Lo strappo di Obama: niente incontro con Putin sopo il caso Snowden

Le aperture

Corriere della Sera: “Berlusconi: ora pronti a tutto”, “Pdl contro Epifani. E Renzi incalza governo e partito”, “Tensione per l’intervista al leader democratico. Slittano le norme su omofobia e soldi ai partiti”.

A centro pagina: “Lo strappo di Obama: niente incontro con Putin sopo il caso Snowden”.

La Repubblica: “Renzi: niente sconti a Berlusconi”, “’Non farò la foglia di fico del Pd’. Letta-Epifani, un piano B per votare subito”.

A centro pagina: “Schiaffo di Obama: cancellato il faccia a faccia con Putin”.

La Stampa: “Lite Pd-Pdl, stop alle nuove leggi”, “Renzi sfida governo e partito: ‘Letta faccia le cose e non cerchi alibi’”.

A centro pagina: “Obama, schiaffo a Putin: niente summit”.

L’Unità a centro pagina sul Pd: “Renzi: cambiare il Pd per cambiare l’italia”. Accanto, una intervista al deputato Francesco Boccia: “Il Pd sostenga di più il governo”.

Europa, che apre sui rapporti tra il Pd e il governo, e sulla riunione della Direzione del partito convocata per oggi scrive: “Il Nazareno tra Esecutivo e Congresso”. L’editoriale, firmato da Menichini: “Pd di lotta, di governo e di Renzi”.

Il Foglio: “Il fronte crisaiolo del Pd spara sul Cav, ma il vero obiettivo è Renzi. L’intervista da mozzorecchi di Epifani, il Pd furente, Letta sulla linea di tiro, la tentazione di andare subito al voto”. “I dossier rinviati a settembre”.

Libero: “Silvio da’ i sette gionri”, “Alla faccia di Epifani e degli altri manettari, Napolitano sta cercando una soluzione per evitare che il leader del centrodestra vada in galera. Ma lui aspetterà fino a Ferragosto, poi fuoco alle polveri. Lo spettro del Cavaliere: se lo condannano per Ruby rischia di non uscire mai più dalla cella”.

Il Giornale dedica ancora l’apertura al presidente della sezione feriale della Cassazione che ha condannato Berlusconi, Antonio Esposito: “Lo strano doppio lavoro del giudice bugiardo”, “Un ente di formazione, i parenti coinvolti: le attività di Esposito extra Cassazione”, “A Siena il pm che parla delle trame del Pd finisce indagato”, “A Napoli metodi da Ddr: spiati i vertici di ‘Panorama’”.

A centro pagina, una foto del segretario Pd Epifani sotto il titolo: “L’alleato infedele (anche sull’Imu). Epifani getta la maschera: Berlusconi deve essere fatto fuori. E il Pd tifa ancora tasse”.

Il Sole 24 Ore dedica l’apertura al decreto lavoro approvato ieri: “Incentivi alle imprese che assumono”, “Piano da 800 milioni per un posto ai giovani. Nel provvedimento anche lo stop all’aumento dell’Iva”.

Di spalla: “Brlusconi, il Csm apre un fascicolo sul giudice Esposito”.

In taglio basso, attenzione per la Boe, Bank of England: “Svolta BoE: tassi legati all’occupazione”, “Il governatore Bank of England, Carney, segue la Fed: stretta monetaria solo con disoccupazione sotto il 7%”.

 

