Le aperture
Ancora dedicate agli scontri di sabato scorso a Roma, nel corso della manifestazione degli ‘Indignati’ le aperture dei quotidiani.
La Repubblica: “Maroni: ‘Evitato il morto’. Ma è bufera sul Viminale. Gli indignati: denunciamo i violenti”, “Caccia ai teppisti via web. L’opposizione: perché Roma è stata lasciata in mano ai vandali? Il Pdl contro Draghi”.
E poi, con foto del presidente del Consiglio: “Berlusconi, ecco le telefonate shock con Lavitola”. Dai verbali: “‘Facciamo fuori il Palazzo di giustizia e diamo l’assedio a Repubblica”.
A centro pagina, sulle primarie socialiste in Francia: “E’ Hollande l’anti-Sarkozy”. Nella foto Hollande esulta e la sconfitta Martine Aubry solleva con lui le braccia dopo la sfida.
In taglio basso anche la reazione del Pdl alle parole del presidente della Camera, secondo cui il ministro Romano dovrebbe dimettersi: “Caso Romano, il Pdl va all’attacco di Fini”.
Corriere della Sera, sulle manifestazioni di Roma: “Così hanno preparato l’attacco”, “Addestrati in Val di Susa, mazze e bombe carta nascoste lungo il percorso”, “In 500 tra i 17 e i 25 anni, messaggi via web. Assalti con una regia unica”.
A centro pagina: “Maroni: poteva scapparci il morto. Identificati con i video 100 violenti”, “Danni per 5 milioni, tra gli arrestati 3 ragazze e un minorenne”.
Anche sul Corriere la foto che ritrae Hollande e Aubry: “Hollande vince le primarie e festeggia con la rivale”.
L’editoriale del direttore è dedicato al conclave dei cattolici che inizia oggi a Todi: “La missione dei cattolici”.
La Stampa: “Maroni: ‘Evitato il morto’. ‘I violenti si sono fatti scudo del corteo’. Caccia in rete ai volti dei black bloc”. “Roma devastata, tre milioni di danni. Il sindaco Alemanno: sono stati animali. E Cicchitto attacca Draghi”.
Una grande foto immortala la mano di un prigioniero palestinese in segno di vittoria sotto il titolo: “In cambio di Shalit 447 nomi che fanno paura”. Con un commento di Abraham Yeoshua: “Perché questo baratto è comunque giusto”.
Il Giornale: “Chiudete i centri sociali”, “Sono le culle dei ‘black bloc’ italiani, ma sindaci progressisti e magistrati li difendono. E’ il momento di dire basta: le bestie che hanno devastato Roma vanno arrestate. Sul sito del ‘Giornale’ le loro foto: aiutateci a identificarli”.
In prima vengono accostate due foto: la prima è quella di Carlo Giuliani con l’estintore in mano, la seconda quella di un manifestante di sabato scorso, immortalato mentre compie lo steso gesto. E il titolo: “Chi mitizza Carlo Giuliani sta con i criminali”, “La sinistra di oggi finge di condannare i violenti, ma ha fatto di un potenziale omicida un eroe”.
Con un commento di Vittorio Feltri: “Dalla parte degli agenti”, “Presi a legnate e presi pure in giro. Così l’Italia tratta i suoi poliziotti”.
Gli scontri a Roma
La Repubblica intervista un ‘nero’, ovvero uno di quei black bloc protagonisti delle violenze di sabato scorso. Ha trent’anni, una laurea e un lavoro precario, è figlio della buona borghesia pugliese. Dice: “Poteva esserci il morto in piazza? Perché, quanti morti fa ogni giorno questo Sistema? Chi sono gli assassini delle operaie di Barletta?”. “Noi non ci siamo nascosti. Il Movimento finge di non conoscerci. Ma sa benissimo chi siamo. E sapeva quello che intendevamo fare. Come lo sapevano gli sbirri. Lo abbiamo annunciato pubblicamente”. Dice anche che si preparavano da un anno e che hanno fatto “il ‘master’ in Grecia”: per un anno, una volta al mese, “siamo partiti in traghetto da Brindisi” e “i compagni atenesiesi ci hanno fatto capire che la guerriglia urbana è un’arte in cui vince l’organizzazione”. F., così si chiama il giovane, racconta le tecniche “militari” utilizzate, spiega che “la sera di venerdì avevamo lasciato un ducato bianco all’altezza degli archi che portano in via Sannio. Dentro quel Ducato avevamo armi per vincere non una battaglia, ma la guerra. Il resto delle mazze e dei sassi lo abbiamo recuperato nel cantiere della metropolitana in via Emanuele Filiberto”.
