A Recanati, sulle orme di Leopardi

“Natio borgo selvaggio”, “Vilissima zolla”, “Cittadine infauste mura”… Che Giacomo Leopardi detestasse Recanati, la sua città, è noto e le numerose “invettive” che troviamo nella sua opera, come le tre frasi citate, lo dimostrano chiaramente. Nelle lettere all’amico Pietro Giordani è ancora più spietato: “Qui tutto è morte, tutto è insensataggine e stupidità” scrive quando ha solo 17 anni e in un’altra missiva rincara la dose: “Amerò ancor io la mia patria quando ne sarò lontano”. Adesso che il film di Mario Martone (vedi recensione in Grey screen) ha fatto uscire il poeta dalle biblioteche per collocarlo nella sua quotidianità, può essere davvero interessante conoscere l’ambiente in cui il grande scrittore è nato e cresciuto.

IL PATRIO OSTELLO

Come molti borghi marchigiani, Recanati è adagiato sulla sommità di una collina di cui segue la morfologia. Dunque il paese è privo di un centro vero e proprio e la sua via principale, l’antica Strada Magna su cui si affacciano gli edifici più importanti, si snoda lungo il crinale prendendo la forma di una “M” piuttosto bassa e allungata. Palazzo Leopardi, con la prospiciente piazzetta dedicata al Sabato del villaggio, occupa l’estremità meridionale il cui vertice è quel Monte Tabor entrato a sua volta nel canzoniere leopardiano come il Colle dell’Infinito. La visita di Recanati può cominciare solo da qui, dal “Paterno ostello” del poeta. La dimora è visitabile solo in piccola parte perché continua a essere la residenza dei discendenti di Pier Francesco, l’ultimo fratello di Giacomo. Accessibili (solo con visite guidate) il grande scalone di rappresentanza, alcuni locali di servizio, lo studio e la biblioteca di Monaldo, rimasta intatta dal ‘700 e usata come set da Martone. Si possono visitare anche le cantine del palazzo, utilizzate in parte come sede di mostre temporanee, in parte come punto vendita dei prodotti enogastronomici provenienti dalle tenute della famiglia. Insomma, a dispetto delle idiosincrasie del poeta, i Leopardi sono ben radicati nel territorio e costantemente in prima linea nella sua valorizzazione e tutela. Tanto che il conte Vanni, attuale capo della casata, si è speso in prima persona perché fosse impedita la costruzione di un edificio nei pressi del Colle dell’Infinito che avrebbe modificato il paesaggio reso immortale dal suo antenato e fortunatamente preservato fino a oggi. Tornando al palazzo è certamente emozionante affacciarsi alle stesse finestre da cui il poeta osservava la vita quotidiana di contadini e artigiani che si svolgeva nella piazzetta sottostante. Da qui vedeva le donzellette che tornavano dai campi, il sabato sera, con la fascina d’erba e il mazzolino di fiori e da qui vedeva, proprio di fronte, la casupola in cui Teresa Fattorini (la Silvia della celeberrima poesia) filava cantando al telaio. Accanto al palazzo, lungo il sentiero che sale al Tabor, si trova il Centro Nazionale Studi Leopardiani  e, nell’ex monastero di Santo Stefano, sulla sommità del colle, il Centro Mondiale della Poesia e della Cultura , due punti di riferimento per i leopardisti di tutto il mondo.

PALAZZO ANTICI E TORRE ANTICA

Accanto al palazzo, affacciata anch’essa sulla piazza, sorge la chiesa di Santa Maria in Montemorello, dove Giacomo fu battezzato. Visitata la chiesa si può finalmente imboccare la Strada Magna, che qui si chiama ovviamente via Leopardi, e risalire il braccio meridionale della “M” tra scorci sempre suggestivi di nobili facciate in mattoni a vista, piazze e chiese che si alternano con varietà e armonia di forme. Dopo lo slargo dedicato a Monaldo si arriva a una piazzetta su cui si affacciano, contrapposti, il cinquecentesco palazzo e le scuderie barocche dei marchesi Antici, la famiglia di Adelaide, l’austera e severa madre del poeta. Qui Giacomo era di casa, soprattutto dallo zio Carlo Antici, personaggio non secondario anche nel film di Martone. Particolarità di palazzo Antici sono le citazioni di scrittori latini sulle trabeazioni delle finestre, a riprova della cultura classica che si respirava tra quelle mura mentre la facciata delle scuderie ingloba due busti di epoca romana. La strada prosegue passando davanti alla chiesa di San Vito, dove Giacomo bambino leggeva pubblicamente i suoi Discorsi sacri, per arrivare a un bivio: il ramo di destra (via XX settembre) scende verso la monumentale Porta Marina, uno degli ingressi superstiti nella cinta muraria che conserva ancora il portone originale, mentre il ramo di sinistra (via Calcagni) prosegue verso l’altro estremo della “M” sempre fiancheggiato da case e palazzi dalle tipiche facciate in mattoni. A pochi passi dal bivio, la lunga e stretta piazza Giordani (sovrastata dalla torre dell’acquedotto) immette a un altro luogo leopardiano: il chiostro della chiesa di Sant’Agostino il cui campanile non è altro che la “Torre antica” da cui il Passero solitario spicca il volo per cantare sui campi fino al tramonto.

