Le aperture
Il Corriere della Sera: “Berlusconi fuori dal Senato: mi batterò ancora. ‘Giorno amaro, lutto per la democrazia’. Discorso in piazza mentre l’Aula vota la decadenza. Si chiude la stagione del Cavaliere. Il partito chiede un incontro a Napolitano. Letta: i forzisti nell’esecutivo? Ora un passo indietro”. A centro pagina: “Via la seconda rata dell’Imu ma c’è la beffa dei Comuni: una quota da pagare a gennaio”. A fondo pagina: “La cittadinanza mette alla prova l’Europa”. “Berlino apre alla comunità turca, ma con Londra e Parigi non esclude chiusure a Est”. Si parla di uno dei temi dell’accordo di coalizione tra Spd e Cdu.
In prima anche il richiamo ad una intervista a Matteo Renzi: “’Nuova alleanza: non si può far finta di nulla”.
La Repubblica: “Berlusconi, leader decaduto. Poche migliaia a Palazzo Grazioli per il comizio. Forza Italia chiede un incontro a Napolitano. I figli: il Paese si vergogni, se ne pentirà”.
La Stampa: “Berlusconi fuori dal Parlamento. Decadenza votata a larga maggioranza. Forza Italia attacca i senatori a vita e chiede un incontro a Napolitano. L’ex premier in piazza: la democrazia è in lutto, lotterò dall’esterno del Palazzo. Letta: niente rimpasto, governo più forte. Marina: il Paese si deve vergognare”.
Libero: “Torno subito”. “Berlusconi cacciato dal Senato, ma non è finita qui: il leader del centrodestra prepara già la riscossa. E otterrà la rivincita grazie al suo migliore alleato: la sinistra tutta tasse e niente futuro”.
Il Giornale “Senato, ore 17,42. Colpo di Stato, vendetta nelle urne. Berlusconi decaduto giura: ‘Andiamo avanti”.
L’Unità: “Cacciato un evasore. Ore 17.43: Silvio Berlusconi non è più senatore. ‘Magistrati come Br’”.
Il Sole 24 Ore: “Imu prima casa abolita, ma non per tutti”. “Proprietari chiamati a pagare nei Comuni che avevano alzato le aliquotre: da Milano a Napoli c’è anche chi verserà di più”. E poi: “Rivalutazione quote in Bankitalia. Diventerà una public company. I partecipanti al capitale non potranno superare il tetto del 5 per cento”. Il titolo di apertura è per il voto di ieri al Senato. “Un epilogo amaro”, è il titolo del commento di Stefano Folli.
Berlusconi
Antonio Polito, sul Corriere della Sera, si chiede se poteva finire meglio, “questo lungo pezzo di storia d’Italia”. E risponde che “sì, poteva, e doveva”, e invece “forse non è neanche finito”. E aggiunge che “una forte responsabilità la porta proprio Berlusconi”, perché la sua lunga militanza nelle istituzioni gli avrebbe dovuto suggerire comportamenti diversi. La condanna per un reato fiscale può considerarla ingiusta quanto vuole, e ad essa oppoersi in tutti i modi. Ma che fosse incompatibile con una carica pubblica era evidente, anche se non ci fosse stata la legge Severino. Avrebbe dovuto prenderne atto”, “innanzitutto per i suoi elettori”, e “non chiedere l’ennesima battaglia pretoriana in difesa del capo, costi quel che costi al Paese”.
Il Giornale, in uno degli articoli dedicati alla giornata, si sofferma sul futuro: “Evitato l’affondo sul Colle: l’obiettivo sono già le Europee”. “In privato il Cav paragona Napolitano a Scalfaro, ma nel discorso punta sul voto del 2014. Salta la fiaccolata dei parlamentari al Quirinale, i capigruppo chiedono un confronto”. E anche Vittorio Feltri, in un articolo che – precisa – non è un “coccodrillo”, scrive che “il miglior perdono è la vendetta, i conti si faranno alle elezioni”.
