Sopra la porta al civico 1131 di Calle del Ghetto Vecchio è murata una grande lastra di pietra con una lunga iscrizione. Le lettere sono sbiadite, ma ancora leggibili: “Il Serenissimo Principe [il Doge] stabilisce che sia rigorosamente proibito a qualunque ebreo dopo fatti cristiani il capitare e praticare sotto qualsivoglia pretesto il Ghetto di questa città sotto pena, in caso di trasgressione, di prigione e galera…”. Il testo prosegue con la notifica di una taglia di 100 ducati per chi avesse segnalato eventuali trasgressori e si conclude con l’affermazione che il proclama è stato scolpito “nei luoghi più frequentati dei Ghetti perché sia chiaro a tutti”. Da ultimo la data: 20 settembre 1706. Prendendo a prestito l’immortale personaggio di Shakespeare, la ricerca della “casa di Shylock”, ovvero della Venezia ebraica, non può che partire da qui, da questo proclama che, nella patria della tolleranza e della libertà, e nel secolo dei lumi, mostra il triste rovescio della medaglia: gli ebrei convertiti al cristianesimo non potevano fare visita ai parenti se non rischiando pene severissime.
Nel Campo del cinema
D’altra parte a Venezia spetta il primato della stessa parola ghetto che compare il 29 marzo 1516 in un decreto che stabilisce: “Li Giudei debbano tutti abitar unidi in la Corte de Case, che sono in Ghetto apresso San Girolamo”. Si tratta dell’attuale Campo del Ghetto Nuovo che prende il nome da una fonderia (getto in veneziano) esistente lì prima che il Doge obbligasse 700 ebrei tedeschi a fissarvi la loro dimora. La pronuncia gutturale della parola l’ha trasformata in quella che da cinque secoli identifica il quartiere ebraico di una qualsiasi città, separato e segregato dal rimanente contesto urbano. Il ghetto di Venezia si trova nel cuore del popolare sestiere di Cannaregio, una delle zone più belle e meno battute dai turisti della città più turistica del mondo. La palandrana di Shylock ci guida allora anche alla scoperta di una Venezia autentica, vera, così come la volle rappresentare il grande regista Luchino Visconti nel film Senso, con Alida Valli e Farley Granger, alcune scene del quale furono girate proprio in Campo del Ghetto Nuovo e sulle Fondamenta di Cannaregio.
Dalla Spagna al canton
All’epoca della Serenissima il ghetto era un coacervo di lingue, costumi, riti e usanze spesso molto diverse tra loro. Ebrei italiani, tedeschi (askenaziti), spagnoli e portoghesi (sefarditi), levantini, ossia immigrati dall’impero turco… Insomma gente arrivata dai quattro angoli del Mediterraneo e da tutti i paesi con cui Venezia aveva rapporti commerciali. Anche se erano segregati, qui vivevano meglio che altrove. Per questo in Campo del Ghetto Nuovo ci sono tre vere di pozzo (negli altri Campi ce n’è una sola): perché tre erano le comunità che vi attingevano. E le sinagoghe, i luoghi di riunione e di culto chiamate in veneziano Scole, erano cinque: la tedesca, l’italiana, la spagnola, la levantina e quella… del canton. Che ovviamente non ha nulla a che vedere con la Cina, ma che probabilmente è stata definita così perché sorge in un angolo (canton, in veneto) del quartiere. Oggi tre sono visitabili con lo stesso biglietto che dà accesso all’interessante Museo Ebraico (www.museoebraico.it) che si trova sempre in Campo del Ghetto Nuovo. Le cinque sinagoghe sono un complesso unico al mondo, intatte dal XVI secolo.
E in cucina… kosher
Altra caratteristica peculiare del ghetto veneziano è l’altezza delle case, autentici “grattacieli” di 5 e persino 6 piani, qualcosa di eccezionale per la città. Il motivo è semplice: crescendo di numero e non potendosi espandere in orizzontale, la comunità si espanse in verticale. Altro lascito è la scritta Banco Rosso su uno stipite del piccolo portico sul lato orientale. È l’ultima traccia dei tre banchi di pegno che gli ebrei avevano qui, contraddistinti ciascuno dal colore della carta delle ricevute. Oltre al Rosso c’erano anche il Verde e il Giallo. Per un’esperienza completa nel ghetto più antico del mondo manca solo la cucina kosher. Da provare nei negozi di alimentari in Calle del Ghetto Vecchio o nel ristorante Gam Gam (tel. 041.2759256 http://gamgamkosher.com) che propone menu a base di piatti tipici ebraici e mediorientali (falafel, cous cous) e della tradizione giudaico-veneziana, come le melanzane del ghetto e le sarde “alla veneta”, parenti strette di quelle in saor.
DOVE FERMARSI
L’albergo Boscolo Venezia è un 5* immerso nel più grande parco privato della città lagunare e con una Spa accessibile anche ai non ospiti. Nei suoi dintorni, la chiesa della Madonna dell’Orto, la Casa del Tintoretto e Campo dei Mori che deve il suo nome alle settecentesche statue scolpite sulle pareti degli edifici: uno dei luoghi più suggestivi di Cannaregio, con gallerie d’arte e locali tipici.
Fondamenta Madonna dell’Orto (Calle Larga Piave)
tel. 0412208111
http://venezia.boscolohotels.com