IL MONDO DEI SOGNI

Via Calcagni termina nel piazzale dedicato a un altro illustre recanatese, il tenore Beniamino Gigli (1890-1957). Sulla piazza si apre il portale di palazzo Venieri, un tempo residenza di cardinali e papi, oggi liceo classico intitolato naturalmente a Giacomo Leopardi. L’edificio sorge sul punto più alto del colle e dall’arco-balcone che si apre nello scenografico cortile si gode una magnifica vista sui dintorni della città, dal monte Conero alla costa dell’Adriatico. Anche palazzo Venieri è diventato una location del film di Martone. Quasi di fronte al palazzo sorge il Teatro Persiani che ospita un piccolo museo dedicato a Gigli con costumi di scena, partiture, documenti e dischi del tenore. Il centro della “M” coincide con la grande piazza dedicata a Giacomo Leopardi il cui monumento tardo ottocentesco fa da perno alla scenografica facciata del coevo Municipio. Un po’ decentrata, si innalza la duecentesca Torre del Borgo, citata nelle Ricordanze per lo scoccare delle ore il cui suono arriva al poeta portato dal vento. Proseguendo ancora lungo la Strada Magna (qui corso Persiani) si arriva a un nuovo bivio. Prendendo a destra (via I luglio) si scende verso le Mura Sforzesche ai piedi delle quali un minuscolo giardino è quanto rimane dell’area che ai tempi del poeta era destinata al Gioco del pallone, come ricorda la targa della via. Basta comunque poco per rivedere, nei bambini sulle altalene o gli scivoli, il garzon bennato che nella sua lirica A un vincitore nel pallone Giacomo paragona agli eroi della classicità greco-romana. La Recanati dei riferimenti leopardiani termina qui anche se, a ben vedere, l’intera città si è ormai votata alla memoria del suo figlio più illustre (e più ingrato) nella consapevolezza che, come ebbe a scrivere acutamente Pietro Citati, Giacomo “Viveva Recanati senza abitarvi: viveva nel centro del mondo dove si producono sogni”.

L’ALTRA FACCIA DELLA STORIA

Ma Recanati sarebbe una meta importante per il viaggiatore anche se, per assurdo, si volesse prescindere dal lascito leopardiano. Il tratto finale della Strada Magna (via Falleroni) porta a due importanti edifici storici: la Cattedrale di San Flaviano e Villa Colloredo Mels (tel. 0717570410 ) con il suo vastissimo parco. Il duomo, caratterizzato dall’assenza di facciata incorporata nell’episcopio, è al centro di un complesso edilizio che comprende la residenza vescovile, il Museo Diocesano e le Carceri medievali che ospitarono, a quanto pare, anche alcune donne condannate come streghe dall’Inquisizione pontificia. Villa Colloredo è invece sede della Pinacoteca Comunale, un museo che per la qualità degli artisti rappresentati ha poco da invidiare ad altre raccolte più famose. Su tutte spiccano alcune opere di Lorenzo Lotto tra cui la straordinaria Annunciazione, l’unica opera classica di questo soggetto in cui la Vergine appare quasi impaurita davanti all’angelo che le comunica la volontà di Dio mentre il gatto di casa, al centro della composizione, arruffa il pelo e inarca la schiena come di fronte a un nemico.

DOVE FERMARSI

Nella casa settecentesca di Teresa Fattorini, sulla piazzuola Sabato del Villaggio, sono stati ricavati quattro miniappartamenti chiamati Il Telaio, di proprietà della famiglia Leopardi. Quale soluzione migliore per chi vuole immergersi fino in fondo nelle atmosfere recanatesi del sommo poeta? Il telefono e il sito sono gli stessi utilizzati per tutti i servizi al pubblico di Casa Leopardi: tel. 0717573380 INFO Iat Recanati tel. 071981471 Foto di Auro Bernardi

 

Auro Bernardi: Nel 1969, quando ero al liceo, il film La Via Lattea di Luis Buñuel mi ha fatto capire cosa può essere il cinema nelle mani di un poeta. Da allora mi occupo della “decima musa”. Ho avuto la fortuna di frequentare maestri della critica come Adelio Ferrero e Guido Aristarco che non mi hanno insegnato solo a capire un film, ma molto altro. Ho scritto alcuni libri e non so quanti articoli su registi, autori, generi e film. E continuo a farlo perché, nonostante tutto, il cinema non è, come disse Louis Lumiére, “un'invenzione senza futuro”. Tra i miei interessei, come potrete leggere, ci sono anche i viaggi. Lo scrittore premio Nobel portoghese José Saramago ha scritto: “La fine di un viaggio è solo l'inizio di un altro. Bisogna ricominciare a viaggiare. Sempre”. Ovviamente sono d'accordo con lui e posso solo aggiungere che viaggiare non può mai essere fine a se stesso. Si viaggia per conoscere posti nuovi, incontrare altra gente, confrontarsi con altri modi di pensare, di affrontare la vita. Perciò il viaggio è, in primo luogo, un moto dell'anima e per questo è sempre fonte di ispirazione.
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