Anche su Libero Maurizio Belpietro scrive: “Non è finita qui. Mi spiace dare una delusione a chi ieri dopo aver cacciato Berlusconi dal Parlamento ha festeggiato, ma la storia politica dell’uomo che negli ultimi venti anni ha guidato il centrodestra non si conclude con il suo addio al Senato. Berlusconi è Berlusconi, ha un carattere che lo porta a non arrendersi anche quando altri si sarebbero arresi”.
Ezio Mauro su La Repubblica (“L’eccezione è finita”) si sofferma in conclusione del suo editoriale sul futuro del governo, che “per il momento” è “più forte nei numeri certi” (i dissidenti non possono certo rompere con Letta dopo aver rotto con Berlusconi), “in una maggiore omogeneità programmatica, soprattutto nella libertà dai ricatti”, e chiede al governo di “usare questa libertà” per “uno strappo sulla legge elettorale, offrendo al parlamento la sua maggioranza come base sufficiente di partenza per una riforma rapida, che venga prima di ogni altro programma, non in coda”, anche perché “con Berlusconi libero e disperato, la tentazione lepeniana è a portata di mano per la destra italiana un’opposizione a tutto, l’Italia, l’Euro, l’Europa, e non importa se il firmatario del rigore con Bruxelles è proprio il Cavaliere, colpevole non certo di aver creato la crisi ma sicuramente di averla aggravata negandola. Il governo è più forte ma il quadro politico è terremotato”, e “la tenuta delle istituzioni in questa prova di forza deve essere trasformata in un nuovo inizio per la politica”, scrive Mauro.
A proposito di legge elettorale, Marzio Breda, sul Corriere, firma un “dietro le quinte” dedicato alle preoccupazioni di Napolitano, a partire dalla “riforma più urgente e unanimemente sollecitata – ma solo a parole – quella per superare il Porcellum”, che “resta una chimera. A pochi giorni dalla udienza della Corte Costituzionale (il 3 dicembre), è molto improbabile che in questi giorni la Commissione affari costituzionali del Senato, che pure ha il tema all’ordine del giorno, voti qualcosa. Un altro articolo sulla stessa pagina parla di un “allarme del costituzionalista Capotosti”: “Il rischio delle urne se la Consulta boccia il Porcellum”.
Su La Stampa Giovanni Orsina scrive: “Che il berlusconismo stia finendo male è fuori questione. Ma è pure lecito dubitare che il modo in cui finisce prometta granché bene per il futuro. Ieri si è consumato un atto di valore politico indubbio e altissim”. Ma è un atto politico che “ha tratto la sua forza da una sentenza”. E dunque “la commistione tra le questioni giudiziarie e questioni politiche, un’anomalia che ha tormentato il Paese fin dagli anni di Tangentopoli, non si perpetua, così, ma raggiunge il suo acme. E la politica, ancora una volta, si dimostra fragile, incerta di sé e della propria autonomia, incapace di presidiare e difendere i propri spazi”.
Imu, Bankitalia, banche
Ieri il governo ha deciso ufficialmente che la seconda rata dell’Imu per la prima casa non andrà pagata. Ma – spiega Il Sole 24 Ore – l’abolizione disposta ieri con un decreto non sarà totale, almeno per chi risiede in un Comune che nel 2013 ha alzato le aliquote rispetto al 2012. In questo caso, entro il 16 gennaio, si dovrà versare la differenza tra il 50 per cento dei tributo versato nel 2012 e il 50 per cento di quello che si sarebbe dovuto corrispondere nel 2013 con le nuove aliquote. Una scelta che di fatto lascia sulle spalle dei cittadini almeno la metà dei 500 milioni di maggiori rimborsi ai sindaci, scrive il quotidiano di Confindustria. A riassumere le cifre della operazione ieri è stato il ministro dell’economia Saccomanni. Tra i comuni che hanno alzato l’aliquota ci sono città importanti come Milano, Napoli, Brescia, Verona, Reggio Calabria, Bologna.
