì all’interrogatorio. La decisione dopo l’ultimatum dei pm. Verrà ascoltato domani o venerdì a Palazzo Chigi. Sui soldi a Tarantini sentito a Roma l’avvocato Ghedini. Bersani: la vera sciagura è il Cavaliere”. “Il premier: l’opposizione rovina l’Italia”. A centro pagina: “Btp alle stelle, Tremonti apre alla Cina. La Ue sulla manovra: non chiediamo di più a Roma. Sollievo in Borsa. I Brics pronti a salvare l’Europa”.
Il Corriere della Sera: “Sfida tra i pm e Berlusconi. ‘Accetti di testimoniare o accompagnamento coatto’. Mossa dei magistrati di Napoli. Il Pdl: golpe. Il ministro della Giustizia dispone verifiche”. A centro pagina: “Tassi record dei Btp: 5,6 per cento. I Paesi emergenti pronti a sostenere l’Europa. Vertice di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica”. Un corsivo firmato da Gian Antonio Stella è titolato: “Invasori gialli temuti ieri, corteggiati oggi”. L’editoriale del quotidiano è dedicato alla dennuncia alla corte del’Aja presentata da alcune associazioni di vittime della pedofilia nella Chiesa cattolica: “Ingiustizia di un’accusa. Il Papa e la corte dell’Aja”, a firma di Aldo Cazzullo.
Il Giornale: “Silvio prigioniero politico. I magistrati di Napoli: ‘Se non si presenta, andiamo a prelevarlo’. E’ l’ultimo ‘atto di guerra’ delle toghe”. Il quotidiano parla di “ricatto dei pm”, e torna sul viaggio di Berlusconi in Europa: “Altro che ‘viaggio alibi’. Berlusconi convince l’Europa sulla manovra”. A centro pagina, con foto di Ratzinger: “Se quest’uomo è un criminale. Siamo alla follia: un gruppo di vittime di pedofili denuncia il Papa all’Aja”.
Il Fatto quotidiano: “Il coatto. Mentre il fuggiasco Berlusconi imbarazza l’Europa, la Procura di Napoli gli dà il tempo fino a domenica per presentarsi. Poi scatterà l’accompagnamento forzato”.
Libero: “Vogliono arrestare Silvio. I pm di Napoli minacciano il premier: si presenti o lo mandiamo a prendere. E durante l’interrogatorio tenteranno di far scattare le manette per falsa testimonianza”. A centro pagina il quotidiano si occupa dell’equilibrio della maggioranza: “Bossi punisce i suoi sindaci e salva l’indagato Milanese. La svolta della Lega”.
Economia
Su La Stampa, intervista alla direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde. Dice che “la manovra da 54 miliardi che sta discutendo il Parlamento italiano comprende varie misure e va nella direzione giusta. Come sempre in questi casi, però, ora la chiave diventa la determinazione e l’implementazione delle misure”. Sulle voci di acquisto di titoli da parte della Cina e sulla intenzione dei Paesi Brics di lanciare un programma per investimenti nell’Eurozona, dice: “Questo interesse dei Brics è uno sviluppo interessante, ma se si limiteranno a comprare titoli giudicati sicuri da tutti, come quelli tedeschi o britannici, non si assumeranno grandi rischi”. Lo stesso quotidiano intervista Moises Naim, direttore della rivista Foreign Policy, che spiega perché l’Europa si rivolga alla Cina e ai Brics: “Questi sono i Paesi dove si trovano le materie prime e il lavoro a basso costo. La somma di questi fattori li ha resi dominanti”, ma “aspetterei un momento, prima di parlare di declino dell’Occidente”. Perché i Brics non godranno di quei vantaggi in eterno, sono “irruenti” e cambiano idea facilmente: “Ad esempio non è difficile immaginare sviluppi politici in questi Paesi che potrebbero cambiare i termini dell’equazione e rallentare la loro crescita”. Insomma, “sono Paesi che non hanno ancora completato la loro evoluzione, e quindi sono sempre esposti ad un rischio di instabilità maggiore rispetto agli Usa e all’Europa”.
