Le aperture
Il Corriere della Sera: “Il dossier sulla guerra delle spie”, “la Ue: così i russi volevano intercettare i leader al G20”. A centro pagina: “Il governo pronto a cambiare la nuova tassazione sulla casa”. In taglio basso: “La sfilata dei 150 testimoni inutili”, a Milano “convocati dai legali per ripetere dichiarazioni già rese. Ore in attesa e soldi sprecati”.
La Stampa: “Così i russi spiavano al G20”, “I servizi di Berlino: durante il vertice chiavette Usb con microspie ai leader”. Sotto la testata, la politica interna: “Pdl, frenata di Alfano, ‘il leader è Berlusconi’. Marina: no alla politica”. E poi: “Il governo si corregge: busta paga più pesante per i redditi bassi”.
La Repubblica: “Prima casa, tornano le detrazioni”, “Pdl, marcia indietro di Alfano. Grillo-show al Senato: Napolitano un furbo”. Di spalla: “Datagate: l’Italia nega lo spionaggio, ‘nessuna prova’”. A centro pagina, con foto: “Pechino, attacco a Tien an Men: 5 morti”.
Il Fatto quotidiano: “Ora Grillo si gioca tutto: ‘Al voto, e se perdo mollo’”. A centro pagina: “Alfano si piega a B. Le figlie: ingrati nel Pdl”.
Il Sole 24 Ore: “Casa, vaucher per gli affitti e modifiche per la nuova tassa”, “allarme Ance: con la Trise aumenti del 72 per cento sulla abitazione principale”.
L’Unità: “Grillo, assalto al Quirinale”. A centro pagina: “Pdl: Marina si nega. Angelino si piega”.
Il Giornale: “Brogli nelle urne del Pd”, “la sinistra trucca le primarie”, “anziani e stranieri pagati per iscriversi e votare”, “migliaia di tessere fantasma. E fanno pure i maestri di morale…”, “Marina dice no alla politica. Disgelo tra Alfano e Berlusconi”. E a centro pagina la foto di Barbara Berlusconi, per una intervista: “Mio padre circondato dai nemici”.
Libero: “Forza sorelle”, “nel giorno in cui Marina smentisce la sua discesa in campo, Barbara in una intervista spara sugli uomini del Pdl: ‘Molti agiscono solo per interesse, per le poltrone e per il potere’. Messaggio chiaro: i Berlusconi non hanno intenzione di mollare. E Alfano si riavvicina”.
Politica
Secondo il Corriere l’esito del voto in Trentino Alto Adige apre nuovi scenari, specie per Forza Italia, al primo vero test dopo il ritorno a nome e logo delle origini. Il centrodestra va in frantumi in entrambe le province (a Trento la coalizione nel 2008 aveva ottenuto il 36.5) il partito di Berlusconi a Trento passa dal 12,2 per cento del Pdl di cinque anni fa e poi dal 15 per cento del febbraio scorso al 4,4 per cento di ieri. A Bolzano, insieme alla Lega, ottiene il 2,5 (era all’8,3 nel 2008 e al 6,6 alle politiche). In netto calo anche il M5S, che solo pochi mesi fa in Trentino aveva oltrepassato il muro del 20 per cento, e che si è fermato al 5,8 per cento. A trionfare sono la Svp in Alto Adige e il centrosinistra capeggiato dal nuovo governatore Ugo Rossi in Trentino. Ma questa tornata elettorale, secondo il quotidiano, vede soprattutto la vittoria dei partiti legati al territorio. La stessa affermazione di Rossi, candidato del partito autonomista trentino tirolese e vincitore alle primarie della coalizione a luglio, è simbolica: nel suo logo, una stella alpina ricorda la Svp e viaggia a cifre record, oltre il 17,5, collocandosi a soli 4 punti dal Pd, che è al 22 per cento, e che si conferma primo partito. Ma il partito autonomista nel 2008 aveva ottenuto l’8,5, quindi ha raddoppiato i voti. A Bolzano la Svp è al 45,7, e in forte ascesa sono la destra tedesca Die Freiheitlichten (17,9 per cento, ovvero + 3,6) e il movimento di Eva Klotz, Sud Tiroler Freiheit che ha puntato sulla secessione dall’Italia e balza dal 4,9 al 7,2. Anche qui quasi invariata la posizione del Pd.
