Il Corriere della Sera: “Quirinale, i nomi per l’intesa. Amato e D’Alema i favoriti. Grillo: Gabanelli o Rodotà”. “Trattativa serrata tra Bersani e Berlusconi per la scelta del candidato condiviso”. In alto l’attentato di Boston: “Bombe fatte in casa. La sfida di Obama: non abbiamo paura”.
La Repubblica: “Colle, in lizza Cassese e Amato. Resta l’opzione Prodi. Grillo lancia Rodotà: il Pd lo voti, poi si vedrà”. A centro pagina: “Mps, maxi-sequestro da 1,8 miliardi. Nel mirino il colosso giapponese Nomura, indagato ex presidente. Mussari accusato di truffa e usura”. Di spalla: “Boston, caccia ai terroristi di casa. ‘Non è Al Qaeda’”.
La Stampa: “Amato o D’Alema. Quirinale, prove di intesa Pd-Pdl. M5S, è Gabanelli la più votata. Da Grillo uno spiraglio si Prodi”. Il titolo più grande è per Boston: “L’America ferita dalle bombe ancora senza un colpevole. L’ipotesi della pista interna. Obama: è terrorismo, non sappiamo di più”.
L’Unità: “Amato, Marini o mister X. Ultime ore per l’accordo: oggi Bersani fa il nome ai parlamentari e forse vede Berlusconi. In pista anche D’Alema, Mattarella e Cassese. I grillini scelgono Gabanelli ma il leader propone Rodotà al Pd”. A centro pagina: “Boston, bombe senza firma”.
Il Fatto: “’Gabanelli o Rodotà, poi il dialogo con il Pd’. Grillo spariglia le carte, sfidando Bersani sul Quirinale sul governo. E in una intervista al Fatto spiega: ‘Il Pd voti con noi per il Colle. Poi vediamo. Possiamo convergere sull’anticorruzione, contro il conflitto di interessi e sull’incandibabilità della Salma. Sarebbe il primo passo per governare insieme’”. “Amato? ‘Il braccio destro di Craxi’. Prodi? ‘Non è il cambiamento’. Napolitano? ‘Mi ha molto deluso’”. A centro pagina il “buco Mps: la trappola era chiara, ma Mussari non sapeva l’inglese”. “Nomura, accusata di usura, scrisse domande e risposte nella telefonata sul derivato”.
Libero: “Io non posso entrare. Grillo a Bersani: la Gabanelli o Rodotà presidente in cambio dl via libera al tuo governo. Ma il vero obiettivo dell’inciucio è fare Mortadella Capo dello Stato. Ipotesi da brivido. Dai pasticci politici a quelli sulle aziende pubbliche, ecco tutti i buoni motivi per sbarrargli l’accesso al Quirinale”.
Il Giornale: “Il trappolone. Grillo propone al Pd di votare la Gabanelli in cambio dell’appoggio al governo. Ma la vera trattativa è su Rodotà. Berlusconi: ‘Nel segreto del voto può accadere di tutto’”. E prepara l’incontro con Bersani”.
Il Sole 24 Ore: “Cede l’export italiano in Europa. A febbraio gelata sul made in Italy (-2,8 per cento): flessione del 6,6 nei mercati Ue e aumento del 2,1 verso i Paesi extraeuropei”. “FMI: l’Eurozona frena la ripresa globale, all’Italia non serve un’altra manovra”. Di spalla: “Sul Quirinale si cerca l’intesa tra Pd e Pdl. M5S lancia Gabanelli. Grillo a Bersani: bene anche Rodotà”.
Quirinale
Il Corriere della Sera, in un retroscena, scrive che l’accordo tra Bersani e Berlusconi ci sarebbe. “’Direi che è fatta con Bersani’”, avrebbe detto il Cavaliere, che avrebbe parlato di un “accordo di ferro” con Bersani “sul nome di Amato, ritenuto ‘l’unico spiraglio’”. “Diceva la verità il Cavaliere o stava bluffando? Tutte e due le cose, l’uso del condizionale – quel ‘direi’ – lo testimoniava. E non perché dovesse solo far finta di aver preso una decisione, ma perché la corsa al Quirinale è sempre piena di insidie. In passato è bastato un niente per far saltare patti più saldi di quello che il leader del Pdl sostiene di aver stretto con il capo dei Democrat. Di certo c’è che i due si sentono ormai assiduamente e non hanno bisogno di intermediari. Ma siccome una stretta di mano telefonica non basta a chiudere un simile negoziato, alla vigilia delle votazioni Berlusconi mantiene – al pari del suo interlocutore – un atteggiamento non ambiguo bensì prudente”, scrive il quotidiano.
