Lo scorso anno, esattamente in questo stesso periodo, mi apprestavo a festeggiare il Thanksgiving, l’americanissima Festa del Ringraziamento, una ricorrenza che mi sono riportata indietro quando sono tornata a vivere in Italia. Lo faccio ogni anno ed è sempre un grande successo. Avevo perciò acquistato una bella e grossa tacchina (scegliete sempre la femmina perché le carni sono più tenere e meno stoppacciose) da una cooperativa di allevatori. Avevo poi sistemato il pennuto in macchina, ma durante il viaggio qualcosa ha cominciato a suonare, credevo di aver allacciato male la cintura e dunque l’aprivo e la richiudevo in continuazione. Niente da fare, il tintinnio non si fermava. Finchè non ho capito che il problema era la mia tacchina, pesava troppo e dunque dovevo “cinturarla”. Sono così arrivata a casa con un tacchino seduto al mio fianco regolarmente provvisto di cintura!
Il Thanksgiving è la vera, unica festa americana non ancora contaminata dal consumismo e dalle mode, quella dove madri e figli, nonni e nipoti, zii e cugini, volano da una parte all’altra del Paese, di Stato in Stato, quella dove si percorrono migliaia di chilometri e si consumano centinaia di galloni di benzina per riunirsi finalmente, almeno una volta all’anno, intorno ad una tavola per mangiare tutti insieme,
Thanksgiving e’ un pranzo, una cena, una merenda, non saprei bene come definirla perche’ in realta’ ha inizio intorno alle tre del pomeriggio e va avanti per tutta la serata. Si mangia per ricordare i Padri Pellegrini, arrivati con le loro navi alla ricerca di una nuova Patria, e per ringraziare dei doni che questa nuova terra aveva cosi’ generosamente elargito. Cosi, ogni anno, l’ultimo giovedi’ di novembre gli Americani preparano, grosso modo, lo stesso pasto che i loro antenati hanno consumato molti anni addietro. Gli ingredienti sono tutti americanissimi, il tacchino, il perno attorno al quale ruota tutto il pasto, il mais, la zucca, la patata, il cranberry, il riso selvaggio e poi verdure a scelta.
Uno dei ricordi piu’ vivi della mia infanzia sono le domeniche passate nella nostra casa in campagna dove allevavamo maiali, conigli e per l’appunto tacchini e polli; amici e parenti si riunivano in grandi tavolate e mio padre, che era un ottimo cuoco, preparava pranzi superbi, il pollame non mancava mai, veniva arrostito in un forno a legna che avevamo in giardino, ma prima mio padre lo bagnava di olio, lo cospargeva di pepe e rosmarino e lo massaggiava a lungo, scientificamente, con grande attenzione.
Non dimentichero’ mai la sua espressione rapita mentre palpava tacchini e soprattutto la loro bonta’. In quanto a me non ho mai smesso di massaggiare polli da quando ho iniziato a cucinare tranne che nel mio periodo americano: per massaggiare un tacchino yankee ci vorrebbero infatti un massaggiatore professionista e circa due ore di tempo a disposizione. Se anche voi volete cimentarvi in una Festa del Ringraziamento eccovi qua la mia ricetta preferita: