CATTURATO MLADIC DOPO 15 ANNI DI LATITANZA. Sarà processato all’Aja per il genocidio di Srebrenica

Le aperture

Il Corriere della Sera: “Berlusconi, polemica al G8”. “Il premier a Obama: in Italia dittatura dei giudici”. “Protestano i magistrati: grave denigrarci all’estero. Bersani: il problema è lui”. Il titolo di apertura è per l’intervento della Presidente di Confindustria Emma Marcegaglia: “riforme, persi dieci anni. Da Confindustria critiche alla politica”. In prima pagina con evidenza anche la notizia della cattura in Serbia di Ratko Mladic, il generale serbo bosniaco accusato di genocidio nella guerra dei Balcani.

La Repubblica: “Berlusconi al G8 denigra l’Italia. Il premier a Obama: da noi dittatura dei giudici di sinistra’. Insorgono Anm e opposizioni: danno grave alla nazione. Bossi: Silvio troppo nervoso. Moratti: il Pdl mi penalizza. La Lega: ministeri o niente tasse”. A centro pagina, con una grande foto: “Preso Mladic, il boia di Srebrenica. Accusato di genocidio. Belgrado: ora entriamo nella Ue”. Di spalla: “Marcegaglia all’attacco: senza riforme persi 10 anni”.

Il Fatto quotidiano: “Quest’uomo sta male. Berlusconi imbarazza il vertice del G8 con un agguato a Obama: ‘In Italia dittatura dei giudici di sinistra’. Il presidente Usa, allibito, tace. Ormai è una ossessione”. A centro pagina: “Confindustria scopre il bluff del governo. All’assemblea annuale, gli imprenditori denunciano il flop del berlusconismo. E attaccano la Fiat: ‘Non può pretendere di imporci le sue regole”.

La Stampa: “In Italia dittatura dei giudici”, e le altre parole del premier. “Marcegaglia attacca la politica: il Paese ha perso dieci anni”, e un altro articolo (“Il caso”), titolato: “La Presidente a Fiat: non decide l’agenda. Elkann rilancia: approvi le nuove regole che aspettiamo da un anno”. Il titolo in alto è per la cattura di Mladic, con commento di Enzo Bettiza dal titolo “Fine della guerra calda”.

Il Giornale: “Taroccano i giornali per colpire Berlusconi. Il Mattino di Napoli manipola un editoriale per scagliarsi contro il premier. Il Tg3 dà carta bianca a Di Pietro ma non viene multato. E poi dicono che tutta l’informazione è in mano al Cavaliere”. Si parla di un editoriale sul sud e il nord scritto per Il Mattino da Giovanni Orsina, che l’autore non riconosce come suo in buona parte, specie per le critiche al governo Berlusconi. Il quotidiano di Sallusti si sofferma anche sui “finti rom” che, scrive Il Giornale, “sono veri”:

Libero: “Quanti voltagabbana. La borghesia italiana è sempre più ignorante e opportunista. Sta a destra o (preferibilmente) a sinistra soltanto per conservare i propri privilegi. E questa cinica incoerenza fa proseliti”. Le foto sono di Massimo Moratti, Beppe Pisanu, Chiara Moroni, Antonio D’Amato, Italo Bocchino, Gianfranco Fini.
A centro pagina, con caricatura che la rappresenta con un basco guevarista, si parla di Emma Marcegaglia: “La guerriglia della MarCHEgaglia”, titolo di un articolo di Maurizio Belpietro. Di spalla si parla delle ultime ore prima dei ballottaggi: “D’Alessio minacciato non conta per la Moratti”. Pare che sia stato raggiunto anche da minacce di morte. E poi: “Per favorire De Magistris il Mattino trucca il fondo”, in cui si racconta la vicenda dell’editoriale di Giovanni Orsina.

L’Unità intervista i candidati sindaci a Napoli De Magistris e a Cagliari Zedda. Il titolo è “Buon vento”.

Il Foglio: “Marcegaglia incalza il governo, replica acida alla Fiat e vagheggia un impegno civico delle imprese”. E poi: “Il ministro Brunetta racconta il piano B del governo per uscire dalla palude dei ballottaggi”. Di spalla: “Belgrado offre il boia Mladic e adesso chiede l’ingresso in Europa”:

Il Sole 24 Ore: “Dieci anni persi, ora agire subito”. “Avanti sui contratti flessibili, ma non ci piegheremo alle esigenze dei singoli”, con l’implicita critica a Marchionne e alla Fiat: “Sono finiti i tempi in cui poche aziende decidevano l’agenda di Confindustria”: Di spalla: “Berlusconi a Obama: in Italia dittatura dei giudici di sinistra”.

Berlusconi

Non mancano i commenti dedicati alle parole che ieri Berlusconi ha voluto sussurrare a Obama prima dell’inizio del vertice G8 di Deauville. Stefano Folli su Il Sole 24 Ore indica le immagini del “bizzarro e improvvisato colloquio” come “un nuovo record nella scala delle stravaganze politiche” e sottolinea come sia “significativo” lo sguardo perplesso del presidente degli Stati Uniti “che ascolta l’interprete senza sapere bene cosa rispondere”. Berlusconi “lo ha appena costretto ad alzarsi dal tavolo a cui aveva già preso posto”. E’ un “bizzarro siparietto”, riflesso del forte stress cui è sottoposto il Presidente del Consiglio: “Berlusconi sa benissimo che da lunedì sera nulla sarà più come prima”. Da un lato c’è la Lega, dall’altro le varie cordate di scontenti che si stanno organizzando nel Pdl. Quando il ministro leghista Calderoli, come ieri ha fatto, riapre la questione dei ministeri al nord e minaccia lo sciopero fiscale a due giorni dai ballottaggi “è legittimo il sospetto che abbia già abbandonato il sindaco Moratti”. “Da martedì, se sarà sconfitto al secondo turno, Berlusconi avrà bisogno di molta forza politica per resistere alla pressione dei suoi alleati”. Questo forse spiega lo strano dialogo con Obama, il tentativo del premier di coinvolgerlo, anche se si può dubitare che il premier abbia recuperato simpatie della Casa Bianca, visto che il Presidente Usa non ama il premier italiano, come tutti sanno, e probabilmente continuerà a considerare Berlusconi un leader sul viale del tramonto. Il punto di riferimento per Obama rimane Napolitano. Analoga la lettura di Massimo Franco sul Corriere della Sera, che descrive il colloquio carpito da Berlusconi come “uno sfogo che evoca un premier in difficoltà e un dopo voto convulso”. Più i ballottaggi si avvicinano, più il Carroccio mostra di volersi allontanare da una maggioranza e da candidati sovrastati, a torto o a ragione, da una sensazione di sconfitta. Il quotidiano registra un altro scricchiolio anche nelle dichiarazioni del governatore della Lombardia Formigoni, che ha evocato le “primarie” per scegliere il successore del Cavaliere.
Il ministro Calderoli viene intervistato dal Corriere e dice che il trasferimento dei ministeri da Roma “è un tassello importante del nuovo rapporto tra Stato e cittadini”, che la Lega vuole. Anzi, aggiunge che “il trasferimento sarà uno dei punti qualificanti del programma su cui stringeremo le nostre prossime alleanze”. Dice che in un ministero, il ministro conta solo per i primi due mesi, poi scompare “e il ministero diventa tutto”. Tanto che afferma che sta chiudendo il suo, “per non subire condizionamenti”. Calderoli aggiunge che vuole spostare da Roma anche la Presidenza della Repubblica.
La  cronaca dal G8 de Il Giornale sottolinea come non si affatto una novità che il Cavaliere si presenti in consessi internazionali e racconti la sua verità sulla giustizia italiana. Il colloquio con Obama mirava anche a rassicurare il Presidente sulla tenuta della maggioranza: “Un modo per mettere le mani avanti” e per fare arrivare un messaggio chiaro: lunedì i ballottaggi potranno anche non finire bene, ma il governo continua ad essere stabile, e quindi un valido interlocutore. D’altra parte è lo stesso quotidiano a riferire che gli ultimi sondaggi riservati di Euromedia research di Alessandra Ghisleri pare siano impietosi tanto per la Moratti che per Lettieri. Tanto più che il premier è convinto che sia imminente la ripresa dell’assalto delle Procure: sentenza d’appello sul Lodo Mondadori, ma soprattutto inchiesta sulla P4 del Pm Woodcock.