La Repubblica intervista Pippo Civati. Il Pd si sta impantanando nella scelta per un nome per il Quirinale? “No, perché non c’è ancora una candidatura per il Pd”. Sia per una ragione pratica, poiché il gruppo è molto numeroso, che per un motivo politico. Civati lo spiega così: “Aleggiano una serie di questioni nelle file democratiche, e cioè: o si guarda al Pdl o ai grillini. Sullo sfondo c’è evidentemente la partita del governo, ovvero la scelta tra governo di cambiamento e governo di scopo, il cosiddetto ‘esecutivo del presidente’”. Lei è per votare Prodi senza se e senza ma? “Il nome migliore da proporre per il Quirinale è quello di Romano Prodi. Penso però che l’apertura di Grillo sul nome di Stefano Rodotà- anche se ancora mediato, perché c’è ancora la Gabanelli come candidatura di bandiera – abbia un valore. Rodotà è una figura di grandissimo prestigio, che il Pd deve assolutamente prendere in considerazione nelle prossime ore”. Al cronista che fa notare come né Prodi né Rodotà siano un viatico per larghe intese, Civati, interpellato su quel che rappresenterebbe una candidatura Amato, dice: “Amato è l’alternativa a questo ragionamento, esattamente il rovescio. Un candidato che va bene a una grande maggioranza deve evidentemente imporsi subito. Vedremo se ha l’adesione del Pd o solo di una parte”. Pensa che Amato verrebbe impallinato dai franchi tiratori? “Il pericolo di franchi tiratori ce l’hanno tutti, per essere sinceri. Ma da Bersani ci attendiamo una mossa coraggiosa. L’unità ci deve essere all’inizio, prima di entrare in Aula. Altrimenti è chiaro che i malumori nel partito rischiano di avere il sopravvento”. Di fianco, sullo stesso quotidiano: “Berlusconi teme il quarto scrutinio, ‘accordo prima o vince la sinistra’. E si riassume il pensiero del Cavaliere così: ‘”Dobbiamo evitare a tutti i costi la quarta votazione, dobbiamo sbarrare la strada a Romano Prodi’”.
Il Foglio scrive che “l’aria è quella di un accordo da primo scrutinio sul nome di Giuliano Amato: elezione immediata già domani (sono previste due votazioni, una al mattino e una al pomeriggio). Ma chissà. Bersani ha trovato un nome che spariglia: il professore Sabino Cassese, ex ministro del governo Ciampi, giudice costituzionale, il giurista amico di Napolitano. Cassese piace al Pd, e piace anche a Eugenio Scalfari. Ma al Cavaliere? Berlusconi, si sa, in assoluto non ama i giudici, né in particolare ama quelli della Corte Costituzionale. Dunque istintivamente il Cavaliere diffida anche di Cassese (‘Credo abbia lavorato contro di me ai tempi del lodo Alfano’)”. Ma Il Foglio sottolinea che le cose non stanno esattamente in questo modo, e che il Cav ha un pregiudizio negativo che Gianni Letta, nelle ultime ore, tra un colloquio e l’altro anche con Napolitano, si sarebbe prodigato a dissipare, descrivendo meglio a Berlusconi sia il profilo del giurista sia il suo effettivo ruolo ai tempi della bocciatura del lodo, che fu firmato dal capo dello Stato ma bocciato dalla Consulta. Cassese avrebbe sempre lavorato in armonia con il Quirinale, secondo la visione di Letta.
Il Fatto, che descrive Cassese come “l’outsider che piace ai poteri forti”, per via degli alti incarichi societari e bancari avuti in vari consigli di amministrazione (da Autostrade a Generali, al Banco di Sicilia) scrive che chi nel Pd e nel Pdl vuole l’accordo porta avanti il suo nome. Berlusconi lo preferirebbe comunque a Prodi. Eppure Cassese – scrive Il Fatto – è stato il giudice relatore del legittimo impedimento bocciato dalla Corte. Ma la vicinanza di Cassese a Napolitano, il suo essere nelle grazie del mondo che conta, lo rende un candidato trasversale benvisto anche da Scelta Civica.