La Stampa, che titola “In Trentino Alto Adige i grillini perdono 3 voti su 4”, scrive che il Pd a Bolzano non è riuscito ad approfittare del crollo dei berlusconiani: con il 6,7 per cento ha incrementato infatti solo dello 0,7 il risultato del 2008.
Anche su La Repubblica: “Flop in Trentino, M5S al 5 per cento”, “trionfo centrosinistra. Alto Adige, Svp perde la maggioranza assoluta”, “clamoroso crollo del centrodestra. Il Pd primo partito della provincia con il 22 per cento”. E su L’Unità: “In Trentino crollano destra e 5Stelle”. Il quotidiano sottolinea che il centrosinistra è arrivato primo sia nella provincia di Trento che in quella di Bolzano, mentre la destra italiana “sfarina”: e si ricorda che a Trento il Pdl era commissariato nelle mani della signora Micaela Biancofiore, “alla quale un buon condominio non affiderebbe nemmeno la dipintura degli esterni”.
Sul Corriere della Sera, proprio della Biancofiore ci si occupa: “L’amazzone sconfitta: mancava il nome di Silvio”, “Biancofiore prima del voto aveva scomodato De Gasperi: questa terra è un laboratorio”, “l’ultimo passo falso della pasionaria berlusconiana dopo le frasi sui gay e l’uscita dal governo”.
Su Libero: “Centrodestra kaputt in Alto Adige”, “a Trento vince il Pd, conferma Svp a Bolzano”. “Crollano Pdl e Movimento 5 Stelle. La Biancofiore: alleiamoci con Grillo”. “Dice la Biancofiore: l’elettorato attende che la politica nazionale dia un segnale forte nei confronti degli italiani dimenticati di questa terra, dello strapotere Svp che va limitato”, “Su queste tematiche abbiamo trovato sintonia con Grillo. Il futuro per l’Alto Adige e per l’Italia non può che passare per una alleanza con il M5S che, alla fine, altro non è che una Forza Italia post litteram”.
Anche su Il Fatto: “5Stelle e Pdl kaputt nel Trentino autonomista”
Intanto ieri è arrivato a sorpresa a Roma, al Senato, Beppe Grillo. Racconta la cronaca del suo arrivo La Repubblica: “Abito blu, la cravatta non ce l’ha e gliela danno i commessi. Chiede ai suoi: portatemi a fare un giro”. Nel giro di 10 minuti è tutto un accorrere di microfoni e telecamere. L’attacco più duro è al Presidente Napolitano: “Un anziano scaltro, furbo, non è il Presidente di tutti”. Chi ha deciso di chiederne l’impeachment? “Vuoi che ti faccia contento? – risponde al cronista – “Decido io”.
Altre dichiarazioni di Grillo vengono riferite dal Corriere: “Se non vinciamo le elezioni lascio il Movimento”. Sul calo a Trento: “Ma no, è stato un risultato straordinario”. Votare anche con il Porcellum? “Siamo stati gli unici a votare contro, ma questi vogliono un super Porcellum, un Napolitellum”.
La Stampa: “Grillo a Roma per ricucire con i senatori”. E si riferisce la reazione di Enrico Letta alle parole di Grillo: “L’attacco di Grillo a Napolitano va respinto con fermezza. L’impeachment è assurdo. Grillo vuole solo instabilità”. La risposta di Grillo a stretto giro di posta. “Voglio instabilità? Mi denunci”. Poi ribadisce un concetto già espresso in passato. “Lo capite che se in Italia non c’è il fascismo è grazie a noi?”.
Anche Il Fatto quotidiano offre ai lettori una cronaca del “blitz” di Grillo al Senato, raccontando anche il malumore tra i parlamentari del Movimento, che riassumono così: “E’ il solito show, non ci ha dato risposte”.