Anche su La Stampa un ritratto dei “protagonisti degli scontri”: “Quei tifosi della violenza alla ricerca dei riflettori”. “Giovanissimi e senza ideologia, vengono dalle curve e dai centri sociali. Ecco gli ‘sfasciatutto’ entrati in azione sabato a Roma che ricordano i ‘cugini’ della banlieues francesi”:
Adriano Sofri, in un commento su La Repubblica, scrive: “Ogni volta che una grande manifestazione viene sequestrata da riti compiaciuti di violenza, mi devo ricordare di esser stato lanciatore di sassi. E’ solo un caso di vecchiaia, o è cambiato anche qualcos’altro? Mi pare di sì. Intanto, l’attenzione alla nonviolenza. O almeno l’appannamento del fascino della violenza, qui e nel mondo. Si sono prese distanze, a volte maramaldesche, spesso rispettose e sofferte, da intere tradizioni combattenti: hanno giocato fortemente il femminismo e la scoperta dell’agonia del pianeta. Che la ribellione che scuote i Paesi arabi, a un costo spaventoso, abbia preso la strada della nonviolenza, è una meraviglia imprevista, qualunque infamia prenda il ritorno all’ordine”.
Su La Stampa una pagina è dedicata a come in altri Paesi vengono fermati i potenziali violenti nei cortei e nelle manifestazioni: a New York, per controllare le manifestazioni di “occupy Wall Street”, si rende impossibile superare le transenne, poiché scatta l’ammonimento e – se non basta – si arresta; manganelli e grappoli di manette dei poliziotti sono ben in vista, torrette high-tech fotografano e osservano; in Gran Bretagna le forze dell’ordine hanno poteri di perquisizione e eventuale fermo senza mandato del magistrato se vi è un “ragionevole sospetto” che un individuo stia per compiere un reato, o sia in possesso di un’arma, propria o impropria. E la magistratura può emettere ingiunzioni restrittive nei confronti di individui – specie se hanno precedenti penali – se ritiene che possano creare disordini; in Francia si stabilisce il percorso delle manifestazioni, è diritto dell’autorità vietarle, e manifestare nonostante il divieto è reato; in Germania, è vietato partecipare a un corteo con il volto coperto e gli agenti, alla vigilia della manifestazione, possono tenere sotto speciale osservazione chi è considerato pericoloso.
Il Corriere intervista Stéphane Hessel, 94 anni, partigiano, autore del libriccino di 30 pagine il cui titolo, “Indignez-vous”, Indignatevi, ha ispirato e dato il nome alle manifestazioni inziate in Spagna. Gli si chiede di commentare gli incidenti di Roma e le accuse di esser stato un cattivo maestro: “Le 30 pagine del mio libro sono una continua esortazione a ribellarsi alle ingiustizie, ma attraverso i metodi della non violenza. Io credo che ad avere determinato il successo di ‘Indignatevi!’ in tutto il mondo sia stata proprio la sicura scelta a favore della non violenza”. Ed è certo che i ragazzi con le bombe carta, il suo libro non lo abbiano letto.