Intervistato da Il Fatto quotidiano, Beppe Grillo si dice sorpreso dalla scelta della rete per Milena Gabanelli: “Ero convinto che uscisse Gino Strada o, forse, Stefano Rodotà. Non l’ho ancora sentita”, “i nostri cittadini hanno scelto il loro nome in completa autonomia. E hanno indicato una persona perbene, in grado di svolgere quel compito in grande libertà. Gli altri hanno commentato: sarebbe la Repubblica delle manette. Magari, dico io”. Grillo dice che gli sembra “probabile” che Pd e Pdl si mettano d’accordo prima del terzo scrutinio, e “questo accordo non passa dai nomi che noi proponiamo”. Se si dovesse andare oltre il terzo scrutino, lei si giocherà la carta Prodi? “Non gioco nessuna carta. Sceglie la rete per me. Non scelgo io. Sono un portavoce come gli altri”. Le piacerebbe Prodi come Presidente della Repubblica? “Non lo so, onestamente. Forse non è neanche lui la figura che serve a questo Paese in questa fase. Non è certo l’uomo del cambiamento”. Poi aggiunge: “Il Pd può votare Gabanelli”, “se poi vogliono presentare Giuliano Amato, il braccio destro di Craxi, facciano pure”.
Boston
“E’ stato un atto di terrorismo, ma non sappiamo ancora se internazionale o domestico”, ha detto ieri il Presidente Obama. E La Stampa precisa anche le parole pronunciate in seguito dal Presidente: “Questo è stato un atto odioso e codardo. Dato ciò che sappiamo, l’FBI lo sta investigando come un atto di terrorismo. Ogni volta che le bombe vengono usate per colpire civili innocenti si tratta di terrorismo”. Il Presidente ha elogiato l’eroismo dei soccorritori, dei volontari, dei preti che hanno aperto le chiese per dare conforto. “Conosciamo i fatti, gli americani rifiutano di essere terrorizzati. Perciò, se volete sapere chi siamo e come rispondiamo al male, ecco la risposta: con altruismo, compassione e senza paura”. Sullo stesso quotidiano si scrive che, trattandosi di bombe artigianali e poco potenti, l’intelligence sta valutando la pista interna. L’FBI ha infatti parlato di “oggetti simili alle pentole a pressione” al cui interno vi erano biglie, chiodi, oggetti appuntiti. Per gli investigatori parlare di “pentole a pressione” significa evocare Faysal Shazad, l’americano pakistano che tentò di usarne una nel maggio 2010 a Times Square. Ordigni rudimentali simili a quelli usati spesso dalle truppe Usa in Iraq e Afghanistan, oltre che in Pakistan, India e Nepal. Ma l’intelligence non ha trovato traccia di Al Qaeda, neanche nelle comunicazioni online tra gruppi jiahdisti. Uno studente saudita, residente a Boston con visto, è stato interrogato in ospedale perché ferito nell’esplosione, ma al termine di una lunga perquisizione della sua abitazione, l’FBI ha ammesso che “non c’entra nulla con l’attentato”. La Stampa sottolinea che l’uso di queste bombe artigianali collegate ad un timer non fa parte delle modalità tipiche di Al Qaeda, che usa ordigni sofisticati e con esplosivo molto potente. Gli elementi emersi finora, insomma, spingerebbero più in direzione del fronte interno, focalizzando l’attenzione su gruppi radicali americani, oppure a estremisti islamici nati e cresciuti negli Usa, che potrebbero aver agito di iniziativa o ispirati da un vago segnale dalle centrali.
Il Corriere della Sera scrive che – tra le ipotesi – si è pensato anche che obiettivo dell’attentato potesse essere il Governatore del Massachusetts, l’afroamerican Deval Patrick: il primo ordigno era infatti accanto al posto dove era seduto. Si tratterebbe quindi di un attentato con matrice razzista. All’opposto altri esperti hanno rammentato che Abu Musab Al Suri, faro per i qaedisti in occidente, aveva indicato gli eventi sportivi quali obiettivi. Il quotidiano riferisce che i talebani pakistani hanno preso le distanze. Intanto gli investigatori hanno invitato i cittadini a consegnare video e foto scattate durante la maratona. Migliaia di ore di filmati, iniziativa utile, anche se può “sommergere” la polizia di materiale inutile o strano. Come la fotografia di un uomo sul tetto di un palazzo durante l’esplosione, che il Corriere riproduce.