Sul Corriere la “Nota” di Massimo Franco: “E Grillo fa da sponda a tutti gli avversari delle ‘larghe intese’”. Grillo ha deciso di piombare a Roma in Parlamento perché lo ritiene il palcoscenico oggi in grado di garantirgli il massimo di visibilità. Il suo è un tentativo di “riprendersi i gruppi parlamentari indocili” e di “rilanciare la strategia dello sfascio, esaltando il proprio ruolo anti-sistema”. Si ritaglia il ruolo di “grande destabilizzatore” puntando a “delegittimare l’istituzione che appare come l’unica in grado di arginare una deriva elettorale”, ovvero il Quirinale. A chi gli chiedeva se gli attacchi a Napolitano non rischino di trasformarsi in un boomerang, vista la popolarità di cui il Capo dello Stato gode, Grillo ha sostenuto che dai suoi sondaggi l’inquilino del Quirinale sarebbe all’ultimo posto in termini di gradimento.
Stefano Folli sul Sole 24 Ore scrive che “l’offensiva (scontata) di Grillo è la prova che il quadro è meno instabile: Grillo è troppo astuto da non sapere che le elezioni anticipate sono oggi più lontane di ieri. Neanche Renzi le ha chieste, con la sua tipica ruvida urgenza. Il che qualche cosa vorrà dire”.
Pdl
La Repubblica parla di “retromarcia” e di “outing inatteso” in riferimento alle dichiarazioni del vicepremier Alfano: “Ci riconosciamo nella leadership di Silvio Berlusconi”. Ci si riferisce però – va sottolineato – ad un attestato di fedeltà al leader contenuto nella anticipazione dell’ultimo libro di Vespa: “I sottoscritti consiglieri nazionali si riconoscono nella leadership di Silvio Berlusconi, ovviamente a cominciare da me. Questo sarebbe il primo rigo di ogni documento che io dovessi sottoscrivere”. Nella pagina di fianco si descrive invece la reazione di Letta, che avrebbe ripetuto ieri allo stesso Alfano: “Caro Angelino, è arrivato il tempo di decidersi”.
Scrive Il Fatto che “nel quarto giorno bellico del Pdl dopo il ritorno a Forza Italia del Venticinque Ottobre, con la diserzione dei ministeriali, la soluzione dinastica si impone nel chiacchiericcio politico e mediatico per mancanza di alternative”. Ci si riferisce alle ipotesi di una discesa in campo di Marina Berlusconi, che l’interessata ha smentito. Anche Barbara ha dichiarato “né io né Marina faremo politica”, ma la somma delle smentite, secondo Il Fatto, genera un risultato che va nella direzione opposta. La soluzione dinastica viene in qualche modo vista così: “Meglio loro due della rivalità tra Alfano colomba e Fitto lealista”. “Il quale Alfano – scrive Il Fatto – appena quarantenne, ha realizzato che senza B. non va da nessuna parte, e così ha affidato al nuovo libro di Bruno Vespa la retromarcia da figliol prodigo”.
Il Giornale intervista Barbara Berlusconi e titola così: “Mio padre circondato dai nemici e anche da qualche falso amico”. Sulla condanna del padre: è “infame e infamante”, “è il ribaltamento della verità”. Che idea si è fatta di coloro che circondano suo padre? “Ci sono gli amici di sempre, quelli con cui lui ha costruito le imprese, che gli sono stati sempre accanto anche durante l’avventura politica, e che sono tuttora per lui amici fraterni, come Doris, Confalonieri, Letta e altri”. “Poi ci sono quelli, tanti, che hanno finto di sposare le sue idee politiche, ma che in realtà agivano per interesse personale. Per le poltrone ed il potere”.Ribadisce che né lei né Marina intendono fare politica e, per quanto la riguarda, dice: “Il mio futuro è al Milan”:
Oggi la Giunta per il Regolamento del Senato deciderà se l’Aula dovrà esprimersi con voto segreto o meno sulla eventuale decadenza di Silvio Berlusconi da senatore, previsto dalla legge Severino. Il Corriere ricorda che decisiva è la posizione di Scelta Civica.