Confindustria

“Quello strappo con la Fiat” è il titolo dell’editoriale del Corriere della Sera, firmato da Dario Di Vico. “Non ci sono soci di serie A e soci di serie B”, ha scandito la Marcegaglia, ed è un bene che l’abbia fatto. La trasparenza è un valore della modernità. Da tempo sulle relazioni industriali tra Torino e via dell’Astronomia sono maturate idee diverse, anche perché obiettivamente i problemi dell’impresa globalizzata non sono quelli della stragrande maggioranza delle piccole, dove per fare comunità con i dipendenti non c’è bisogno di un referendum”: Secondo Di Vico insomma “alla fine l’articolazione si potrà e dovrò rivelare una ricchezza e non il mero prodotto di uno scisma”.
Altre parole della Marcegaglia, come quelle relative alla fine del tempo dei sussici per le imprese, e anche il riferimento alla Confindustria non come “sindacato” ma come associazione che si batte per l’interesse generale, vengono offerte al commento dei partecipanti in un articolo de La Stampa. Sulla Fiat “i panni sporchi si lavano in famiglia, c’era il capo dello Stato”. Ancora sulla Fiat un altro articolo dà la parola al presidente del gruppo, John Elkann: “Il presidente di Fiat sconcertato con la leader degli industriali. ‘Abbiamo investito 2,3 miliardi in Italia, vogliamo la flessibilità”. Elkann “si è lamentato in primo luogo per i toni aspri che la presidente di Confindustria ha usato parlando di Fiat in pubblico”. Poi “è venuto al nocciolo della questione: mentre Fiat, come promesso, ha investito in Italia, Confindustria non ha aperto la stagione delle nuove relazioni industriali e quindi non ha rispettato l’intesa che lo scorso agosto sembrava aver rimesso le cose a posto”. La Fiat insomma attende passi avanti “sulle nuove regole necessarie per rendere più flessibili i rapporti di lavoro”, scrive il quotidiano torinese. Elkann chiede, per restare in Confindustria, un modello di relazioni industriali simile a quello già tratteggiato dalla Fiat a Pomigliano, Mirafiori e alla ex Bertone.

