Le aperture
La Repubblica: “La disfatta di Berlusconi. Il centrosinistra conquista Milano, Napoli, Cagliari, Trieste. Il Carroccio cede Novara. Il Pd festeggia in piazza, Bersani sul palco con Prodi: il governo deve andarsene”. “Pdl e Lega crollano nelle città. Il premier: abbiamo perso ma andiamo avanti”. A fondo pagina la notizia dell’attentato di ieri in Afghanistan: un attacco kamikaze contro l’Italia, feriti cinque soldati italiani, 52 in totale, e cinque morti.
Il Corriere della Sera: “Il centrodestra perde da Milano a Napoli. Pisapia vince sulla Moratti con il 55 per cento, De Magistris trionfa con il 65. Carroccio battuto a Novara. Il premier: ‘Sconfitta evidente, ora avanti con le riforme. Gli elettori preghino Dio, si pentiranno”. A centro pagina: “Berlusconi e la crisi del Pdl: Alfano coordinatore unico. Le conseguenze del voto: Bondi lascia, stasera il vertice”.
Il Sole 24 Ore: “Doppio ciclone sulla maggioranza. Berlusconi: ok da Bossi, Governo avanti. Bersani e Vendola: il premier si dimetta. A Milano Pisapia stacca Moratti, a Napoli de Magistris travolge Lettieri. Anche la Lega arretra. Marcegaglia: se l’Esecutivo continua faccia le riforme”.
Il Giornale: “Grande psicodramma. Il centrodestra sconfitto parla di strategie e partiti, ma per riprendersi deve solo governare. La sinistra parla di città liberate, però è pronta a consegnarle a rom e islamici. Cose da pazzi”.
Libero: “Chiagne e non fotte. Una batosta per Silvio. Pdl disastro a Napoli e Milano, ma anche a Cagliari e Trieste. Dalle urne più che una campanella d’allarme, una sirena. Che sarebbe sciocco non ascoltare”, con articolo firmato da Maurizio Belpietro. Di spalla, Vittorio Feltri scrive: “Caro Cavaliere, torni a fare il Berlusconi”.
Il Foglio: “Come reagire al disastro. Due outsider vincono a Milano e Napoli contro il Cav. Colpito il cuore del berlusconismo”.
Avvenire: “Una scossa per cambiare. I candidati di centrodestra battuti da quelli di Sel e Idv. Maroni: dopo la sberla le riforme. Bersani: governo via. Udc: passo indietro per aprire una fase nuova e dare una casa ai moderati”.
Il Fatto quotidiano: “E adesso vattene. Quella di Berlusconi è una disfatta. Sconfitto nella sua Milano da Pisapia. Travolto a Napoli da de Magistris. Aveva chiesto un voto politico, ha avuto un ceffone. Da Cagliari a Trieste, da Novara ad Arcore, da Mantova a Pavia. Lui tenta di restare a galla. ‘Avanti con Bossi’. La Lega sconfitta presenta il conto e nel Pdl c’è chi parla di primarie”.
Il Riformista: “Fora da i ball. Pdl e Lega sconfitti. Berlusconi parla con Bossi e ammette il ko ma il governo ‘resta’. Ai milanesi: fregati. Ai napoletani: vi pentirete. L’opposizione chiede le dimissioni. Anche Prodi in piazza col Pd”.
Ballottaggi
Secondo Massimo Franco, che firma l’editoriale del Corriere della Sera, l’asse Pdl-Lega tenta ora di circoscrivere “il disastro, scaricandone le responsabhilità sui rispettivi partiti, ma blindando il governo per il resto della legislatura, magari annacquando il rigore economico del ministro Giulio Tremonti. Si tratta di una mossa obbligata”. “In realtà – scrive Franco – nelle pieghe di una delusione cocente si fa strada l’idea di un nuovo candidato a Palazzo Chigi: al governo il dopo Berlusconi è cominciato. Può darsi che non sarà formalizzato a breve termine e il tentativo di galleggiamento prosegua. Ma il febbrile movimentismo della maggioranza e le tensioni nella Lega anticipano una difficoltà parallela e destinata a crescere, per le due leadership: quella del Cavaliere e quella di Bossi”.
