Le aperture
Il Corriere della Sera: “I veti bloccano la politica. Grillo: legislatura breve. Il Pd rifiuta l’offerta di Alfano”. “Tensione tra M5S e democratici. Il Pd aveva aperto a Bersani con un ‘moderato al Colle'”. L’editoriale è firmato da Beppe Severgnini ed è dedicato al Movimento 5 Stelle: “L’anarchia della balena”, ovvero il risultato elettorale finito nella rete di Grillo, gigantesco ma impossibile da “tirare a bordo”. In alto “il Papa in strada a braccia i fedeli: un mondo più giusto”. Da segnalare a fondo pagina: “Severino: contro Ingroia un’azione disciplinare. Per le critiche del pm alla Cassazione”.
La Repubblica: “Grillo, scontro sui senatori ribelli”; “Bersani: metodo Grasso anche per i ministri, congelerò i rimborsi”. L’occhiello sui 5 stelle: “Il Movimento si divide, il web processa i diktat del leader. Il Pd: no alle proposte indecenti del Pdl. Alfano, lite con la Annunziata”. A centro pagina: “Troppe fughe di capitali, Cipro chiude le banche”. In prima anche “la domenica del Papa tra la folla”.
La Stampa offre in apertura una intervista a Mario Monti: “L’amarezza per il no”. “Il premier racconta la trattativa sul Senato e lo stop di Napolitano. ‘Ho obbedito'”. “Il Professore avverte i democratici: ci pensino bene ad allearsi con Grillo, si fa presto a perdere credibilità in Europa”. E poi: “Alfano: ‘ok al governo Pd con un moderato al Colle’ La replica: ‘niente scambi'”. A centro pagina, grande foto dal Kurdistan iracheno: “Iraq, ripartire a dieci anni dalla guerra”.
L’Unità: “Grillo finisce sulla graticola”, “La minaccia ai ‘ribelli’ del Senato spacca il movimento: basta, anche tu vali uno”. A centro pagina, foto di Papa Francesco: “Francesco fa il parroco e abbraccia i fedeli”. In taglio basso: “Il Pd: no a scambi col Pdl sul Quirinale”.
Il Giornale, in riferimento alla trasmissione Rai “In mezz’ora” parla di una “Annunziata choc su Rai3” e titola: “Odio di Stato in diretta tv”, “La maestrina Lucia insulta il Pdl: ‘Impresentabili’. Il mandante è il Pd che vuol tagliare fuori Berlusconi dalla scelta del Quirinale”. E poi, sul M5S: “Caos Grillo: lui attacca Bersani che gli ruba i senatori, ma i suoi lo sfidano”. A centro pagina, con foto di Grillo: “Epurazioni a 5 Stelle: chi critica il guru espulso da Internet”.
Il Sole 24 Ore: “Imu, Iva, Tares: 5 miliardi di rincari”, “Penalizzati i fabbricati dele imprese: la base dell’imposta crescerà dell’8%”. A centro pagina: “Prestiti alle Pmi: la mappa della crisi”, “Varese e Pistoia le province più colpite. Lodi in controtendenza”.
Grillo
“Grillo rilancia la ‘fatwa’ sui dissidenti”, scrive La Repubblica dando conto della nuova “scomunica” sui senatori 5 Stelle che al Senato hanno votato per Pietro Grasso. Il quotidiano sottolinea che la bocciatura è anche per la neoeletta presidente della Camera Laura Boldrini, poiché ieri, sul suo blog, ha scritto che le due nomine “dureranno lo spazio di una legislatira che si annuncia breve. Il pdmenoelle ha giocato l’unica carta che gli è rimasta, quella della ‘foglia di fico’. Franceschini e la Finocchiaro erano indigeribili per chiunque, anche per gli iscritti”. Parole ancora più dure per le voci su un D’Alema presidente della Repubblica: “Super Maxipoteri a D’Alema”? Mai, “la sua candidatura sarebbe irricevibile dall’opinione pubblica. Un fiammifero in un pagliaio. Il Paese non reggerebbe a 7 anni di inciucio”.