Governo

L’intervista al Corriere di ieri con cui il segretario Pd Epifani invitava Berlusconi a “fare un passo indietro” e sottolineava che più della stabilità dell’esecutivo conta “la legalità” ha infiammato il centrodestra, come scrive lo stesso quotidiano oggi. “Il segretario del Pd -scrive il Corriere- è stato sommerso dagli insulti degli alleati, ma ha centrato i suoi obiettivi: ricompattare i Democratici sulla linea della fermezza, ridurre gli spazi di manovra di Renzi contro il governo e convincere il centrodestra che il Pd non scherza, quando dice a Letta che non si governa a tutti i costi. Se l’inquilino di Palazzo Chigi finirà logorato da minacce, provocazioni e veti incrociati, sarà il Pd a portare il Paese al voto”. Le reazioni nel contro destra: Stefania Prestigiacomo accusa Epifani di “demolire il governo2, Renato Brunetta dice che “il segretario, sia pur transitorio, del Pd, ha esplicitamente messo in conto la fine delle larghe intese”. Il quotidiano intervista il ministro delle Infrastrutture ed esponente Pdl, Maurizio Lupi: “Noi responsabili. Il Pd ci dica se vuole andare avanti”. In un “dietro le quinte” si racconta poi dela reazione del Cavaliere: “Ad Arcore un consiglio di famiglia permanente”. Sull’invito di Epifani a fare un passo indietro, questa sarebbe la convinzione di Berlusconi, in attesa di un “segnale dal Quirinale”: “Il Pd deve capire che sono il leader del Pdl. E deve sapere che se vuole che il governo rimanga in piedi, non può continuare a vergognarsi di noi”. Anche per Il Giornale il Cavaliere “attende un segnale dal Colle entro Ferragosto”: un eventuale “lodo Sallusti”, che commuti la pena da detentiva a pecuniaria, “può anche aspettare attembre o ottobre, ma Napolitano si deve impegnare ben prima. Altrimenti -spiega chi è di casa a Palazzo Grazioli- il Cavaliere ‘rischia di restare con il cerino in mano e non avere poi tempo per mettere in atto nessuna contromossa”. Poi, più oltre, si legge che “non è vero che vuole a tutti i costi la crisi di governo, come romanzato da alcuni”. E da via dell’Umiltà non arriva “neanche una sola parola fuori posto sul capo dello Stato”, si attende che concluda la sua “riflessione” e intanto il Cavaliere sarebbe ormai deciso a sottoscrivere i referendum radicali sulla giustizia. Ma sullo stesso quotidiano, alla pagina seguente, il titolo: “Epifani licenzia Letta. Ora le larghe intese hanno le ore contate”. Secondo il quotidiano il leader Pd ha sacrificato il premier sull’altare del giustizialismo, “l’ex Cgil vuole far cadere il governo ma è troppo codardo per dirlo apertamente”.

Su La Stampa: “Berlusconi ai suoi: non cadete nel tranello”, “Partito in fibrillazione, ma il leader cerca di tenere a bada i falchi: evitare attacchi all’esecutivo o al Colle”.

 

Pd

Oggi si riunisce la Direzione del Partito Democratico e, scrive Europa, arriva “nel momento più duro dello scontro con il Pdl”. “Epifani stoppa le pretese di Berlusconi: ‘Faccia un passo indietro’. La destra infuriata fa fibrillare l’esecutivo. Torna il sindaco di Firenze: ‘Dico no a primarie ‘socchiuse’”. Il quotidiano scrive che Letta parteciperà alla Direzione del suo partito, “pur senza prendere la parola, per incassare comunque il sostegno all’azione del suo governo e fiutare gli umori, conscio lui per primo – come ha detto varie volte – di non poter tollerare alcun logoramento. Il precipitare della situazione, con la crisi in autunno, comporterebbe il rinvio del congresso, una ipotesi che secondo alcuni il segretario precedente e quello attuale non disdegnerebbero affatto, ma che certamente è respinta dal sindaco di Firenze, per il quale anzi è grave non averne già fissato la data (cosa che formalmente farà l’assemblea nazionale, che oggi verrà convocata per il 14 settembre)”. Nella ipotesi di elezioni anticipate e sospensione del congresso, scrive il quotidiano, si ipotizza una soluzione “Epifani segretario e Renzi candidato premier, con il consenso di Letta e Bersani. Non certo di Renzi”.

Su La Repubblica: “Il ‘piano B’, di Epifani e Letta, ‘se insistono sul salvacondotto si può anche votare a novembre’”. Il quotidiano parla di un patto di Letta con Epifani. Letta avrebbe riunito i suoi per preparare la Direzione di oggi e per spiegare cosa potrà accadere alla fine dell’estate, e queste sarebbero state le sue parole: “Se Berlusconi esagera, io non potrò che dimettermi”. Entro settembre cercherà di prendere tutti in contropiede, staccando lui, senza caricare il Pd di questa responsabilità, la spina al governo. Si tratterebbe cioè di evitare un “effetto Monti” che permetta al Cavaliere di prendere le distanze dall’Esecutivo e di aver messo la parola fine alle larghe intese. La finestra elettorale si aprirebbe a metà novembre. Questo avrebbe conseguenze tanto sulla legislatura che sul congresso del Pd: “L’asse Letta-Epifani-Franceschini chiederebbe di accelerare solo sulle primarie per la premiership, non potendo svolgere in tempi altrettanto brevi i congressi. Le assise slitterebbero, e lo stesso Presidente del Consiglio potrebbe sfidare Renzi nella corsa alla candidatura per Palazzo Chigi. La soluzione che il sindaco di Firenze non vorrebbe. Il quale da giorni ripete: “Chi vince prende tutto, presidenza del Consiglio e partito”. E nello showdown farà un estremo tentativo per cambiare la legge elettorale.

