di William Shakespeare – regia Andrea Baracco – traduzione e drammaturgia Letizia Russo – con Valentina Acca, Verdiana Costanzo, Francesca Farcomeni, Federica Fracassi, Federica Fresco, Ilaria Genatiempo, Viola Marietti, Cristiana Tramparulo – scene Marta Crisolini Malatesta – costumi Graziella Pepe – luci Simone De Angelis – musiche Giacomo Vezzani – produzione Teatro Stabile dell’Umbria – con il contributo speciale della Fondazione Brunello e Federica Cucinelli
Con Otello, Shakespeare ha consegnato alla letteratura occidentale uno dei suoi personaggi più archetipici: Iago. E, attraverso di lui, una riflessione spietata, eppure carica di pietas, sulle debolezze umane e sull’imprevedibile capacità che abbiamo di generare il male e di accoglierlo come insospettabile parte di noi stessi. La potenza del triangolo Otello-Iago Desdemona sta nella corsa verso la distruzione di sé e degli altri, in un gioco che trasforma l’immaginazione in realtà e la realtà in immaginazione. Io non sono ciò che sono, dichiara Iago nella prima scena del primo atto. Questa definizione che dà di sé non cessa di essere vera se applicata anche agli altri protagonisti della tragedia. Cosa siamo, noi esseri umani, se non materia instabile, che le circostanze possono spingere alle scelte più estreme, alle scoperte interiori più inattese, e ai gesti più feroci?
Confrontarsi con Otello nel contemporaneo, poi, significa anche scegliere se fondare la propria riflessione sugli aspetti sociali e di dibattito pubblico che il testo genera nei nostri tempi, o affrontarlo cercandone i principi poetici più profondi, le domande più universali. Per l’amore che ho per questo testo, sento la responsabilità di restituirlo al pubblico come squarcio sull’umano e sulle sue contraddizioni.
Da queste considerazioni, il regista ha immaginato a fondazione del progetto un principio di ribaltamento del canone shakespeariano: un cast esclusivamente femminile. Non si tratta di una scelta estetica. Ma poetica: è un inganno, per liberare lo sguardo del pubblico dai pregiudizi sulla storia e i suoi temi, e lasciarsi attraversare dalla terribile consapevolezza che chiunque di noi può, un giorno, trovarsi a giocare il ruolo della vittima o del carnefice, se volontà, fragilità e caso si trovano allineati come astri di una costellazione.
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