Scrive oggi Il Sole 24 Ore che in realtà la Cina punterebbe alle infrastrutture italiane: la delegazione della Cic (China Investment corporation, istituto finanziario completamente posseduto dal governo cinese, e di fatto il fondo sovrano della Cina) non avrebbe discusso l’acquisto di titoli di Stato. Sembrano sfumate le possibili partecipazioni dirette di Cic in Enel ed Eni, mentre spicca l’incontro della delegazione cinese con la Cassa Depositi e Prestiti di mercoledì scorso: l’obiettivo sarebbe quello di promuovere la crescita delle nostre Pmi attraverso due fondi di private equity, ovvero il Fondo italiano di investimento e il Nuovo fondo strategico italiano. Entrambi operano per rafforzare patrimonialmente le piccole e medie imprese, favorendo anche l’ingresso di capitali esteri. I cinesi avrebbero una “preselezione” di aziende sane in cui investire, firmata dallo Stato italiano. La Cic potrebbe finanziare impianti fotovoltaici in Sicilia, regione dove i cinesi potrebbero anche dare un apporto finanziario sostanzioso al ponte di Messina. A confermare che potrebbe arrivare il 50 per cento dei fondi privati necessari al completamento del Ponte, è Francesco Attaguile, dirigente generale per il collegamento con le istituzioni dell’Unione Europea. Sulla stessa pagina, l’economista Andy Xie – per anni stratega di Morgan Stanley per la Cina – dà per certo che nel prossimo futuro la Cina possa acquistare titoli di Stato italiani: Ma nutre forti dubbi sul fatto che Pechino si impegni in una operazione di salvataggio, per due buone ragioni: “La prima è che non è nelle condizioni di farlo. La seconda è che il debito pubblico italiano è talmente elevato che un bailout finirebbe per inghiottire una buona parte delle riserve valutarie cinesi”. Ancora sullo stesso quotidiano, si ricostruisce come l’offensiva cinese sia partita dall’Est europeo. Pechino ha usato l’ex blocco comunista come porta d’accesso al mercato continentale: in Ungheria ha acquistato la principale impresa del settore chimico, in Romania vuole investire un miliardo di euro in infrastrutture, in Croazia punta sulla costruzione del nuovo aeroporto di Zagabria, in Bulgaria ha un progetto per un parco industriale. Il premier Wen Ja Bao, in visita a Budapest lo scorso giugno, ha portato poi un ingente prestito di un miliardo di euro e l’impegno ad acquistare titoli di Stato.
Giulio Tremonti è il “signor dietrofront” nel commento di Massimo Giannini, su La Repubblica. Giannini scrive che Tremonti, “inseguito dal fantasma di Marco Milanese, che è per lui come un morto che afferra il vivo”, “dice e non dice”, fino ad oggi ha “divagato”, “parlando di Heidegger e di Habermas”, ma “ora scopriamo che, nel frattempo, ha anche lavorato a due importanti dossier”: la cessione di patrimonio pubblico, tra Enel, Eni, Poste, Rai, Terza. “E’ una operazione credibile? No, non lo è, soprattutto perché il ministro che la patrocina è lo stesso che in tutti questi anni ha criticatro le privatizzazioni” fatte in passato. Il secondo dossier riguarda la Cina, e l’interesse manifestato dal fondo sovrano di Pechino ai nostri “gioielli di famiglia”, soprattutto energetici. Ma anche in questo caso il ministro non è credibile visto che “è lo stesso che in questi anni ha additato la Cina come nostro nemico peggiore”, e che, per esempio, considerò l’ingresso di Pechino nel Wto “il peccato originale dell’Occidente”, l’inizio della sua fine.
Erdogan
Ieri il premier turco Erdogan ha tenuto un discorso al Cairo, davanti ai ministri della Lega Araba. E – scrive La Stampa – non ha indietreggiato “di un millimetro dalla linea dura anti-israeliana”: “lo stato palestinese deve essere riconosciuto, non ci sono altre scelte, è un dovere”. Ha definito Israele “un bambino viziato” che deve uscire dalla solitudine. Erdogan ha parlato poi di riforme nei Paesi arabi, offrendo la propria ricetta: “Rispetto della libertà, della democrazia e dei diritti umani. Valori che devono costituire un slogan unico per i nostri popoli, le cui richieste non devono essere represse con la forza e nel sangue”. Il riferimento era anche alla Siria, rispetto alla quale il premier turco non ha escluso che possa sfociare in una guerra civile tra sunniti e la minoranza alawita al potere.
La Repubblica riproduce una intervista ad Erdogan con copyright di Al Shorouk. Si parte dalla insistenza sulle scuse chieste e non ottenute da Israele per l’attacco alla nave Mavi Marmara diretta a Gaza: “Israele è abituata a non rendere conto dei suoi comportamenti e si considera al di sopra della legge”, “non solo pratica il terrorismo di Stato contro i palestinesi, ma si comporta con arroganza”. C’è la possibilità di un confronto armato? “Israele non ammette i propri errori né i cambiamenti del mondo circostante. Non capisce che in Turchia c’è un sistema democratico, impegnato a rappresentare il popolo e a difendere la dignità. Non coglie la realtà dei cambiamenti nel mondo arabo, con la caduta di alcuni regimi repressivi”. Eppure una commissione di inchiesta Onu – si fa notare – ha sancito l’innocenza di Israele, criticando solo l’uso eccessivo della forza nel caso della Mavi Marmara: “Questo rapporto non ha valore, ed è una vergogna per chi lo ha redatto”. Ha legittimato l’assedio di Gaza, aprendo la porta alla legittimità dell’occupazione. E’ contraddittorio nelle informazioni, e in contrasto con lo Statuto delle Nazioni Unite. Perciò ricorreremo alla giustizia internazionale”.