Secondo Stefano Folli, che firma l’editoriale del Sole 24 Ore, il centrodestra, nel sud, “è stato punito al di là dei suoi demeriti per aver promesso molto e realizzato poco. E’ sorprendente come Berlusconi sia riuscito a dilapidare il capitale di fiducia di cui godeva nel 2008, quando garantì che avrebbe vuotato le strade dalla spazzatura lasciata marcire dalle giunte di centrosinistra. Tre anni dopo, il suo candidato Lettieri è rimasto trenta punti indietro rispetto a un ex magistrato che ha saputo rendersi credibile agli occhi del 65 per cento dei votanti, pur proveniendo dalle fila del centrosinistra”. I ballottaggi di ieri segnano insomma “il tramonto di un’era politica”. E’ vero, dice Folli, che “non ci sono alternative di governo a portata di mano”, ma questo non significa che il governo possa andare avanti come se nulla fosse. E dunque “la logica vorrebbe che Berlusconi si preparasse a compiere una sola mossa: avviare seriamente e in tempi abbastanza brevi la sua successione. Il tema fino a ieri era un tabù, naturalmente, ma adesso qualcosa dovrà cambiare”.
Secondo una analisi di Michele Brambilla, su La Stampa, “chi sottovaluta l’impatto del caso Ruby su questo voto sottovaluta un sentimento popolare che esiste, e che non c’entra nulla con il puritanesimo giacobino invocato per difendere Berlusconi. La cui credibilità ha subìto un durissimo colpo proprio in quei giorni di gioielli regalati, di patetici sms e di ancor più patetiche intercettazioni di telefonate in questura e bugie sulle nipoti di illustri presidenti stranieri”.
Sullo stesso quotidiano una intervista a Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia. Formigoni dice che il messaggio che arriva dal voto è che “la gente ci ha chiesto di fare cose che non abbiamo fatto”. “Tenere i conti in ordine non basta, ci vuole una riforma economica che dia fiato all’economia sostenendo le imprese virtuose che investono. Poi ci vuole una riforma tributaria forte: è dal 1994 che la promettiamo. Infine, ci vuole una riforma del welfare ispirata alla sussidiarietà”. Secondo Formigoni il caso Ruby “ha pesato meno della mancanza di riforme del governo”.
La Repubblica intervista Sandro Bondi, che ieri ha annunciato le sue dimissioni da coordinatore del Pdl (“Ho deciso di lasciare perché un risultato così negativo non può non chiamare in causa chi, come me, ha ricevuto una responsabilità operativa alla guida di un partito”). Berlusconi deve farsi da parte? Risponde Bondi: “Le pare normale e responsabile chiedere di fare un passo indietro a Berlusconi, quando è proprio solo grazie a lui che il Pdl è ancora il primo partito in Italia?”.
La pensa diversamente il sindaco di Verona Flavio Tosi, della Lega, anche lui intervistato da La Repubblica: “Dopo una sconfitta così sonora, rifletterei seriamente su questa ipotesi”. Su Milano, basterebbe il risultato “per concludere che le cose così non vanno: lì la campagna elettorale l’ha impostata Berlusconi, c’è poco da fare. Noi l’avevamo detto fin dall’inizio che quella impostazione era sbagliata: attacchi a Pisapia per il suo passato, scontro frontale con la magistratura, tutte cose che ai milanesi non interessano”. Su Napoli: “Sono molto contento che i napoletani abbiano espresso un voto chiarissimo per il cambiamento. Al nuovo sindaco de Magistris va il mio sincero e convinto in bocca al lupo”. Per Tosi l’alleanza tra Lega e Pdl non è in discussione, “ma il discorso sulla leadership è un po’ diverso”.
Secondo Il Sole 24 Ore è diventata più plausibile l’ipotesi dell’ingresso di un leghista come vicepremier: Maroni o Calderoli. L’altra ipotesi sarebbe affidare questo incarico a Tremonti. La Lega non mollerà su due riforme per lei centrali come fisco e semplificazioni. Ma l’altra richiesta è che si allenti la morsa del patto di stabilità sui comuni virtuosi, poiché sono molti gli amministratori che hanno voltato le spalle al Carroccio per la strozzatura della manovra. Probabile una verifica in Parlamento per incassare un nuovo voto di fiducia, come del resto già chiesto dal Colle dopo l’arrivo dei Responsabili.
