La sua posizione centrale ha sempre fatto, fin dall’epoca storica, dell’Algeria una delle nazioni più importanti della costa nord africana affacciata sul Mediterraneo, nonché uno dei primari terminali del traffico commerciale transahariano e porta di accesso per la conquista coloniale francese del Sahara. I suoi approdi naturali furono sfruttati dapprima dai Fenici per commercializzare i prodotti mediterranei con quelli dell’Africa saheliana, poi i Romani ne fecero un granaio di Roma affidato ai veterani di guerra, quindi nel 1800 la vicinanza con la Francia ne fece la sua colonia più prossima, porta di accesso per la conquista degli ampi spazi sahariani.
E quando, nella seconda metà del secolo scorso, nacque il turismo sahariano, la porta di accesso ancora una volta fu l’Algeria. Non a caso, in quanto questa nazione, grande quasi 8 volte l’Italia, costituisce il maggior stato africano e sahariano, occupato per ben l’ 85 % da deserto. Alla costa affacciata sul Mediterraneo fa seguito una verde catena di colline, antico granaio romano, che si smorzano bel presto nel deserto: da lì in giù è tutto un susseguirsi di dune maestose di sabbia, interrotte da alcuni imponenti massicci di roccia – i tassili – e dalle palme di alcune oasi, fino ai caldi confini con il Mali e con il Niger e oltre, fino al Sahel. In una simile dimensione il Sahara riesce a fornire un campionario estremamente vario di habitat, tutto il meglio di sé, tanto da giustificare la nascita dopo la fine del colonialismo di un turismo nuovo, di esplorazione e di avventura, per scoprire le infinite meraviglie storiche, archeologiche e naturalistiche celate in un mondo popolato soltanto dagli ultimi uomini liberi del pianeta, i tuareg, retaggio di un mondo passato, irripetibile e in dissolvimento.
Infinite sarebbero le possibilità di itinerari in un simile contesto, in quanto il deserto si presenta ovunque attraente ed affascinante, ma occorre fare i conti con la sicurezza: e per stare dalla parte dei bottoni senza rischiare nulla occorre, almeno per il momento, rinunciare ad alcuni tratti dove l’incolumità non sarebbe garantita.
Uno di questi itinerari, proposto da una guida tuareg locale, percorre ad anello i diversi erg ed i rilievi rocciosi che si sviluppano a nord-ovest dell’oasi di Djanet, nell’Algeria di sud-est, e ad occidente del massiccio del Tassili n’Aggher. Quest’ultimo è uno dei maggiori rilievi del Sahara centrale, una catena di arenaria grande due volte la Svizzera che si estende perpendicolarmente per 500 km, larga 50-70 e un’altezza superiore ai 2.000 m, con gli strati fortemente inclinati a formare sul lato occidentale una imponente falesia verticale, mentre su quello orientale si smorzano in prossimità del confine libico. L’omonimo parco nazionale, riserva della biosfera e sito Unesco, accessibile soltanto a piedi, risulta universalmente noto per le sue caratteristiche morfologiche (selve di pinnacoli e torrioni di roccia, archi e ponti naturali, labirinti di pietra, enormi canyon e guelte con acqua), per la vegetazione endemica (olivastri, mirto selvatico e i millenari cipressi sahariani, testimonianze di un clima ben diverso dall’attuale, quando diecimila anni or sono il Sahara era verde) nonché per le straordinarie manifestazione d’arte rupestre preistorica che adornano cavità e ripari sotto roccia a farne uno dei più ricchi musei all’aperto
L’itinerario parte dalla capitale Algeri, città di 3,5 milioni di abitanti distesa ad anfiteatro sulle colline affacciate ad una grande baia, con relativo porto, ricca di importanti testimonianze del suo passato: la moschea dei Martiri in stile turco, la basilica cattolica Nostre Dame d’Afrique in stile bizantino, il Santuario dei Martiri per l’Indipendenza, il Museo del Bardo, il palazzo del governatore ottomano.
Ma la vera perla di “Algeri la Bianca”, come viene chiamata, è costituita dal popolare quartiere della casbah, il cuore storico della città fatto da un dedalo di vicoli e di scalinate, un capolavoro di arte moresca protetto dal Unesco come patrimonio dell’umanità, magistralmente descritto nel film “La battaglia di Algeri”. Puntando per 80 km ad ovest si possono visitare tre importanti siti archeologici: Tipasa, antico porto fenicio-punico-romano immerso con i suoi monumenti tra un’odorosa macchia mediterranea, luogo di ispirazione per lo scrittore franco-algerino Alber Camus, l’imponente Mausoleo reale della Mauritania, tomba numidica del I sec. a.C., ed infine a Cherchell i resti dell’antica cittadina fenicio-punica di Caesarea di Mauritania.
In volo si raggiunge il palmeto della verde oasi di Djanet, una delle poche città stanziali dei tuareg ubicata con le sue case di fango e pietra sotto le pareti precipiti del Tassili, nel passato importante nodo carovaniero e sede di un forte coloniale della Legione Straniera (dove merita una visita il folcloristico souk e il museo ricco di reperti preistorici e strumenti tuareg), per attraversare una zona di isolati pinnacoli di roccia, uno dei quali presenta una delle più espressive incisioni rupestri del neolitico sahariano: la cosiddetta “vacca che piange” di Terarat, un bassorilievo finemente inciso di bovini che vorrebbero abbeverarsi ad una pozza ormai secca, eloquente testimonianza della tragedia climatica che 5.000 anni fa ha investito il Sahara, trasformandolo da una rigogliosa oasi di vita ad un deserto arido ed infuocato.