Internazionale
Spiega La Stampa che il Presidente del consiglio Europeo Van Rompuy, rientrato a Bruxelles dopo aver partecipato al G20 di San Pietroburgo a Settembre, ha consegnato alcuni gadget ai funzionari della sicurezza, che a loro volta hanno chiesto una consulenza ai servizi tedeschi. E qualche giorno dopo è scattato l’allarme, perché secondo una prima analisi tecnica, la chiavetta Usa e il cavo Usa di alimentazione per cellulari ricevuti come gadget in regalo dai russi erano due “trojan horse”, ovvero due strumenti per captare dati dal computer e dal cellulare. Insomma, scrive il quotidiano, nei confronti dei Paesi partecipanti al g20, europei, sudamericani, arabi e asiatici – è scattata una operazione di spionaggio che rende ancora più pesante il clima tra intelligence e diplomazie. Si ricostruisce quindi il clima di quel 5 settembre, nei pressi di San Pietroburgo. Il clima è teso, lo scandalo Datagate è esploso a inizio giugno, ad agosto Mosca aveva concesso un visto temporaneo ad Edward Snowden e l’irritazione americana era alle stelle, tanto che la Casa Bianca cancella il bilaterale Putin-Obama. Parallelamente è all’apice la crisi siriana, dove soffiano ormai venti di guerra, su cui molte diplomazie occidentali sono su posizioni diverse da Putin. Il quotidiano sottolinea che l’indagine tecnica sui gadget, affidata ai tedeschi, è ancora in corso. Non si sa se tutti i partecipanti al summit abbiano ricevuto gli stessi gadget “modificati”, ma massima è la preoccupazione che quelle chiavette possano essere già state utilizzate da qualche membro delle 26 Nazioni presenti al summit russo. La scoperta della intelligence tedesca arriva nel pieno della bufera del datagate, in giorni in cui Germania e Francia accusano gli americani di aver raccolto milioni di dati e di aver intercettato la Cancelliera Merkel. E proprio sulle intercettazioni che riguarderebbero la Cancelliera tedesca, La Stampa scrive che il cellulare in questione sarebbe il quinto nella sua disponibilità, e precisamente quello intestato al partito. E per quanto riguarda i nostri apparati di intelligence e sicurezza, in questi giorni hanno assicurato sul livello di protezione dei vertici di Palazzo Chigi: “La protezione delle comunicazioni del Presidente del consiglio e dei ministri è affidata alla Aisi, ex Sisde, e un funzionario del “ComSet” segue sempre il premier con un valigetta di apparati di protezione delle comunicazioni riservate. E anche le comunicazioni dei ministri vengono protette grazie ad algoritmi criptati per la rete di governo”.
Su L’Unità Umberto De Giovannangeli scrive che dopo le critiche per lo scandalo intercettazioni la Casa Bianca ha annunciato la revisione sulle regole per la raccolta di informazioni da parte degli 007 americani, ai quali saranno imposti nuovi vincoli. Il WSJ, citando fonti dell’Amministrazione ha scritto che la Nsa americana “ha smesso di intercettare Angela Merkel e diversi altri leader mondiali dopo la revisione interna ordinata nel 2012 da Obama, che ha portato a conoscenza della Casa Bianca l’esistenza di tali operazioni”. Il WSJ scrive che “la revisione di Obama ha portato alla scoperta di programmi di spionaggio ai danni di circa 35 leader mondiali”. Insomma, le rivelazioni del quotidiano contraddicono quanto pubblicato due giorni fa in Germania dalla Bild Am Sontag, secondo cui Obama era al corrente delle intercettazioni ai danni della Merkel fin dal 2010. Funzionari della Amministrazione Usa hanno detto al WSJ che Obama avrebbe solo autorizzato “le priorità per la raccolta di informazioni, lasciando all’NSA la responsabilità di decidere quali persone mettere sotto controllo”. Obama ha confermato piena fiducia al capo della Nsa, il generale a 4 stelle Alexander, che aveva scagionato il Presidente Usa di essere a conoscenza dello spionaggio nei confronti di Angela Merkel.