Sullo stesso quotidiano si spiega come sul fronte della riforma dell’immigrazione e della restrizione all’uso delle armi, ovvero sulle riforme liberal, si rischia una empasse: “immigrati e armi, le riforme liberal messe a repentaglio”. Nelle ultime settimane si era infatti aperto uno spiraglio per prove di intesa tra i pontieri Democratici e repubblicani su questi due temi cruciali. Per le armi, ad esempio, l’intesa accettata da alcuni senatori Rep prevede l’introduzione di sistemi di registrazione e controllo sul possesso di pistole e fucili che comunque non riguardano le compravendite dirette tra privati. Sull’immigrazione, l’intesa siglata ieri da alcuni tra i più influenti Rep (capitanati da McCain e Rubio) e Dem (Chuck Shumer, il loro stratega) prevede che i clandestini debbano compiere un percorso estenuante – 13 anni – per arrivare alla cittadinanza americana. Ma, comunque, offre per la prima volta la possibilità di una sanatoria. Questa ipotesi fino allo scorso novembre era fieramente respinta dai conservatori: dopo la loro sconfitta elettorale a novembre, si sono in buona parte ricreduti, poiché se la destra non fa i conti con i problemi delle sue minoranze, il Partito Repubblicano si condanna ad essere il partito dei maschi bianchi.
Stefano Silvestri, su Il Sole 24 Ore, scrive che indirizzare i sospetti in una direzione precisa ed esclusiva al momento sarebbe un grave errore, e due sono i rischi maggiori: che i terroristi riescano a ripetersi con un secondo attentato a più o meno breve scadenza, oppure – forse più probabile – che altri vogliano imitarli. In entrambi i casi questo attentato avrà come conseguenza anche un indurimento delle misure di protezione e sorveglianza, che accrescerà il senso di insicurezza dei cittadini ed alimenterà un clima di sospetto: “Questo è forse il maggior danno che il terrorismo infligge alla società civile e potrà essere sconfitto solo se si individuano i colpevoli. Dare un volto ai terroristi significa anche renderli vulnerabili e disinnescare la paura dell’ignoto”.
Su La Repubblica Vittorio Zucconi racconta: “Nazisti, ultra-cristiani, suprematisti, ecco l’integralismo made in Usa”. “Tasse, gay, neri: ogni gruppo si sceglie un nemico da odiare”. Dove si legge che dei 95 attacchi classificati come “terroristici” dall’Agenzia per la sicurezza nazionale, sei sono sicuramente attribuibili ad Al Qaeda, ad Aqap, la filiale saudita delle cupole terroristiche, e a Tehrik i-taliban, la cellula pakistana. Gli altri 89 sono opera di organizzazioni come il “Dipartimento della giustizia”, che non è il Ministero, ma un gruppo che chiede giustizia contro l’oppressione del governo di Washington, del KKK e di varie espressioni dell’animalismo e dell’ecologismo violento, l’ELF, fronte della liberazione della terra e Alf, Fronte per la liberazione degli animali. Si citano quindi in rassegna gli assassini dei medici e delle infermiere che praticavano aborti, i super cristiani del sud che contestano il governo di Washington perché permette matrimoni gay, e via dicendo.
Su Il Fatto Furio Colombo spiega, occupandosi del fronte interno da cui può esser venuta la strage: “Alle reclute viene detto che Dio ha aggiunto alla Costituzione americana il diritto di portare le armi per una ragione importante: se mai venisse il momento che il governo deviasse dal suo scopo costituzionale cristiano, la gente in possesso di armi dovrebbe usarle per costringere il governo a tornare sulla retta via. I cristiani fondamentalisti che mantengono questa visione teocratica del governo sono chiamati ‘dominionisti’. Anche i fedeli di Christian Identity sono dominionisti, ma la differenza è che essi desiderano stabilire una teocrazia bianca in cui le loro interpretazioni bibliche diventano la norma”. Colombo cita uno studio di Joel Dyer del 1998 (“Harvest of rage”) sul fondamentalismo cristiano armato. E ricorda che aprile è il mese di molte grandi scadenze del fondamentalismo cristiano che fa capo a Christian Identity: 29 aprile 1993, assedio della polizia federale alla chiesa-fortino di Wako, che il pastore David Koresh aveva riempito di armi automatiche e seguaci, tra cui molte donne e bambini, e ha preferito che tutti saltassero in aria piuttosto che arrendersi a ZOG (il governo sionista americano); 25 aprile 1995, esplosione del palazzo federale di Oklahoma city, 168 morti, oltre a tutti i bambini dell’asilo e scuola elementare interna all’edificio; il 15 aprile è poi il giorno delle tasse. Per i fondamentalisti è un modo per sottrarre le risorse a Dio per darle a Satana. E chi sia Satana lo spiega Tim Houser, Christian Identity, nel 1996: “Ebrei e neri sono quel che sono. E’ stato Dio a scegliere di fare degli ebrei la prole di Satana, e dei neri degli animali. Non lo abbiamo scelto noi”.