Altra decisione annunciata ieri dal governo riguarda la Banca d’Italia. Come spiega il Corriere della Sera, citando il ministro dell’Economia, “La Banca d’Italia si trasformerà in public company”. Con il decreto approvato ieri l’Italia “ha scelto dunque il modello Usa della Federal Reserve – ma anche della Bank of Japan – che vede una pluralità di azionisti privati. Il capitale della Banca, che era rimasto sui valori simbolici della costituzione nel 1936 di 156 mila euro viene rivalutato fino a 7,5 miliardi e le singole banche azioniste potranno adeguare i valori delle loro partecipazioni in bilancio rafforzando i propri patrimoni. ‘Si tratta quindi di un provvedimento che gli istituti di credito gradiscono perché accresce la loro patrimonializzazione in una fase in cui si avvicinano le verifiche e gli stress test della Bce sull’adeguatezza del capitale e sulla capacità di affrontare rischi di perdite’,ha spiegato ancora Saccomanni”. La misura del governo però – aggiunge il quotidiano – è andata “oltre le previsioni dei giorni scorsi, e all’aumento dell’acconto” (l’imposta straordinaria sulle plusvalenze che le banche dovranno versare entro fine anno, dopo la conversione del decreto sulla rivalutazione delle loro quote, ndr) si unisce anche “un forte rialzo delle aliquote Ires. Una misura questa che secondo il direttore generale dell’Abi Giovanni Sabatini ‘mette in gravissima difficoltà il sistema creditizio proprio nell’anno in cui dovrà rafforzarsi per superare gli esami della Bce”. Le banche non escludono un ricorso alla Corte di giustizia europea, per una norma che considerano “discriminatoria con evidenti profili di incostituzionalità”, come dice il Presidente di Ania Minucci.
Su questo tema anche Il Sole 24 Ore: “Banche e assicurazioni, l’Ires sale al 36 per cento. Scattano i maxi acconti al 130 per cento. Aumento anche per le imprese: dal 101 al 102,5”. E, sulla stessa pagina: “La protesta di Abi e Ania: ‘Faremo ricorso alla Corte Europea’”. Alle pagine successive invece si racconta della soddisfazione delle banche per la misura sulla Banca d’Italia: “Ok alla rivalutazione delle quote in Bankitalia”. “Così banche più solide all’esame della Bce. Benefici sugli stati patrimoniali”.
Internazionale
Su La Repubblica un colloquio (con copyright Hoffmann und Campe, e in uscita oggi anche su Die Zeit) tra Helmut Schmidt e Josckha Fischer. “Schmidt e Fischer contro Angela: ‘In questo patto manca il sogno europeo”. Nel giorno dell’accordo per la grande coalizione tedesca, i due ex “sparano a zero sulla politica europea della Cancelliera”.
Sullo stesso quotidiano una intervista a Michale Stuebgen, “astro nascente della Cdu” e capo negoziatore con i socialdemocratici: “Niente eurobond, sì al rilancio cotro il virus del populismo”, è il titolo.
Su La Stampa: una intervista ad una esponente della Spd, Ulla Burchardt: “Con Schroeder gestione sbagliata. Stavolta Angela non ci schiaccerà”. Secondo la parlamentare “la Cancelliera si è spostata a sinistra”.
Da segnalare sul Corriere della Sera un commento di Maurizio Ferrera, che si sofferma su unodei temi dell’accordo di coalizione tra Spd e Cdu. “La Spd ha insistito infatti per abolire il famigerato obbligo di opzione” per chi vive in Germania nato da genitori stranieri, e che fino ad oggi, alla maggiore età, deve optare tra l’essere cittadino tedesco o del proprio Paese di origine. L’accordo prevede che sarà possibile la doppia cittadinananza.
La Stampa, con Gianni Riotta, si occupa della “sfida nel Pacifico” tra Cina e Giappone (e Usa), sulle isole contese: “Sugli scogli di Senkaku si gioca la partita imperiale di Pechino. Il gigante comunista rispolvera le mappe dell’800: in ballo un tesoro minerario e strategico”.
Anche alle pagine R2 de La Repubblica: “Usa-Cina, Mari di guerra. Washington e Pechino si contendono una manciata di isole nell’oceano Pacifico. Un presto per sfidarsi sul dominio del mondo”.
Da segnalare, ancora da La Repubblica, una anticipazione di un saggio di Nadia Urbinati in uscita per Feltrinelli: “Democrazia in diretta. Le nuove sfide della rappresentanza”. Il titolo dell’articolo, alle pagine della Cultura, è “Quando la democrazia funziona in presa diretta”.