Come un grande libro di storia sotto il cielo, ricco di capitoli come pochi altri in Europa, la Repubblica Ceca ha immortalato nelle sue “pagine” vicende, pensieri, mode e stili di ogni epoca, dai tempi antichi a quelli moderni. E se nei primi capitoli condivide e intreccia con altri territori esperienze e testimonianze, è sfogliando le pagine più recenti che si assiste all’affermarsi di un’identità ceca, che prende forme ed espressioni uniche.
Nella Repubblica Ceca più che altrove sono le pietre a raccontare: un patrimonio architettonico straordinariamente vasto e variegato, che nel XX secolo si fa addirittura unico: è infatti solo qui che il cubismo –nato in Francia in pittura e scultura- rivoluziona l’architettura.
Ecco allora che nell’odierna Cechia, accanto ad antiche vestigia, monumenti del passato ed edifici nostalgici, troviamo anche un inno di mattoni e cemento al nazionalismo, alla nuova Repubblica, alla libertà, a un nuovo corso della storia insomma. Da Jan Kotera e Josef Gocar in poi, i grandi architetti cechi, ridisegnano letteralmente il volto del proprio Paese, sottolineandone modernità, rinascita, progressismo, operosità, sobrietà e ottimismo.
Accanto ai capolavori gotici, rinascimentali, barocchi, neorinascimentali, Liberty (stile che qui, come a Vienna e a Budapest, si chiama Secessione), ecco allora il boom delle avanguardie: Cubismo e Funzionalismo. Rintracciamoli a Praga e nel resto del Paese, imparando a leggere tra i mattoni…
CAMBIA IL MONDO, CAMBIANO LE CITTA’
Tra il XIX e il XX secolo il concetto di architettura viene stravolto dal progresso. Con l’avvento dell’industria e con i grandi cambiamenti politici e sociali, non si tratta più “semplicemente” di costruire edifici e opere pubbliche. I nuovi architetti si trovano a disporre di nuovi mezzi, tecnologie e materiali –come il cemento armato- ma anche a rispondere a nuove esigenze. I progetti devono essere funzionali e innovativi ma devono anche tener conto di nuovi standard estetici. Inizia così l’architettura moderna, espressione della vita sociale e lavorativa dell’epoca, che nell’allora Cecoslovacchia ebbe modo di esprimersi al meglio e di raggiungere livelli internazionali. Ispirati agli studi urbanistici di Le Corbusier, nascono quartieri e persino città nuovi, modernissimi.
JAN KOTERA APRE AL FUTURO. E FA SCUOLA.
Jan Kotera, nato a Brno in Moravia nel 1871 e morto nel 1923 a Praga, frequentò un corso di architettura all’Accademia delle Belle Arti di Vienna, diretto da Otto Wagner. Durante gli studi ebbe modo di conoscere architetti di fama internazionale. Rientrato in patria, abbandonò ben presto lo stile della Secessione -che con le linee fluide e armoniose e la predilezione per i decori già rompeva con gli stili tradizionali, volti alla geometrizzazione delle forme- e, influenzato dall’architetto americano Frank Lloyd Wright, si dedicò a un nuovo concetto di architettura che da un lato ottimizzava la funzione dell’edificio e dall’altro ne esaltava l’estetica. Gli edifici firmati da Kotera, considerato il fondatore del modernismo in Cechia, sono asimmetrici ma equilibrati, ricchi nelle forme, ma semplici negli spazi, funzionali, ma artistici. Sono opera di Kotera numerose ville private, a partire dalla propria a Praga, Palazzo Lucerna, la facoltà di legge dell’Università Carlo sempre nella capitale, il Museo della Boemia Orientale a Hradec Kralove e alcune tombe-monumento nel cimitero ebraico di Praga.
Nel 1911 Kotera collabora anche al progetto della villa di Tomas Bat’a, famosissimo imprenditore del settore calzaturiero il cui marchio –Bata, dall’apostrofo quasi impercettibile nel logo- ha oggi raggiunto ogni angolo del mondo. Bat’a fondò il suo impero a Zlin e qui volle una “città ideale per lavoratori felici”. Kotera fu supervisore del progetto per il nuovo villaggio operaio di Bat’a, la cui realizzazione fu poi portata avanti da Frantisek Gahura, suo allievo. Nacquero così moderni quartieri di casette in mattone, tutte uguali, squadrate e con i tetti piatti, fornite di giardinetto e distribuite attorno a piazze, scuole, ospedali e tutto quanto poteva servire agli operai per una vita sana e soddisfacente.
Oggi a Kotera è dedicato un albergo-monumento a Ratbor u Kolina, in Boemia. L’hotel Chateau Kotera è ospitato nel castello che lo stesso Kotera progettò per la famiglia Mandelik, proprietaria di uno zuccherificio, tra il 1911 e il 1913. Anche gli arredi, ancora originali, portano la firma del grande architetto.
L’ALLIEVO SUPERA IL MAESTRO. NASCE IL CUBISMO
Alla scuola di Kotera si forma anche Josef Gocar, firma destinata a stravolgere l’architettura ceca. E’ lui il padre del Cubismo, che solo qui raggiunge espressioni degne di nota in architettura. Gocar, nato nel 1880 a Semin nei pressi di Prelouc e morto nel 1945 a Jicin, fonda in Cechia un vero e proprio movimento artistico, con tanto di programma, di cui fu teorico il collega Pavel Janak. Quello cubista è uno stile rivoluzionario, partito nella pittura dagli insegnamenti dei francesi Picasso, Braque e Derain che stravolgono il modo di rappresentare il mondo. L’idea è di superare il tradizionale concetto di prospettiva, presentando l’oggetto da più punti di vista. Dopo Parigi, Praga ne diviene la seconda capitale e trasla gli insegnamenti cubisti in architettura. Gli edifici adottano così facciate spezzate con forme geometriche astratte, senza però mai dimenticare l’ambiente e il contesto in cui sorgono. Secondo i cubisti, il cubo è la figura che sta alla base di ogni altra. Ecco allora che nelle architetture ceche esordiscono cubi, esagoni, incastri geometrici e figure dodecaedriche.
Sono di Gocar anche l’edificio-simbolo del Cubismo ceco -la Casa della Madonna Nera di Praga, che con le sue linee pulite e geometriche contrasta la facciata barocca, e che ospita il Museo del Cubismo Ceco , con tanto di Caffè cubista-, le terme Bohdanec, Villa Bauer a Libodrice non lontano da Kolin, la chiesa di San Venceslao Vrsovice a Praga e i Magazzini Wenke di Jaromer.
Nella capitale, cuore del modernismo in tutte le arti, portano invece la firma di Josef Chochol -insieme a Gocar massimo esponente dell’architettura cubista praghese- l’elegante Villa Libusina modellata in puro stile cubista con la sua facciata di geometrie e simmetrie e le cosiddette Tre Case Cubiste (un tripla villa familiare) di Rasinovo nabrezi. A Chochol si devono anche altre ville e palazzi a Vysehrad.
Tra le altre opere singolari della Praga cubista, segnaliamo quelle di Emil Kralicek e Matej Blecha, come il Lampione di Jungmannovo namesti nascosto dietro il palazzo funzionalista di Bat’a e Casa Diamant, considerata un insolito e raro esempio di “elettro-cubismo” per i neon e le insegne luminose al pianterreno.
IL CUBISMO SI FA “MORBIDO”: E’ RONDOCUBISMO.
Dal cubismo nasce anche il rondocubismo. La parola suggerisce forme più morbide e infatti gli spigoli e le linee geometriche – come dimostra Palazzo Adria (1925) a Praga, opera di Pavel Janak e Josef Zasche e massima espressione della nuova tendenza architettonica – vengono arrotondati. In realtà dietro al rondocubismo si nasconde molto di più: un fiero senso nazionalista, ritrovato con l’indipendenza dopo la Guerra. Nell’architettura si decide di infondere valori tipici della cultura slava. Nel nuovo stile “patriottico” prevalgono la creatività popolare, i colori nazionali (bianco e rosso) e dettagli decorativi a forma circolare e semicircolare. Questi ultimi sono addirittura ridondanti nella facciata dell’ex Banca delle Legioni (1932), altro raro esempio di rondocubismo. Questo stile avrà vita breve, presto condannato dalla generazione successiva, che lo giudica superficiale e inutilmente nazionalista, e promuove invece una nuova architettura che sfrutti le potenzialità dei materiali moderni –acciaio, vetro e cemento- e che degli edifici esalti la funzionalità.
E’ ARRIVATO IL FUNZIONALISMO
Nasce così il funzionalismo, che tra le due guerre in una Cecoslovacchia prospera e progressista rispetto ai suoi vicini, trova le condizioni ideali per affermarsi. A fargli da apripista è l’architetto austriaco di origini morave Adolf Loos (1870-1933), attivo in Boemia e Moravia secondo il motto “ogni ornamento è un crimine” e con un preciso obiettivo: realizzare edifici razionali che ben si prestino alla funzione sociale cui sono destinati. Da qui il nome di funzionalismo, appunto. Il nuovo movimento rivoluzionerà tutta l’edilizia abitativa e sociale di Praga e di Cechia. Sono di Loos la villa modernista per la famiglia Müller nella periferia di Praga, inizialmente contestata ma poi fonte d’ispirazione per le ville del quartiere-giardino attorno agli studi cinematografici di Barrandov, sopra la Moldava.
I capolavori del funzionalismo a Praga sono però il Palazzo delle Esposizioni (1928), a firma di Josef Fuchs e Oldrich Tyl, che attirò l’attenzione anche di Le Corbusier con il suo interno dalle linee pure e i volumi perfetti; il centro commerciale Bat’a inaugurato nel 1929 in piazza Venceslao; i palazzi rivestiti di ceramica (per contrastare i vapori provenienti dalla Stazione Centrale) dell’Istituto pensionistico in piazza Winston Churchill, nel quartiere Zizkov; numerosi palazzi per uffici ed edifici commerciali dalle strutture in cemento armato e dalle caratteristiche bande orizzontali di finestre e la colonia Baba, tipico esempio di quartiere funzionalista dalle abitazioni-scatola, con finestre a fascia continua, ampi balconi e interni destrutturati.
A Brno, capoluogo della Moravia, sorge invece la più grande opera del celebre architetto funzionalista tedesco Ludwig Miese van der Rohe. Villa Tugendhat, costruita senza limiti di costo e con materiali pregiati, è oggi sotto tutela Unesco come Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
Tra gli architetti funzionalisti cechi ritroviamo ancora Josef Gocar e tra i promotori del funzionalismo l’illuminato Bat’a.
IL VIAGGIO VERSO IL DOMANI CONTINUA
La Praga che rompe con il passato, non lo rinnega ma nemmeno lo rimpiange nel suo slancio verso il futuro, dopo le ultime declinazioni del funzionalismo si affaccia alla seconda metà del XX secolo con nuove architetture, sempre avveniristiche. Edifici moderni che nella ricerca di linee pulite e nell’abolizione del superfluo e del decoro si fanno austeri, solenni, indipendentemente dalla loro funzione. E’ il realismo socialista dell’Hotel Crowne Plaza, che richiama i grattacieli moscoviti degli anni Trenta e Cinquanta, del Planetario dalle forme classiciste ed essenziali, dell’Hotel Jalta realizzato dall’architetto funzionalista Tenzer adattatosi alla dottrina politica del momento e di molti altri monumenti improntati al regime. E’ poi il turno dello stile internazionale e del tardo-modernismo che regalano a Praga, e al mondo intero, numerosi esemplari di architettura moderna che si attiene rigorosamente alle geometrie e alle proporzioni ma arriva comunque a concedersi qualche “colpo di testa” e a rompere gli schemi, come nell’edificio Nationale-Nederlande, meglio noto come “la Casa Danzante”. La sua inconfondibile facciata perde rigidità e sembra mossa da un fremito, tanto che qualcuno in questa plasticità vede il ballo di Ginger e Fred. L’edificio, sovrastato da una cupola trasparente in filo metallico, ricorda certa architettura viennese e, accanto a quella degli architetti locali, porta la firma illustre dell’americano Frank O. Ghery.