Erdogan sottolinea che Israele ha perso sostenitori anche negli Usa: cita l’ex ministro della difesa Gates, che ha definito Netanyahu un “pericolo per Israele”, che sta spingendo verso l’isolamento internazionale: “molti hanno taciuto, la Turchia ha deciso di reagire”.
Mark Heller, professore dell’Università di Tel Aviv, viene intervistato da Europa e si occupa dell’isolamento di Israele: “Per alcuni un problema da risolvere – dice – ma per altri bisogna solo accettare che l’isolamento è il ‘destino’ di Israele” (accerchiato da Hezbollah che è al governo in Libano, minacciato dalla fine di un regime amico in Egitto, ndr). Dice Heller che “da un lato ci sono condizioni strutturali che Israele difficilmente potrebbe mutare. E’ una nazione in conflitto semi-permanente con i 51 membri della Conferenza dei Paesi islamici, con i 27 della Lega araba, con più di 100 membri del movimento dei non allineati”. Questo non vuol dire che il comportamento del governo israeliano sia indifferente, poiché Netanyahu “sconta una carenza di capitale politicio e di credibilità”. Ci sono divisioni nel governo sui rapporti con la Turchia? Heller dice che comunque non fanno la differenza, perché “la controparte turca cercava lo scontro e l’umiliazione di Israele, non una soluzione diplomatica”, che sarebbe stata boicottata dal ministro degli esteri Lieberman. Anche se Israele chiedesse scusa alla Turchia, emergerebbe qualche altro motivo di contrasto: gli attriti tra i due Paesi non sono infatti cominciati con l’incidente di Gaza, ma al World economic forum di Davos, dove “c’era Shimon Peres, non Netanyahu”. Erdogan ce l’aveva con Olmert, che non lo aveva avvisato delle nuove operazioni militari contro Hamas.
Il Foglio intervista lo storico turco Rifat Bali, autore di studi sull’antisemitismo: cifra che riconosce nei discorsi di Erdogan. Per capirne la politica verso Israele Bali suggerisce di leggere un’opera teatrale attribuita negli anni 70 all’attuale premier turco, dal nome “Maskomya”, acronimo di tre parole turche, che sono “massoni, comunisti ed ebrei”. Dice Bali che Erogan scrisse probabilmente l’opera quando era membro del partito islamista di Erbakan, che poi avrebbe lasciato. L’antisemitismo della cultura islamica riemerge in Turchia nei tempi di crisi: si considera Ataturk un “criptogiudeo” che ha imposto il laicismo alla Turchia; si attribuisce la fine del califfato ad una cospirazione giudaica “perché il sultano aveva rifiutato il fondatore del sionismo, Herzl, nella sua richiesta di insediare gli ebrei in Palestina”.
Usa
“In 50 anni mai tanti poveri negli Usa”, titola Il Sole 24 Ore, dando conto dell’ultima “fotografia” della distribuzione del reddito fatta dall’Ufficio di statistica americano sul 2010. Crescono le disuguaglianze e si riduce la classe media. Ieri il “Census Bureau” ha rivelato che nel 2010 il reddito medio della tipica famiglia americana è sceso per il terzo anno consecutivo del 2,3 per cento, a 49445 dollari all’anno, ripiombando al di sotto dei 50mila dollari per la prima volta dal 1997. Contemporaneamente la percentuale di americani che vivono in povertà, con un reddito annuo inferiore ai 22214 dollari, è aumentata al 15,1 per cento (dal 14,3 del 2009). L’esercito dei poveri si è gonfiato di altri 2.7 milioni, raggiungendo un totale di 46 milioni di persone, ovvero l’intera popolazione della Spagna. Anche su La Repubblica: “Negli Usa poveri record, sono 46 milioni”. Cresce quindi anche il numero dei cittadini senza assistenza sanitaria, salendo dai 49 milioni del 2009 ai 50 milioni del 2010 (la riforma sanitaria di Obama non è ancora entrata pienamente a regime).
Il Corriere della Sera: “I poveri d’America mai così numerosi”, “fra ispanici e neri la percentuale è di 1 su 4”.
Berlusconi
Sul Corriere della Sera ci si sofferma sullo strumento dell’accompagnamento coatto. “C’è un solo precedente in anni lontani – ricorda Piero Alberto Capotosti, ex presidente della Corte Costituzionale. Ed è quello che riguarda Maiolo e Sgarbi, che dovevano testimoniare su un presunto voto di scambio mafioso. Berlusconi poi non è un semplice testimone, ma una parte lesa, nel procedimento napoletano. “Mi chiedo se l’accompagnamento coatto sia possibile”, dice Capotosti. Per Giorgio Spangher, ordinario di diritto processuale penale alla Sapienza, in questa vicenda “si assiste ad una impropria traslazione di pinai processuali”. “Il testimone viene interrogato per acquisire indizi utili alle indagini che verranno svolte successivamente e che lo potrebbero poi trasformare in indagato. Contemporaneamente si assiste alla parallela trasformazione dell’imputato in testimone contro il nuovo possibile indagato”.
(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)