E poi

Scrive Enzo Bettiza che con l’arresto “dopo sedici anni di latitanza blindata” del serbo bosniaco Mladic, catturato in un villaggio non lontano da Belgrado, è di fatto “giunta alla fine la terza e ultima guerra calda d’Europa”. Il presidente serbo Tadic ha avuto coraggio nel denunciare in prima persona un evento di impatto nazionale e internazionale che non tutti i serbi digeriranno facilmente. Bettiza evoca l’annuncio di Obama sull’uccisione di Bin Laden. Tadic ha “calpestato un tabù leggendario: l’aureola dell’eroico combattente ortodosso contro gli infedeli islamici o islamizzati”. La cattura di Mladic era il prezzo che l’Ue esigeva da Belgrado per sbloccare le modalità fino a ieri stagnanti dell’accesso serbo alle istituzioni comunitarie. Mladic verrà processato all’Aja perché renda conto del maggiore genocidio compiuto in Europa dalla seconda guerra mondiale: 8000 musulmani maschi, da ragazzi dodicenni ad anziani settantenni, trucidati in 4 giorni nel luglio 1995, sotto gli occhi di 400 soldati blu dell’Onu. Nei suoi diari intimi – ricorda Bettiza – Mladic scriveva, ordinando lo sterminio: “Uccidete solo gli uomini. Le loro donne devono vivere per soffrire”.
L’Unità intervista Antonio Cassese, che fu il primo presidente del Tribunale Onu per i crimini nella ex Yugoslavia. Parla della protezione fornita a Mladic “sia da settori degli apparati militari, che ne ammiravano le doti di stratega, il cinismo e l’audacia, sia da parte dei servizi segreti di quel Paese. Esisteva anche una certa copertura fornita da settori della popolazione serba fortemente nazionalistica”. Cassese spiega l’insistenza dell’Olanda nel porre la cattura di Mladic come condizione all’apertura della porta Ue alla Serbia: l’Olanda era rimasta scottata dalla debolezza e dall’esitazione del contingente Onu presente a Srebrenica, tanto che il primo ministro olandese dell’epoca si era dimesso. L’intervista si chiude con una nota critica sugli Usa che, pur avendo sostenuto la creazione di tribunali speciali (Ruanda, ex Yugoslavia) non riconoscono la Corte Penale Internazionale: “Sì, purtroppo gli Usa sostengono con forza la giustizia penale internazionale, ma solo contro cittadini di altri Paesi, rifiutando invece di consentire che cittadini statunitensi siano sottoposti a quella giustizia. La ragione che adducono è che la giustizia penale americana è più che sufficiente, cosa discutibile se si pensa a quanto avviene con i detenuti di Guantanamo. Cassese firma anche un commento su La Repubblica. Si occupa di come il processo potrà essere impostato, di come sarà possibile tutelare il suo sacrosanto diritto alla presunzione di innocenza, data la quantità di chiamate in causa di testimoni nelle loro deposizioni, per cui sarà necessario ignorare le molte accuse “solo mediatiche” e prendere nel debito conto tutte le prove a discarico che gli avvocati di Mladic saranno capaci di produrre. Il processo sarà lungo, e quindi è probabile che venga ritardata la chiusura del tribunale, originariamente prevista per il 2014. Il terzo problema sarà nel fatto che probabilmente Mladic abbraccerà la “strategia della rottura”, teorizzata dall’avvocato francese Vèrges (ovvero rifiutarsi di entrare nel merito delle accuse, contestando la legittimità del tribunale, accusandolo di essere selettivo, perché si occupa solo dell’ex Yugoslavia e non, ad esempio, di Iraq o Afghanistan. Spetterà ai giudici riportare il dibattimento sul terreno delle imputazioni specifiche.
Adriano Sofri commenta la notizia su La Repubblica, ricorda che la cattura di Mladic, “benché metta in imbarazzo il governo serbo quasi come quello pakistano” quando fu catturato Bin Laden, è avvenuta. Mladic è stato preso vivo, ci sarà un processo. Ma, sottolinea Sofri, è difficile chiamare ” la cattura di Mladic come un successo dell’Europa. E’ più vero che essa ne attenua la macchia”. “La voragine di Srebrenica evidenzia “che cosa “succede quando si ometta un intervento e soccorso. Quando una telefonata in partenza da Potocari non viene inoltrata dal comando di Sarjevo al comandante generale francese della missione, e poi il comando generale non autorizza il decollo degli aerei, e poi lo autorizza ma gli aerei hanno dovuto tornare indietro perché avevano esaurito i rifornimenti, e quando si alzano sono troppo pochi e su una rotta imprecisa”, come attestano le commissioni di inchiesta sui cinque giorni del genocidio.

Adriano Sofri firma anche una lunga riflessione sul Foglio, che compare sotto il titolo “Infelicità della democrazia”. Una analisi parallela delle considerazioni contenute in un dialogo sulla democrazia tra Ezio Mauro e Gustavo Zagrebelsky e i sentimenti e le riflessioni dei giovani che hanno partecipato al Forum annuale della cattedra di diritti umani dell’Unesco, sui monti pistoiesi. Si parte dall’11 settembre, Mauro ricorda di aver capito fin dal primo momento che “il bersaglio era la democrazia occidentale”, Zagrebelsky sottolinea “abbiamo bisogno di capire quello che, oggi, è l’altro, cioé il mondo islamico e, contemporaneamente, di comprendere noi stessi”. “La grande divisione era tra l’occidente democratico e l’oriente totalitario. Oggi si corre il rischio di sostituire l’Islam al comunismo”. Sofri intende allargare l’orizzonte per guardare alle tante “guerre” che infuriano nella globalizzazione, tanto sul fronte della “sovranità nazionale” che su quello della guerra e della pace. Così i giovani attivisti incontrati al seminario Unesco spiegano che l’intervento “umanitario” è spesso selettivo, e viene compiuto “dal bullo della porta accanto”. Siamo abituati al nostro terzomondismo, e disabituati al terzomondismo del terzo mondo, sottolinea Sofri.

(Fonte: La Rassegna Italiana di Ada Pagliarulo e Paolo Martini) 

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