Su La Stampa Fabio Martini scrive che la sorpresa in casa Pd è nascosta in un anonimo ordine del giorno: nella giornata di ieri i membri della Direzione hanno ricevuto la convocazione per la riunione di questa sera con una formulazione sintetica racchiusa nelle parole: “Situazione politica: relazione del segretario”: E si chiede la Stampa: “Che fine ha fatto la snervante questione del congresso? Nell’ordine del giorno non se ne trova esplicita traccia”, “è scomparsa dall’ordine del giorno”. Lo scenario più accreditato ieri era quello di un nuovo rinvio di ogni decisione, ulteriore prova dello stallo che, davanti alla volontà ormai esplicita di Matteo Renzi di candidarsi segretario, sta paralizzando la triade Bersani Franceschini Epifani. Secondo La Stampa, peraltro, il Renzi che si è esibito ieri in provincia di Modena alla festa Democratica è il più rottamatore tra quelli visti finora. Sulla condanna a Berlusconi: “Le sentenze si rispettano e la legge è uguale per tutti”. Stesso concetto espresso da Epifani. Ma, rispetto al segretario, Renzi rovescia la questione, secondo La Stampa, quando dice: “Qualcuno di noi oggi ha detto che prima di fare il congresso dobbiamo aspettare di vedere cosa fa Berlusconi. Ma è vent’anni che aspettiamo Berlusconi! Possiamo fare il nostro congresso a prescindere da cosa farà lui, o no?”. Sui rapporti con l’Esecutivo Letta: “Mi accusano di voler logorare il governo, di sperare che non duri a lungo. Io invece faccio il tifo per il governo, ma il governo non deve durare, deve fare”, “caro Letta, vai avanti e fai quello per cui sei stato votato. Ma se non sei in grado di farlo, non cercare alibi fuori dal Parlamento”, “caro Epifani, non passiamo il tempo a pensare come cambiare le regole delle primarie, passiamolo a pensare come cambiare l’Italia”. E ancora: “Ora più che mai dobbiamo chiedere i voti dei delusi del Pdl e della Lega. A furia di avere certe puzze sotto il naso, continuiamo a perdere le elezioni”. E bisogna attingere al serbatoio grillino, perché “Grillo è stata una grossa delusione per molti di coloro che lo hanno votato”, “e guardate che dobbiamo inseguire anche i voti dei delusi del Pd”. Ha parlato di piccole e medie imprese, secondo La Stampa, come ne parlerebbe un elettore del centrodestra: “I piccoli imprenditori italiani sono eroici a restare qui in queste condizioni, lo Stato deve smettere di considerarli come una controparte e l’Agenzia delle Entrate deve essere loro alleato”. Ha rivendicato l’orgoglio di essere del Pd: “Solo il Pd può cambiare l’Italia”.

 

Internazionale

Tutti i giornali danno la notizia dell’annullamento da parte di Obama del vertice previsto a San Pietroburgo con la Russia. Franco Venturini sul Corriere lo considera uno “schiaffo misurato” e spiega: “Maltrattato ripetutamente dalla linea dura di Putin e umiliato dall’asilo che Mosca ha concesso alla ‘talpa’ Snowden, Obama non poteva non reagire. Con qualche ragione l’opinione pubblica statunitense e il Congresso avrebbero accusato il Presidente di debolezza, la colpa più grave. E se l’inquilino della Casa Bianca ha scelto di infliggere al Cremlino uno schiaffo misurato (subito dopo il loro mancato incontro bilaterale i due siederanno insieme al tavolo del G20 di San Pietroburgo il 5 settembre) sarebbe grave sottovalutare il segnale di stanchezza e di frustrazione che gli Usa fanno pervenire alla Russia. In un Paese ossessionato dal suo status sulla scena internazionale, essere snobbati dal Presidente americano fa male. Per quanto possa impegnarsi a far finta di niente, Putin non avrà più il trionfo che sperava di avere nella ‘sua’ San Pietroburgo, soprattutto se Obama eviterà anche lì di incontrarlo a quattr’occhi, come era stato previsto. Dissidenti e classe media anti-putiniana ricevono una tacita dichiarazione di appoggio”.

E’ fallita la mediazione internazionale in Egitto, e lo scontro tra l’Esercito e i seguaci del deposto presidente Morsi sembra ormai inevitabile, scrive La Stampa. Il premier egiziano ad interim Beblawi ha detto: “Abbiamo perso la pazienza”. Ed ha accusato i Fratelli Musulmani di esser responsabili del conflitto. Farebbero bene a levare le tende, perché ormai “la decisione di sgomberare è irreversibile”. I Fratelli hanno ribadito che aspetteranno “le pallottole a petto nudo”. Il quotidiano riferisce anche dell’opinione del filosofo francese Bernard Henry Levy sulle dichiarazioni del segretario di Stato Usa Kerry il primo agosto (“Il Presidente egiziano è stato rimosso dalla volontà popolare”). Per Levy “Kerry ha appena macchiato la sua pagella di nuovo Segretario di Stato Usa, altrimenti impeccabile, commettendo il primo errore”. Si può certamente pensar male dei Fratelli Musulmani. Io personalmente ritengo che la loro passata ideologia rappresentasse una versione araba del fascismo, e che non si siano mai completamente dissociati dal loro terribile passato. Tuttavia, un golpe militare che ha provocato 250 morti in appena tre settimane, non si può certamente qualificare come ripristino della democrazia.