Secondo Giuliano Ferrara, su Il Foglio, Berlusconi oggi “non ha alternative, politiche e parlamentari, perché il voto premia gli outsider dell’antiberlusconismo e non uno schema di gioco responsabile e di governo”. A Berlusconi serve “una nuova legittimazione, una nuova delega politica senza ambiguità”, “via le burocrazie ammorbanti”, “primarie generali, per designare presidente e coordinatori regionali del Pdl”
Nichi Vendola, intervistato da La Stampa (“Subito al voto, niente giochi di Palazzo”), dice che Berlusconi “non riuscirà a resistere a lungo, ormai anche lui è finito nel peggiore dei buchi neri: un populista senza popolo. Da parte nostra dobbiamo immediatamente dare continuità a questo sommovimento, non disperdendo neanche un grammo dell’energia che si è prodotta. Il cambiamento va colto subito aprendo il Cantiere senza lasciarsi affascinare da giochi di Palazzo”. Secondo Vendola insomma non si deve cercare sponda nella Lega o in altre personalità del centrodestra, come Tremonti.
Vendola viene intervistato anche da La Repubblica: “Si tratta di aprire un confronto per un nuovo centrosinistra”, perché “il successo non è certo maturato su un’onda moderata”.
Il Corriere della Sera intervista il sindaco di Firenze Matteo Renzi, titolata così: “Contano i candidati, non le alleanze. Una scelta libera e aperta fa vincere il centrosinistra”.
Secondo Michele Salvati, intervistato da Il Riformista, dice: “Dubito che il Pd, che resta il partito più grande e quello che avvantaggia maggiormente della sconfitta di Berlusconi, possa considerare questa una vittoria del suo disegno politico di cui non vedo ancora una grande chiarezza”.
Secondo Fabrizio Rondolino, che firma un commento su Il Giornale, “Il Pd fa solo finta di esultare”, perché oggi “il sinistra-centro che esce vincente dal voto amministrativo non è una coalizione in grado di conquistare domani la maggioranza degli italiani, perché manca di un tassello fondamentale: quel centro cattolico, moderato e riformista che è stato incarnato nel 1996 dal PPI e nel 2006 dalla Margherita, e grazie al quale le porte di Palazzo Chigi si sono aperte alla sinistra post-comunista. Senza una alleanza con l’Udc, oggi, il sinistra-centro difficilmente può vincere le elezioni”.
Su Napoli, Rondolino sottolinea come la vittoria di De Magistris, “espressione del populismo giustizialista più retrivo, unita a un astensionismo che ha raggiunto il 50 per cento, ci consegna una Napoli in preda agli istinti primordiali dell’antipolitica: considerarla una vittoria del centrosinistra” è un errore tecnico e politico, poiché a Napoli il centrosinistra ha perso tanto quanto il centrodestra.
Sul palco ieri a festeggiare, insieme al segretario Pd Bersani, c’era Romano Prodi. E secondo Il Giornale Bersani è “ostaggio” di Prodi: “Riecco l’Unione”, “il professore ruba il palco al segretario, attirandosi i veleni: ‘ è venuto a prenotare il Quirinale'”. Se ne parla anche su La Stampa, in un retroscena: “Prodi frena gli ardori, ‘senza una idea di Paese tornano a vincere loro’, e il popolo di sinistra lo spinge verso il Quirinale”. Anche se nessuno lo ha dichiarato – scrive La Stampa – è come se si fosse messo in movimento il ticket Bersani-Prodi: un laico a Palazzo Chigi, un cattolico al Quirinale”.
Esteri
E’ dedicata alla “nuova offensiva dei ribelli” in Afghanistan l’analisi del corrispondente de La Stampa a New York. Come aveva previsto il generale Petraeus si preannuncia una estate di fuoco. Racconta il portavoce della coalizione, il colonnello John Dorrian: “I talebani sanno di non poter sfidare la Nato in campo aperto, e si affidano a kamikaze, singoli o piccoli gruppi, per azioni mirate che puntano a creare sfiducia nel governo afghano e possono realizzarle perché dispongono spesso di informazioni dettagliate su orari, mappe e abitudini degli obiettivi”. Ciò lascia intendere che la guerriglia jihadista abbia creato un network di spie all’interno dell Forze afghane e i sospetti si indirizzano verso Jalaluddin Aqqani, alla guida di una rete di circa 3000 combattenti formatisi in Pakistan, dove viene loro insegnato come resistere agli interrogatori. Attacchi kamikaze sofisticati, che fanno prevedere a Petraeus una estate di intensi combattimenti, in coincidenza con la scadenza di luglio, quando verranno trasferiti dagli Usa i comandi alle Forze afghane. Dice il generale britannico Phil Jones: “Si combatterà molto perché i taleban vogliono indebolire le forze di sicurezza afghane per impedir loro di assumere i compiti che la Nato si accinge ad assegnargli”.
L’Avvenire intervista l’analista geopolitico iraniano, Amir Madani: “L’annunciato disimpegno della Nato sta portando i taleban a presentarsi nuovamente come forza che minaccia, controlla, e si vuole sostituire alle forze della coalizione”. L’esercito – dice Madani – è “abbastanza fedele al governo centrale. Ma, da quando Karzai ha appreso del disimpegno della Nato, ha deciso di giocarsi la carta della trattativa con i talebani, estromettendo come capo della sicurezza Amrullah Saleh, ferreo oppositore dei talebani, ha reso più debole anche l’esercito”.
Sulle complicità e l’appoggio del Pakistan (un appoggio strategico) al terrorismo, Madani dice: “La connessione tra la marina pakistana e Al Qaeda è molto chiara: il 2 maggio scorso il comandante pakistan Mullah Abdul Rahim lo dichiarava al giornalista del quotidiano pakistano The Star Syed Saleem Shahzad, rapito poco dopo avere pubblicato la rivelazione. Ciò significa che l’esercito pakistano, e non solo l’Isi (i servizi segreti pakistani) fornisce la logistica ai terroristi. Con i petrodollari dell’Arabia Saudita, il Pakistan attrae i jihadisti e ne fa un esercito informale”:
Al Qaeda ricambia il Pakistan assicurando profondità strategica alle sue azioni: l’obiettivo è instaurare un asse pakistano-saudita nella regione in funzione anti indiana, con la compiacenza della Cina. Per bloccare questa azione, l’unica soluzione è un Afghanistan federale, in cui i taliban vengano confinati a governare al sud. Così il problema verrebbe almeno nazionalizzato.
Sul Foglio un racconto straziante delle torture che sono state imposte in Siria, le cui immagini sono state diffuse anche da Al Jazeera: a Daraa sono stati consegnati alle famiglie i corpi di alcuni ragazzini morti dopo le torture. Hamza Ali Khatib, 14 anni, scomparso ad un posto di blocco, insieme ad altri sette i cui cadaveri sono stati consegnati alle famiglie: nelle immagini della tv qatariota i petali di rosa con cui la famiglia ha coperto la salma sono impregnati di sangue e di siero, attaccati alle ferite, ai fori, ai segni di bruciatura. Il ragazzino è stato evirato. Un altro video, un altro giovane: il collo spezzato, si vede il capo in posizione scomposta rispetto al resto del corpo. Un venditore di scarpe, arrestato e torturato, racconta di come siano state strappate le unghie ai bambini.
Una corrispondenza dalla Cina de La Repubblica racconta come siano riesplose le proteste etniche di minoranze che si sentono oppresse dal potere centrale. Da dieci giorni migliaia di persone invadono università, scuole e piazza della Mongolia interna, all’estremo nord del Paese. I mongoli sono in rivolta contro l’autoritarismo di Pechino e i privilegi degli Han, l’etnia accusata di essere l’unica a beneficiare della crescita economica. Ieri è arrivato l’esercito, isolando decine di città e villaggi, posti di blocco ovunque. Pechino è particolarmente nervosa, perché si avvicina l’anniversario della strage di piazza Tien An Men. Se ne parla anche su Il Riformista: “Al confine settentrionale dell’Impero di mezzo, l’autorità impone la legge marziale per sedare una inedita ribellione. L’uccisione di un’attivista ha scatenato le proteste contro l’assimilazione targata Pechino”. Le steppe mongole peraltro costituiscono il dieci per cento del territorio cinese e sono uno dei centri di approvigionamento energetico per l’economia cinese. Qui sorgerà First Solar, il più grande impianto solare del mondo. La Mongolia interna è però anche terra di miniere, un business in continuo aumento, per far spazio alle quali sono già stati sgomberati oltre 200 mila allevatori.
(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini)