Lisbona e la ricetta segreta dei pastèis

“Lisbona, vecchia città, piena di incanto e di bellezza. Una romantica città…”. Così molti anni fa cantava Amalia Rodrigues, la regina del Fado in una delle sue più famose canzoni. Lisbona è davvero una delle città più romantiche del mondo. Credo che abbia a che fare con la luce che sempre come cantava la Rodrigues, veste la città con “il bianco velo della nostalgia”. E’ una luce strana quella di Lisbona, una luce dorata e soffusa, così diversa da quelle del Mediterraneo, una luce già atlantica ma di un atlantico dolce, meridionale.  Camminare per le sue strade è un’emozione che si rinnova ad ogni angolo, ad ogni scorcio delle sue piazze e delle sue ripide stradine.  Per me il Portogallo è stato una vera sorpresa, la sua luce, i suoi colori, quella indefinibile atmosfera da fine del mondo.  Un luogo dove l’Europa trascolora prima di diventare Nuovo Mondo.  Un Paese dove si abbracciano tante culture, spagnola, araba, indiana, francese, e dove questo abbraccio si trasforma in una cultura nuova, portoghese appunto.

Questo felice incontro di culture l’ho ritrovato anche a tavola, nelle zuppette di riso, crostacei e frutti di mare, quasi paelle spagnole, nelle insalate di polipo, così simili a quelle nostrane, nei ricchi piatti di arrosti e stufati, impreziositi da spezie che profumano di India.

 

Come potete immaginare non mi sono fatta mancare i mercati anche se non si tratta di mercati colorati e vibranti come quelli turchi, o indiani, o israeliani.  A farla da padrone è il pesce, tanto e grande, pesce di Oceano con nomi strani e irriconoscibili, sapori meno intensi dei nostri pesci mediterranei, cucinati alla griglia, in modi semplici, senza pretese.  Soprattutto il baccalà, dopo un viaggio in Portogallo non si può non scrivere di baccalà. I portoghesi vivono di baccalà, respirano baccalà, sospetto anche che ci dormano avvinti al baccalà.  E infatti l’aria portoghese sa di baccalà, cammini per le strade e da negozi, bar, ristoranti, dalle case, ti assalgono gli stordenti, decisi, aromi di questo pesce.

Ora c’è un piccolo problema: io questo pesce non lo amo affatto e questo in Portogallo è un problema serio. Me ne hanno dato troppo da piccola, e mal cucinato e così da quando ho potuto scegliere liberamente come pranzare, questo pesce lo ho eliminato dai miei menu.  Lo so, i suoi amanti, che sono molti, inorridiranno, ma il mondo, anche se non lo sapete, è diviso in due: coloro che amano il baccalà e quelli che lo odiano.  E tra i due gruppi non c’è dialogo possibile. Però girando per strade e vicoli non era comunque possibile evitarlo.  A Lisbona ci sono negozi, pescherie, in cui si vende solo baccalà, in tutte le forme e in tutto lo spettro dei colori che vanno dal bianco crema, al grigio, al giallo ocra al rosato pallido.

Così mi sono fatta forza e sono entrata in uno di questi negozi.  Non potete immaginare l’odore, o meglio, perdonatemi, la puzza.  Acre, acuta, ti prende alla gola, ti entra dentro e poi per ore non riesci a spostarla da lì.  A vederle queste bestie, rinsecchite contorte, sembrano reliquie del passato, strani oggetti preistorici ritrovati in qualche remoto angolo della terra.  Diciamocelo: il baccalà non ha niente di attraente, anzi ti respinge solo a guardarlo.  Se c’è una cosa invece di cui mi sono accorta nel mio viaggiare per il Portogallo è che i Portoghesi amano i dolci.  Tantissimo.

Ci sono più pasticcerie a Lisbona (e nel resto del Paese) che semafori.  I profumi di  zucchero caramellato, di creme calde, di vaniglia e cannella, di cioccolato e canditi, di panna e pasta sfoglia, si srotolano per le strade, scivolando giù per salite e discese e arrampicandosi su per i muri dei palazzi, infilandosi nelle finestre e planando infine nelle nostre narici.  Un richiamo a cui è impossibile resistere.  E infatti io non ho resistito.  Fin dal primo giorno.  Il fatto è che la casa che avevamo affittato a Lisbona si trovava a Belèm.  E questo già dice tutto.  Chi conosce Lisbona lo sa, Belèm oltre ad essere un quartiere delizioso, vicino al fiume, ricco di giardini, musei, grandi piazze e una torre, quella appunto di Belèm, famosa nel mondo, è anche il luogo di nascita delle pastèis di Belèm.  Non ho fatto in tempo a svuotare la valigia che l’aroma di questi inconfondibili dolcetti già mi aveva preso alla gola.  Così seguendo come un segugio le scie profumate sono arrivata alla Antigua Confeitaria de Belèm,  la patria del peccato di gola, il paradiso in terra dei golosi di dolci.  Entrare in pasticceria e trovarsi circondata da circa diecimila pasticcini artigianali, fatti totalmente a mano, sfornati ogni giorno, freschi e caldi, vi assicuro che è stordente, mi aggiravo tra luccicanti vetrine  inebriata e pronta a consumarli tutti.  Così è partita la Grande Bouffe.  La pastèis è un piccolo scrigno di sottilissima e croccante pasta sfoglia che racchiude come uno scrigno il suo prezioso ripieno, una dolce e leggera crema spolverata di cannella.  Vi assicuro, un vero sballo.  Il solo guaio è che quando si comincia non si riesce a smettere. Peggio dell’eroina.  Al decimo pasticcino mi sono dovuta arrendere.   Adesso avevo anche io uno scopo nella vita: trovare la ricetta di quel dolce.  Per lei avrei dimenticato affetti, doveri, lavoro ma ne sarebbe valsa la pena.  Solo che la ricerca è praticamente impossibile trovarla.  Già perchè  e la ricetta dei pastèis è segreta, anzi segretissima.  Per capirsi il Terzo segreto di Fatima al confronto è una passeggiata.  Sono i dolci di cui mi sono nutrita, colazione, pranzo e cena, durante il mio viaggio portoghese.  E sono buonissimi. Li mangiavo appena sveglia tre alla volta, ancora caldi, con il ripieno cremoso che scappava da tutte le parti.  Il segreto della sua bontà è tutto nel felice matrimonio tra la pasta sfoglia sottile e croccante e la crema morbida e profumata di cannella.  E’ la consistenza che mi ha conquistata per sempre, la gioia di sentirsi scivolare in gola questo piccolo profumato gioiello.

Cercando, cercando, però ho trovata una ricetta che mi sembra plausibile e simile all’originale.  Io adopero la pasta sfoglia già pronta che si trova in qualsiasi supermercato.  Stendo dunque la pasta sfoglia molto sottile e fodero uno stampo per muffins o piccoli stampini precedentemente imburrati. Preparo la crema montando i tuorli con lo zucchero, poi aggiungo la farina, la panna, la scorza del limone e mescolo bene. Metto sul fuoco e porto ad ebollizione, quindi levo dal fuoco, elimino la scorza del limone e lascio raffreddare la crema. Riempio le “coppette” di pasta sfoglia con la crema e cuocio in forno già caldo a 225°C per circa 10/12 minuti. Le pasteis devono risultare molto dorate con la superficie un po’ caramellata. Servo tiepide spolverizzate di cannella e zucchero a velo.  Provatela e sappiatemi dire.

stefia:
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