E di fianco, l’opinione della scrittrice somalo-olandese, Ayan Hirsi Ali: “Io non sono una sostenitrice della Fratellanza né di Morsi ma Kerry ha appena dato agli islamisti un enorme vantaggio mediatico, un assist per tacere che la colpa della crisi che ne è seguita verrà addossata tutta a Washington”.

Se ne occupa anche Ugo Tramballi su Il Sole 24 Ore: “La mediazione impossibile tra le due anime dell’Egitto”. Scrive Tramballi che con una inusuale collaborazione, europei e americani hanno condotto la trattativa più importante: la rappresentante della politica estera Ue Ashton aveva imposto la mediazione una settimana fa, ed aveva incontrato l’ex presidente Morsi in prigione. Al loro lavoro si sono aggiunti i ministri degli esteri degli Emirati e del Qatar. Quest’ultimo è considerato vicino agli islamisti, ma è anche il Paese che più sta concretamente aiutando l’economia egiziana. I militari non potevano ignorarlo. E’ possibile che ora i militari scelgano uno smantellamento graduale dei presidi, perché una loro azione brutale porterebbe l’Egitto ad essere isolato. Hanno interesse a dimostrare di ripristinare l’ordine e avviare il cammino delle nuove istituzioni. I Fratelli Musulmani, ideologicamente portati al martirio, avrebbero interesse a drammatizzare la situazione.

Tornando a La Stampa, il quotidiano riproduce l’intervento del Presidente turco Abdullah Gul: “Per noi, il colpo di Stato che ha spodestato il presidente Morsi, il primo presidente dell’Egitto democraticamente eletto, è stato un chiaro deragliamento del progresso democratico. Naturalmente si sarebbe potuta evitare questa incresciosa situazione indicendo elezioni anticipate”. “Il popolo egiziano si è spaccato in due poli rivali che pericolosamente chiamano a raccolta gli uni contro gli altri”, “per questo vorrei fare un appello a tutti i partiti coinvolti nell’attuale crisi in Egitto affinché non si stanchino di fare sforzi e agire in solidarietà e dialogo”. Ma “per iniziare il dialogo e la riconciliazione il presidente Morsi e altri politici che sono agli arresti dovrebbero essere liberati. A tutti i gruppi politici dovrebbe esser concesso di prendere parte alle prossime elezioni”.

Su La Repubblica è Ian Buruma ad occuparsi della situazione in Egitto (“Se il mondo applaude il golpe in Egitto”). Scrive Buruma: “Che il governo di Morsi fosse privo di strategia e spesso incompetene, e che abbia dimostrato scarso interesse nell’ascoltare opinioni diverse da quelle dei suoi sostenitori, spesso lungi dal poter essere definite liberali, è indubbio. Ma i sostenitori di Morsi non sono terroristi sostenuti dall’estero. Né si può dire che Morsi sia una versione egiziana dell’ayatollah Khomeini. L’elezione che lo ha portato al potere ha dato per la prima volta voce a milioni di persone, molte delle quali povere, non istruite e religiose. Forse non si trattava di perfetti democratici, né di individui particolarmente tolleranti verso chi ha opinioni diverse dalla loro. Molti di loro nutrono convinzioni – ad esempio sul ruolo delle donne, sul sesso, sul posto che spetta all’islam sulla vita pubblica – che liberali e laici considerano ripugnanti. Ma mettere a tacere queste persone con la forza e defnirle terroristi sostenuti dall’estero non può che portare nuova violenza. Se non si rispettano gli esiti delle elezioni democratiche la gente cercherà altri modi per far valere la propria voce”.

Su Libero: “Tunisi come il Cairo, tutto pronto per il golpe”. L’articolo racconta che la scorsa notte sono stati più di 40 mila i manifestanti che hanno sfilato per Tunisi chiedendo le dimissioni dell’esecutivo. L’opposizione laica ha riempito le piazze con bandiere nazionali e ritratti di due politici assassinati a pochi mesi di distanza l’uno dell’altro, Shokri Belaid e Mohamed Brahmi, per la cui morte il partito di ispirazione islamista Ehnnada viene considerato mandante, se non altro morale.

redazione grey-panthers:
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