Cattolici
All’incontro dei cattolici di oggi a Todi è dedicato l’editoriale del direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli: “Non si tratta di ricostituire il partito dei cattolici – scrive – né di far rivivere, sotto altre forme, la Democrazia cristiana o il Partito Popolare”, “l’idea del partito unico è stata seppellita con la prima repubblica”. “La loro diaspora ha trasmesso ai cattolici la falsa sensazione di contare di più. Come oggetti, però”, il loro ruolo in politica ha finito per essere “quello degli ostaggi corteggiati a destra e degli invisibili tollerati a sinistra”. Quel che resta di quella tradizione ha “il compito storico di promuovere un dialogo più proficuo con le altre componenti laiche, liberali, e riformiste della società”. Secondo De Bortoli, si è insistito tanto sulla difesa dei valori non negoziabili, “al punto di estendere l’incomunicabilità con le posizioni laiche all’insieme delle questioni civili ed economiche. Un dialogo va ripreso su basi differenti, nel rispetto delle libertà di coscienza”.
La Repubblica intervista il Presidente delle Acli Andrea Olivero: “E’ da luglio che diciamo che il berlusconismo è finito. Ora è necessario che questa affermazione venga esplicitata anche dalle altre associazioni cattoliche”, ma non bisogna fermarsi qui. Cosa uscirà dal convegno di Todi? “Al primo punto una riforma della politica, perché se non andiamo a modificare le leggi elettorali sarà difficile che nuove forze possano entrare in campo. C’è bisogno di uomini nuovi, non scelti per cooptazione. Questo è un problema di tutti, tanto del Pdl quanto del Pd”. Per quel che riguarda il versante dell’economia: “Bisogna superare il conflitto come momento dei confronti, uscendo così dal ‘900. Occorre costruire nuovi modelli di rappresentanza, sia per i sindacati che per gli imprenditori”.
Il Corriere intervista l’ex ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, che un anno fa chiese a Berlusconi di fare un passo indietro. Oggi dice: “Questo governo non può durare. Maggioranza ampia, o si voterà presto”. Dice di aspettarsi molto dai cattolici riuniti a Todi, per delineare un nuovo progetto socio-culturale. Anche se non ritiene possibile che nasca un nuovo partito dei cattolici: “Intravedo un movimento politico liberale, laico e cattolico, che esca dai vecchi schemi della destra e della sinistra”. E dice che Pierferdinando Casini può dare un contributo decisivo alla nascita e alla guida di un simile soggetto.
Israele
Domani dovrebbe essere il giorno della libertà per Gilad Shalit, il caporale franco-israeliano rapito da un commando palestinese nel 2006. La Stampa dedica alla vicenda due intere pagine. Verrà scambiato con 1027 prigionieri. Ieri Israele ed Hamas hanno presentato la lista dei primi 477 detenuti da liberare. Il quotidiano racconta le storie di alcuni di loro: Amna Muna si spacciò per una turista americana e attirò un sedicenne israeliano facendolo ammazzare. Abdel Aziz Sala è uno dei protagonisti del linciaggio di due riservisti israeliani nel commissariato di Ramallah, quello che esultò alla finestra mostrando le mani intrise di sangue; Ahlam Tamini, avvenente studentessa di Ramallah, fece esplodere il suo corpetto e un ordigno nascosto nella chitarra, in una pizzeria di Gerusalemme; Abdel Hadi Ghanim dirottò un bus a Gerusalemme e lo condusse in un burrone.
Abraham Yehoshua spiega ai cittadini israeliani contrari alla liberazione di questi prigionieri che molti di loro saranno trasferiti nella striscia di Gaza e lì, in un territorio completamente distaccato da Israele, non potranno compiere attentati terroristici ma tutt’al più unirsi alle forze di Hamas; un’altra parte di loro verrà espulsa dalla Cisgiordania e non verrà in contatto con la popolazione israeliana; infine, coloro che rimarranno in Cisgiordania si ritroveranno non solo sotto la supervisione dei servizi di sicurezza israeliani, ma anche di quelli dell’autorità palestinese, un elemento nuovo che non esisteva in passato. L’Autorità negli ultimi anni si occupa in maniera efficace di prevenire atti di terrorismo, con l’intento di stabilizzare la situazione in Cisgiordania e preparare il nuovo stato palestinese: i liberati potrebbero anche essere influenzati dalla atmosfera positiva che si respira in attesa della ripresa di un negoziato per la soluzione dei due Stati per i due popoli.
DA RASSEGNA ITALIANA, di Ada Pagliarulo e Paolo Martini