Sul Sole 24 Ore Mario Platero scrive che lo scandalo Snowden-Nsa ha messo a nudo una debolezza americana che sta diventando sistemica: la privatizzazione di attività di governo per la sicurezza nazionale. Snowden infatti non era un dipendente della Nsa ma lavorava per una azienda privata, la Booz Allen and Company, che svolgeva per conto della Nsa operazioni di analisi di controspionaggio. Il tema dovrebbe essere al centro del progetto di riforma annunciato da Obama, e la domanda di fondo dovrebbe suonare più o meno così: fino a che punto è lecito privatizzare le attività di governo senza che lo Stato ne venga drammaticamente penalizzato? Ieri la Casa Bianca ha annunciato che la revisione delle procedure per ottenere le informazioni necessarie a debellare attacchi terroristici sarà pronta già a dicembre. Il portavoce di Obama Carney ha annunciato che una delegazione europea sarà nei prossimi giorni a Washington per confrontarsi con i responsabili di sicurezza e controspionaggio. C’è da chiedersi, sottolinea Platero, se Obama fosse al corrente che gran parte delle attività del governo fossero assegnate a privati: gli analisti esterni ingaggiati dal Pentagono attraverso società di consulenza private rappresenterebbero, per esempio, il 22 per cento della Forza lavoro totale, e il 50 per cento dei costi. L’idea di privatizzare servizi pubblici, avviata da Reagan a metà degli anni 80, avrebbe dovuto far risparmiare, ma così non è stato.
Sulla prima pagina de Il Sole 24 Ore è Francesco Sisci ad occuparsi dell’esplosione di un’auto in piazza Tien An Men. Il quotidiano scrive che non c’è stato commento da parte del governo, ma non è da escludersi la pista dell’attacco suicida. Il fuoco ha lambito l’effige di Mao, e la polizia ha rimosso subito la vettura che si è schiantata contro le porte della Citta Proibita per cancellare le tracce. Sisci sottolinea che l’evento non ha precedenti nella storia cinese, e che si tratta di un colpo al cuore del potere alla vigilia di grandi riforme. Quelle spinte dal presidente Xi Jin Ping, che dovrebbero finalmente azzoppare le grandi e inefficienti imprese di Stato. Al Congresso del partito si preannunciano peraltro cambiamenti epocali, tra i quali la piena convertibilità dello yuan.
Su La Repubblica: “Pechino, attacco a Tien an Men, auto in fiamme sui turisti: cinque morti”, “terrorismo o protesta per il Tibet. E il regime cancella le foto sul web”.
Con un richiamo in prima, su La Stampa, un articolo di Domenico Quirico racconta la tragedia di decine di migranti persi nelle sabbie del Sahara. In Niger si è rotto il camion che doveva portarli in Algeria, e sarebbero morti di sete 35 migranti. Restiamo a La Stampa per segnalare un articolo sulla morte di Tadeusz Mazowiecki, il primo capo di governo non comunista dell’Europa dell’est del dopoguerra. Figlio di nobili di formazione cattolica, in perenne opposizione al comunismo, nel 1980 si presentò ai cantieri di Danzica per diventare il consigliere degli operai in sciopero, e questo gli costò l’arresto. Fu l’artefice della tavola rotonda, il negoziato tra il declinante regime comunista e le nascenti opposizioni, poi replicato in altri Paesi dell’est.
Se ne occupa Anna Zafesova.
Anche su La Repubblica: “Addio a Mazowicki, il premier polacco amico di Wojtyla”, “guidò il primo governo democratico dopo le elezioni vinte da Solidarnosc nel giugno 1989. Viveva da solo e aveva rifiutato gli aiuti dello Stato”.
Ancora su La Repubblica, alle pagine R2: “La nuova cortina di ferro”, “l’Ucraina si avvicina alla Ue. E la Russia alza il filo spinato sul confine”. “Ma con le altre Repubbliche dell’impero torna la voglia di Urss”. Dove si legge che la polizia russa ha iniziato a issare 2000 chilometri di filo spinato al confine con l’Ucraina. E’ il primo passo per un nuovo muro d’Europa, un ritorsione per il patto di associazione tra Kiev e l’Ue. Dalla Moldavia alla Armenia Mosca è decisa a ristabilire la sua area di influenza sulle nazioni satelliti, e ad arginare l’espansione di Bruxelles. Chi tradisce rischia pesanti sanzioni commerciali (ne parlano Nicola Lombardozzi e Paolo Garimberti).