Il Corriere della Sera, ripercorre le tappe che avevano portato alla ‘scomunica’ di Grillo, dopo la scelta di una decina di suoi senatori che, venendo meno alla decisione assunta dalla maggioranza del gruppo, aveva votato per Pietro Grasso anziché attenersi alla scheda bianca. “Il voto segreto non ha senso- aveva scritto Grillo- l’eletto deve rispondere ai cittadini con il voto palese. Per questo vorrei che i senatori del M5S dichiarassero il loro voto. Se qualcuno si fosse sottratto a questo obbligo, di votare secondo le decisioni prese a maggioranza dal gruppo, ha mentito agli elettori e spero ne tragga le dovute conseguenze”. Giuseppe Vacciano, senatore grillino, risponde su Facebook: “Se si cercano i colpevoli di ‘alto tradimento ai principi del M5S’, ecco, uno l’avete trovato”. E si dice pronto a “discutere l’opportunità delle dimissioni”.
La Stampa lo intervista. Dice: “Se la base vuole sono pronto a dimettermi”. Perché lo richiede Grillo? “Figuriamoci. Il suo parere vale esattamente quanto quello di chiunque altro all’interno del Movimento”. Però è stato lui a puntare il dito. “Non so perché l’abbia fatto. Dovete chiederlo a lui. Ma soprattutto non mi importa. Ci mancherebbe altro che Grillo non fosse libero di esprimere la propria opinione”. Poi ribadisce: “Molti sono convinti che la scelta di non mantenere le distanze dalla casta sia stata sbagliata. Io credo che ci sia una differenza tra un voto destinato a una carica istituzionale e rappresentativa, e uno destinato a chi deve governare. E questo secondo voto semmai dovessi rimanere in carica, da me non l’avranno mai. Né il Pd né il Pdl”.
Ed è ancora il Corriere a raccontare quanto avvenuto sul blog di Beppe Grillo: nella notte tra sabato e domenica, cioè all’indomani dell’elezione del presidente del Senato e della conseguente minaccia di Grillo, arrivano a migliaia gli interventi e alle 14: 00 si arriva alla cifra di 7.500. Il quotidiano riferisce che la maggior parte dei militanti è critica con i toni usati da Grillo, perché l’idea di aver contribuito all’elezione di una personalità come Grasso è piaciuta a tanti. Ma a metà mattina sparisce il commento di un certo Ferdinand Bardamu, pseudonimo ispirato alla figura dell’antieroe di Céline: fino a quel momento era stato il commento che aveva raccolto il maggior numero di preferenze (250). Scriveva Bardamu: “Questo movimento per cui ho votato alle ultime elezioni non mi rappresenta più”. Poi denunciava la “svolta autoritaria” del M5S. Usava le maiuscole, che in Internet servono a lanciare l’allarme, scrivendo: “Se, tra Grasso e Schifani, per i deliri di onnipotenza di Grillo e Casaleggio e per il vergognoso calcolo del ‘tanto peggio tanto meglio’ caldeggiato dai pazzi e dai fanatici che ormai qua sono la maggioranza, il movimento avesse permesso l’elezione di Schifani, allora davvero nulla avrebbe più senso. Invito i senatori del M5S che hanno avuto il coraggio e la serietà di ribellarsi ai diktat vergognosi di Grillo e ai suoi deliri di onnipotenza, a tenere duro”. Il commento sparisce, i lettori del blog se ne accorgono.
Su Il Giornale: “Epurati anche in rete. Via dal blog 2200 ribelli”. Il quotidiano scrive che ieri si erano espressi in modo negativo rispetto al comportamento di Grillo 2200 frequentatori: alcuni blogger erano riusciti però a fotografare commenti successivamente rimossi.
Da segnalare, ancora sul Corriere, l’Osservatorio di Renato Manheimer, dedicato al M5S. Si tratta di un sondaggio effettuato prima dell’elezione del presidente Senato, avvenuta sabato, perché le opinioni sono state raccolte tra il 13 e il 14 marzo. Mannheimer tiene ben distinti i votanti per Beppe Grillo che animano attivamente e in modo continuativo il Movimento: sono il 18 per cento. Solo il 30 per cento dell’elettorato M5S è costituito da semplici elettori, che in molti casi si sono decisi all’ultimo momento a dare il voto a Grillo. Sui rapporti con il Pd e sulla decisione di acconsentire o meno ad entrare in un governo di coalizione, una quota consistente di votanti al M5S esprime orientamenti diversi: il 77 per cento di quanti optano oggi per il Movimento si dichiara contrario a concedere la fiducia ad un esecutivo con partiti tradizionali ma, al tempo stesso, quasi un elettore grillino su quattro, assume una posizione opposta. Insomma, coloro che hanno votato per Grillo senza partecipare attivamente al movimento appaiono più propensi ad una apertura nei confronti del Pd, mentre gli attivi assumono una posizione di maggior chiusura. Ma anche tra questi ultimi, scrive Mannheimer, il 25 per cento ritiene opportuna una alleanza di governo cui partecipi anche il Movimento.
Su La Repubblica si intervista il capogruppo al Senato Vito Crimi, considerato un fedelissimo di Grillo e Casaleggio: dice che “si è creato un grave precedente”, e che questa “non è democrazia, è anarchia”. Ma la linea non era libertà di coscienza? “Assolutamente no. I giornalisti hanno frainteso le mie parole: io ho detto ‘abbiamo sofferto insieme, abbiamo fatto una votazione a maggioranza, poi qualcuno ha agito in coscienza e questa è stata una grande espressione di libertà’”. Cosa succederà dopo il post in cui Grillo invitava a dichiarare come ciascuno ha votato? “Chiederò a ciascuno di dichiarare il proprio voto, se se la sente di farlo. Certo, qualcuno potrà mentire, ma su questo non ho alcun potere. Dovranno spiegare il perché, le motivazioni alla base della loro scelta. Chiederò loro se si rendono conto della gravità di quanto accaduto. Abbiamo creato un precedente pericoloso. Questa non è democrazia, è anarchia. Avevamo promesso tutti di seguire le decisioni della maggioranza, e così non è stato”. E ancora, Crimi insiste: “Se fossi al loro posto io rimetterei il mandato nelle mani dei miei elettori. Direi: ‘ho fatto una cazzata, ho violato una norma’, e chiederei in rete se posso avere una seconda possibilità. Non invito nessuno a farlo, sarebbe troppo, ma è quello che farei io”. La cronista fa notare che Piero Grasso, sul blog di Grillo, era tra i nomi del “governo dei sogni”. “Io non me la sento di criminalizzare quelli che hanno votato per Piero Grasso, in questo momento, perché ho vissuto in prima persona la sofferenza di chi ha fatto quella scelta”. “Meglio Grasso che Schifani, è d’accordo anche lei?”. Crimi risponde? “Bisogna andare a rileggersi bene tutto. Piero Grasso ha delle ombre nel suo passato. Ricordiamocelo. Si è compromesso con la politica fin dai tempi della nomina a Procuratore nazionale antimafia. Non è un personaggio lontano dai partiti come qualcuno vuole far credere”.
Monti
Su La Repubblica: “Scelta Civica nel caos, dopo il flop delle Camere è fronda contro Monti”. E si riferiscono le parole di Lorenzo Dellai, candidato centrista alla Presidenza della Camera. “Si è comportato così solo per scopi personali”. Dellai racconta che nelle ore frenetiche del negoziato il Presidente della Repubblica avrebbe dato lo stop all’ascesa di Monti alla Presidenza di Palazzo Madama, ma prendeva atto di una possibile intesa tra Scelta civica e Pd per l’elezione di un montiano alla guida di Montecitorio. Lo stesso Monti, intervistato da La Stampa, sottolinea come il suo percorso non sia stato certo quello di uno che ha “rincorso poltrone”. Ricorda che nel gennaio 1995 il presidente Scalfaro gli propose di guidare il governo, dopo le dimissioni di Berlusconi abbandonato da Bossi. Ma, poiché non c’era l’accordo dello stesso Berlusconi, Monti disse di no e nacque il governo Dini. Poi ricorda di aver declinato l’offerta di Berlusconi del ministero degli esteri nel 2001 e di quello dell’economia nel 2004. Ribadisce: “Nel novembre 2011 ho accettato la presidenza del consiglio ma solo perché me lo ha chiesto il Presidente Napolitano, con l’accordo delle tre principali forze politich, in condizioni di emergenza”. E questa volta cosa è successo, come mai questa voglia di presidenza del Senato? “Me lo chiedo anche io! Non ho mai espresso o avuto questo particolare desiderio ma, dato che la proposta a Scelta civica e a me era stata prospettata, abbiamo voluto approfondire in quale contesto politico avrebbe avuto senso accettarla e in quale no”. Monti ricorda di aver incontrato il segretario Pd Bersani il 7 marzo: “Mi ha semplicemente espresso il suo orientamento per decisioni condivise ai vertici delle istituzioni”, aggiunge che alcuni esponenti del Pd in via informale, più esplicitamente, gli avevano proposto la presidenza del Senato a fronte di un appoggio al Pd per la presidenza della Camera. Il 14 marzo nel pomeriggio, mentre era a Bruxelles per il Consiglio Europeo, Bersani gli ha telefonato: “Ha accennato alle sue difficoltà ad allargare il gioco al Pdl, all’indisponibilità del Movimento 5 Stelle e all’importanza che almeno Scelta civica partecipasse alle decisioni condivise, indicando un proprio nome per il Senato o per la Camera, purché non fosse il mio poiché gli risultavano obiezioni di ambienti del Quirinale”. Monti ricorda di aver obbedito alle obiezioni del Quirinale. E a quel punto perché non ha proposto un altro nome di Scelta civica? “Infatti ho prospettato questa possibilità ai miei colleghi il mattino del 16 marzo. Ho anche detto loro che dal Quirinale mi era giunto il suggerimento di valutare l’ipotesi di indicare un nome per la Camera. Poi, anche perché si sentissero completamente liberi da ogni possibile disagio, mi sono assentato. Ma i gruppi parlamentari riuniti hanno escluso di indicare un altro nome”. Infine, Monti risponde ad una domanda riguardante le pressioni del Pdl per ottenere che i voti di Scelta civica si spostassero sul candidato Schifani: “Ne ho parlato con Gianni Letta, la trattativa riguardava esclusivamente la possibilità che scelta Civica sostenesse la candidatura del Pdl al Senato, a condizione però che il Pdl dichiarasse che non avrebbe frapposto ostacoli pregiudiziali alla nascita di un eventuale governo di centrosinistra presieduto da un esponente del Pd (verosimilmente Bersani) sia pure non votandogli la fiducia, nell’interesse della governabilità. Proposta respinta”.
L’Unità intervista Giuliano Cazzola, non eletto nella lista Scelta Civica: “L’astensione controllata con il cronometro alla mano sembra un modo per tenere unito il gruppo. Dove una parte maggioritaria, a mio avviso, avrebbe votato Grasso, e una minoritaria Schifani”.
Internazionale
Su tutti i quotidiani notizie da Cipro, con la legge che imporrà, in cambio dei dieci miliardi di aiuti in arrivo all’Europa, un prelievo forzoso sui conti correnti del 9.90 per cento per quelli sui quali ci sono più di 100 mila euro, e del 6,75 su tutti gli altri. Finora, scrive La Stampa, nessuno dei Paesi salvati aveva fatto pagare il dissesto direttamente ai suoi cittadini. A parziale consolazione dei correntisti sta il fatto che in cambio del prelievo riceveranno azioni dell’Istituto presso il quale hanno il conto. Ieri grande corsa ai bancomat. Filiali bancarie chiuse oggi e domani. Ma resta il problema di approvare la legge, poiché ieri il governo ha deciso di spostare la votazione ad oggi nel tentativo di trovare la maggioranza. Il Presidente Anastasiades fatica a trovare i 57 voti necessari. La Bce ha fatto pressing in tutti i modi per ottenere un voto domenicale, per timore di un effetto domino che potrebbe scatenarsi sui mercati finanziari e negli istituti bancari europei. I siti web di Cipro, invece, attribuiscono la fretta Bce al timore che l’isola riesca ad ottenere aiuti finanziari da altri creditori internazionali non europei. Ci si riferisce innanzitutto alla Russia che, però, avrebbe fatto sapere che non intende fornire altri aiuti a Nicosia (dopo il prestito di 2,5 miliardi di euro deciso nel 2011). Una delegazione di parlamentari ciprioti sarebbe nel frattempo arrivata a Pechino per chiedere al governo cinese un prestito che consenta di non toccare i depositi bancari.
Il Corriere della Sera dedica due intere pagine al programma “Panorama” che andrà in onda questa sera sulla BBC, dal titolo: “The spies who fooled the world”, “Le spie che hanno imbrogliato il mondo”. L’emittente britannica ha ricostruito le manovre dell’intelligence e dei governi di Washington e Londra per spingere sull’acceleratore della guerra nel 2003, lanciano l’allarme sulla presenza di armi di distruzioni di massa in Iraq.
Anche La Stampa si occupa dell’Iraq dieci anni dopo la guerra: con copytight “The Guardian” si racconta la situazione a Baghdad, tra bombe di Al Qaeda e milizie sciite. Ma ci si occupa anche della situazione nel Kurdistan iracheno, che viene considerato “l’Eldorado degli affari” per le imprese di costruzione di tutto il mondo. Erbil è una citta seduta su un mare di petrolio che vuole passare da 1,5 a 3 milioni di abitanti da qui al 2030.
Alle pagine R2 de La Repubblica si ricorda invece che domani Obama parte per la sua prima visita ufficiale in Terrasanta, ma è un viaggio delicato perché tra i due Paesi i rapporti di forza sono cambiati. I leader di Israele e Usa non si piacciono, i loro obiettivi non sono sempre convergenti, eppure nessuno dei due può fare a meno dell’altro. E’ Bernardo Valli ad occuparsene nella sua analisi: “Israele. Sorrisi e cordialità, ma il vecchio amore è solo un ricordo”. E dal punto di vista Usa, Federico Rampini: “Obama il pragmatico e l’eterno fantasma della pace impossibile”. Il basso profilo di Obama, alla sua prima visita presidenziale in Medio Oriente, provoca ironia: “E’ il primo presidente a fare solo turismo in Israele?”, si è chiesto il columnist del New York Times Thomas Friedman.
Il Corriere si occupa di Cina: il neopresidente Xi Jinping si è presentato al mondo con toni molto nazionalisti, secondo il quotidiano: ci batteremo con spirito indomito per il rilancio della nazione. Quanto al premier Li, al primo posto nel suo discorso ha messo la riduzione del ruolo dello Stato: “Ci siamo imposti una rivoluzione per ridurre la presenza del governo, sapendo che dovremo riscuotere interessi acquisiti e che questo sarà difficile. Ma io parlo con la gente e so quello che vuole: meno burocrazia”. Nell’incontro con i giornalisti, Li ha risposto anche ad un corrispondente della Ap Usa, che ha sollevato il tema dell’hackeraggio cinese ai danni di Washington. La risposta di Li: “Ci trattate da presunti colpevoli, invece di scambiarci accuse sarebbe meglio collaborare con idee concrete per la sicurezza cibernetica”.
Fonte: RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini